
In queste due storie - "La comunista" e "L'occhio del Vesuvio" - Ermanno Rea riprende a tessere la sua appassionata tela narrativa dedicata a Napoli. Una città-abisso. Una città-nostalgia. Una città-rimpianto. Si salverà Napoli? Si salverà - risponde "la Comunista" - se uomini e donne sapranno abbandonarsi all'entusiasmo dell'impossibile, a progettare e vivere una propria utopia.
Dalla penna dello scrittore polacco Jan Dobraczynski, un romanzo tra il realistico e l'utopico, il morale e il filosofico, un po' thriller e un po' fantascienza, che al suo apparire nel 1961, poco prima del Concilio Vaticano II (di cui a ottobre di quest'anno ricorre il cinquantesimo anniversario), fece scalpore. In un lontano futuro un'esplosione atomica distrugge parte dell'Europa, Roma compresa. Come potrà la Chiesa, privata della sede papale, continuare la propria missione? Era forse un caso che proprio allora fosse stata ritrovata la tomba di san Pietro?
Intorno alla chiesa di St Frideswide, dall'alto del suo campanile gotico, a Oxford North, si vede scorrere la vita di quel pezzo di provincia inglese. Il reverendo Lawson è tiepido nella fede come lo è in tutto, tranne che nella raccolta delle offerte; la piacente Brenda Josephs sfoga la sua inquietudine con l'organista Paul Morris distratto dall'erotismo delle sue giovani allieve; il marito di Brenda, Harry Josephs, sagrestano, non trova pace negli umilianti, per lui ex ufficiale, lavoretti che trova da disoccupato; uno strano barbone entra ed esce dalla canonica; qualche vecchia beghina sa qualcosa; una donna formosa attrae l'attenzione, forse volontariamente. In questo clima sensuale e ipocrita qualcuno di loro è un assassino, qualcuno di loro sarà una vittima: e i delitti avvengono in un trascinamento impercettibile delle azioni umane, quasi che fosse l'ambiente a contenere un magnetismo che muove i protagonisti. La chiave della suspense dello scrittore Colin Dexter, ultimo e innovatore rappresentante del giallo classico inglese, è infatti nella capacità di far derivare lo strappo della violenza omicida dalla ordinarietà delle circostanze: una trama costruita particolare dietro particolare già a partire dal soffermarsi dell'occhio narrativo sugli oggetti che designano i luoghi; personaggi non simpatici, tutti abbastanza gretti ma nessuno totalmente privo di bontà e buoni sentimenti; un sussiego scostante da città universitaria di livello prestigioso, quale Oxford.
Il commento alla Commedia qui proposto, destinato prevalentemente alle scuole medie superiori e alle università ma anche a tutti gli studiosi e cultori di Dante, è caratterizzato da una parafrasi integrale del poema che per la prima volta mira - verso dopo verso - a mantenere fino a un estremo limite possibile l'ordine originario dei periodi in modo tale che il numero delle righe della parafrasi corrisponda esattamente al numero dei versi per ogni canto. E vengono anche restituite soluzioni semanticamente equivalenti a innumerevoli parole del poema che hanno molto o del tutto trasformato - nel corso dei secoli - peculiari, originari significati imprescindibili dalla cultura e dalla forma mentis del Medio Evo. Un lavoro che ha richiesto pure una particolare cura linguistica e filologica nelle note in margine, condotte con sobria misura e con massima chiarezza, nell'intento di offrire al lettore notizie utili in modo sufficientemente completo. Con una introduzione allo studio della Commedia.
Nel settembre del 1976 Borges è a Madrid. Per la televisione della neonata democrazia spagnola è l'occasione giusta per intervistare il grande scrittore argentino. Ne esce una conversazione franca e diretta sull'universo borgesiano, sui codici che lo reggono, sullo stile numismatico che caratterizza e sulla sobrietà e metodicità della sua scrittura. Borges è infatti un vero e proprio collezionista, e la sua mente sembra fondersi con quella del bibliotecario descritto in uno dei suoi più celebri racconti. La letteratura scandinava, l'amore per la lingua tedesca, l'interesse per il taoismo, i suoi viaggi in Europa, il mai sopito fervore di Buenos Aires e il suo deciso antinazionalismo: questi solo alcuni dei temi toccati durante l'intervista, presentata qui per la prima volta al pubblico italiano. Dopo quattro anni, nell'aprile del 1980, Borges ritorna a Madrid, questa volta per ricevere Premio Miguel de Cervantes, il più importante riconoscimento letterario per la lingua spagnola, e concede una seconda, memorabile intervista alla televisione spagnola. L'immagine che filtra è quella di una figura sobria e persino un po' impacciata, ma sempre riluttante a far propri i vezzi retorici tipici dello scrittore alla moda. Eppure l'acume e la vertiginosa intelligenza di Borges, al servizio di uno stile rigoroso e poco incline agli eccessi formali, gli hanno garantito - malgré lui, come ricorda ironicamente -una fama pressoché universale.
