
Il matrimonio e l'omicidio sono due facce della stessa medaglia, i due lati di un nastro di Moebius che si confondono l'uno nell'altro? Prendiamo David Pepin. David è innamorato della moglie fin dal primo giorno in cui si sono conosciuti - all'università seguivano un seminario sul cinema di Hitchcock - e da allora non ha mai smesso di esserlo: dopo tredici anni, e nonostante la depressione e l'obesità della donna, non riesce a immaginare una vita felice senza di lei. Eppure, allo stesso tempo, non riesce neanche a smettere di immaginare, con ossessiva costanza, la moglie morta: e spesso uccisa proprio da lui. Quando la morte (finalmente?) arriva, David ne è sconvolto: ma non basta questo per toglierlo dalla lista dei sospetti. Si tratta di suicidio, come giura lui, o omicidio - un omicidio che forse lo stesso David ignora di aver commesso? Anche gli investigatori chiamati a risolvere il giallo sono degli esperti di amore e odio coniugale: Ward Hastroll (anagramma di Lars Thorwald: l'uxoricida della Finestra sul cortile) ha una moglie che da cinque mesi non vuole lasciare il letto. Mentre il secondo detective è addirittura Sam Sheppard, il medico che negli anni Cinquanta fu accusato di aver ucciso la moglie, condannato da una giuria fortemente influenzata dalla stampa ostile e solo dopo dieci anni riconosciuto innocente. A questo punto il lettore ha capito che quello che ha tra le mani non è un semplice giallo.
"Cos'è che ami, quando sei innamorata? I suoi vestiti, i suoi libri, il suo spazzolino da denti. Tutti i beni di consumo, che prima erano estranei, vengono magicamente riabilitati come aspetti della persona. Dopo che Evgenij Onegin scompare nel settimo capitolo, Tat'jana comincia ad andare in visita nella sua tenuta abbandonata. Guarda i segni che ha lasciato sul biliardo, la sua biblioteca, il suo frustino, "tutto le pare inestimabile". "Chi era dunque lui?" domanda riflettendo sui suoi libri, esaminando i segni lasciati sui margini dall'unghia del suo pollice". Il nostro rapporto con la letteratura non è forse sottomesso alla stessa costellazione sentimentale? Non è, anche questa, un'allegoria della lettura? Come Tat'jana cerchiamo tra le pagine di un libro le tracce di un personaggio e del suo autore, tentiamo di ricostruire, a partire da un'assenza, un'essenza. Esponendoci al rischio inevitabile, incalcolabile - del disastro, del fallimento. Allora "I posseduti", come il romanzo e come la critica letteraria (generi a cui allo stesso tempo appartiene e che trascende), è il racconto di una storia d'amore. Come il protagonista della "Montagna magica" di Thomas Mann, che arriva in un sanatorio svizzero per una visita di tre settimane al cugino e vi rimane per sette anni a causa, si può dire, dell'amore, così Elif Batuman a tutto pensava tranne che a dedicarsi alla vita accademica: eppure resterà a Stanford sette anni per un dottorato sulla forma del romanzo russo.
Brie muore all'improvviso. A sedici anni. Col cuore, letteralmente, spezzato in due. Nell'istante esatto in cui si sente dire da Jacob che non la ama più. Ma questo è solo l'inizio della storia. Dal suo punto di osservazione in Paradiso Brie finalmente capisce un sacco di cose. Che il matrimonio dei suoi sta proprio andando a rotoli. Che il fratello Jack non riesce a perdonarle di essere morta. Ricominciare da capo quando si ha il cuore a pezzi non è facile. Specie in un posto tutto nuovo. Ma una figura davvero celestiale comparirà presto ad accompagnare Brie nel suo paradisiaco futuro.
In una grande dimora, alle porte di Milano, vivono i Cantoni, proprietari da tre generazioni delle omonime prestigiose rubinetterie. In apparenza, ogni componente della famiglia ha una personalità lineare. Nella realtà, ognuno di loro nasconde segreti che lo hanno segnato. È la regola dei Cantoni: ci sono situazioni che, anche se note a tutti, vanno taciute. Si tace perfino sulla vena di follia che affligge Bianca, la matriarca di questa dinastia. Un giorno entra in scena Léonie Tardivaux, una giovane squattrinata francese che sposa Guido Cantoni, l'unico nipote di nonna Bianca. La ragazza si integra così bene con la famiglia da assimilarne tutte le abitudini, compresa la legge del silenzio su certe vicende personali. Questo non le impedisce di essere una moglie esemplare, una madre attenta, una manager di talento, in grado di guidare con successo l'azienda nel mare ostile della recessione economica. E intanto coltiva il suo segreto, quello che ogni anno, per un solo giorno, la induce a lasciare tutto e a rifugiarsi in un romantico albergo sul lago di Como...
