
L'applicazione della filosofia del linguaggio di Ludwig Wittgenstein continua a ricevere notevole attenzione in diversi ambiti di sviluppo del pensiero contemporaneo. Un esempio in tal senso concerne, in particolare, il pensiero femminista. Questo libro fornisce un quadro d'insieme del dibattito attualmente in corso sulle possibili interazioni tra la filosofia di Wittgenstein e il femminismo. La trattazione mette in evidenza in che modo il pensiero di Wittgenstein possa continuare ad arricchire il dibattito sviluppatosi nel pensiero femminista e stimolarlo in modo nuovo.
Si può pensare la spiritualità come dimensione dell’esperienza antropologica al di fuori di un orizzonte religioso-confessionale? Se sì, come viene declinata all’interno delle pratiche filosofiche, in particolare della consulenza? In cosa si differenzia il procedere filosofico rispetto alla pratica pastorale religiosa? Quali sono le modalità con cui il filosofo esplora la dimensione dell’ulteriorità insieme al suo ospite? Sono queste le domande centrali cui provano a rispondere alcuni dei più noti filosofi consulenti italiani afferenti all’Associazione Italiana per la Consulenza filosofica, Phronesis. Per due anni, essi hanno condotto una ricerca i cui esiti (saggi, dibattiti, interviste e una consistente raccolta di esperienze concrete) sono raccolti nel volume ora pubblicato.
Il volume raccoglie otto studi che attraversano gli orizzonti della filosofia antica, analizzata muovendo da taluni aspetti del pensiero socratico e platonico, della filosofia moderna, indagata a partire dai problemi della libertà religiosa, del male, della teodicea, e della riflessione contemporanea, affrontata innanzitutto dalla prospettiva del legame tra religione, storicismo, liberalismo. Domina i saggi adunati una tensione euristica che, se rinviene il suo focus nel religioso, nel suo spazio, nel suo istituirsi come un'alterità nell'uomo, prima che fuori dell'uomo, non cessa di misurarsi costantemente con le dimensioni del concreto storico ed etico. Ne risulta una rotazione attorno a taluni nodi tematici che rimbalzano e si rincorrono da un saggio all'altro a formare, in tale trasmigrare, un'essenziale coerenza e una non tautologica trama di rimandi e risonanze.
La paura di fronte al futuro caratterizza il nostro tempo in Occidente. È aggravata dalla crisi demografica, da quella economica, dalla corruzione endemica, dalla fragilità della famiglia e di molte aggregazioni sociali. Per quali vie possiamo arrivare a inaugurare una nuova epoca, affrontando con coraggio e consapevolezza il dramma di un mondo che sta finendo? Quale il posto dell'educazione e delle nuove tecnologie? Che ruolo può ancora avere la religione nelle nostre società così individualistiche e secolarizzate? Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, e Mattia Ferraresi, inviato per «Il Foglio» negli Stati Uniti, affrontano queste e altre questioni in un intenso scambio epistolare, dando vita a un dialogo che si sviluppa su registri e toni differenti, per approdare «alla scoperta che esiste la possibilità di una vita felice oltre la paura. E non solo esiste: è addirittura raggiungibile».
Qual è il senso della vita? È un valore stabile e oggettivo, o qualcosa di inevitabilmente fluido e arbitrario? In base a quali principi dobbiamo orientare le nostre azioni e i nostri rapporti con gli altri? Se in passato la visione del mondo tradizionale, fondata sulla religione, sapeva dare risposte ai grandi interrogativi dell'esistenza, nella società contemporanea, sempre più individualistica e secolarizzata, la nostra sete di significato si fa ogni giorno più intensa. In questo libro, scritto con un linguaggio accessibile ma concettualmente rigoroso, il giovane filosofo Frank Martela ci accompagna in un viaggio coinvolgente che ripercorre la storia del pensiero occidentale moderno, rivisitato attraverso esperienze quotidiane, aneddoti, film, ma anche con gli strumenti delle più avanzate ricerche psicologiche e sociali sui grandi fenomeni del nostro tempo. Il percorso verso un'esistenza più consapevole e appagante, ci insegna, può cominciare in ogni momento, a patto di riuscire a liberarci da certi preconcetti e ossessioni che impediscono alla nostra personalità più autentica di fiorire: dobbiamo solo volerlo.
Chi sono i pifferai magici che, come il flautista di Hamelin, negli ultimi decenni hanno incantato il mondo costringendo un numero sempre più alto di persone a seguirli, abbandonando il mondo dell'etica, quel mondo che, nonostante tutte le sue fragilità, ha permesso fino a tempi recenti all'essere umano di mantenere la sua specificità? Ormai, tutto quello che si può fare, si fa. E le voci che ancora si levano in difesa della misteriosa complessità della vita e della persona vengono ridicolizzate, tacciandole di medioevale oscurantismo. L'uomo non è più un fine, ma soltanto un mezzo e, in quanto mezzo, può essere usato in tutti i modi possibili. Il fatto che il numero di disturbi mentali, di depressioni, di malattie autoimmuni sia sempre più alto non inquieta più nessuno, così come non turba il fatto che il paganesimo sia tornato prepotentemente nella nostra civiltà e che proprio questo paganesimo abbia annullato la responsabilità individuale del male. Il fato decide per noi. Non esiste più il bene, non esiste più il male, non esiste più il giudizio sulle nostre azioni e, anche quando queste sono efferate, siamo convinti di avere diritto all'happy end. Queste riflessioni fatte nel corso degli ultimi anni cercano di mettere a fuoco il progressivo declino della nostra civiltà, incantata dalla suadente musica di questi astuti orchestrali che tutto hanno a cuore tranne il bene dell'umanità.
