
La Cina di Yu Hua e dei fratelli Li Testapelata e Song Gang. Una Cina in cui milioni di cittadini cresciuti sotto la bandiera rossa sono catapultati nella modernità, dove "arricchirsi è glorioso", vendendo immondizia, imeni artificiali marca Giovanna d'Arco o addirittura se stessi. L'ex straccivendolo Li Testapelata, ora arcimiliardario presidente Li, può decidere di fare un giro nello spazio o di radere al suolo un'antica città per costruire la sua nuova Liuzhen, tutta centri commerciali, luci al neon e palazzi svettanti. Song Gang, dopo il lavoro in fabbrica e l'inaspettato matrimonio da favola, segue le orme di un imbroglione per cercare di arricchirsi come il fratello. Entrambi appartengono a un mondo consumista che corrode tutto, passato e presente, la Rivoluzione e le prospettive di una libertà diversa. I fratelli si separano, le famiglie si sfaldano, gli ingenui soccombono e chi sopravvive deve fare i conti con "una desolazione incommensurabile". Capitolo secondo di Brothers, questo romanzo, dopo tante incontenibili risate, se ne porta appresso una, l'ultima, amara. La Cina non è vicina e per la prima volta misuriamo qual è la sua esatta distanza: ciò che ci sembra caricatura è, semplicemente, diversità.
Diciassette racconti, diciassette protagonisti: un misantropo ossessionato dal contatto con gli umani, un ragazzine invalido che tenta di andare in bicicletta, la gravidanza indesiderata di una ragazza povera, una studentessa osservante quanto ipocrita, la bella amante francese di papà, un fratello e le sue vacue giaculatorie, un bambino obeso zimbello della classe, le umilianti fatiche di un ricercatore di medicina, un vecchio "fedele al partito", l'inconsolabile lutto di un figlio per il padre defunto, l'ordinaria cattiveria di un bambino che si prepara a essere un degno cittadino egiziano. Comune denominatore: la cattiveria - appunto -, l'ipocrisia, il disprezzo del dolore altrui, l'atavica mentalità del servo che vuol solo essere padrone di altri servi. È un ritratto impietoso e sarcastico dell'Egitto di oggi. Molto lontana dall'esotismo turistico e dalla retorica "impegnata", è la rappresentazione di un'umanità piccolo-borghese irrimediabilmente sconfitta, improduttiva, rinchiusa nella propria rispettabilità esteriore, moralmente abietta.
Dai Wei, in coma da dieci anni, è doppiamente prigioniero. Il 4 giugno 1989 è stato colpito alla testa da un proiettile durante la rivolta di piazza Tienanmen. Da allora "vive" su un letto di ferro: prigioniero del proprio corpo, prigioniero della polizia, che aspetta il suo risveglio per arrestarlo. Tutto ciò che rimane a Dai Wei per non perdere il contatto con il mondo è la sua acutissima sensibilità per le piccole cose che gli succedono intorno e una dolorosa e poetica capacità di dialogare con il proprio corpo. Mentre Dai Wei giace, immobile nel cambiamento, assistito dalla madre, la capitale della Cina cambia e lui ripercorre i giorni della rivolta studentesca - ma anche il decennio della Rivoluzione culturale - attraverso i ricordi: le mobilitazioni degli universitari di Beijing e le interminabili discussioni politiche, gli slogan gridati e i sentimenti sussurrati con riserbo. E intanto, forse, si risveglia a un nuovo inizio, mentre l'isolato dove si trova la piccola casa in cui abita viene abbattuto, con la vecchia Cina che muore, per far posto a uno stadio, il Nido, per le Olimpiadi del 2008.
La guerra d'Angola con il suo sanguinoso epilogo coloniale è un tema ricorrente nell'opera narrativa di Antonio Lobo Antunes. Ne forma la colonna vertebrale e torna ossessivamente nei monologhi interiori di alcuni dei suoi memorabili personaggi. L'origine di tale ossessione - è risaputo - è da rintracciare nella biografia di Lobo Antunes, che fra il 1971 e il 1973 prestò servizio militare in Angola. L'esperienza fu doppiamente traumatica: il futuro scrittore lasciava in Portogallo la giovane moglie Maria José incinta. Lettere dalla guerra è l'epistolario che registra tale esperienza e che le figlie dell'autore hanno avuto l'autorizzazione a pubblicare alla morte della madre. E il resoconto spontaneo e quotidiano in centinaia di aerogrammi di un inedito Lobo Antunes alla donna adorata. Sullo sfondo degli eventi bellici, del disagio e talvolta della noia dell'isolamento, in una terra perlopiù inospitale sebbene non priva di commoventi sorprese dal punto di vista umano, si legge il dramma di un giovane innamorato la cui vita è scandita dall'arrivo delle lettere, ma anche l'inquietudine dello scrittore che muove i primi passi in direzione di quella che sarebbe divenuta la sua occupazione principale. La letteratura sembra ossessionarlo al pari del distacco dagli affetti e degli orrori della guerra e diviene giorno dopo giorno un alimento insostituibile.
