
Isabel Losada, ovvero una donna da sempre sul cammino verso l'illuminazione. Vuole vivere così, vuole vivere di più, vuole vivere. E capirci qualcosa. Senza lasciare nulla di intentato. Ogni forma di percorso spirituale la attrae. Ma ogni esperienza, ogni nuovo incontro, si rivela tanto spirituale quanto spiritosa, e le svolte che guru, sciamani, trainer, maestri le propongono in corsi, laboratori, assemblee, faccia-a-faccia si trasformano in occasioni per mirabolanti avventure dentro l'ansia di vivere, dentro i labirinti della solitudine, dentro i deliri delle anime in pena. Solo il Dalai Lama si salva in questo sbalestrato, sgangherato universo. Isabel ci invita a seguirla in questo vero e proprio viaggio (da Londra all'Amazzonia e ritorno), per sapere meglio, per sapere di più di che cosa siamo fatti.
Lisbona e il Portogallo sono teatro decisivo dell'immaginazione letteraria di Antonio Tabucchi. Con Lisbona Tabucchi firma un patto ideale attraverso l'amato Fernando Pessoa e il lavoro assiduo, durato tutta una vita, sull'opera del poeta. A Lisbona è legato dall'amore per la moglie Maria José De Lancastre e della realtà portoghese è stato, sempre, appassionato lettore. È lì, in questo Portogallo vissuto ma anche trasfigurato dall'invenzione letteraria, che rifluiscono le sue storie, i suoi fantasmi, la memoria del tempo storico e la memoria del tempo interiore. "Requiem" (1991), "Sostiene Pereira" (1994) e "La testa perduta di Damasceno Monteiro" (1997) testimoniano con straordinaria evidenza una stagione felicissima di scrittura e di impegno civile. Siamo di fronte a tre storie che, lette in sequenza, disegnano la trasparente complessità di motivi che danno forma e spessore all'avventura letteraria di Antonio Tabucchi. L'allucinato destarsi di figure che vengono, attraverso il sogno, a chiedere conto, il riscatto di un uomo mite messo dinnanzi all'urgenza di scegliere, il mistero di un delitto che suscita nuova ansia di giustizia in un uomo sconfitto ma non rassegnato. Con qualche libertà potremmo chiamarla "trilogia portoghese".
Gennaio 1945, la guerra non è ancora finita: per ordine sovietico inizia la deportazione della minoranza tedesca rumena nei campi di lavoro forzato dell'Ucraina. Qui inizia anche la storia del diciassettenne Leo Auberg, partito per il lager con l'ingenua incoscienza del ragazzo ansioso di sfuggire all'angustia della vita di provincia. Cinque anni durerà l'esperienza terribile della fame e del freddo, della fatica estrema e della morte quotidiana. Per scrivere questo libro Herta Müller ha raccolto le testimonianze e i ricordi dei sopravvissuti e in primo luogo quelli del poeta rumeno tedesco Oskar Pastior. Avrebbe dovuto essere un'opera scritta a quattro mani, che Herta Müller decise di proseguire e concludere da sola dopo la morte di Pastior nel 2006. È infatti attraverso gli occhi di quest'ultimo, e cioè quelli del ragazzo Leo nel libro, che la realtà del lager si mostra al lettore. Gli occhi e la memoria parlano con lingua poetica e dura, metaforica e scarna, reale e nello stesso tempo surreale - come la condizione stessa della mente quando il corpo è piagato dal freddo e dalla fame. Fondato sulla realtà del lager, intessuto dei suoi oggetti e della passione, quasi dell'ossessione per il dettaglio quale essenza della memoria e della percezione, questo romanzo è un potente testo narrativo.