Nel 1921 Virginia Woolf seleziona personalmente otto suoi racconti e li fa uscire con il titolo "Lunedì o martedì", provocando il disappunto del marito Leonard, che lo definisce uno dei peggiori libri mai pubblicati perché infarcito di errori tipografici (poi fortunatamente corretti nelle successive edizioni). Si legge, tra le pagine di questi scampoli di prosa, il progressivo distacco della scrittrice dal romanzo tradizionale, in un rischioso quanto affascinante equilibrio tra intensità d'immagini e sperimentazione linguistica.
Cosa si nasconde dietro la scomparsa del ricchissimo Charles Pitt-Heron? E come si spiega la sua improvvisa e segreta passione per la chimica? Chi sono gli strani personaggi che negli ultimi mesi hanno frequentato assiduamente il suo laboratorio? Il tranquillo avvocato londinese Edward Leithen si ritrova coinvolto nell'intricata vicenda, costretto suo malgrado a interpretare il ruolo dell'investigatore. Finirà per scontrarsi con un potente nemico che ha allungato i suoi tentacoli nei più insospettabili salotti dell'alta società. Avvocato, diplomatico, giornalista, storiografo e scrittore, John Buchan è da sempre considerato uno degli inventori del romanzo giallo. Alfred Hitchcock, che lo cita tra i suoi autori preferiti, ha tratto dalla sua opera più famosa, "The Thirty-Nine Steps", il film "Il club dei trentanove".
Arsenio Lupin è un raffinato ladro gentiluomo, amante delle donne, del gioco d'azzardo e dotato di uno spiccato sense of humor. Per questo personaggio pare che Maurice Leblanc si sia ispirato a Marius Jacob, anarchico francese e ladro inafferrabile. Lupin fa la sua prima apparizione non ufficiale nel racconto breve "Un Gentleman", che chiude questa raccolta accompagnato da altre tre avventure del celebre ladro gentiluomo: "Il soprabito di Arsenio Lupin" (inedito in Italia), "L'anello di smeraldo" e "L'uomo dalla pelliccia di capra". Maurice Leblanc era considerato poco più di uno scrittore da rivista quando, probabilmente influenzato dal grande successo di Sherlock Holmes, inventò il personaggio di Arsenio Lupin, che lo portò inaspettatamente al successo e di cui continuò a descrivere le rocambolesche avventure fino agli inizi degli anni Trenta.
"C'era una parte poco frequentata delle edicole della stazione, quasi abbandonata, quella dei tascabili. Tra i libri accatastati, nascosti dietro un vetro, avvolti nella plastica e ricoperti di polvere cercavo le raccolte di racconti. Era un momento tutto mio, un piacere solitario e veloce perché il treno stava partendo. Studiavo un po' i disegni della copertina, pagavo e infilavo il libro in tasca. Appena mi sedevo al mio posto, gli strappavo la plastica che non lo faceva respirare. Aprivo una pagina a caso, trovavo l'inizio del racconto e attaccavo a leggere. Altre volte, invece, guardavo l'indice e sceglievo il titolo che mi ispirava di più. E mentre il treno mi portava via finivo su pianeti in cui c'è sempre la notte, su scale mobili che non finiscono mai e tra mogli che uccidono i mariti a colpi di cosciotti di agnello congelati. Quella era vera goduria. E spero che la stessa goduria la possa provare anche tu, caro lettore, leggendo questa raccolta di racconti che ho scritto durante gli ultimi vent'anni. C'è un po' di tutto. Non devi per forza leggerla in treno. Leggila dove ti pare e parti dall'inizio o aprendo a caso." (Niccolò Ammaniti)
È una limpida mattina del 1484 e Joan Serra sta giocando a indovinare le forme delle nuvole che macchiano il cielo. Più in basso, una sagoma ben più minacciosa solca il limpido mare della cala di Llafranc: una galea corsara sta per assaltare il piccolo borgo di pescatori in cui Joan è nato, dodici anni prima. Suo padre, Ramon, muore difendendo la famiglia dagli assalitori, ma non riesce a impedire il rapimento della moglie e della figlia. Le sue ultime parole sono indirizzate a Joan: "Promettimi che sarai libero..." Straziato dal dolore e dalla rabbia, il ragazzo è costretto a cercare fortuna a Barcellona, dove trova lavoro in una nota bottega di amanuensi e rilegatori, ignaro delle insidie nascoste tra le eleganti lettere che tanto lo affascinano. Un fascino insidioso pari a quello delle strade variopinte e chiassose della città, dove Joan conosce Anna, figlia di un orafo ebreo, e se ne innamora perdutamente. Un amore che equivale a una condanna in un mondo in cui le barriere sociali ed economiche sembrano invalicabili e dove la morsa del Santo Offizio si stringe, sempre più feroce, attorno ai pochi, profondissimi affetti che Joan si è conquistato, mettendo a rischio la sua stessa vita e la promessa che si è impegnato a onorare...
