
Quando venne nominato corrispondente dall'Africa per il Daily Telegraph, Tim Butcher lesse il maggior numero di libri e articoli sull'argomento. L'unica costante che trovò nella tormentata storia di un continente dimenticato dalla crudeltà dei colonialisti belgi fino agli eccessi apocalittici di politici senza scrupoli -, di cui il Congo è l'emblema, fu il pesante fardello di sofferenza umana inflitto a generazioni di africani che sembrano condannati a vivere in un paese in cui le normali regole di sviluppo e progresso non sono ammesse. Ma ciò che fece crescere l'interesse di Tim per il Congo fu la scoperta che un altro reporter, Henry Morton Stanley, era stato inviato in Africa dal Telegraph più di un secolo prima. Per di più sua madre da bambino gli aveva raccontato di un viaggio che lei aveva fatto negli anni Cinquanta sul fiume Congo con un'amica. Per Tim il Congo diventa il totem che simboleggia l'Africa come continente mancato. In breve decide che la sua missione è partire sulle orme di Stanley per ripercorrere la rotta originale dell'esploratore, ma da solo. Zaino in spalla e poche migliaia di dollari nascosti negli stivali, dopo aver a lungo studiato le mappe dell'epoca coloniale e aver preso contatti con vari leader ribelli, Tim parte per il suo viaggio. Per tanti si tratta di un'avventura folle e suicida, ma Tim dentro di sé sa che per disfarsi del suo sguardo di sufficienza sull'Africa moderna e comprenderla correttamente, deve recarsi proprio lì dove tutto era cominciato.
Nella Parigi sospesa e febbrile degli anni Trenta, Ethel Brun, "figlia unica di una famiglia in guerra, tra le mura di una casa in pericolo", percorre l'età inquieta dell'adolescenza. Una famiglia di coloni, la sua, arrivata dall'isola di Mauritius per mescolarsi alla ricca borghesia della capitale, senza riuscire a dimenticare l'indolenza e gli eccessi, i profumi penetranti e i colori della terra a cui appartiene. A tredici anni, Ethel incontra Xenia, figlia di esuli russi, e davanti al suo sguardo azzurro e fiero conosce per la prima volta la vertigine del desiderio e della diversità. A quindici, nel vacuo brusio delle chiacchiere da salotto, sente risuonare con insistenza il nome di Hitler - l'uomo che arginerà la minaccia bolscevica - e stringe una silenziosa alleanza di sguardi con il timido Laurent, senza sapere che di lì a pochi anni i loro destini si legheranno in modo indissolubile. Ma quando lo spettro dell'occupazione si allarga sulla Francia e i Brun sono costretti a sfollare a Nizza, Ethel sperimenta abissi ben più tormentosi della voracità della giovinezza; quelli della miseria e del bisogno, che le accenderanno in corpo una tenacia insospettata, la forza di sopravvivere in un mondo che va a fuoco sotto i suoi occhi. Un intenso romanzo in cui l'autore dipinge l'indimenticabile ritratto della donna che sarà sua madre, per raccontare l'ostinata fame di vita di un'intera generazione: il ritornello che accompagna l'esistenza di quelli che, come Ethel, sono stati travolti dalla storia.
È una calda giornata di giugno, Josefin Cederén cammina con la figlia Emily lungo la strada di un quartiere residenziale di Uppsala, quando improvvisamente una macchina le investe con violenza, uccidendole. Quello stesso giorno, scompare Sven-Erik Cederén, marito e padre delle due vittime, ora principale sospettato del duplice omicidio. Ma davvero si è trattato di un dramma privato? È possibile che un uomo arrivi ad annientare la propria famiglia? Alla guida delle indagini, Ann Lindell, trentacinque anni, da quindici all'anticrimine di Uppsala, non ne è del tutto convinta. C'è anche un'altra pista che si fa strada: Cederén potrebbe essere coinvolto in un clamoroso scandalo farmaceutico internazionale. Impegnata nelle ricerche con la determinazione che la distingue, Ann intanto sente sempre più forte il desiderio di una vita normale, ma proprio quando è convinta che le cose comincino a girare nel verso giusto, si trova improvvisamente davanti a una scelta decisiva che rimette tutto in discussione.
Chi sognasse di incontrare finalmente un personaggio sfaccettato, deprecabile e irresistibile, insomma magistralmente imperfetto, sappia che Harry Rent, radiologo californiano quarantenne, non solo non lo deluderà, ma si inciderà profondamente nella sua memoria: perché Harry, maldestro in ogni sua impresa, è un uomo che migliora soltanto attraverso i suoi sbagli. La moglie è morta durante un intervento di chirurgia estetica, ed è con riluttante empatia che ricostruiamo a ritroso un viaggio emotivo fatto di rimorso, nostalgia, rancore, desolazione, e della immediata tentazione di un nuovo amore. Proprio per far colpo sulla nuova improbabile preda, Harry si imbarca in una serie di avventure che porteranno ad altrettanti comicissimi disastri, sullo sfondo di un'America contemporanea che Sarvas dipinge con scanzonata, crudele ironia, disseminando il racconto di tocchi di suspense.
