
Stigmatizzato, veggente gratificato dall’incontro con la Madre di Dio e con Gesù, in contatto anche con Esseri di altri mondi, coinvolto nel famoso e tanto discusso problema del terzo segreto di Fatima, impegnato in prima persona in opere sociali e nella lotta alla mafia: tutto questo, e altro ancora, è Giorgio Bongiovanni.
Nato nel 1963, oggi è un uomo nel pieno della sua maturità, è un personaggio scomodo per alcuni, positivo e foriero di speranze per altri. Certamente un simbolo, una presenza che non lascia indifferenti.
Fino all’età di 26 anni, la sua vita è stata normalissima, anche se contrassegnata da episodi particolari come l’avvistamento di Ufo, il contatto con gruppi di ufologi, in particolare con la forte personalità di Eugenio Siragusa. Poi ha avuto la visione di una bellissima Signora vestita di bianco e, obbedendo al suo invito, si è recato a Fatima dove ha ricevuto il “segno” che la Signora gli aveva preannunciato, ma che lui mai e poi mai avrebbe immaginato: le prime due stigmate gli si aprono sul palmo delle mani. Un evento che ha rivoluzionato la sua tranquilla vita professionale di piccolo imprenditore nel campo delle calzature e di ufologo per passione.
Questo libro, che fa seguito a un altro che Paola Giovetti ha pubblicato nel 1997 (La storia straordinaria di Giorgio Bongiovanni), intende descrivere i fatti finora avvenuti e rispondere a coloro – e sono tanti – che si interrogano sulla figura certamente enigmatica e sconcertante di Giorgio Bongiovanni. Per scriverlo la Giovetti ha avuto la collaborazione piena di Giorgio stesso, dei suoi familiari e dei suoi amici, quindi il libro esce con il loro totale consenso e con la loro approvazione. Contribuirà a far luce su un personaggio dal destino straordinario, e soprattutto farà riflettere sui grandi Misteri che ci circondano e sul nostro compito in questa vita.
17 febbraio 1600: in Campo de' Fiori, a Roma, un eretico viene arso vivo. Distoglie con disprezzo il volto dal crocifisso che i confortatori dell'Arciconfratemita di san Giovanni Decollato gli porgono. Quell'eretico è il filosofo Giordano Bruno. Il cammino che lo conduce sul rogo ha avuto inizio a Nola, dove è nato nel 1548. Nel 1576 è costretto a iniziare la sua lunga e tormentata peregrinatio in Italia e in Europa: Venezia, Ginevra (dove aderisce per breve tempo al calvinismo), Tolosa, Parigi, Oxford, Marburgo, Wittenberg, Helmstedt, Praga, e infine, dopo la tragica decisione di tornare in Italia, nuovamente Venezia e Roma, dove viene bruciato con la lingua "in giova per le brutissime parole che diceva". Il tradimento e l'indifferenza di Dio nei confronti dell'uomo, la materia come principio unico ed eterno, la metasomatosi attraverso cui l'anima universale s'incarna con vicenda perenne in forme diverse: sono alcune delle verità che Bruno ritiene di aver scoperto, e che esige di poter proclamare, indifferente alla loro consonanza con i dogmi di fede. Non da anticristiano, bensì da "post-cristiano", egli non esita a dichiarare false le dottrine e superata l'era del cristianesimo, in nome dell'avvento di una pax universalis ostacolata proprio dall'intransigenza della Chiesa romana. Ricorrendo agli scritti dello stesso Bruno, Michele Ciliberto rivela la stretta connessione fra filosofia e biografia, che reciprocamente si illuminano nel fuoco di una drammatica vicenda esistenziale.
Giordano Bruno non voleva porre limiti alle proprie domande, alle proprie intuizioni, alle proprie aspirazioni, alle proprie frequentazioni intellettuali, a una visione d'insieme del sapere amplissima, addirittura illimitata. Le idee di Bruno ci possono apparire superate, ma la sua volontà di comprendere, studiare, stupirsi dovrebbe contagiarci e farebbe bene a tutti i protagonisti della cultura contemporanea. Cercheremo in questo libro di seguirlo, senza farci abbagliare dalla sua vanità, dal fortissimo amor proprio, dall'opportunismo, dal senso di totale autonomia nei confronti di un mondo in cui sapeva muoversi, ma che non amava.
