
La vicenda è incentrata su un'onesta famiglia di poveri artigiani composta da Cipriano Algor, vasaio, la figlia Marta, e il genero Marçal, guardiano in prova presso il Centro, un luogo misterioso, fulcro di ogni attività economica e amministrativa. La vita procede normalmente, con il vasaio che consegna a scadenze regolari le sue stoviglie al magazzino del Centro, finché un giorno, inaspettatamente e senza alcuna avvisaglia che potesse far presagire qualcosa, il Centro annulla il suo ordine per le ceramiche di Cipriano, gettandolo nell'angoscia di un futuro improvvisamente fosco. A quel punto Cipriano e la figlia decidono di cimentarsi in un nuovo progetto da sottoporre al Centro: statuette d'argilla raffiguranti diversi personaggi. Contro ogni previsione, il Centro accetta, ordinandone mille e duecento...
Nives Meroi è un'alpinista che ha cominciato una gara appassionante: in competizione con una spagnola, vorrebbe diventare la prima donna a conquistare tutti e quattordici gli Ottomila del mondo. Adesso è a quota dodici. Nives scala con suo marito e con un giovane fotografo, senza portatori d'alta quota, senza usare ossigeno. Il loro rapporto con la montagna è di assoluta purezza. Erri De Luca, anch'egli arrampicatore appassionato, è amico di Nives e la segue da tempo nelle sue imprese. Fin dove può. Sotto la tenda, durante una tempesta, Erri e Nives parlano. Della montagna, della sfida, della fatica, della vita.
Quando la nonna guaritrice decide di lasciare il Giappone, Shizukuishi si ritrova improvvisamente sola e deve abituarsi in fretta alla vita in città: uno spazio nuovo, incomprensibile e persino minaccioso. Porta sempre dentro di sé il ricordo della vita tra le sue amate montagne, in comunione perfetta con piante e animali, ripensa alle notti stellate e al verde brillante, alle mille manifestazioni della natura, agli sguardi delle persone che si avventuravano per quei sentieri impervi serbando nel cuore la speranza di una guarigione. Lontana dal suo ambiente, Shizukuishi cercherà una nuova famiglia, una casa in cui tornare, qualcuno da amare, una dimensione in cui poter essere se stessa. E un giardino pieno di cactus. Una storia di solidarietà e amicizia, di rispetto per la natura e per gli esseri umani. Piccoli gesti, percezioni sottili, silenziosi linguaggi: un romanzo che invita a sospendere per qualche ora l'incredulità e a tornare alla gioia tranquilla delle cose semplici.
Sull'Appennino tosco-emiliano, non lontano dall'Abetone, c'è una valle stretta e tortuosa, e in fondo una casa, una piccola casa con il tetto coperto di plastica colorata e due comignoli che buttano fumo sempre, estate e inverno. Un industriale della seta torna ai boschi dove un tempo andava a far funghi e la vede, quella casa. Malgrado il fuoco acceso sembra disabitata. È incuriosito. Entra. E lì comincia la sua avventura, che lo strappa alla mesta quotidianità del danaro e del potere per precipitarlo dentro un vertiginoso delirio, che è prova e passaggio, alla scoperta di sé. Mauro Corona scrive una piccola grande storia che suona come un apologo ed è allegoria della condizione umana quando perde di vista la semplicità dei valori cardine.
Nella vita da uomo qualunque dell'architetto Pablo Simó c'è una fessura inconfessabile, una crepa che gli tormenta la coscienza: Nelson Jara. Forse era solo un piccolo truffatore, una "canaglia", ma anche Pablo Simó sa di essere una canaglia, nonostante l'apparenza di irreprensibile professionista e buon padre di famiglia. Come una crepa che si allunga e si allarga, tutte le piccole certezze quotidiane di Pablo si sgretolano: una giovane donna che sembra sapere chissà cosa su Jara scatena in lui un'attrazione dirompente, la famiglia va in frantumi, il lavoro diventa insopportabile, e passo dopo passo la tentazione di essere canaglia fino in fondo lo travolge. Ancora una volta Claudia Piñeiro ci narra i piccoli inferni di una variegata umanità, nella monumentale Buenos Aires invasa dal cemento delle speculazioni edilizie dove l'apparenza, più che mai, inganna.
Tom Smith e Jerry Wesson si incontrano davanti alle cascate del Niagara nel 1902. Nei loro nomi e nei loro cognomi c'è il destino di un'impresa da vivere. E l'impresa arriva insieme a Rachel, una giovanissima giornalista che vuole una storia memorabile, e che, quella storia, sa di poterla scrivere. Ha bisogno di una prodezza da raccontare, e prima di raccontarla è pronta a viverla. Per questo ci vogliono Smith e Wesson, la coppia più sgangherata di truffatori e di falliti che Rachel può legare al suo carro di immaginazione e di avventura. Ci vuole anche una botte, una botte per la birra, in cui entrare e poi farsi trascinare dalla corrente. Nessuno lo ha mai fatto. Nessuno è sceso giù dalle cascate del Niagara dentro una botte di birra. È il 21 giugno 1902. Nessuno potrà mai più dimenticare il nome di Rachel Green? E sarà veramente lei a raccontarla quella storia?
