
Un'infanzia che trascorre tra le mura di casa, ma insieme a tanti libri. Poi la casa diventa una libreria, a Marrakech, e un giorno la libreria impara a camminare, diventa una carovana che porta libri, storie, autori in giro per i villaggi del Nord Atlante e del Sud del Marocco. Potrebbe essere la trama di un racconto fantastico... uno dei tanti che vengono da questo antichissimo paese, invece è una storia vera, quella di Jamila Hassoune, libraia di Marrakech e libraia nomade. Un'avventura iniziata negli anni Novanta che continua ancora e che viene qui narrata in forma di breve autobiografia e in una lunga conversazione con Santina Mobiglia. La voce di Jamila si alterna con le immagini che documentano gli incontri delle Carovane del libro e ripercorre, insieme alla sua storia, temi e momenti cruciali del Marocco contemporaneo.
Paragonato a Eminem e a Walt Whitman, Yahya Hassan, con più di centomila copie vendute in Danimarca in pochi mesi, è ora al centro della scena letteraria e mediatica mondiale. Aggredito e minacciato di morte, vive oggi sotto scorta. E tutto per colpa dei suoi versi, rigorosamente in stampatello maiuscolo, che con la violenza di un pugno allo stomaco demoliscono ogni tabù nel descrivere la realtà di un giovane immigrato musulmano di seconda generazione tradito tanto dalla patria d'adozione quanto dalla famiglia d'origine. Hassan racconta la sua storia: quella di un bambino la cui famiglia palestinese si trasferisce in Danimarca da un campo profughi libanese. Con un padre violento e bigotto, un padre che picchia i figli e la moglie, e che quando viene lasciato si fa mandare una nuova donna direttamente dalla Tunisia. La storia di un ragazzo che passa da una comunità di recupero all'altra, che viene cresciuto a suon di calci e cinghiate, circondato da "stupidi che fanno jogging e pregano, poi rubano, bevono e vanno a letto con le ragazze danesi, in prigione si redimono leggendo il Corano e ricominciano da capo". La storia di un giovane che diventa un delinquente perché è l'unica cosa che può diventare. Yahya Hassan è l'urlo disperato di un'intera generazione, ingannata e abbandonata da tutti.
"Gelido catasto dei giorni deserti e dell'assurdità delle cose", come lo ha definito Claudio Magris, "Per i sentieri dove cresce l'erba" è il diario dell'internamento in ospedali psichiatrici e sanatori a cui lo scrittore viene condannato per il suo collaborazionismo con i nazisti. Ultima opera di Hamsun, premio Nobel per la Letteratura (1920), fu scritta nel 1948, quando lo scrittore era ormai in età avanzata. Come giudicare uno Stato che si accanisce contro uno scrittore di novant'anni, lo relega per mesi in un ospedale psichiatrico per indagare sulle sue capacità mentali, provocandogli ulteriori malesseri psicofisici che lo ridurranno in fin di vita? E come giudicare Knut Hamsun che aderisce con entusiasmo al pangermanesimo nazista, appoggia l'occupazione tedesca e dopo il suicidio di Hitler nel bunker di Berlino lo definisce "figura di riformatore del più alto rango"?
Nove storie di personaggi senza speranza, di malattia e morte e dolore, raccontate con una livida sincerità che scuote e appassiona proprio perché cruda eppure compatta, coerente. I nove personaggi di Adam Haslett sono individui ai margini della società per cause di forza maggiore: malattia (sovente di tipo mentale); morte violenta dei genitori; il dono terribile della preveggenza. Hanno storie differenti ma appartengono a un'unica razza, quella dei reietti incolpevoli.
Rahima è una bambina a Kabul, oggi. È una bambina fortunata: perché, essendo la più piccola di quattro sorelle, secondo un'antica usanza afghana, si vestirà da maschio, e di un maschio avrà tutta la meravigliosa libertà di correre, giocare, andare a scuola. Ma solo finché non raggiungerà l'età da marito: allora, tornerà nella stessa ombra in cui vivono le sorelle e la madre. C'è una sola donna, nella sua famiglia, che può capire la sua disperazione: è la zia Shaima, la zia zitella che tutti compiangono. Sarà lei a raccontare a Rahima la storia di un'altra donna della loro famiglia, Bibi Shekiba. La bisnonna bellissima, ma col viso deturpato dall'olio bollente, che visse una vita ribelle e anticonformista, non accettando mai il compromesso. La storia coraggiosa della sua antenata spingerà anche Rahima - nonostante venga data in sposa contro la sua volontà - a non perdere la speranza, e a lottare perché anche il suo destino possa essere, un giorno, splendido e luminoso come fu quello della bisnonna.
