
In una giornata di metà settembre, al largo di Bari, il mare restituisce i corpi di due giovani, da poco fidanzati. Insieme ad altri amici, approfittando del clima invitante, erano usciti per una gita in barca e per delle immersioni subacquee nei pressi di un relitto, ma l'allegra escursione si è trasformata in tragedia. Sembra il tipico incidente, dovuto all'imprudenza o alla fatalità. Eppure qualche indizio non quadra e, quando arrivano i risultati dell'autopsia, tutto un altro scenario prende forma. Qualcuno ha voluto uccidere. Ma perché? Toccherà al commissario Lolita Lobosco, animata, come sempre, da un'inesausta passione per la giustizia (oltre che per la buona cucina e i tacchi a spillo), indagare su questo caso. La ricerca della verità si rivelerà particolarmente difficile, tanto più che le acque dell'Adriatico nascondono misteri che in troppi hanno interesse a non far venire a galla. E, come se non bastasse, perfino il questore, attento a non pestare i piedi ai potenti di turno, metterà i bastoni tra le ruote. Ma la bella Lolita, grazie all'aiuto dei suoi fidi collaboratori Esposito e Forte, del sorprendente medico legale Franco Introna e, perché no, di un imprevisto nuovo amore, riuscirà a mettere insieme i pezzi di un inquietante rompicapo. Senza esitare a tuffarsi, letteralmente, nelle gelide profondità del suo mare.
Lolita Lobosco è stata promossa questore e deve trasferirsi a Padova. Ma gli inizi non sono facili: l'ambiente si rivela più intollerante del previsto, la nebbia confonde i pensieri e mortifica i capelli, l'orizzonte d'acqua di Bari è troppo lontano per curare la solitudine. Anche il lavoro stenta a decollare, e poi, con i nuovi colleghi, proprio non riesce a legare. Solo grazie all'aiuto e ai consigli di Giancarlo Caruso, affascinante vicequestore di origini siciliane, le cose migliorano, mentre un caso di bullismo - la scomparsa, nell'omertà generale, di un ragazzo da uno dei licei più in vista della città del Santo - mette a dura prova il talento investigativo di Lolì. Dopo tanto freddo, intorno e nell'anima, la commissaria più bella del Mediterraneo riesce finalmente a farsi richiamare nella sua amata Puglia, dove pure l'attende un mistero da risolvere: una sensuale arpista è stata massacrata in un appartamento. I sospetti sono tanti, ma c'è uno strano testimone... Alle due estremità della penisola, tra panzerotti e pettole di Natale, la passionale poliziotta barese torna a ricercare la verità, sui luoghi di delitti efferati e nel fondo stropicciato del proprio cuore.
Auspicata dal ventiduenne Gadda con febbrile entusiasmo, la Grande Guerra sconvolge la sua esistenza, ma fa di lui uno scrittore: lo dimostrano, oltre allo splendido Giornale di guerra e di prigionia, pubblicato solo nel 1955, le lettere che inviò ai familiari e di cui si presenta qui un'ampia scelta. Lettere che insieme all'apparato iconografico, composto di fotografie per lo più scattate da lui stesso, ci consentono di seguire in presa diretta la sua partecipazione al conflitto, sorretta da incrollabili fermezza e senso del dovere: le estenuanti marce notturne, calzato di «scarpe animalissime», sui ghiacciai dell'Adamello, sotto il tiro degli shrapnel, alla guida di alpini «carichi bestialmente di viveri e munizioni» ma ignari di ogni «fifometro tribblo»; le soste nell'angusta, fradicia e afosa baracca ufficiali, al Rifugio Garibaldi, dove «tutti i dialetti, tutti gli accenti d'Italia» deflagrano «nelle più divertenti imprecazioni»; i «ricoveri» nella pietraia dell'Altopiano dei Sette Comuni, pieni di mosche «come un'osteria di Cinisello», con l'acqua che filtra e «tanto disordine quanto basta per farmi morire d'itterizia»; e da ultimo la disfatta di Caporetto e la prigionia in Germania, che alla disillusione e al senso di inutilità aggiungono «un'orrenda vergogna», nonché la certezza di un destino di «inelezione» e di dolore: «felici quelli a cui le granate avversarie serbarono intatto l'onore».