È mattina presto quando Rakhee esce di casa, diretta all'aeroporto. Dietro di sé, lascia un uomo addormentato, un anello di fidanzamento e una lunga lettera. Ma soprattutto lascia un segreto. Un segreto che lei e la sua famiglia hanno custodito per anni. Un segreto che sembrava ormai sepolto sotto la polvere del tempo. Il segreto di Rakhee ha radici lontane ed è legato all'estate del suo primo viaggio in India, a un mondo illuminato da un sole accecante oppure annerito da cortine di pioggia, a una vecchia casa quasi troppo grande da esplorare, a cibi intensamente saporiti e colorati, a zie vestite con sari sgargianti, a cugine chiassose e ficcanaso, e a un giardino lussureggiante, nascosto dietro un alto muro di cinta... Allora Rakhee era troppo giovane per sopportare il peso della sua scoperta, ma non è mai riuscita a dimenticarla e adesso, proprio mentre la vita le regala promesse di gioia, comprende che è arrivato il momento di dire la verità, anche se ciò significa perdere tutto, compreso l'amore. Tocca a lei abbattere le mura di quel giardino che la sua famiglia ha così caparbiamente difeso. Tocca a lei trovare la chiave per aprire la casa di petali rossi... Come un prisma che riflette i colori, gli odori e i sapori delle emozioni, questo romanzo dispiega le infinite sfumature dei sentimenti umani e le ricompone nella storia di Rakhee, per rivelare come sia sempre possibile spezzare le catene del passato e aprirsi con slancio a ciò che il futuro può offrire.
"'Dopo aver buttato via moltissimi racconti che mi sembravano scritti da un secondo Cortázar, meno bravo di lui, mi decisi a raccoglierne alcuni in un libro' mi disse Sepúlveda una sera a Gijón. 'E lì imparai che il genere che più mi piaceva, quello in cui mi sentivo più a mio agio, era il genere più difficile: il racconto breve. Quando scrivi un romanzo, a volte può succedere che i personaggi ti sfuggano per un po' di mano, e va benissimo, a patto che poi tu riesca a recuperarli e a ricondurli sul sentiero prestabilito. Nel racconto, non può accadere neanche questo, non ne hai il tempo e la possibilità, eppure in quel genere mi sento a mio agio perché la sfida è terribile: il racconto è narrazione pura.' Ed è forse nel racconto che Sepúlveda dà il meglio di sé, grazie al suo gusto per le immagini pennellate con estrema cura, alla sua capacità affabulatoria ed evocativa. Avere sotto mano, in un unico volume, tutte le sue narrazioni brevi consente dunque al lettore di apprezzare ancora meglio queste sue virtù, viaggiando con maggiore comodità nei suoi microuniversi che si svolgono negli scenari più remoti e diversi, dalla Patagonia al Nicaragua, da Amburgo al Cile. Percorrendo d'un fiato questi paesaggi, ci si renderà anche conto dell'evoluzione dell'autore cileno, fino ai racconti più recenti, in cui la voce di Luis Sepúlveda diviene inconfondibile e imperiosa come un marchio di fabbrica." (Dall'Introduzione di Bruno Arpaia).