
Storie di Giufà, edite e inedite, della tradizione mediterranea, raccontate così come ascoltate dalla viva voce di chi ancora le narra.
Giufà è il personaggio più conosciuto e "interculturale" del Mediterraneo: le sue storie sono narrate in Italia, nel Magreb, in Turchia, nell'Europa del Mar Morto, in Spagna e in Francia. Il personaggio spesso assume nomi diversi…ma la sostanza non cambia: Giufà è spesso lo sciocco a volte stolto a volte sapiente, è l'ingenuo a volte furbo, è il disgraziato a volte fortunato. Giufà è tutto e il contrario di tutto.
Sara Favarò, poeta, cantastorie, interprete della musica popolare, ricercatrice delle tradizioni popolari, attrice, autrice di ricerche antropologiche, romanzi, saggi sociali, poesie. Collabora con le scuole sulle tematiche della legalità e delle tradizioni popolari.
Le passioni, i rimpianti, gli slanci di uno degli uomini che con più lucidità e sapienza ci hanno raccontato il nostro tempo.
«Vivetela bene la vostra piccola vita perché è la sola e quindi immensa ricchezza di cui disponete. Non dilapidatela, non difendetela con avarizia, non gettatela via oltre l'ostacolo. Vivetela con intensa passione, con speranza e allegria».
Scuote l'anima mia Eros nasce così, dalla passione, sotto il segno di una mercurialità creativa che rincorre l'intensità folgorante e variabile dei pensieri. Eugenio Scalfari ha sempre cercato di farsi attraversare dalla luce della razionalità, senza tuttavia nascondersi che la conoscenza e il sapere hanno il loro fondo oscuro nella malinconia («Io sono stato un mercuriale che sognava d'essere un saturnino»). Oggi sente di aver raggiunto quello spazio immobile, quel tempo sospeso che gli permette di accogliere dentro di sé le cose del mondo «invece di invaderle e possederle». Sa di potersi abbandonare liberamente alla propria vita emotiva senza rischiare di cedere alla tristezza e alla solitudine: la malinconia sarà pure un bagno di luce crepuscolare che accompagna ogni percezione, ma è anche una consolazione dell'esistenza che può permettersi solo chi ha vissuto e vive ogni momento «con intensa passione, con speranza e allegria».Compralo su LibreriaColetti.it
«Questo libro è il racconto di uno scontro che avviene in ogni attimo della nostra vita tra le passioni e la ragione; il racconto dell'innocenza perduta, delle trasgressioni, della brama egoistica del potere e la generosità verso gli altri, dell'amore romantico e di quello libertino.
Il protagonista di questa storia fatta di cadute e di vittorie è Eros, signore degli uomini e degli dèi, fonte inesausta di tutti i desideri».
Eugenio Scalfari (1924), dopo aver collaborato al «Mondo» di Pannunzio, è stato, nel 1955, tra i fondatori dell'«Espresso» che ha diretto dal 1963 al 1968. Nel 1976 ha fondato il quotidiano «la Repubblica», che ha diretto fino al 1996 e di cui oggi è editorialista. Tra i suoi libri ricordiamo La sera andavamo in via Veneto. Storia di un gruppo dal «Mondo» alla «Repubblica» (Mondadori 1986, Einaudi 2009), Incontro con io (Rizzoli 1994), Alla ricerca della morale perduta (Rizzoli 1995), Il labirinto (Rizzoli 1998), La ruga sulla fronte (Rizzoli 2001, Einaudi 2010) e, con Giuseppe Turani, Razza padrona (Feltrinelli 1974, Baldini Castoldi Dalai 1998), L'uomo che non credeva in Dio (Einaudi 2008), Per l'alto mare aperto (Einaudi 2010), Incontro con Io (Einaudi 2011) e Scuote l'anima mia Eros (Einaudi 2011). Con il Gruppo editoriale L'Espresso ha pubblicato, raccolti in cinque volumi, gli articoli scritti tra il 1955 e il 2004.