Secondo la vulgata pseudoprogressista l'immigrazione è sempre un bene e le frontiere esistono soltanto per essere valicate, l'Occidente deve espiare la sua stessa esistenza, il genere è separato dal sesso ed esiste in infinite varianti, la famiglia naturale è male, il cristianesimo è un relitto da cancellare, la vita umana non inizia mai e finisce quando lo decidiamo noi, il transumanesimo è l'orizzonte dell'uomo contemporaneo... Si potrebbe continuare a lungo con questo campionario di affermazioni grottesche, e a lungo si potrebbe riderne, se le conseguenze non fossero libri proibiti, censurati e al macero; parole e idee vietate; intellettuali processati e accademici allontanati... Perché la «diversità» è sì la nuova bandiera, ma non vale se a essere diverse sono le opinioni. Come si può continuare nella difesa di una civiltà di cui non ci permettiamo di vedere la straordinaria e mostruosa trasformazione? Una civiltà che, per uno strano paradosso, volendo emancipare l'individuo lo ha reso schiavo? Qualche anno fa si è a lungo parlato di «scontro di civiltà»? Ma oggi forse non esistono neppure più civiltà che potrebbero scontrarsi, tutte sono scomparse a favore di una «cultura» standardizzata, i cui vari elementi sono difficilmente distinguibili se non per lievi e innocue differenze di colorazione. Quello a cui stiamo assistendo è piuttosto lo shock della non-civiltà. In questo nuovo regime, libertà illimitata e dispotismo illimitato non sono più in opposizione. Si sono fusi.
Mantenendosi ben lontano dalle esibizioni volgari così caratteristiche della nostra epoca, "L'arte del lusso" è essenzialmente un trattato sul saper vivere. Lo spirito trionfa sulla materia, l'essere conta più dell'avere, e l'apparire è disprezzato come si conviene. L'autore esalta la vita interiore, la contemplazione, l'amore per la natura e per il vero, il senso della tradizione... In questa prospettiva, il lusso, che colma l'uomo di emozioni, di gioia, di pace, e gli permette di sfuggire al peso dell'esistenza, non ha nulla da spartire con il consumo dei prodotti dell'industria che a esso si richiama. Inutile ed essenziale, è un assoluto da desiderare, da ricercare, da raggiungere, sempre legato alla bellezza, alla perfezione ideale, alla luce, alla grazia. Merita un'iniziazione e attenzioni particolari in ogni singolo momento, forse persino un vero e proprio culto: il lusso è un'arte. Sulla linea di Baudelaire e Barbey d'Aurevilly, in questo libro l'autore propone un'etica, un'estetica e una dietetica, nel senso più ampio del termine, per restituire al lusso il suo posto (molto elevato) e il suo valore (inesauribile). Quando, schiacciata dal peso delle sue troppe bassezze e ottusità, la nostra epoca sarà crollata, l'uomo del lusso, come un tempo l'uomo probo o l'uomo di corte, diventerà forse un modello per i tempi che verranno.
Il rapporto tra cultura politica e cultura esoterica non è stato spezzato dalla rivoluzione scientifica del XIX secolo. Esso, in realtà, riappare a sprazzi, in singoli paesi e in situazioni specifiche, sino ai nostri giorni. In questo testo, frutto di anni di studio, Giorgio Galli, politologo attento alle tematiche esoteriche, coglie alcuni di quei momenti: nella riflessione di Hobbes e di Weber, nelle oscillazioni in Francia tra rivoluzione e reazione, nell'Inghilterra vittoriana, nella Romania di Codreanu. E ancora: oltre Oceano, negli Stati Uniti come in Argentina, in Italia negli anni del fascismo e in quelli di Prodi, per finire con la Russia del bolscevismo e di Gorbaciov. Un'avventura tra storia, scienze occulte e paranormale, dall'alchimia alla perestrojka, dall'astrologia alla politica.
La tecnica ci lusinga offrendoci l'antidestino - la vittoria sul destino biologico inscritto nei nostri geni - e la liberazione dai vincoli dell'umano. Ma a quale prezzo? Aldous Huxley riteneva che ci sarebbero voluti secoli per pervenire alla società totalmente organizzata. Pochi decenni dopo esistono invece i mezzi per giungervi attraverso una rivoluzione che mette le mani sulle radici stesse dell'uomo. L'alleanza tra materialismoe tecnica instaura infatti sull'essere umano, ormai inteso come mero pezzo della natura, il potere biopolitico (biopower), che conduce a esiti opposti, ma ugualmente inquietanti: il superamento della barriera uomo-animale da un lato e il "postumano" propiziato dall'ingegneria genetica dall'altro. I massimi fattori di resistenza sono rappresentati dalle nozioni di persona, di umanesimo condiviso, di etica libera dall'utilitarismo. Esse articolano un'idea di conoscenza e di discorso pubblico che non sono solo lo specchio delle possibilità tecniche offerte dalla scienza, ma che esprimono in pieno l'irriducibile dignità etica dell'uomo.
Quale atteggiamento deve assumere il cristiano in filosofia? Se la condizione di cristiano è tale da influire sulle modalità della riflessione filosofica, che cosa ne consegue per il rapporto tra la fede e la ricerca della verità? I due autori, entrambi cristiani, hanno approcci diversi al riguardo, sotto il profilo dell'ispirazione intellettuale, degli approfondimenti tematici e dello stile espositivo, ma è comune a entrambi il desiderio di riflettere sull'amore e l'obbedienza come fonti della filosofia del credente. Questo piccolo libro realizza un'eco italiana del dibattito intorno a "una filosofia conforme a Cristo", molto vivo soprattutto nei paesi anglosassoni, qui articolato con un costante riferimento al pensiero di san Tommaso d'Aquino, così centrale nella tradizione religiosa e culturale del nostro Paese.

