
Giugno 1943. La Seconda guerra mondiale è a un punto di svolta. Hitler concentra le truppe sul fronte orientale, mentre i suoi ingegneri lavorano a un nuovo potente missile che potrebbe rivelarsi l'arma risolutiva. L'Italia è sempre più provata dagli attacchi alleati e il regime di Mussolini vacilla, osteggiato da ampi strati della popolazione e minacciato dagli stessi "amici" tedeschi. Mentre Stalin e Churchill elaborano strategie politiche e militari, il Vaticano tratta con gli Stati Uniti affinché Roma venga risparmiata dai bombardamenti. Giorno dopo giorno, attraverso un implacabile racconto in presa diretta, Adelchi Battista ricostruisce le drammatiche settimane in cui, nelle stanze del potere ma anche nelle case della gente, l'Europa si scopre ferita e non distingue più tra eroi, vittime e carnefici: la guerra è ovunque, la guerra è di tutti
Quando arriva al Westish College, sulle sponde del lago Michigan, Henry Skrimshander è un ragazzo gracile e spaesato, certo soltanto della propria inadeguatezza. Ma sul campo da baseball si trasforma, e un istinto infallibile lo guida in gesti di una grazia assoluta. Mike Schwartz, il suo mentore e migliore amico, ripone in lui tutte le sue speranze di ragazzone stempiato dal cuore grande e dal futuro incerto, mentre Owen Dunne, il compagno di stanza gay e mulatto, lo confonde con l'inarrivabile spigliatezza dei modi e i lapidari giudizi in fatto di letteratura e blue jeans. Poi c'è Guert Affenlight, il rettore che a sessant'anni ha ceduto alla forza di un sentimento inconfessabile, e adesso lotta felice e sgomento per non soccombere alla marea delle proprie emozioni impazzite. Sua figlia Pella sta per tornare in città con una vecchia borsa di vimini e un matrimonio fallito alle spalle, precoce e irrequieta come il giorno in cui se ne andò. Ma al Westish, tra drammi che incombono e amori incipienti, tutto sta per cambiare. E ciascuno, che lo voglia o no, sarà costretto a fare i conti con quella cosa luminosa e terribile che chiamiamo vita.
Al funerale di Maurice Marcia, anziano proprietario di un noto ristorante di rue Fontaine ("un funerale coi fiocchi!" commentano i curiosi che vi assistono), partecipa, in grande spolvero, la "crème de la crème" della malavita parigina, dai boss ai giovani che si stanno facendo strada, dai magnaccia ai tenutari di case di appuntamento. In prima fila, sola e altera, la vedova: trent'anni, un corpo da mannequin, impenetrabili occhi azzurri. Una che non esita a giocare sporco, e che per Maigret sarà un osso duro. Il commissario non ci ha messo molto a intuire che la bella Line non è affatto estranea alla morte del marito, e grazie al misterioso informatore che continua a telefonare all'ispettore Louis (uno che conosce il quartiere come le sue tasche) apprenderà pure che, la notte in cui è stato trovato il cadavere di Marcia, lei era insieme al suo amante, il maggiore dei due fratelli Mori, sospettati di appartenere a una banda che svaligia le ville e i castelli nei dintorni di Parigi. Ma non sarà facile trovare il bandolo della matassa. Tanto più che alla fine, quando avrà riunito nel suo ufficio protagonisti, comprimari e comparse dell'intricata faccenda, Line e il suo amante continueranno ad accusarsi a vicenda. E non smetteranno neanche davanti ai giudici