Nel breve intreccio di strade di un popolare quartiere parigino dove i nomi delle vie hanno il sapore delle favole (rue Bleue, rue de Paradis), l'adolescente Momo vive con un padre sprofondato in una silenziosa e fosca depressione. Nello stesso quartiere vive anche monsieur Ibrahim, l'unico arabo in una via "ebrea", titolare della drogheria dove Momo si reca a fare la spesa quotidiana e non esita ogni tanto a sgraffignare qualche scatoletta di conserva... "È solo un arabo, dopo tutto!" pensa Momo, e, con suo grande stupore, il vecchio Ibrahim sembra leggergli nel pensiero: "Non sono arabo, vengo dalla Mezzaluna d'Oro". Così comincia la storia d'amicizia, intessuta di ironia, candore e profonda saggezza, del ragazzo ebreo e dell'anziano "arabo" nell'incanto di un angolo di mondo nel quale le puttane sono belle e cordiali e si accontentano di un orsetto di peluche in cambio dei loro favori e dove, come portata da un sogno, compare addirittura Brigitte Bardot. Come in una favola o un apologo che non pretende di dare lezioni morali ma soltanto proporre un sogno da decifrare, i due protagonisti si incamminano verso il grande mondo, acquistano un'auto che nessuno dei due sa guidare e si dirigono verso Oriente, oltre Istanbul, verso una libertà che li fa inerpicare verso l'alto, guidati da quell'arte di sorridere alla vita racchiusa nei preziosi fiori del Corano.
Victoria ha paura del contatto fisico.
Ha paura delle parole, le sue e quelle degli altri.
Soprattutto, ha paura di amare e lasciarsi amare. C'è solo un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto nel parco pubblico di Potrero Hill, a San Francisco.
I fiori, che ha piantato lei stessa in questo angolo sconosciuto della città, sono la sua casa.
Il suo rifugio. La sua voce. È attraverso il loro linguaggio che Victoria comunica le sue emozioni più profonde. La lavanda per la diffidenza, il cardo per la misantropia, la rosa bianca per la solitudine.
Perché Victoria non ha avuto una vita facile. Abbandonata in culla, ha passato l'infanzia saltando da una famiglia adottiva a un'altra.
Fino all'incontro, drammatico e sconvolgente, con Elizabeth, l'unica vera madre che abbia mai avuto, la donna che le ha insegnato il linguaggio segreto dei fiori. E adesso, è proprio grazie a questo magico dono che Victoria ha preso in mano la sua vita: ha diciotto anni ormai, e lavora come fioraia. I suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano la felicità e curano l'anima. Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita.
Perché il suo cuore si porta dietro una colpa segreta. L'unico in grado di estirparla è un ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei. Solo lui può levare quel peso dal cuore di Victoria, come spine strappate a uno stelo. Solo lui può prendersi cura delle sue radici invisibili. Solo così il cuore più acerbo della rosa bianca può diventare rosso di passione.
Di certo a qualcosa Luca Crescente deve aver pensato, mentre percorreva quel sentiero. Eppure è morto senza pronunciare una frase memorabile. Dai grandi uomini ti aspetti sempre qualcosa del genere. Qualcosa che risulti indimenticabile anche a costo di sembrare retorico. Ma si vede che non conoscevi la discrezione di cui era capace Luca Crescente.
«Una cosa che a Luca Crescente viene unanimemente riconosciuta è la capacità di indignarsi. La capacità di estrarre dal fodero la spada dell'indignazione e trovarla ogni volta lucida e tagliente. Una dote rara, che appartiene solo a chi non conosce stanchezza psicologica o scoraggiamento. Oppure, se li conosce, sa come superarli: la spada dell'indignazione, se usata spesso, tende a perdere il filo, si arrugginisce, non taglia più. La sua, invece, a quanto pare risultava sempre intatta. Una dote che gli derivava direttamente dallo sguardo ingenuo che manteneva sulle cose. Lo sguardo di un bambino, capace ogni volta di sorprendersi e arrabbiarsi per le storture che vedeva nel mondo. È una qualità dello sguardo che normalmente va smarrita con l'adolescenza, man mano che la consapevolezza del mondo si fa sentire e diventa assuefazione»: questa è la storia di Luca Crescente, uno sconosciuto ai più. Un giudice entrato in magistratura a Palermo giusto in tempo per raccogliere l'ideale testimone di Falcone e Borsellino. È la storia della sua onestà nel lavoro e nella vita, è la storia vera dell'amore fra due ragazzi che crescono assieme, si sposano, fanno due figli e si accingono a invecchiare assieme. Ma il destino ha programmi diversi.
