
«Un barbone era stato aggredito sotto il pont Marie e gettato nella Senna in piena, ma per miracolo se l’era cavata e il professor Magnin non riusciva a capacitarsi della sua rapida ripresa. «Era un delitto senza vittima, insomma, si sarebbe quasi potuto dire senza assassino, e nessuno si preoccupava del Dottore, tranne Léa la cicciona e, forse, due o tre barboni. «Eppure Maigret dedicava a quel caso lo stesso tempo che avrebbe dedicato a un dramma da prima pagina. Sembrava ne facesse una questione personale, e dal modo in cui aveva appena annunciato il suo colloquio con Keller si sarebbe potuto credere che si trattava di qualcuno che lui e sua moglie desideravano incontrare da tempo».
Le protagoniste di "Le lune di Giove" sono donne a una svolta: una svolta dell'età o del gusto, della rabbia o della passione, una delle piccole o grandi svolte quotidiane che plasmano le vite e i caratteri, e che potrebbero forse passare inavvertite non fosse per l'intelligenza vivida e acuminata che le individua e le svela. Per molte di loro la svolta è amorosa, e in qualche raro caso la reazione rabbiosamente solutiva. La protagonista di "Agganci" replica al commento sarcastico del marito su una zia che solo lei si sente in diritto di disprezzare con il lancio stupefacente di una torta al limone nel suo piatto di pirex. Più spesso il verdetto è meno teatrale ma ugualmente definitivo. La rinuncia di Valerie al gioco della seduzione viene così commentata in "Festa di fine estate": "II suo modo di vivere, la sua persona, ricordano all'interlocutore come l'amore non sia né buono né onesto e come non contribuisca alla felicità della gente in maniera affidabile". Ma non c'è alcuna autocommiserazione nella rinuncia; semmai una buona dose di pragmatismo. E l'imperativo categorico di non voltarsi mai indietro: "Quanto alla vita che è sepolta qui, meglio pensarci su due volte, prima di rimpiangerla".
Storie che formano un'unica storia, quella della parte nascosta e criminale del nostro paese e la storia di chi si è opposto, o è rimasto vittima. Una storia straziante e sanguinosa, ma appassionante e necessaria come ogni grande narrazione. Lucarelli prende la storia d'Italia appena dietro la memoria più recente e la trasforma in un patrimonio di trame, personaggi e vite esemplari, sul filo che unisce la realtà criminale e l'altra, quella alla luce del sole. Riscopriamo così, fin dall'immediato dopoguerra e dai contadini che occupano le terre in Sicilia e si scontrano con Cosa nostra, le imprese di banditi milanesi e sardi, della Camorra dal lontanissimo passato, di mafiosi e uomini della 'Ndrangheta che hanno impresso il loro segno su ogni zolla di terra, ogni metro cubo di cemento. E scopriamo, soprattutto, la storia di chi ha cercato di resistere, perché da lì nasce la speranza del nostro tempo.
La mole del Paragon Hotel si staglia contro il livido cielo autunnale di Asbury Park, cittadina fantasma sulla costa del New Jersey. Inaccessibile ormai da decenni, l'edificio fu fatto costruire da Morgan Carlisle, eccentrico milionario che lo aveva dotato di ogni genere di comfort per viziare i suoi illustri ospiti. Un piccolo gruppo di archeologi urbani, appassionati di vecchi edifici, sta per intrufolarsi al suo interno per esplorarlo prima che venga demolito. Ma man mano che si addentrano lungo i corridoi illuminati solo dalle loro torce, la sensazione di non essere soli si fa sempre più soffocante e li getta nell'inquietudine. Fatti inspiegabili iniziano a susseguirsi e la minaccia di qualcosa di orribile segue da vicino ogni loro passo. Finché non sarà chiaro che la loro salvezza è un flebile barlume in quella notte nera come la pece.