La fine è nota. L'impatto del Titanic con l'iceberg è però soltanto il punto geometrico in cui convergono innumerevoli traiettorie, forze, vite: non tutte altrettanto celebrate, anzi alcune decisamente poco note, quando non misteriose. Capitani di industria ed ereditiere, disperati in fuga dai loro paesi e piccoli bottegai in cerca di fortuna; ladri, truffatori e anche un rapitore di bambini; artisti e scrittori insieme a contadini analfabeti che non avevano mai visto il mare; amori e tradimenti, relazioni fugaci o passioni travolgenti: sono le particelle elementari di cui è composta la Storia, atomi che quando vengono guardati da vicino hanno la sconfinata vastità della vita. E ci sono le grandi forze collettive che plasmano il mondo. Ad esempio le migrazioni che, proprio grazie ai transatlantici, iniziavano a divenire veramente globali. O le altrettanto globali speculazioni finanziarie: lo stesso Titanic in un certo senso, era il prodotto di una bolla speculativa. Il Titanic - la storia di chi l'ha progettato e di chi vi ha viaggiato - conserva lo stesso fascino di certi romanzi storici o enciclopedie: l'ambizione di contenere al proprio interno un'intera civiltà. Un mondo lontano un secolo eppure sorprendentemente simile al nostro. È anche per questo che l'affondamento del Titanic non smette di ossessionarci e di raccontarci la sua storia di ambizione e arroganza, di lusso e ingiustizia, di viltà e coraggio
53 a.C. Margiana Orientale. Dopo la sconfitta cruenta e umiliante dell'esercito di Crasso a Carre, diecimila legionari superstiti vengono catturati dai Parti e per evitare la morte accettano di combattere per i loro carcerieri. Sono la "legione dimenticata". Tra quei legionari ci sono anche Remolo, Brenno e Tarquinio. Uniti dall'amicizia e dal desiderio di riconquistare la libertà, i tre guerrieri combattono per difendersi dalle tribù che minacciano quei territori, e, allo stesso tempo, sventano le trame di alcuni ufficiali Parti che vogliono la loro morte. Nel frattempo in Occidente, mentre è in viaggio verso la Gallia per incontrare Bruto, suo fidanzato e braccio destro di Cesare, anche Fabiola, la sorella gemella di Romolo, combatte per la sua sopravvivenza. La ribellione dei Galli è dura e sanguinosa e mette in pericolo non solo l'ascesa di Cesare al potere, ma anche la sua vita e quella di tutti coloro che lo sostengono. Mentre i legionari fuggono dalla Margiana e Fabiola segue Bruto nella campagna contro Pompeo, ecco che il destino programma un loro ricongiungimento. Il loro obiettivo è raggiungere Roma, ma nonostante i loro sforzi, la meta è forse ancora lontana
Vincenzo Chironi mette piede per la prima volta sull'Isola di Sardegna - "una zattera in mezzo al Mediterraneo" - nel 1943, l'anno della fame e della malaria. Con sé ha solo un vecchio documento che certifica la sua data di nascita e il suo nome, ma per scoprire chi è lui veramente dovrà intraprendere un viaggio ancora più faticoso di quello affrontato col piroscafo che l'ha condotto fin li. A Nuoro trova ad attenderlo il nonno, Michele Angelo maestro del ferro, che gli farà da padre e da complice in parti uguali -, e soprattutto sua zia Marianna, che vede nell'inaspettato arrivo del nipote l'opportunità per riscattare un'esistenza puntellata dalla malasorte. Anni dopo, quando ormai a Nuoro la presenza di Vincenzo Chironi sembra scontata, naturale come il mare e le rocce, la forza del sangue torna a far sentire il suo richiamo. Perché quando Vincenzo conosce Cecilia, che ha "gli occhi di un colore che non si può spiegare", innamorarsi di lei gli sembra l'unica cosa possibile. Anche se è promessa sposa di Nicola, con cui lui è mezzo parente... Se è vero che "la disobbedienza chiama il castigo", forse è anche vero che quell'amore è l'ultimo anello di una catena destinata a non aver fine. Dopo l'epopea di "Stirpe", Marcello Fois - con una lingua capace di abbracciare l'alto e il basso, e di potenziare lo scorrere del tempo - dipinge un mondo in cui i paesaggi sono vivi come i personaggi che li abitano