Questa raccolta di racconti ("Lidia Mantovani", "La passeggiata prima di cena", "Una lapide in via Mazzini", "Gli ultimi anni di Clelia Trotti" e "Una notte del '43") valse a Giorgio Bassani il premio Strega 1956. In comune le cinque storie hanno una sorta di dolente consapevolezza e l'ambientazione: Ferrara, cittadina di provincia che qui assurge a simbolo di un'intera nazione, avvolta dal pesante panneggio scuro del fascismo. Bassani ci porta nell'animo di questa "gente, per il resto, quasi sempre per bene": la ragazza madre Lidia Mantovani; il dottor Elia Corcos in perenne scontro con la moglie; il sopravvissuto al lager Geo Josz; la vecchia socialista Clelia Trotti, lasciata morire in carcere. Storie diverse eppure vicine, accomunate dalla difficoltà con la quale i protagonisti si adattano a una provincia italiana che da un lato consola, dall'altro respinge qualunque cosa non le sia propria. Persone comprese.
Dove sta andando il professor Bordini, carico di valigie e di inquietudini? Che cosa lo spinge verso quell'appuntamento importante con una persona che non lo aspetta? Il suo non sarà soltanto l'incontro, temuto e desiderato, con un essere umano che ha sempre cercato di rimuovere dalla sua vita, ma sarà anche l'incontro con Venezia, la città su cui "tutto è già stato detto e ridetto". Il professore, un cinquantenne dall'aspetto ingombrante con un passato da scrittore di un unico insuccesso, viene sospinto verso percorsi misteriosi, incontri occasionali con persone che, come la loro città, si rivelano sempre diverse da quello che sembrano. La sua dichiarata misantropia e il suo sorridente nichilismo, a contatto con le multiformi visioni della laguna, lo trascinano in fantasie labirintiche e bizzarre, e la sua missione veneziana diventa ancora più intricata. In un luogo in cui "l'aqua no ga ossi", la storia di un difficile rapporto tra padre e figlio produrrà un inatteso risultato che il professore non aveva previsto. Flussi d'acqua e flussi di vita, il ritmo di una svelata serenità, come la barca che viaggia leggera e sicura quando, su invisibili e incessanti correnti marine, cattura "il filo dell'acqua".
Come i suoi maestri Vittorini e Sciascia, Consolo si è dedicato a un'instancabile attività militante, su quotidiani e periodici. Questo volume raccoglie cinquantadue brevi scritti, tra cui alcuni preziosi inediti, racconti - come li definiva l'autore - che coprono un arco di più di cinquant'anni, ripercorrendo il suo itinerario di scrittore e toccando tutti i temi a lui più cari. In un'intensa galleria sfilano davanti ai nostri occhi vividi quadri dell'infanzia in Sicilia e della giovinezza a Milano, ritratti ironici o feroci della società e del mondo culturale italiano; viaggi nella storia, nel paesaggio, nell'arte di una Sicilia amata con dolorosa consapevolezza; interventi precisi, affilati sul nostro tempo, che testimoniano un appassionato impegno civile. I lettori di Consolo troveranno pagine sorprendenti per freschezza e immediatezza e testi che gettano nuova luce sui suoi capolavori: l'articolo su Aleister Crowley che è la lontana premessa a "Nottetempo, casa per casa"; la rievocazione della Mozia di Retablo scoperta nel primo affacciarsi alla vita adulta; il ricordo di quella Palermo martoriata che è al centro dello Spasimo; lo sguardo critico sul Risorgimento che informa "Il sorriso dell'ignoto marinaio". Chi si avvicina per la prima volta a Consolo scoprirà la sua lingua ricca di storia e di sapori e il ritmo musicale della sua prosa, la sua capacità di raccontare la società italiana attraverso la lente di un giorno come gli altri...