Ogni mattina, da tutte le case prospicienti la spiaggia denominata, quasi fosse un presagio, Le Coup de Vague (alla lettera: «il colpo d'onda»), avanzano, nella melma e nei banchi di sabbia lasciati dall'oceano che via via si ritira, i carretti dei mitilicoltori che vanno a raccogliere ostriche e cozze. Tra loro, Jean e sua zia Hortense, «coriacea, granitica, solida», quasi fosse «fatta anche lei di calcare». È Hortense, insieme alla sorella Émilie, con la sua «faccia da suora», a mandare avanti la casa e l'azienda. E dalle zie Jean si lascia passivamente coccolare e tiranneggiare: gli va bene così, ha una motocicletta nuova, le partite a biliardo con gli amici e tutte le donne che vuole, perché è un pezzo di marcantonio, con i capelli neri e gli occhi azzurri. Quando però la ragazza che frequenta da alcuni mesi gli annuncia di essere incinta, la monotona serenità della loro vita viene travolta da qualcosa che assomiglia proprio a un'ondata, improvvisa, violenta. A sistemare la faccenda ci pensa, naturalmente, zia Hortense: basta conoscere il medico giusto, e pagare. Ma qualcosa va storto, e Jean è costretto a sposarla, quella Marthe pallida, spenta e sempre più malata, di cui le zie si prendono cura con zelo occhiuto e soffocante... Rari sono gli scrittori capaci, come Simenon, di portare alla luce, sotto la corteccia della rispettabilità piccolo-borghese, un verminaio di menzogne e di rancori, di ricatti e di ferocie.
Partendo dal Sessantotto, l’autore ripercorre in un’ipotetica intervista alcuni fatti realmente vissuti fino ad arrivare all’attualità più recente, dalle manifestazioni del Black Lives Matter al Covid-19. Tra le memorie spesso esilaranti Attila racconta alcuni fatti inaspettati che, toccando davvero cielo e terra, gli arrivano addosso come macigni. Cresciuto di musica, arte e libertinaggio, riconosce che attraverso una profonda riflessione senza pregiudizi, chiunque può aspirare a una fede razionale che cambia in meglio la vita.
Note sull'autore
Agostino Nobile, professore di storia della musica, per oltre dieci anni ha vissuto nel mondo musulmano, indù e buddista, per tornare poi alla sua casa cattolica. Ha scritto articoli di apologetica sul quotidiano portoghese Jornal da Madeira e pubblicato il saggio “Governados pela Mentira” (Principia Editora). Dopo numerosi articoli pubblicati su alcuni siti italiani, attualmente scrive per il blog Stilum Curiae. Con le Edizioni Segno ha pubblicato “Anticristo Superstar”, “Quello che i cattolici devono sapere” e “Moloch”.
Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant'anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l'infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l'odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l'accoglienza e l'ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l'Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l'approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla "Roma bene" degli anni Cinquanta, infine l'incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant'anni. Fino a giungere all'oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell'attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.
Nella primavera del 2020, in una Milano spettrale, Arianna sta per compiere diciotto anni: è un momento di crisi e lei cerca conforto iniziando a scrivere un diario. Le sue impressioni senza filtri si dilatano fino a ricostruire gli ultimi quattro anni della sua vita: la separazione dei genitori, i segreti del passato e le amicizie inaspettate. Finora le braccia di Ayman, incontrato in un'indimenticabile estate in Puglia, sono state un porto sicuro, ma troppe gelosie minano la loro storia a distanza. Intorno a lei, tanti personaggi (come la nonna Angela, l'inseparabile Giorgia o il fratello Pietro) si muovono in un labirinto che sembra senza uscita, in cerca di spiragli che diano un senso alla vita. Nel suo viaggio Arianna continuerà a inciampare, mentire e tentare gesti estremi per recuperare i frammenti della sua anima e scoprire alla fine che... è ancora tutto da imparare.
La tradizione letteraria nigeriana, appropriatasi della lingua del colonizzatore, travalica i confini nazionali, percorrendo temi che vanno dalla cosmogonia mitologica all'impatto coloniale, dall'indipendenza alle migrazioni contemporanee. Nonostante sia ampiamente tradotta, in Italia non esiste ancora un libro di testo che la sistematizzi, la contestualizzi storicamente e culturalmente, illustrandone la complessità, la ricchezza e l'importanza nel mondo delle lettere in modo chiaro e ordinato. In questo volume se ne approfondiscono temi e correnti e si presentano i tre autori di maggiore spicco, ormai assurti a classici nel panorama letterario internazionale: Amos Tutuola, considerato uno dei precursori della letteratura moderna africana, le cui opere segnano il passaggio dalla tradizione orale degli yoruba alla letteratura scritta; Wole Soyinka, primo autore africano a essere insignito del premio Nobel per la letteratura (nel 1986); e Chinua Achebe, autore di opere celebri tra cuiIl crollo (Things Fall Apart, 1958), il romanzo africano più letto nei curricula scolastici e universitari di tutto il mondo.