Romanzo ambizioso e potente, Anni di cani fa i conti con le contraddizioni della coscienza tedesca. Lo fa montando una storia a tre strati, fittissima di eventi, di memoria, di figure umane e animali. Due i personaggi centrali: Eduard Amsel, il ragazzo mezzo ebreo, grassoccio, goffo, materasso della ragazzaglia, figlio di mercante, dotatissimo nella costruzione di spaventapasseri, più tardi pittore, poi coreografo e infine proprietario di una miniera; e Walter Matern, il robusto rampollo di una dinastia di mitici mugnai, l'amico d'infanzia e il fratello di sangue di Amsel, lo sbandato, l'ubriacone, l'ex comunista, l'attore, il milite SA, il nazista, il disertore, il cattolico, l'heideggeriano, l'antifascista che, accompagnato dal cane di Hitler, percorre la Germania del dopoguerra alla ricerca dei colpevoli... Intorno a queste due vite parallele, un brulichio di personaggi: gli arcaici abitanti dell'estuario della Vistola, come il mugnaio Matern, che predice il futuro ascoltando i vermi della farina, come i paesani del Werder, i professori, le SA, le nonne e, specialmente, la ragazzetta Tulla, sinistra, attraente, misteriosa, perduta.
Tredici "pezzi", suonati o cantati con la voce dell'emozione, tredici brani il cui tema conduttore è l'amore. L'amore che si fa, che sfa, che strugge e che distrugge. L'amore coniugale, quello che dura e quello che non dura, l'amore detto, cantato, raccontato. Di episodio in episodio viene modellandosi un mondo interiore compromesso dall'amore, dall'assenza dell'amore, dalla meraviglia dell'amore. E su ogni piccolo evento passano le note di una canzone.
In questo libro, che lo consacrò scrittore e lo rese famoso in tutto il mondo, Thomas Merton narra le molte esperienze che lo portarono prima ad abbracciare il credo comunista, poi a convertirsi al cattolicesimo e a farsi monaco trappista. Proprio come il viaggio dantesco cui si rifa il titolo, l'itinerario spirituale di Merton alla ricerca di Dio conosce soste, intoppi, cadute, momenti di disperazione, ma si conclude con la conquista di una nuova consapevolezza di vita e di pensiero.
Londra, 1939. Ada Vaughan non ha ancora compiuto diciotto anni quando capisce che basta un sogno per disegnare il proprio destino. E il suo è quello di diventare una sarta famosa, aprire una casa di moda, realizzare abiti per le donne più eleganti della sua città. Ha da poco cominciato a lavorare presso una sartoria in Dover Street, e la vita sembra sorriderle. Un viaggio imprevisto a Parigi le fa toccare con mano i confini del suo sogno. Ma la guerra allunga la sua ombra senza pietà. Ada è intrappolata in Francia, senza la possibilità di ritornare a casa. Senza soldi, senza un rifugio, Ada non ha colpe, se non quella di trovarsi nel posto sbagliato. Ma i soldati nazisti non si fermano davanti a niente. Viene deportata nel campo di concentramento di Dachau. Lì, dove il freddo si insinua senza scampo fino in fondo alle ossa, circondata da occhi vuoti per la fame e la disperazione, Ada si aggrappa all'unica cosa che le rimane, il suo sogno. La sua abilità con ago e filo le permette di lavorare per la moglie del comandante del campo. Gli abiti prodotti da Ada nei lunghi anni di prigionia sono sempre più ricercati. La sua fama travalica le mura di Dachau e arriva fino alle più alte gerarchie naziste. Le viene commissionato un abito che dovrà essere il più bello che abbia mai confezionato. Un vestito da sera nero, con una rosa rossa. Ma Ada non sa che quello che le sue mani stanno creando non è un abito qualsiasi. Sarà l'abito da sposa di Eva Braun, l'amante del Führer...
Vibranti testimonianze dei temi della guerra e dell'emigrazione, le tre storie di questo volume svelano una Nina Berberova alle prese con il genere a lei più congeniale: il racconto lungo. In un paesino della Francia, mentre incombe la minaccia della guerra e si avvicina il momento della fuga, uno straniero bussa alla porta di Marija Leonidovna. È davvero un musicista, una sorta di Mozart redivivo, oppure è una spia? Nello stesso periodo una biblioteca russa nel cuore di Parigi, a cui Turgenev donò i propri libri, luogo di studio per i rivoluzionari emigrati, viene strappata dalla storica sede e trasferita in Germania. Poco dopo la fine della guerra, un uomo lascia le rovine dell'Europa e approda nella metropoli di un altro continente. Una città senza passato, dove ricominciare da zero una nuova vita e una nuova era.
La corrispondenza racconta di una studentessa universitaria che nel tempo libero fa la controfigura per la televisione e il cinema. La sua specialità sono le scene d'azione ed è abilissima nelle situazioni pericolose che, sullo schermo, si concludono fatalmente con la morte del suo doppio. Sembrerebbe una mania dettata dalla passione per il rischio, in realtà è l'ossessione in cui la ragazza s'illude di sublimare un orribile senso di colpa. Quello di ritenersi responsabile della tragica scomparsa del suo grande amore. Una ferita mai rimarginata, un conto sospeso, un'ombra che nessuna luce saprà mai dissolvere. Sarà il suo professore di astrofisica ad aiutarla nel ritrovare l'equilibrio esistenziale perduto. Il loro sarà soprattutto un rapporto epistolare tutto veicolato dalla rete, fatto di messaggi e posta elettronica, dove i confini tra virtuale e reale si fanno evanescenti, ambigui.