Francia, 1212, un giovane sacerdote di nome Rolando viene inviato dal vescovo di Orléans ad indagare e verificare i rischi di un’eresia presso l’accampamento dove si sono radunati migliaia di bambini che hanno ascoltato la chiamata di Stefano, il fanciullo di Dio.
Rolando, conquistato dal carisma del fanciullo di Dio, da spia e inquisitore ne diviene il confessore, confidente, consigliere e amico. Il fanciullo ha ricevuto dal Signore un singolare incarico: raccogliere una crociata composta da soli bambini, e recarsi con essi presso il Santo Sepolcro per convertire i seguaci dell’Islam con la predicazione e l’esempio.
Il fanciullo di Dio riuscirà nell’impresa di salpare per la Terra Santa, portando con sé sulle navi mille bambini. Ma sofferenze indicibili, inganni crudeli, prove atroci e ancor più atroci dubbi riguardo alla sua missione, attendono lui, il suo consigliere spirituale Rolando e la schiera degli innocenti bambini. La mano della Provvidenza traccerà infine un lungo itinerario che sarà innanzitutto una conversione verso la vera fede.
La vicenda è narrata in prima persona da Rolando che, dopo quindici anni trascorsi nelle terre degli infedeli, tra le corti dei più ricchi principi e le torture più umilianti e crudeli, ritorna dagli anziani genitori del fanciullo di Dio, raccontando loro gli esiti della insolita e tragica crociata, e soprattutto rivelando che l’annuncio del Vangelo diventa più efficace se viene vissuto dal bambino che è nel cuore di ogni uomo...
Walter Sibelius è saggista e scrittore. È autore di numerosi romanzi, alcuni di carattere storico. Il fanciullo di Dio è il suo primo romanzo pubblicato in Italia.
Poche opere di Chesterton hanno la felice ispirazione di questo denso e arguto testo sulla cultura medievale e su Geoffrey Chaucer, il "padre della letteratura inglese", che fu uno dei suoi massimi rappresentanti. Chesterton rievoca alla sua maniera - libera, ironica, pungente - questa poliedrica figura di scrittore, poeta, funzionario di corte e diplomatico morto nell'anno 1400, di cui poco si sa, oltre al fatto che scrisse "I racconti di Canterbury" e si mosse da protagonista discreto sullo scenario europeo durante la Guerra dei Cent'Anni. Chaucer ci ha lasciato scritto che era grasso, che era pigro nell'alzarsi dal letto, che prediligeva le circostanze in cui poteva far la figura dello sciocco, che si pensava di lui che schivasse i suoi vicini a causa della sua mania per i libri... sembra l'autoritratto di Chesterton, che si riconosceva profondamente in questo erudito non paludato, spirito indipendente e curioso, razionale e sentimentale, autorevole e giocoso. Ma soprattutto, cattolico. Agli occhi di Chesterton, Chaucer incarna l'universalità della cultura cristiana e la ricchezza del suo umanesimo, elementi fondativi del medioevo e tutt'altro che inutili oggi. Il medioevo raccontato in questo libro è un'epoca straordinaria sul piano dell'arte e della spiritualità, che non può essere ridotta a una sorta di parentesi magari suggestiva, ma in fondo un po' estranea al corso della storia dell'uomo occidentale. Prefazione di Edoardo Rialti.
Maggio 1982: il commissario Melis, ormai vicequestore, ha accompagnato Fiorenza a un congresso internazionale di bibliologia che si tiene in un antico borgo del Centro Italia. Tutto sembra promettere noia e piccole gelosie fra accademici. La giornata inaugurale è però funestata dall'omicidio di uno studente, brutalmente ucciso in una delle aule. Così, mentre il convegno procede fra sospetti, tensioni e volontà di evitare una pessima pubblicità, dietro le, quinte apparentemente serene del borgo rinascimentale si snoda un'indagine che vede le autorità locali sfruttare la presenza, nel pubblico, di Melis e di un alto ufficiale dei carabinieri. Qual è il movente? Un piccolo commercio di droga, come farebbe supporre un secondo delitto? Oppure, come nessuno si augura, la causa della morte dello studente potrebbe trovare spiegazione nella sua relazione con la figlia di un potente locale? Fiorenza da parte sua tenta di rendersi utile sondando i professori e gli studiosi, non senza scoprire coincidenze curiose e verità inattese. Sarà tuttavia Melis a risolvere il caso, ricorrendo all'aiuto "fuori ordinanza" dei più giovani della sua squadra, gli agenti Ferrini e Giovannini. Ma, anche, alla competenza di due illustri studiosi.