Manhattan, 2022. Una coppia è in volo verso New York, di ritorno dalla loro prima vacanza dopo la pandemia. In città, in un appartamento nell'East Side, li aspettano tre loro amici per guardare tutti insieme il Super Bowl: una professoressa di fisica in pensione, suo marito e un suo ex studente geniale e visionario. Una scena come tante, un quadro di ritrovata normalità. Poi, all'improvviso, non annunciato, misterioso: il silenzio. Tutta la tecnologia digitale ammutolisce. Internet tace. I tweet, i post, i bot spariscono. Gli schermi, tutti gli schermi, che come fantasmi ci circondano ogni momento della nostra esistenza, diventano neri. Le luci si spengono, un black-out avvolge nelle tenebre la città (o il mondo intero? Del resto come fare a saperlo?) L'aereo è costretto a un atterraggio di fortuna. E addio Super Bowl. Cosa sta succedendo? È l'inizio di una guerra, o la prima ondata di un attacco terroristico? Un incidente? O è il collasso della tecnologia su se stessa, sotto il proprio tirannico peso? È l'apparizione di un buco nero, l'aprirsi di una piega dello spazio e del tempo in cui le nostre vite scivolano inesorabilmente? Di certo c'è questo: era dai tempi di "Rumore bianco" che Don DeLillo non ci ricordava con tanta accecante precisione che viviamo, disperati e felici, in un mondo delilliano.
Il viaggio della giovane principessa, appena adolescente, verso una terra fredda e sconosciuta, la cui immensità spaventa ed emoziona al tempo stesso. Molte cose si sono dette di Caterina II di Russia, definita "la Grande", che regnò per più di trent'anni in pieno Settecento sul trono píù sanguinario, più glorioso, più leggendario d'Europa. La sua storia comincia in un principato periferico e oscuro dell'impero prussiano: il suo nome è Sofia, figlia di un generale e nobile di basso lignaggio. Quando la zarina Elisabetta I cerca una degna sposa per Pietro III, nipote di Pietro il Grande e quindi erede al trono, sceglie la Prussia come territorio d'elezione, per antica amicizia e per legare l'impero di Russia all'altro grande trono europeo. E la scelta cade sulla brillante, vivace e intelligente Sofia, che presto cambia il suo nome in Caterina. Ma la vita accanto a una persona piuttosto rude come Pietro non sarà così felice, e la giovane donna troverà conforto tra le braccia di uomini affascinanti che frequentano la corte e che avranno un ruolo importante non solo nella vita sentimentale di Caterina, ma anche nella sua formazione politica.
A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case custodiscono in segreto o tengono in ostaggio i pezzi mancanti di noi? Per raccontare la vita di un uomo, l'unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire "io" sapendo che dietro c'è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo - "che per convenzione chiameremo Io" -, le amicizie, il matrimonio nel suo riparo e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione, e la liberazione dal mobilio che per vent'anni si è trascinato dietro a ogni trasloco. Le case di Io sono tante. La prima è la Casa del sottosuolo a Roma, è sotto il livello della strada ma vi si sente ogni giorno il cannone che dal Gianicolo spara a salve contro la città. È lì che Io muove i primi passi a fine anni settanta, lì che si spartisce lo spazio con il resto della sua famiglia, lì che si rovesciano, dalla tv, le immagini di Aldo Moro sequestrato, del corpo di Pasolini rinvenuto all'Idroscalo. La storia di Io salta di casa in casa, su e giù per gli anni, tessere ciascuna di un puzzle che si costruisce tra l'ultimo quarto del millennio e il primo degli anni zero: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga a quattro zampe; è marito in una casa borghese di Torino, e bohémien in una mansarda parigina; adolescente preso a pugni dal padre in una casa di vacanza, e giovane universitario buttato sopra un materasso; e poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. In questo romanzo costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Andrea Bajani scrive una prosa che si leva in poesia, sa di cielo e di angeli ma anche di terra e bruciato. È un viaggio, Il libro delle case, attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant'anni, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda.
Incontriamo zia Camilla sulla piazza di un piccolo paese non lontano dal lago di Garda e dal corso dell'Adige. Per le borsette e i cappellini tutti la chiamano la Regina, e in effetti nel portamento assomiglia alla regina d'Inghilterra, con qualche stranezza in più. Qualcuno l'ha fatta sedere sulle pietre della fontana dove la raggiunge la nipote Andreina, e un pezzo di realtà di zia Camilla si ricompone. È l'esordio, così lo chiamano, di una malattia che si è manifestata a poco a poco, a giorni alterni, finché il mondo fuori l'ha vista e da quel momento è esistita per tutti, anche per lei. Zia Camilla è sempre vissuta in campagna tra fiori, galline e gli amati orologi, nella grande casa dove la nipote è cresciuta con lei e con zio Guidangelo. Ora Andreina, che è moglie e madre mentre la zia di figli non ne ha avuti, l'assiste affettuosamente e intanto racconta in prima persona il presente e il passato delle loro vite. Una narrazione viva ed energica, come zia Camilla è sempre stata e continua a essere. Intorno e insieme a loro, parenti, amiche, altre zie, donne venute da lontano che hanno un dono unico nel prendersi cura, tutte insieme per fronteggiare questo ospite ineludibile, il «signor Alzheimer», senza perdere mai l'allegria. Perché zia Camilla riesce a regalare a tutte loro la vita come dovrebbe essere, giorni felici, fatti di quel tempo presente che ormai nessuno ha più, e per questo ricchi di senso.