La presente edizione critica della "Coscienza di Zeno" vede la luce nell'ambito dell'Edizione Nazionale dell'Opera omnia di Italo Svevo. Il testo è stato nuovamente controllato sulle copie conservate presso il Museo Sveviano dell'unica stampa curata dall'autore (Bologna, Cappelli, 1923) e per la prima volta confrontato con le due traduzioni in francese e in tedesco sulle quali Svevo ha potuto esercitare - sia pure a distanza e in misura diversa - una supervisione. È corredato da una Introduzione e da una Nota al testo: la prima ricostruisce la genesi e l'elaborazione del testo, fondandosi essenzialmente sull'epistolario - citato sempre dagli originali conservati presso il Museo Sveviano - e utilizzando con la dovuta cautela gli scritti retrospettivi attraverso i quali Svevo ha costruito la propria leggenda; la seconda giustifica la strategia d'intervento adottata sulla base di un minuzioso spoglio linguistico teso a definire, nei limiti del possibile, i confini sempre incerti dell'idioletto dello scrittore triestino. La Tavola riepilogativa dei refusi, infine, consente di ricostruire ogni intervento effettuato sul testo dell'edizione originale.
Questo apologo allegro e scanzonato, ricco di pagine esilaranti e di solare erotismo, ha per protagonista la stravagante figura di una santa munita, secondo la tradizione, di un mazzetto di fulmini: santa Barbara. Un bel giorno la sua statua viene fatta trasportare dal Reconcavo a Bahia per una esposizione d'arte sacra. Ma già durante il breve viaggio, su un peschereccio, la statua comincia a dar segni di irrequietezza: per rimettere a posto alcune situazioni che non le vanno a genio, al momento dell'attracco prende vita e, assunto l'aspetto di Yansã, signora dell'uragano e della guerra, se ne va in giro per le strade, seminando panico e raccogliendo reverenti omaggi. Siamo negli anni della dittatura militare, e la sparizione della statua getta nello scompiglio la polizia e la stampa.
Nella malinconica allegria di "A Roma con Bubù", Gian Carlo Fusco racconta della sua grande amicizia maschile, della reciproca infatuazione per il cantante marsigliese Rick Rolando che militò nella Legione straniera. Da qui i quattro articoli del 1961 sulla Legione straniera raccolti in questo volume. Quasi tutto, di questo scrittore irregolare ed estroverso, porta infatti il segno della testimonianza vissuta: e anche in questa storia della Legione, a tratti sembra emergere il segno del ricordo personale (mutuato evidentemente dall'esperienza dell'amico). Più che una storia è una rievocazione, finalizzata a spogliare il mito romantico dominante, ricca di aneddoti e ritratti, di episodi curiosi e paradossi viventi. Un movimento che corre rapido dalla presentazione del cliché, immortalato nel cinema con la faccia di Jean Gabin, alla sua distruzione. Vi sono gli eroi, e i retroscena taciuti di essi; le campagne militari e la vita quotidiana fatta di stenti e degradanti punizioni; i miti e i grandi orrori del colonialismo; le tradizioni e le viltà nascoste. Volano come una scorribanda dentro un'unica avventura, in quello stile scintillante e fragoroso di colui che è considerato il più grande narratore orale del dopoguerra, ma che resta ammorbidito nella spontanea, coinvolgente simpatia per tutto ciò, uomini e cose, di cui narra.
Due racconti uno dei quali inedito - scritti a quattro mani da Niccolo Ammaniti e Antonio Manzini, che mostrano al meglio la vena grottesca, divertente e allo stesso tempo intrisa di malinconia che caratterizza il grande autore di capolavori come "Io non ho paura" e "Come Dio comanda" (premio Strega 2007). La lettura degli autori rende questi testi due autentici piccoli capolavori teatrali.