Le idee, la storia, l’esperienza umana di Giordano Bruno come radice di un umanesimo che è ancora la principale risorsa creativa alle soglie del nuovo millennio. Enzo Mazzi, autore per i nostri tipi del fortunato volume Cristianesimo ribelle, ripercorre in questo agile testo la figura e l’insegnamento di uno dei più importanti maestri del libero pensiero. In un momento in cui il pensiero laico subisce l’offensiva di molti integralismi, è preziosa la rilettura che Enzo Mazzi, esponente di un cattolicesimo minoritario ma vivo e ascoltato, propone del grande eretico Giordano Bruno, che la Chiesa romana fece bruciare sul rogo, in piazza Campo de’ Fiori a Roma, il 17 gennaio del 1600. Oggi, mentre attraversiamo una crisi della modernità che non è meno acuta di quella del diciassettesimo secolo, l’insegnamento bruniano appare a Mazzi come una risorsa preziosa, come una insostituibile testimonianza di umanità e di libertà.
Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno muore sul rogo dell'Inquisizione, a Campo de' Fiori. All'indomani delle guerre di Religione, nel pieno della Controriforma, la Chiesa di Roma non gli perdona la sua insubordinazione. Esiliato, isolato, eterno dissidente, è rimasto imprigionato nei suoi miti troppo a lungo: Bruno ateo, Bruno spia, Bruno moderno, Bruno eretico. Attorno alla figura del Nolano è fiorita una vasta letteratura, che non di rado ha cercato di tirare Bruno da un lato o dall'altro, accentuandone alcuni tratti a discapito di altri. Levergeois abbatte in questo libro i luoghi comuni, tratteggia un Bruno "umanizzato" e lo rende contemporaneo a noi. Passo dopo passo lo seguiamo nella varie tappe della sua movimentata esistenza e del suo irriducibile pensiero. Domenicano, rompe col suo ordine e lascia l'Italia, dando inizio a un lungo peregrinare da esule. A Ginevra si oppone ai calvinisti che lo scomunicano. A Parigi seduce con l'arte della memoria Enrico III e trova protezione. In Inghilterra scandalizza dottori di Oxford e puritani. Una terza scomunica arriva dai luterani tedeschi. Bruno segna una svolta nella storia del pensiero occidentale. Si ispira a san Tommaso, a Cusano e a Ficino a un tempo. Nemico di Aristotele, stabilisce, a partire da Copernico, l'esistenza di un universo infinito, popolato da innumerevoli mondi. Dalla matematica alla magia, passando per la scoperta dell'America, mette in discussione tutto ciò che sembra già acquisito.
L'esperienza di sentirsi amati da Qualcuno che non vedi ma sai sempre vicino, trasforma il cuore dell'uomo, infonde un coraggio forte e positivo per affrontare ogni cosa. La storia di Madre Elvira è segnata dall'incontro con questo Dio vivo che ci promette una felicità... impossibile! È stato tale incontro a ispirarle il progetto di accogliere i primi ragazzi sbandati in una casa diroccata sulla collina di Saluzzo. In quel momento nasceva nel silenzio, nel nascondimento, nella povertà, in mezzo a tanti sacrifici la Comunità Cenacolo, che oggi conta ben 61 fraternità sparse nel mondo che accolgono migliaia di giovani e famiglia in cammino "dalle tenebre alla Luce".
Quando con il passare degli anni la debolezza del corpo si fa più evidente la Casa di riposo sembra essere l’unica soluzione... Una sorprendente alleanza tra generazioni.
«Non mi piace invecchiare, ma considerando l’alternativa…», dice Woody Allen in un’intervista. Oggi, in effetti, si vive di più e si vorrebbe vivere meglio; ma non sempre è così. Come nella storia di Gioia, nonna iperattiva che improvvisamente si trova a dover fare i conti con un corpo che non la segue più come desidererebbe. Una famiglia presente, con figli a loro modo affettuosi ma che talvolta non comprendono le esigenze e i desideri di chi è anziano. E quando la debolezza del corpo si fa più evidente, la casa di riposo sembra essere l’unica soluzione, la più normale, la più fisiologica; soluzione a cui Gioia, in modo delicato e originale, si oppone. Ne scaturisce una sorprendente alleanza tra generazioni da cui nascono nuove energie, nuove soluzioni, nuova voglia di vita Il saggio di Giantin evidenzia le criticità del soggetto anziano e indica possibili soluzioni assistenziali.