Come tramandare la Shoah? Esiste una forma d'espressione efficace per l'orrore? Alessandro Piperno decifra la retorica della memoria in voga nei nostri giorni che spesso con la celebrazione depotenzia il valore della tragedia. Indaga sui concetti di Memoria e Oblio e i rischi connessi utilizzando l'opera di Proust interpretata in chiave profetica. Proust fu il paladino di quei giovani letterati ebrei che alla fine del diciannovesimo secolo scelsero di ripudiare la propria origine. Ma dietro l'apparente antisemitismo si nascondeva una crudele ricerca di autenticità e verità. Ansia di piacere, di essere bene accolti, di promuoversi socialmente utilizzando tutti gli strumenti della seduzione costituiscono il marchio del vizio congenito che rende insopportabili gli ebrei agli occhi di Proust; vizio da cui egli stesso vuole emendarsi. Conformismo e mascheramento accomunano gli ebrei della "Recherche" agli omosessuali così come in essa appaiono: entrambe le "razze" (è così che Proust le considera) sviluppano impressionanti qualità mimetiche in modo da confondersi con l'habitat ostile in cui si trovano fatalmente a vivere. Dalle pagine di Alessandro Piperno scaturisce un'interpretazione nichilista della "Recherche" dove la memoria non è conforto, ma dannazione.
Il suo nome è Gigi Berté. Commissario Berté. C'è una macchia nel suo passato, un buco nero che gli è costato il trasferimento da Milano a Lungariva, uno di quei paesini liguri che sono troppo pieni d'estate e troppo vuoti d'inverno. In attesa di trovare casa vive nella pensione della Marzia, una donna bella ma decisamente sovrappeso, l'esatto contrario del suo immaginario erotico. Il commissario ha un segreto che non ha mai rivelato a nessuno: scrive racconti gialli e surreali. Ma poi il morto ammazzato arriva per davvero. In un angolo della spiaggia di Lungariva, in mezzo ai bagnanti. Per il commissario Berté è arrivata l'ora di mettersi al lavoro e chissà se per risolvere il caso gli servirà di più la sua esperienza di poliziotto o il suo intuito di scrittore...
Altieres, una delle antiche dinastie regnanti del Vecchio Continente, si è estinta dopo la violenta morte di tutti i suoi discendenti, e a portare il nome della casata sono rimasti solo i vampiri Blackmore, creature immortali a cui regnare non è permesso. Ma qualcosa ora è cambiato: Sophia, unica erede ancora in vita, creduta morta da anni, è stata ritrovata e le già fragili dinamiche del regno sono vicine a spezzarsi una volta per tutte. Gli oscuri segreti di Altieres stanno tornando a celare ombre sulla Vecchia Capitale, fulcro del potere politico e religioso, e spettri senza volto si aggirano per le strade terrorizzando cittadini e studenti. Intanto Sophia sta imparando a conoscere la sua nuova vita. Essere una Blackmore infatti non significa solo indossare meravigliosi vestiti ed essere un giorno incoronata regina, come innocentemente credeva, ma evitare matrimoni politici e sfuggire a continui attentati alla sua vita, anche da parte degli stessi parenti. Eloise Weiss deve affrontare invece forze che nemmeno i suoi poteri possono governare. I morti non riposano più in pace nella Vecchia Capitale, disturbati nel loro eterno sonno da forze oscure e implacabili, forse collegate al ritorno dell'erede di Altieres e alle sconvolgenti verità che i vampiri Blackmore nascondono da secoli e sono ora sfuggite al loro controllo. Eloise, grazie al suo potere di dominare le forze oscure, sarà forse la chiave per riportare l'ordine là dove ormai esiste solo il caos.
Sull'Appennino tosco-emiliano, non lontano dall'Abetone, c'è una valle stretta e tortuosa, e in fondo una casa, una piccola casa con il tetto coperto di plastica colorata e due comignoli che buttano fumo sempre, estate e inverno. Un industriale della seta torna ai boschi dove un tempo andava a far funghi e la vede, quella casa. Malgrado il fuoco acceso sembra disabitata. È incuriosito. Entra. E lì comincia la sua avventura, che lo strappa alla mesta quotidianità del danaro e del potere per precipitarlo dentro un vertiginoso delirio, che è prova e passaggio, alla scoperta di sé. Mauro Corona scrive una piccola grande storia che suona come un apologo ed è allegoria della condizione umana quando perde di vista la semplicità dei valori cardine.