Madame Bovary; Salammbô; L’educazione sentimentale (con le “appendici” Memorie di un pazzo e Novembre); La tentazione di sant’Antonio; Tre racconti; Bouvard e Pécuchet.
Con un saggio di Marcel Proust
Edizioni integrali
A cura di Massimo Colesanti
Fra i più grandi scrittori moderni, Flaubert è considerato un realista. Ma l’impegno di esattezza, la documentazione, l’impersonalità nascono da una posizione esistenziale di rifiuto pessimistico della realtà. E questi canoni della sua arte sono osservati e sofferti, sono martirio e compenso del suo desiderio di perfezione, di assoluto. Avrebbe voluto scrivere un libro su nulla, perché l’importante non è la materia, ma l’opera da realizzare nella scrittura. La norma è per lui un antidoto contro la realtà ripugnante: vi si costringe dentro, ma anela ad esserne fuori. Ha scritto e riscritto, per così dire, un unico libro, sul doppio registro ora della scarnificazione della realtà contemporanea (Madame Bovary, L’educazione sentimentale), ora di evasione lirica, storica e immaginaria (Salammbô), ironica e tormentata (La tentazione di sant’Antonio), raffinatamente stilistica (Tre racconti). E come testamento ci ha lasciato Bouvard e Pécuchet, una satira feroce della stupidità umana.
I tre romanzi brevi L’amico ritrovato, Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, nascono dalla tragedia di chi, disperatamente innamorato della Germania e della sua cultura, se ne vide nel 1933 improvvisamente allontanato in nome di una motivazione aberrante come quella razziale.
In L’amico ritrovato questa lacerazione coincide con la fine di una fortissima amicizia fiorita al liceo di Stoccarda tra due adolescenti: l’ebreo Hans Schwarz, figlio di ricchi borghesi, e il nobile Konradin von Hohenfels, per molti aspetti diversi, ma accomunati dall’amore per Goethe, Schiller, Hölderlin e la dolce campagna del Württemberg. Il nazismo travolge questo legame con la forza di un contagio che sembra colpire anche l’amico prediletto e condurlo al tradimento.
La smentita verrà solo trent’anni dopo, imprevista e commovente, dalle righe di un vecchio album di scuola e dall’ultima lettera scritta ad Hans da Konradin, divenuto ufficiale della Wehrmacht e prossimo a essere giustiziato per aver preso parte alla congiura contro Hitler: una confessione che è anche l’appassionato tentativo di spiegare come un popolo intero possa precipitare nella barbarie, e risponde ai quesiti che L’amico ritrovato aveva lasciato aperti. Ma forse la chiave dell’intera Trilogia va considerato Niente resurrezioni, per favore: il confronto, nella Germania opulenta del dopoguerra, fra l’ebreo emigrato Simon Elsas e i suoi vecchi compagni di scuola non garantirà la riconciliazione, ma suggellerà la ferita dell’animo, la reciproca incomprensione, la colpevole dimenticanza del passato.
Prima del silenzio. Una notte d’inverno, la strada ghiacciata, neve tutt’intorno, un’auto sbanda, si schianta contro un albero, il guidatore è gravemente ferito. Aveva appuntamento con lo sconosciuto che poche ore prima aveva rapito suo figlio Sven, mentre era fuori casa con il fratello maggiore. Adesso tutto è inutile: l’uomo sa che sta per morire. E sa che anche suo figlio morirà.