Nata nel 1875 da una nobile famiglia senese, la contessa Bianca Piccolomini Clementini dedicò la sua intera esistenza a meditare e approfondire il senso di una maternità spirituale nell'imitazione di Cristo. Dal 1920 al 1958 scrisse le sue "Istruzioni": indicazioni e consigli per la vita spirituale di grande attualità per ogni credente desideroso di testimoniare l'amore di Dio nella quotidianità della propria esistenza
Alla scuola della Beata Elia di San Clemente (1901-1927), Carmelitana Scalza, possiamo riscoprire la gioia della preghiera, "quel filo di comunicazione intima che passa tra l'anima e Dio". In questo libro, i testi che scandiscono i vari momenti di preghiera (stazioni della Via Crucis, giorni di Maggio, misteri del Rosario), sono scelti dal repertorio spirituale della Monaca Carmelitana barese.
Gioacchino da Fiore, abate, nacque nel 1130 ca. a Celico, paese della Calabria. Egli ebbe una profonda fede nell’imminente Regno di Dio: una terza età del genere umano l’età dello Spirito dopo l’età del Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo è portatore del progresso; tutti i popoli della terra ne sono partecipi.
Nato per essere guida di altri uomini, credeva fermamente che il monaco doveva essere “sentinella di Dio”. Nel Liber Concordiae infatti così scriveva: “È nostro dovere salire sull’osservatorio della montagna e, non appena avvistati i nemici, dare l’allarme… Voi da degni soldati di Cristo, quali siete, mettete da parte le opere delle tenebre e indossate le armi della luce.
Noi, se non diamo fiato alla tromba siamo responsabili del vostro sangue; voi, se trascurate di indossare le armi della luce, perirete per colpa vostra”.
Conoscere Gioacchino è significativo in un tempo come il nostro, in cui si avverte l’esigenza di riconquistare e difendere quella che l’abate chiama il più insigne dono dello Spirito: “la pace spirituale del mondo”.
Non ebbe una nascita normale. Scioccò i genitori ed il parentado. Fu
battezzato il giorno dei morti. Non fu allattato normalmente dalla mamma. Fu rifiutato dall'asilo infantile, dalle scuole e dalla parrocchia. Camminava a stento, udiva molto poco, pativa l'auto. Faticava a parlare e a stare seduto, dormiva con gran parte del corpo proteso nel vuoto. Era stonato. Lo chiamarono "diavolo". Temeva di essere sgozzato dal padre. Gli piallarono il volto, gli ridussero la bocca ad una fenditura quasi perpendicolare, gli estirparono gli occhi. Non poteva sorridere, né baciare, nè piangere, né fischiettare. Aveva il corpo seminato di protuberanze. Uscì di casa in tutto nove volte. Incalcolabile il numero delle operazioni subite.
Era un Freak dotato di un'intelligenza superiore alla media, un autodidatta che teneva testa ai professori universitari. Un punto di riferimento per anime in ricerca. Un innamorato del vangelo, un gran teologo, un santo anomalo. Diciannovenne, presso la grotta di Lourdes, disse di SÌ alla volontà di Dio. E vi rimase fedele per tutta la vita.
Nato negli ultimi mesi della Trento austro-ungarica da una famiglia di origine slovena, studente di medicina a Padova, partigiano comunista, Gino Lubich viene arrestato e torturato nel famigerato carcere di Bolzano, da cui riesce fortunosamente a fuggire. Nei difficili anni del dopoguerra sperimenta la sua vocazione giornalistica nell'opera di ricostruzione civile e morale del Paese, mettendo a servizio dei lettori la sua penna forbita e la sua acutezza di pensiero dapprima alla redazione milanese dell'«Unità», poi - dopo il distacco dal partito comunista - a Roma e a Padova. Testimone e interprete sempre libero e originale di tanti eventi decisivi della storia d'Italia del Novecento, amico fraterno di Ermanno Olmi e di Igino Giordani, oltre che legatissimo alla sorella Chiara, fondatrice del movimento dei Focolari, Gino Lubich è divenuto per molti un maestro di impegno per la libertà, la democrazia e la dignità di ogni persona.