Manca solo un mese a Pesach, la Pasqua ebraica, e quest'anno tocca a Vittoria occuparsi della grande cena, il séder. La preparazione meticolosa della tavola, dei pani azzimi, delle erbe amare e dei dolci è una responsabilità, ma se non altro aiuterà Vittoria a distrarsi dal pensiero dell'uomo che, dopo tanti anni di matrimonio felice con Giacomo, le fa battere il cuore. Dalla storia dell'amore perduto e mai dimenticato della novantenne zia Angelina che ha attraversato con coraggio gli anni della guerra e delle persecuzioni razziali - fino agli intrecci non facili delle famiglie che nascono nel millennio della precarietà globale, tre generazioni si confrontano sulle comuni radici ebraiche e sul senso dell'esistenza nel corso di una serata destinata a cambiare la vita di ciascuno dei commensali. Alla grande tavolata, oltre a celebrare la liberazione degli ebrei dalla schiavitù d'Egitto, ciascuno porta infatti con sé la propria storia, i propri pensieri nascosti, i propri desideri... Ci sono Edoardo e Ruth, cattolica convertita all'ebraismo, Daniele e Sofia, preoccupati per la ribelle figlia Micòl, Leone che si è riavvicinato alla propria gente dopo esserne stato a lungo lontano, sino ad arrivare a Beniamino, il figlio di Vittoria, adolescente che mal sopporta i limiti imposti dalla tradizione. Su tutto, su tutti, i retaggi, i comportamenti, le ricette di una cena che da rito antichissimo si tramuta in terreno di incontro, confronto e inevitabile scontro umano.
Cape May, New Jersey. Un protagonista senza nome recita il suo monologo. Ha appena ricevuto la visita di una lei magnetica e misteriosa, cui si è ispirata segretamente tutta la sua vita: è arrivata inaspettatamente a casa sua, e gli ha dato un appuntamento - si rivedranno il giorno dopo, alle undici, all'inaugurazione della ferrovia turistica, per partire insieme. Nel pomeriggio, nella notte e nel mattino seguente lui sminuzza, intaglia e sutura il suo passato e il suo presente tra incontri e flash-back, cercando di ricomporre i pezzi di un'esistenza vissuta ostinatamente in esilio. Ne ha l'urgenza proprio ora che il destino gli si è rivelato all'improvviso. Una giornalista, Ilaria D'Amico, il suo romanzo d'esordio. Scritto al presente, in presa diretta, proibito ogni fronzolo. Una storia americana dove l'emozione, la malinconia e il tormento invadono lo spazio fisico del racconto, al punto da informarne nascostamente ogni più piccola scena, e ponendo la loro misura estrema al teatro della vita.
Max Perri, avvocato di tanti interessi, pochi clienti e un conto in banca tendente al rosso, ha da sempre un'irretrenabile passione per le cause perse. Così, quando viene avvicinato durante un torneo di scacchi da una ragazzina di età indefinibile, con auricolari che sparano una musica oltraggiosa, dark e imbattibile alla scacchiera, che gli chiede di dimostrare l'innocenza del padre, condannato vent'anni prima per l'omicidio di una studentessa, Max si getta a capofitto nell'impresa. Ovviamente il suo praticante Roberto, detto "l'uomo-macchina" per la capacità di memorizzare anche l'informazione più insignificante, e Rita, brillante avvocato, nonché compagna di Max, si dimostrano tutt'altro che entusiasti. Tutte le prove sono contro quell'uomo. Forse è proprio per questo che per l'avvocato Perri è il cliente perfetto. O forse perché quel caso è stato l'ultimo che suo padre ha seguito prima di morire, e per Max arrivare alla verità potrebbe essere un modo per fare pace col passato. Immergendosi nelle indagini, scoprirà che l'efferato delitto di cui è accusato il suo cliente affonda le radici in un'oscura vicenda di centocinquant'anni prima, e coinvolge un'antica scacchiera che già in molti hanno cercato invano e uno dei più accesi seguaci di Garibaldi. Lungo la strada verso la verità dovrà affrontare qualcuno che avrebbe preferito tenere sepolti quei segreti, qualcuno disposto a tutto pur di fermare le sue ricerche.