Dopo il silenzio. Da ventitré anni lo psichiatra Jan Forstner vive con l’angoscia della scomparsa del fratellino. Tutto ciò che gli resta è un registratore che Jan aveva portato con sé la notte in cui erano usciti insieme e dove sono incise le ultime parole di Sven: «Quando torniamo a casa?» E poi il silenzio. E gli incubi che da quella notte non hanno smesso di tormentarlo. La notte in cui il padre è morto in un incidente d’auto.
La vita di Jan si riassume tutta in quella notte: ha studiato psichiatria come suo padre, si è specializzato in criminologia e ora è tornato al punto di partenza: alla Waldklinik, la clinica dove lavorava il padre e dove adesso lavorerà anche lui. Vorrebbe ricominciare a vivere, lasciarsi alle spalle l’incubo, ma quando una paziente della clinica si suicida, Jan si trova coinvolto in un’indagine che svelerà un segreto atroce rimasto sepolto per ventitré anni...
Mons. Giuliano Agresti (Barberino del Mugello 1921 - Lucca 1990) è un singolare personaggio. Uomo di Chiesa (fu Vescovo di Spoleto e Arcivescovo di Lucca), fu anche scrittore e pittore, che con la sua esistenza ha attraversato i momenti più infuocati del `900: la 2° guerra mondiale, il Concilio Vaticano II, la contestazione, fino al caos dei giorni nostri.
La lettura de `Il Nomade` è una vera esperienza spirituale: ci porta sempre più in confidenza con lo spirito del protagonista e contemporaneamente con il nostro, con nuove intuizioni e scoperte davvero rivoluzionarie.
Nomade è il pellegrino che, attraverso le vicende della vita terrena, scopre la Presenza di Dio nella storia. Per questa ragione egli resta, lungo tutto il suo cammino, un cercatore di Dio.
Nora se ne è andata da quindici anni e Matteo, ogni giorno da allora, chiede a se stesso quale sia la strada da percorrere. Un viaggio intriso di amore e dolore, di ricordi che riaffiorano dal passato, di luoghi in cui la natura amplifica con la sua bellezza e la sua forza i pensieri e le domande del protagonista. Vivendo ormai da anni immerso nella natura che circonda la sua casa in mezzo ai boschi, Matteo si confronta con la propria coscienza sul filo dei ricordi di un passato che riaffiora e si alterna al presente delineando i protagonisti, passati e presenti, della sua vita. “Perché, quando succede qualcosa di irreparabile, non si fa che pensare a quello che si poteva evitare?” Cercando la risposta a infinite domande, Matteo racconta la sua storia forte e dolorosa, poetica e profonda: una storia d’amore così intensa da obbligare il lettore a confrontarsi con il racconto di una vita che, alla fine, non riguarderà più soltanto il protagonista ma tutti coloro che la leggeranno.
“Ho subito capito che tu eri l’unica persona cui avrei potuto affidare non solo gran parte dei miei beni, ma anche il completamento del disegno politico che ho da sempre avuto in mente.”
Giulio Cesare
Il primo imperatore romano, forse il più grande: Ottaviano Augusto. La difficile ma inarrestabile scalata al potere, gli intrighi, i retroscena psicologici, i personaggi: Agrippa, l’amico fidato, uomo forte e imperturbabile, votato al servizio gregario e all’ordine senza forse e senza ma.
E poi Livia Drusilla, di cui Ottaviano si innamora, e ne fa la sua sposa e ispiratrice. E ancora, le trame segrete dei conservatori capeggiati da Cicerone, Catone, e Bruto, la guerra sanguinosa contro gli uccisori di Cesare, da cui emergerà la figura dell’uomo di potere unico, il princeps per antonomasia.
Uomo malaticcio ma sospinto da irrefrenabili pulsioni, adottato da Cesare che lo vedeva come il solo condottiero in grado di risolvere il dissidio che opponeva il Senato al princeps. Repressione di congiure, diplomazia con il ceto nobiliare, stretto legame quasi affettivo con le legioni, un saldo secolo di pace, detta appunto pax augusta, che ha quasi per fondamento ideologico la cultura e la poesia, di cui Mecenate è ispiratore, sono i fondamenti del nuovo impero.