Tutto avviene nella notte del 20 agosto 2007. Il luogo è Gorgo al Monticano, nel cuore della Marca trevigiana, ma la "scena" è in realtà quella del profondo Nordest. Due anziani coniugi, custodi di una grande villa, vengono sorpresi nel sonno da banditi che li uccidono brutalmente dopo averli torturati per costringerli ad aprire la cassaforte. Il delitto è orrendo, bestiale. Il paese è sconvolto, ma è l'intero Nordest a ritrovarsi profondamente scosso. A Roma, il governo guidato da Romano Prodi vara provvedimenti straordinari. Mentre le polemiche si fanno roventi, con la Lega che rilancia le ronde padane a presidio del territorio, si giunge all'arresto di tre sospetti. Sono un ragazzo romeno di vent'anni, che lavora nell'azienda del proprietario della villa, e due albanesi, Artur Lleshi e Naim Stafa, irregolari, pregiudicati, fuori in anticipo grazie all'indulto varato l'anno prima dal Parlamento: i personaggi ideali per scatenare un'ulteriore ondata di rabbia e per radicare ancor più il senso di minaccia in tutto il paese.
Giosuè e Arto sono fratelli. Giosuè è un seminarista che vuole liberarsi di Dio, Arto un ateo fornicatore e un bugiardo patentato. Non era nelle intenzioni, ma i due si trovano nel bel mezzo di una grande avventura on thè road, che li vede appaiati, spaiati, comunque solidali, partire da Lourdes e perdersi per le strade di Spagna. Perdersi? Be', Giosuè si avvia in effetti a trasgredire i dieci comandamenti uno per uno. E Arto? Arto deve badare al fratello e governare l'imbarazzante sudario di menzogne che ha tessuto per la famiglia lontana in attesa di lauree, matrimoni, ordinazioni sacerdotali e miracoli.
Sylvia, diciassette anni appena compiuti, viene investita nel pieno della notte dalla Porsche di un calciatore argentino ventenne del quale finirà per innamorarsi. Lorenzo, il padre di Sylvia, abbandonato dalla moglie, disoccupato, tenta di ricostruirsi una vita assassinando il suo vecchio socio d'affari. Leandro, padre di Lorenzo e nonno di Sylvia, uomo mediocre e pianista mancato, ora pensionato (la moglie Aurora è in ospedale in punto di morte), si gioca pensione e reputazione frequentando un bordello di periferia.Tre protagonisti, una sola famiglia, una sola città. Madrid. Tre vite, tre biografie, tre prospettive.
Pepe Carvalho è sempre il migliore. Anche quando viene chiamato a Madrid città dove il nostro detective non riesce mai a dormire - a sciogliere l'enigma del decesso di Arturo Araquistain, trovato morto con un mazzetto di viole nella patta aperta. Un delitto a sfondo sessuale? Ma tutto questo avviene a Prado del Rey, gli studi storici della Televisione Spagnola, e molti suppongono che si tratti di una vendetta nella guerra per le ambite poltrone del nuovo potere. Carvalho scoprirà ben di più: politici socialisti, giovani bande musicali, emarginati, scrittori falliti o maltrattati e una ragazza di prepotente bellezza daranno colore e verità al racconto. E poi: una colombiana assassinata all'Up and Down, il club dei nuovi arricchiti barcellonesi, pieno di snob e di cafoni; un sociologo sessuale che ingaggia Carvalho per chiarire la morte di una cubista che trasgredisce le leggi della morale comune e soprattutto quelle della propria famiglia, ricca e benpensante. E, per finire, una storia amara come poche, di amore e disamore, con quattro cadaveri, una ragazza in vendita che tenta di riscattarsi con lo studio, due vecchi, un principe sordido, un cane color cannella. Nessuno si redime, nessuno si salva, e Carvalho cena con sempre maggior disincanto insieme al vecchio amico Fuster, lassù a Vallvidrera.