"Forse il modo migliore per leggere quello che insieme a "Il ragazzo morto e le comete", a "Il padrone" e a "L'odore del sangue" è tra i vertici dell'opera di Parise, è fare come se di Parise non conoscessimo nulla, e questo libro uscisse per la prima volta oggi. Che immagine ci faremmo dell'autore dei "Sillabari"? I suoi racconti sembrano prossimi alla Mitteleuropa di Peter Altenberg: nel sentimento che non scade nel sentimentalismo, nell'asciutta creaturalità, nella musica fintamente trasandata; ma può anche essere un seguace del Robert Walser dei racconti in forma di temi di scuola: meno follemente didascalico, più narrativo, più "carnale"; o può somigliare a uno scrittore americano alla Truman Capote: per lo sguardo acuto e quasi tattile che cala nel mondo dell'adolescenza, per la capacità di dare parole ai trasalimenti privi di parole del corpo". (Giuseppe Montesano)
La Sardegna degli anni Cinquanta è un mondo antico sull’orlo del precipizio. Maria ha sei anni ed è appena diventata «figlia d’anima» dell’anziana Bonaria Urrai, secondo l’uso campidanese che consente alle famiglie numerose di compensare le sterilità altrui attraverso una adozione sulla parola; il patto tacito è che la figlia acquisirà lo status di erede, ma in cambio promette di prendersi cura della madre adottiva nei bisogni della vecchiaia. La bambina è inizialmente convinta che Bonaria Urrai faccia la sarta, e infatti le giornate sono segnate dallo scorrere nella bottega casalinga di una umanità paesana, fatta di piccole miserie e di relazioni costruite di gesti e di sguardi, molto piú che di parole. Accettata come normale dal paese, l’adozione solidale tra la vecchia e la bambina si consolida malgrado lo sfaldarsi circostante delle antiche certezze. Attraverso lo sguardo privilegiato della bambina che cresce, le contraddizioni tra il vecchio e il nuovo emergono via via piú evidenti: nell’esperienza della scuola dell’obbligo, e in quella del confronto tra la fede cristiana e i retaggi di una religiosità assai piú antica nel tempo. Sarà l’imprevista rivelazione del segreto peccato collettivo dell’accabadura – la fine violenta e pietosa a cui Bonaria è incaricata di sottoporre gli agonizzanti in fin di vita – a infrangere l’armonia tra le due donne, costringendo entrambe a fare i conti tra l’etica millenaria di una società morente e i nuovi valori che l’incalzano.
Quando Raimondi Cesare, ispettore capo della Questura di Bologna, comincia dicendo: "Sarti Antonio è uno dei nostri più validi collaboratori, un poliziotto del quale ho la massima fiducia e stima", Sarti Antonio, sergente, sa che il seguito della storia sarà una fregatura. Infatti si impantana nella speculazione edilizia, è costretto a vagare nel freddo e nell'umidità delle stupende Valli di Comacchio alla ricerca dell'assassino della donna che doveva proteggere e che gli hanno ammazzato proprio sotto il naso mentre era nascosto, in agguato, nelle botti immerse nell'acqua delle valli... Situazione deprimente! Se non ci fosse una bella ragazza che vuole vederci chiaro e stimola in tutti i modi, leciti e illeciti, Sarti Antonio, sergente, affinché l'aiuti a capire. Che poi la legge trionfi, non è detto.
Alla fregata americana Abramo Lincoln è affidato un compito impegnativo, quello di intercettare e catturare l'essere mostruoso che va compiendo singolari quanto misteriose imprese nei mari di mezzo mondo. I tre protagonisti della spedizione - uno scienziato, il suo servo e un fiociniere avranno presto modo di constatare come il gigantesco pesce di cui si sono posti alla caccia altro non sia che un avveniristico sommergibile, il Nautilus, guidato da un singolare capitano, Nemo. Questa scoperta sarà l'inizio di una serie di mirabolanti avventure: i tre ospiti del misterioso capitano incontreranno e combatteranno piovre gigantesche, cacceranno in foreste sottomarine, vedranno la perduta Atlantide, assisteranno al crudele affondamento di una nave e del suo equipaggio. Fino a scoprire che... In questa edizione del romanzo, al testo tradotto da Luciano Tamburini si affianca un saggio di Daniele Del Giudice.