Estate 1917. La Libia è una colonia italiana in perenne rivolta. Nella notte fonda di Bengasi, un soldato si allontana ubriaco fradicio dall'accampamento. È un piccoletto rissoso, confinato in un capanno a smaltire la sbornia. Si chiama Carmine Jorio e il caldo del deserto lo opprime. Una spallata alla porta ed è a spasso sotto le stelle. L'uomo non sa che quella passeggiata da sbronzo sarà l'inizio di un'avventura. L'indomani si risveglia legato a un cammello, prigioniero dei ribelli. Lo portano al patibolo, ma Carmine ha fortuna. Gli viene offerta una possibilità: sopravviverà solo se lotterà al loro fianco. Da questo momento tutto cambia. Cambia la bandiera per cui combattere e quella contro cui sparare, cambia la lingua che parla e cambia persino il suo nome.
Due momenti lontani nel tempo, ma inestricabilmente legati. Da una parte, un Giovanni Allevi neodiplomato in composizione alle prese con l'intuizione del suo futuro linguaggio orchestrale; dall'altra l'amatissimo pianista-compositore lanciato in un folgorante viaggio per l'Italia alla guida di un'intera orchestra. Questo libro unisce le due storie, grazie a due linguaggi diversi che si rincorrono con le movenze di un contrappunto. Il racconto del tour è affidato a una narrazione per immagini, che coglie i trionfi e gli slanci, ma anche i momenti di intimità fuori dal palco. Parallelamente si dipana un intenso diario privato dove, tra ricordi e riflessioni, trova sfogo la crisi personale che nasce quando le esigenze della musica prendono il sopravvento su quelle dell'uomo. Perché sì, dispotica protagonista di entrambe le storie è ancora una volta lei, la strega capricciosa, che da sempre monopolizza la vita di Giovanni, esponendolo in eguale misura alla paura e alla speranza. Portare quel primo, lontano barlume di musica sinfonica alla piena maturità di "Evolution" ha richiesto ostinazione e sacrifici, la forza di cambiare e l'umiltà di accettare la propria costante insicurezza. Ma proprio quando la frattura sembrava irrecuperabile e lo sconforto lo ha spinto a chiedersi qual è la ragione più intima della sua scelta di artista, Giovanni ha riscoperto nella dedizione assoluta alla strega e nel calore del suo pubblico l'unica risposta possibile.
Richard Bach è uno degli autori americani più amati dai lettori. Pilota aeronautico, la sua esistenza è stata completamente immersa in un'esperienza che è per ogni essere umano sogno e tormento, immagine di libertà suprema e perfetta descrizione dell'utopia: il volo. Un volo che per Bach è stato anche metafora. Questo libro riunisce le pagine che lo scrittore statunitense ha dedicato al cielo e all'aria, dal racconto delle emozioni provate volando - la solitudine, il senso di squadra dei piloti, la bellezza di osservare il mondo dall'alto - per arrivare all'accezione più metaforica, vale a dire al senso dell'amicizia, e alla capacità di elevarsi a una dimensione spirituale, o di fare scelte difficili e coraggiose.
Londra, XVIII secolo. Mary è solo una bambina e già sogna di imbarcarsi su una nave per sfuggire a una vita che non ha nulla da offrirle. Costretta a travestirsi da maschio per non perdere l'eredità destinata al fratello scomparso, cresce nei panni di un ragazzo e scopre che come Willy il futuro le riserva qualche possibilità in più. Per questo decide di continuare a fingersi maschio anche quando non ce ne sarebbe più bisogno: dapprima come mozzo sulle navi da guerra di Sua Maestà, poi come cadetto nelle Fiandre, infine come soldato a cavallo, si guadagna da vivere e incontra persino l'amore. Ma il destino sembra non volerle concedere una felicità durevole. Perduto l'amato compagno, a Mary per sopravvivere non resta che travestirsi ancora una volta da uomo e tornare a solcare le onde, questa volta tra i pirati... Ispirata a un personaggio realmente esistito e raccontato per la prima volta da Daniel Defoe, Mary Tempesta è la storia di una giovane donna coraggiosa d'altri tempi. Età di lettura: da 11 anni.