È arrivato a New York da solo, con un borsone rosso a tracolla, una macchina da scrivere portatile e il sogno di conquistare l'America, almeno per un po'. È un provinciale italiano appena uscito dall'università che si è messo in testa di fare il giornalista negli Stati Uniti, attirato dai romanzi di Bukowski, dai film di De Niro, dalle luci di Broadway. Ma la realtà è diversa dalla fantasia: nessun giornale pubblica i suoi articoli, per sopravvivere distribuisce volantini pubblicitari di un topless bar e non ci sono luci attorno a Hell's Kitchen, la "cucina dell'inferno", dove ha preso in affitto un appartamentino con gli ultimi soldi che gli sono rimasti. Poi John Gambino, "padrino" di una delle famiglie di Cosa Nostra che controllano il crimine organizzato in città, viene arrestato: ed è la sua occasione di mettersi alla prova. Tra loft di artisti squattrinati, fumosi jazz club e discoteche con toilette bisex, vola via un anno pieno di sorprese, che lo lascia davanti a un doppio bivio: sposare Angie, un'italoamericana che gioca a biliardo meglio di un uomo? E una volta fatti i conti con l'America, rimanere o tornare?
William Hoek, quattordici anni, è appena fuggito da un istituto d'igiene mentale. Di soprannome fa Lowboy perché è lunatico, imbronciato, giù di corda e perché gli piacciono i treni della sotterranea. Non per nulla, quando lo vediamo per la prima volta è nella metro di New York, su uno dei suoi treni prediletti. All'imperturbabile sikh di età avanzata che gli siede accanto confida il suo segreto: lo sanno, loro, che il mondo finirà tra dieci ore, divorato dal fuoco? E che l'unica maniera per impedire che ciò avvenga è che lui, Lowboy, perda la verginità? Sulle sue tracce il detective Ali Lateef, al secolo Rufus Lamarck White, noto in tutto il dipartimento per la sua passione per acrostici e anagrammi. Il romanzo cammina con agilità e ironia su una corda sottilissima, tesa tra i nostri incubi più paurosi - il riscaldamento globale, le malattie mentali, l'anonimato imposto dalle grandi città - e crea un personaggio forte e credibile, moderno e disincantato.
Attraverso la storia della rovina della propria famiglia narrata dalla giovane Kazuko, il romanzo adombra l'epopea tragica dell'aristocrazia declinante nel Giappone vinto e umiliato dalla guerra, e insieme propone la vivida e più vasta rappresentazione della desolazione spirituale di un paese che ha smarrito i valori della tradizione e va snaturandosi nell'incalzare di una civiltà industriale priva di idealità. Pubblicato nel 1947, un anno prima di annegarsi nel lago Tamagawa a Tokyo, Osamu Dazai consegnava un messaggio di disperata rivolta in cui si riconobbe e si identificò un'intera generazione quella che visse il disordine e lo smarrimento del dopoguerra, nonché la frustrazione precoce delle speranze in un rinnovamento radicale della società. una sofferenza esistenziale, il ribellismo e l'istinto di autodistruzione suggellati infine dal suicidio.
Mari si è appena laureata ed è tornata a vivere nel suo paese natale, dove ha deciso di aprire un piccolo chiosco di granite. Quest'estate sua madre ospita Hajime, la figlia di una cara amica, che sta attraversando un periodo molto difficile a causa della morte della nonna. Mari non è affatto entusiasta: è indaffarata col chiosco appena avviato e pensa di non avere tempo per fare compagnia a una ragazza così piena di problemi. Oltre a brutte cicatrici che le ricoprono il corpo, dopo la morte della nonna Hajime si rifiuta di mangiare e di uscire di casa. Ciononostante le due ragazze a poco a poco diventano amiche e Hajime inizia ad aiutare Mari nel lavoro. Il resto del tempo lo trascorrono tra nuotate in mare, passeggiate sulla spiaggia e lunghe chiacchierate, sempre sullo sfondo di un incantevole paesaggio marino. E il mare sembra essere il vero protagonista del romanzo, con i suoi misteri e le creature che si celano negli abissi, una presenza costante e rassicurante nella vita di Mari, e un balsamo per l'anima ferita di Hajime. Sul finire dell'estate, quando l'acqua diventa di giorno in giorno più fredda e il vento sulla spiaggia solleva i granelli di sabbia nella tiepida luce di settembre, Hajime parte per fare ritorno a casa. Mari è molto triste, ma il ricordo della loro amicizia l'aiuterà a superare anche la solitudine dei lunghi mesi invernali. Forse non è riuscita a risolvere del tutto i problemi dell'amica, ma sicuramente l'ha aiutata a guardare al futuro con maggiore fiducia.