Una grande occasione si presenta al giovane avvocato Caspar Leinen quando viene nominato difensore d'ufficio di un omicida reo confesso: può finalmente esercitare la professione che ama, indossare la toga ed entrare nell'austero tribunale del Moabit, a Berlino. In un primo momento sembra che si tratti di una causa di routine: dopo una vita tranquilla e interamente dedicata al lavoro in fabbrica, l'irreprensibile italiano Fabrizio Collini ha ucciso con quattro colpi di pistola un ricco industriale ottantenne noto in tutto il Paese, Hans Meyer. Quello che l'avvocato Leinen ancora non sa è che in questa storia nulla è come appare. Mentre l'imputato si chiude nel silenzio, rifiutando ogni difesa, Leinen scopre che la vittima era il nonno di un suo amico dei tempi del liceo. Benché il ricordo di quell'uomo ricco e potente, ma anche affettuoso e gentile, sia ancora vivo nella sua memoria, il giovane avvocato decide di non rinunciare all'incarico e di cercare in tutti i modi di far luce sul movente. Solo scavando nel passato di Meyer, Leinen riesce a trovare una traccia che lo riporta a un episodio accaduto in Italia durante la seconda guerra mondiale. Da qui avrà inizio un dibattimento teso e serrato che metterà i protagonisti, ma anche i lettori, davanti ai sottili e incerti confini della giustizia. Con una scrittura secca e implacabile, Ferdinand von Schirach riesce a farci sentire il dolore di una ferita mai rimarginata, un passato con cui non abbiamo ancora chiuso tutti i conti
"Blue nights" sono le ore lunghe e luminose della sera che a New York preannunciano il solstizio d'estate, "l'opposto della morte del fulgore, ma anche il suo annuncio". Sono passati sette anni da quando Joan Didion e John Gregory Durine festeggiavano il matrimonio della figlia Quintana Roo nella cattedrale di St. John the Divine in Amsterdam Avenue. Joan Didion ripensa a quel giorno, ai gelsomini del Madagascar nei capelli di Quintana, al fiore di frangipani tatuato sulla spalla. I ricordi rievocano istantanee dell'infanzia di Quintana: Malibù, la scuola di Holmby Hills, la California Meridionale e le sue stagioni "che arrivano in modo così teatrale da sembrare colpi di un destino inatteso". I ricordi spingono Joan Didion a interrogarsi sul suo essere madre, ora che la figlia non c'è più. A rileggere ogni singolo evento della vita di Quintana alla ricerca di segni che forse non aveva voluto vedere. A fare i conti con la propria, inaspettata vecchiaia. Come "L'anno del pensiero magico", "Blue nights" colpisce per la precisione chirurgica con cui parla del dolore
È l'inizio del ventesimo secolo e in Giappone l'Era Meiji, l'epoca del grande Rinnovamento, avanza impetuosa con le sue sconvolgenti modernizzazioni. Daisuke appartiene a una nobile famiglia, agli "aristocratici designati dal Cielo", e tuttavia è fiero di essere considerato un trentenne moderno, un dandy che legge il poeta italiano D'Annunzio, si diletta con le pagine così sfacciatamente decadenti della letteratura occidentale ed è lontanissimo dallo spirito antico del Giappone. Questa vita tenuta al riparo dai conflitti crolla inevitabilmente il giorno in cui Michiyo, la giovane moglie di Hiraoka, un vecchio compagno d'università caduto in disgrazia, ricompare a Tokyo. Michiyo emana una vaga impressione di malinconia, uno struggimento irresistibili per Daisuke, che trasforma d'incanto l'affetto sempre nutrito per lei in una passione irrefrenabile. Dalla sua frequentazione della letteratura francese, Daisuke sa che il tormento, l'angoscia dell'adulterio sono sentimenti per eccellenza moderni. Sa, tuttavia, anche che la modernità del Giappone non è tale da permettere di infrangere, senza imbattersi in un duro castigo, i sacri vincoli di una condotta morale trasmessa da millenni. Per la prima volta nella sua vita, però, Daisuke trova il coraggio di andare incontro al proprio destino: decide di rifiutare il matrimonio combinato che gli propone il padre e di dichiarare il suo amore a Michiyo