Pietro ha trentacinque anni, è felicemente sposato e in attesa di un figlio, quando scopre di avere un cancro. È un pomeriggio di fine settembre e i medici gli dicono che gli rimangono sei mesi da vivere, solo duecentosessantaduemilaottanta minuti. Quando suo figlio verrà al mondo, lui non ci sarà più. Travolto dalla rabbia e dall'angoscia, decide di sparire, di ritrarsi da tutto e da tutti, in un solitario conto alla rovescia. Per non scaricare sulla donna che ama il dolore che lo aspetta e, soprattutto, per affrontare la morte a viso aperto, senza ospedali, senza terapie, senza inutili pietismi, in un ultimo scontro decisivo. Si ritrova così sulle colline di Assisi in un rustico fatiscente, insieme a un vecchio cane guercio, cinque galline, un gallo, sei conigli e una capra. Le sue giornate d'un tratto sono fatte di niente, un unico corpo a corpo con la paura. Finché all'improvviso un frate francescano, che vive in un eremo lì vicino, ne squarcia la monotonia. All'inizio c'è solo la diffidenza di Marco nei confronti di quell'uomo di Dio che gli parla di bellezza, di gioia, di unicità, perché, in questo pezzo di vita che gli rimane, lui non trova nulla di bello, gioioso, unico. Poi comincia a delinearsi un sentiero, una scia di luce nel nero del dolore. Un cammino lungo, a tratti impervio, in fondo al quale si trova la possibilità unica e irripetibile di comprendere il senso ultimo delle cose.
Seattle. Nella cantina dell'hotel Panama il tempo pare essersi fermato: sono passati quarant'anni, ma tutto è rimasto come allora. Nonostante sia coperto di polvere, l'ombrellino di bambù brilla ancora, rosso e bianco, con il disegno di un pesce arancione. A Henry Lee basta vederlo aperto per ritrovarsi di nuovo nei primi anni Quaranta. L'America è in guerra ed è attraversata da un razzismo strisciante. Henry, giovane cinese, è solo un ragazzino ma conosce già da tempo l'odio e la violenza. Essere picchiato e insultato a scuola è la regola ormai, a parte quei pochi momenti fortunati in cui semplicemente viene ignorato. Ma un giorno Henry incontra due occhi simili ai suoi: lei è Keiko, capelli neri e frangetta sbarazzina, l'aria timida e smarrita. È giapponese e come lui ha conosciuto il peso di avere una pelle diversa. All'inizio la loro è una tenera amicizia, fatta di passeggiate nel parco, fughe da scuola, serate ad ascoltare jazz nei locali dove di nascosto si beve lo zenzero giamaicano. Ma, giorno dopo giorno, il loro legame si trasforma in qualcosa di molto più profondo. Un amore innocente e spensierato. Un amore impossibile. Perché l'ordine del governo è chiaro: i giapponesi dovranno essere internati e a Henry, come alle comunità cinesi e, del resto, agli americani, è assolutamente vietato avere rapporti con loro. Eppure i due ragazzini sono disposti a tutto, anche a sfidare i pregiudizi e le dure leggi del conflitto.
Due narrazioni si intrecciano in questo libro, separate dai secoli ma unite da un luogo, i Balcani, e da un tema, l'identità. La prima e più importante dispiega la grandiosa vicenda storica del pascià Mehmet Sokollu, alias Bajica Sokolovic, giovane serbo strappato alla sua terra per essere formato nelle file dell'alta burocrazia dell'Impero ottomano, fino a diventarne gran visir al servizio di Solimano il Magnifico. La seconda narrazione ha inizio in una località termale in Bosnia verso la fine degli anni Settanta del XX secolo e mette in scena lo scrittore stesso, spesso accompagnato dall'amico Orhan Pamuk, e le sue riflessioni intorno ai concetti di nazione, di confine, di fede e, soprattutto, di identità, stimolate e quasi evocate dai vapori di un bagno turco proprio al gran visir intitolato. Serbo e turco insieme quest'ultimo, cristiano ortodosso e infedele suo malgrado, protagonista di una straordinaria ascesa ai vertici dell'Impero ottomano di cui avrebbe retto le sorti per lunghi anni, e intimo amico di un altro grande straniero cristiano al servizio del sultano (questa volta greco), Sinan, il più grande architetto islamico di tutti i tempi. Così la vicenda storica rivela allo scrittore il debito iniziale di ogni identità, storica, culturale ma anche personale, la permeabilità di ogni confine - quale terra più dei Balcani può esserne testimone?