Fereiba è una maestra, ed è cresciuta in un Afghanistan dove la felicità e l'amore erano sogni possibili. I talebani non avevano ancora preso il potere, e suo marito tornava a casa ogni sera da lei e dai loro tre bambini. Finché un giorno non è più tornato. È stato allora che Fereiba ha capito che il suo paese non era più casa sua, ed è partita, insieme ai suoi bambini, verso un posto dove ricominciare, vivere, e dimenticare. L'Inghilterra. Attraversando l'Iran, poi la Grecia, col cuore spezzato dalla tristezza, Fereiba accompagna così i suoi figli verso la salvezza. Finché, nella piazza del mercato di una città greca, Saleem, il figlio più grande, sparisce nella folla. Da quel momento Fereiba avrà una duplice missione: mettere in salvo i due figli più piccoli e ritrovare Saleem, prima che sia troppo tardi. Perché Fereiba sa che anche nelle notti più buie prima o poi sorge la luna, a rischiarare e illuminare la strada.
Teheran, 1978. Nahid conosce Masood la sera in cui viene ammessa all'università di Medicina. Entrambi diciottenni, hanno nelle vene il fuoco della passione e della giovinezza, di chi si sente invincibile perché è certo di essere nel giusto. La rivoluzione li infiamma e li scuote come una pioggia di stelle. Di giorno studiano, di notte sgattaiolano per strada a distribuire volantini, discutono di libertà e democrazia, e si battono per rovesciare il regime dello Shah. Sanno di rischiare la vita, ma si sentono immortali: gli iraniani sono una stirpe di roccia costretta a vivere nel sottosuolo, ma è arrivato il momento di liberarsi dal giogo. Finché, una sera, Nahid permette alla sorella minore di accompagnarla a una manifestazione. Quando la violenza esplode, la perde di vista nella calca. Basta un attimo, la presa sulla mano che si allenta, e nulla è più come prima. Prostrati dal dolore e dal rimorso, Nahid e Masood decidono di fuggire: Teheran non è più un luogo sicuro per loro e, ora che Nahid è incinta, scelgono di aggrapparsi alla promessa di felicità che lei porta in grembo. Trent'anni dopo, a Nahid restano pochi mesi da vivere. O così dicono i medici, perché lei non è tipo da arrendersi. Mentre ripercorre le tappe che l'hanno portata dall'Iran alla Svezia, analizza anche i sacrifici, le speranze e le disillusioni, il rapporto con la figlia Aram e con il suo tempo. Nahid, Masood e i tanti che come loro sono dovuti fuggire, una generazione di sabbia trasportata dal vento. Aram e i giovani che come lei sono cresciuti in un nuovo paese, figli del vento ma con solide radici.
Romanzo che si snoda per libera accumulazione di frammenti disordinati (o ordinati secondo una logica "altra"), lo Svejk si appaia alle grandi narrazioni digressive di Cervantes e di Sterne, alle quali lo affratellano anche alcuni procedimenti comici. Come scrive nell'introduzione Giuseppe Dierna, che ha interamente ritradotto il romanzo, "l'elemento centrale nello Svejk è il continuo sdoppiamento della narrazione, un'ambiguità di fondo, un discorso che procede costantemente su un doppio piano, mantenendosi in bilico tra una narrazione realistica e la sua continua messa in parodia, e questo ai vari livelli del testo (voce narrante, personaggio Svejk, linguaggio, sviluppo della trama). O ancora meglio: delegando ora a Svejk e ora al narratore la guida delle operazioni, Hasek mette premeditatamente in atto nel suo romanzo un ininterrotto e diabolico gioco parodico con i codici del linguaggio e della narrazione, in un contesto da ultimi giorni dell'umanità che di tanto in tanto affiora in tutta la sua violenza". Con questa edizione si ripropone dunque un'opera con la dichiarata intenzione di cambiarle radicalmente di posto nel panorama della letteratura del Novecento: da classico marginale, espressione di una facile tradizione popolare, a raffinato capolavoro di grande complessità. Ma non per questo di meno godibile lettura.
L'intensa e variegata attività letteraria di Hasek, si apre con Le avventure del bravo soldato Svejk nella grande guerra, capolavoro della letteratura parodistica e umoristica ceca e grande classico della letteratura europea del Novecento. Segue una selezione di racconti, i risultati più alti della sua produzione nel ventennio 1902-22, gran parte dei quali mai tradotta in italiano. La terza sezione comprende un piccolo campione di versi giovanili, brani di cronaca giornalistica locale e due pezzi teatrali di cui Hasek è coautore.
Il romanzo più celebre della letteratura ceca è una satira mordace e divertente contro l'assurdità della guerra con protagonista un soldato semplice che candido e imperturbabile, dal momento in cui è strappato dalla familiare Osteria del Calice e dal suo commercio di cani, non fa che mettere in difficoltà nonché impazzire di rabbia impotente i suoi superiori. Dimostrando in una serie di esemplari ed esilaratiti avventure-il ridicolo profondo della logica che governa l'organizzazione militare e le imprese belliche. Perché ci sono eroi ignorati, umili, senza la storia e la gloria di Napoleone, ma il cui carattere oscurerebbe anche la fama di Alessandro Magno. Nel romanzo, il pacifismo anarchico di Hasek si intreccia, in chiave burlesca, con la rappresentazione del singolo di fronte a forze incombenti e incontrollabili, un po' come avviene nell'opera del suo coetaneo e concittadino Franz Kafka.