Scritto nel 1856, "Mozart in viaggio verso Praga" è forse la migliore, certo la più famosa, delle opere di Eduard Mòrike (Ludwisburg, 1804 - Stoccarda, 1875). Lo spunto del racconto è già tutto nel titolo: vi si narra, infatti, il viaggio che Mozart intraprese in compagnia della moglie Costanza alla volta di Praga, nell'autunno del 1787, in occasione della prima rappresentazione del Don Giovanni. Siamo ben lontani, tuttavia, dal racconto storico; a Mòrike non interessa la realtà di quel viaggio ed anche nella ricostruzione dei personaggi non c'è alcun intento documentaristico. Quel che importa qui a Mòrike è invece di rivivere e far rivivere la sensibilità gaia e tragica insieme del grande musicista, in un idillio settecentesco pieno di malinconia e di grazia. E forse è proprio questa la ragione della fortuna e, se si vuole, della modernità di questo racconto: la capacità dello scrittore di calarsi interamente nella personalità che ritrae, suggerendole modi e discorsi che, se non sono mai esistiti nella realtà del personaggio storico, appartengono comunque al suo mondo, all'eco non meno reale che l'opera di Mozart ha saputo trasmetterci.
"Andare in giro per calli e campi, senza un itinerario stabilito, è forse il più bel piacere che a Venezia uno possa prendersi. Beati i poveri in topografia, beati quelli che non sanno quel che fanno, ossia dove vanno, perché a loro è serbato il regno di tutte le sorprese...". Così Diego Valeri invita alla conoscenza della magica città di Venezia: non un colto Baedeker per turisti alla frettolosa ricerca dei monumenti e luoghi obbligati dalla tradizione, ma una vera e propria "educazione sentimentale" a "quell'insolubile enigma che si rinserra nel nome di Venezia".
Por i suoi genitori, il piccolo Rowan è il mistero più grande. Perché lui non è come gli altri: è perso in un mondo fatto di lontananza, deserto di persone ed emozioni; la sua mente e immobile, chiusa in una gabbia di vetro infrangibile. La diagnosi dei medici è spietata: "disturbo pervasivo dello sviluppo", che vuol dire autismo. E per Rupert e Kristin è una pietra tombale sul futuro del loro bambino, e la condanna a giorni fatti solo dei suoi silenzi attoniti, dei suoi movimenti ritmici e infiniti, della sua solitudine perfetta e inespugnabile. Finche, per caso, durante una passeggiata con il padre, Rowan fa conoscenza con Betsy, un magnifico cavallo dal pelo marrone e gli occhi intelligenti: tra i due e amore a prima vista. In sella a Betsy, Rowan sembra trovare una via d'accesso alla realtà che gli sta intorno. E goffamente, teneramente, comincia a comunicare le sue emozioni, i suoi entusiasmi, i suoi spaventi di bambino. Di fronte a questo straordinario spettacolo, Rupert decide di tentare con tutta la famiglia un'impresa disperata e insieme sorretta solo dalla speranza: un coraggioso viaggio con destinazione MONGOLIA. La terra dove, seimila anni fa, i cavalli furono addomesticati; la patria del popolo delle renne, tribù di sciamani che vive da sempre in simbiosi con gli spiriti della natura. Qui, tra riti antichissimi e cavalcate nel paesaggio mistico e selvaggio della steppa, la secolare sapienza dei guaritori sembra fare breccia nella mente di Rowan.
Nevica sangue nei tre inverni della paura. Sono le stagioni più dure della guerra civile italiana e dell'interminabile dopoguerra. Tedeschi, fascisti e partigiani combattono con obiettivi diversi, ma compiono le stesse atrocità. È questo disordine crudele a travolgere Nora Conforti. Diciotto anni, ragazza di famiglia ricca, Nora si rifugia con il padre sulle colline fra Reggio Emilia e Parma. Non immagina che proprio lì incontrerà il primo amore e subito dopo gli orrori di due guerre in grado di sconvolgere la sua esistenza. Giampaolo Pansa ci racconta una storia che nasce da lunghi anni di ricerche sulla Resistenza e sulle sue tante zone d'ombra. Un affresco della borghesia agraria emiliana, nell'arco di sei anni infernali, dal giugno 1940 alla fine del 1946. E una ricostruzione controcorrente di un'epoca feroce. Accanto a figure che appartengono alla storia, come Togliatti, De Gasperi, i capi delle bande rosse e nere, il vescovo Socche, il partigiano bianco detto "il Solitario", si muove la gente comune di quegli anni. Le donne chiamate a sopportare il peso più grande della guerra. I bambini messi di fronte al terrore politico. I giovani schierati su trincee opposte. L'asprezza dello scontro fra ricchi e poveri. Le vittime del dopoguerra che emergono dalle fosse segrete, fantasmi capaci di turbarci ancora oggi.