Molti tormenti anche nella sua vita: più grave di tutti il comportamento libertino di sua figlia Giulia e sua nipote Giulia Minore.
Luca Canali ricostruisce col sicuro e avvincente passo del romanziere e con il rigore dello storico un capitolo epico della storia romana, fra tolleranza e dispotismo, poesia e sangue, amore e morte.
La vicenda di un uomo il cui braccio violento, anche attraverso la crudeltà delle proscrizioni, ha impugnato ogni arma disponibile per saldare per sempre il destino di Roma a quello dell’Occidente.
LUCA CANALI, scrittore e latinista, ha insegnato Letteratura latina nelle Università di Roma e Pisa.
Dal 1981 si è dedicato esclusivamente all’attività critica e letteraria. Tra le opere di saggistica: Personalità e stile di Cesare, I volti di Eros, Lucrezio, poeta della ragione, Amore e sessualità negli autori latini, Il sangue dei Gracchi, I cavalieri latini dell’Apocalisse, Fermare Attila; di versi: Toccata e fuga, La deriva, Il naufragio, Zapping, Borderline, Fasi, Lampi; di narrativa: La resistenza impura, Autobiografia di un baro, Il sorriso di Giulia, Spezzare l’assedio, Nei pleniluni sereni, Reds. Racconti comunisti, La sporca guerra, Fuori dalla grazia. Tra le sue traduzioni, tutta l’opera di Virgilio, Lucrezio, Petronio, Orazio, Tibullo, Properzio, Persio, Stazio, Prudenzio e altri.
Anche lui, quand’era ancora cieco, non avrebbe capito.
Ma adesso che aveva conosciuto la follia della vita, vedeva tutta la bellezza di quel disordine assoluto in cui erano finiti.
Quando il notaio Ippolito Dalla Libera capisce che i suoi giorni stanno per finire, chiama il suo unico figlio al capezzale del grande letto in cui sta immobile da anni e gli rivela il segreto della sua vita.
Inizia così il viaggio che porterà Iacopo in un povero quartiere di Ferrara, nel mondo sconosciuto del padre, tra emozioni e scoperte che sconvolgeranno per sempre la sua esistenza tranquilla di professionista affermato e marito fedele.
Sarà la bellezza di Mila a ubriacarlo di vita e colori, dentro un’umanità perduta di ladri e puttane che gli farà provare il desiderio di cominciare tutto daccapo.
Un romanzo d’amore e disordine, dove la trama si confonde con l’ordito e il rovescio con il diritto, disseminato da un arcipelago di citazioni nascoste di quadri, film, canzoni e fotografie che il lettore, se vorrà, potrà cercare di riconoscere.
Franceschini torna alla scrittura con un romanzo visionario e poetico, in cui il realismo magico padano dei suoi primi due libri, irrompe d’improvviso nella vita grigia del protagonista.
“Ora aveva voglia di correre a casa a parlare con suo padre, voleva capire chi era dietro la faccia. Guardò lo sconosciuto, scivolato anche lui chissà dove, e poi gli altri viaggiatori dello scompartimento che in quel momento stavano tutti zitti e gli parve di poter vedere per la prima volta il ribollire incantato che ogni uomo ha dentro. Stupido, che per tanti anni aveva guardato solo l’involucro! Per forza che non ascoltava nessuno, che non provava interesse per tutte quelle che aveva sempre considerato chiacchiere inutili e che invece erano piccole feritoie, aperte apposta per lasciarsi scrutare dagli altri nel segreto custodito dal corpo”.
Dario Franceshini (Ferrara 1958) ha pubblicato con Bompiani nel 2006 il romanzo Nelle vene quell’acqua d’argento, tradotto da Gallimard in Francia, dove ha avuto un successo di critica e vinto il Premier Roman di Chambery. Nel 2007 ha pubblicato, sempre per Bompiani, La follia improvvisa di Ignazio Rando.
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