"Ho raccontato più volte che la sfida dei quattordici ottomila è nata con una storia d'amore e lo strano è che le mie parole sono sempre state interpretate in senso figurato, quando invece erano reali. Ma forse non è poi così strano, visto che quanto mi accingo a dire adesso non l'ho quasi mai rivelato..." Un libro confessione, questo di Edurne Pasaban, una fra i maggiori interpreti dell'himalaysmo contemporaneo, che racconta di un'adolescenza trascorsa più fra i boschi e le montagne che in discoteca e che prosegue con l'ineluttabilità di una passione invincibile: quella per l'alpinismo. Una passione che non le ha impedito di laurearsi in ingegneria e di lavorare per anni nell'azienda di famiglia prima di fare dell'alpinismo la sua professione, una scelta quasi obbligata per chi matura la determinazione di salire tutti i quattordici ottomila. Perché Edurne Pasaban ha deciso da subito di non entrare nel mondo della roccia e del free climbing, ma di puntare all'alpinismo affascinante e avventuroso degli ottomila. La sfida più ardua, soprattutto per una donna che si muove in un ambiente tradizionalmente maschile e ancora machista, ma in cui Edurne Pasaban ha saputo imporsi con autorevolezza tecnica, spirito di sacrificio e con la propria femminilità
1881, Gheel, anche conosciuto come "il paese dei matti". Teresa Senzasogni non è pazza, ma come tale è stata registrata per poter godere, come è uso in quel villaggio fiammingo, dell'ospitalità della famiglia Vanheim. Un giorno avrà una dote e sposerà il suo Icarus, che le racconta le ingiustizie del mondo. Ma poi arriva un nuovo ospite, un vagabondo rosso di capelli, schivo, rude, gli occhi accesi da una febbre sconosciuta, e Teresa sembra riconoscere in lui un destino incompiuto: diventerà un pittore - lei lo sa, lei lo sente -, troverà nei colori una strada universale. Quando la "profezia" si avvera sono passati una decina d'anni e molto è accaduto, a Teresa e a Vincent van Gogh. Teresa scrive al caro signor Van Gogh perché si ricordi, perché la aiuti a mettere ordine nel disordine, speranza nella disperazione, amore nel disamore e colore nel grigio. Lui, in verità, è l'unico vero amore di tutta la sua vita. E come tutti gli amori è pieno di luce e di futuro. Il romanzo di Giovanni Montanaro è una lunga letterache si trasforma in una storia di anime in gabbia, di sentimenti che vogliono lasciare il segno e di un bisogno di libertà grande quanto l'immaginazione che lo contiene
Matilde ha dodici anni. Non sopporta i guanti spaiati e compie piccoli, bizzarri rituali per addomesticare la realtà, per darle un ordine. È un dicembre torinese, pieno di neve e di ombre. Pochi giorni prima di Natale, il padre di Matilde, il magistrato Giovanni Corrias, è chiamato a indagare sul caso di un bambino morto in circostanze misteriose. Mentre avvia i primi accertamenti e formula le prime ipotesi sua moglie viene investita da un'auto, ed è come se la sorte disegnasse una sua geometrica contemporaneità. Al colpo durissimo il magistrato risponde facendo leva sul senso del dovere e della professione, aggrappandosi alle indagini in corso. Violaine, una giovane poliziotta laureata in psicologia, lo aiuta a ricostruire la sequenza dei fatti. Matilde, intanto, osserva gli adulti e il loro dibattersi alle prese con la fragilità dell'esistenza. Con ostinata tenerezza si domanda in che maniera curare il dolore del padre e delle sorelle, nella convinzione che spetti a lei tentare di aggiustare quello che si è improvvisamente rotto, e alla geometria oscura della morte se ne sovrappone un'altra, luminosa e impalpabile