
Il racconto di Shirley Jackson intitolato "La lotteria" ricorda da vicino, per la fama che lo circonda, la famigerata lettura radiofonica della Guerra dei Mondi di Orson Welles. Fama non immeritata, giacché la pubblicazione sul "New Yorker" nel 1949, scatenò un pandemonio. Molti lo presero alla lettera, reagendo all'istante e poi per lungo tempo con missive indignate o atterrite alla redazione. Certe cose non potevano, non dovevano succedere. Eppure la storia si presenta in tutta innocenza quale pura e semplice descrizione della lotteria che si svolge nell'atmosfera pastorale, quasi idilliaca, di un villaggio del New England in un luminoso mattino di giugno, come ogni anno da tempo immemore. Ma giunto al termine di questo racconto, come degli altri che compongono l'intensa silloge qui proposta, il lettore scoprirà da sé, in un crescendo di "brividi sommessi e progressivi" - come diceva Dorothy Parker che cosa li rende dei classici del terrore. Secondo un altro illustre ammiratore della Jackson, oltre che maestro del genere, Stephen King, lo sono perché "finiscono con una svolta che porta dritto in un vicolo buio".
"A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce"; con questa dedica si apre "L'incendiaria" di Stephen King. È infatti con toni sommessi e deliziosamente sardonici che la diciottenne Mary Katherine ci racconta della grande casa avita dove vive reclusa, in uno stato di idilliaca felicità, con la bellissima sorella Constance e uno zio invalido. Non ci sarebbe nulla di strano nella loro passione per i minuti riti quotidiani, la buona cucina e il giardinaggio, se non fosse che tutti gli altri membri della famiglia Blackwood sono morti avvelenati sei anni prima, seduti a tavola, proprio lì in sala da pranzo. E quando in tanta armonia irrompe l'Estraneo (nella persona del cugino Charles), si snoda sotto i nostri occhi, con piccoli tocchi stregoneschi, una storia sottilmente perturbante che ha le ingannevoli caratteristiche formali di una commedia. Ma il malessere che ci invade via via, disorientandoci, ricorda molto da vicino i "brividi silenziosi e cumulativi" che - per usare le parole di un'ammiratrice, Dorothy Parker abbiamo provato leggendo "La lotteria". Perché anche in queste pagine Shirley Jackson si dimostra somma maestra del Male - un Male tanto più allarmante in quanto non circoscritto ai 'cattivi', ma come sotteso alla vita stessa, e riscattato solo da piccoli miracoli di follia.
La protagonista, Elizabeth Richmond, ventitré anni, i tratti insieme eleganti e anonimi di una "vera gentildonna" della provincia americana, non sembra avere altri progetti che quello di aspettare "la propria dipartita stando il meno male possibile". Sotto un'ingannevole tranquillità, infatti, si agita in lei un disagio allarmante che si traduce in ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Un disagio a lungo senza nome, finché un medico geniale e ostinato, il dottor Wright, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di tre personalità sovrapposte e conflittuali: oltre alla stessa Elizabeth, l'amabile e socievole Beth e il suo negativo fotografico Betsy, "maschera crudele e deforme" che vorrebbe fagocitare e distruggere, con il suo "sorriso laido e grossolano" e i suoi modi sadici, insolenti e volgari, le altre due. È solo l'inizio di un inabissamento che assomiglierà, più a che un percorso clinico coronato da un successo terapeutico, a una discesa amorale e spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre: tanto che il dottor Wright sentirà scosse le fondamenta non solo della sua dottrina, ma della sua stessa visione del rapporto tra l'identità e la realtà.
Molti si sono avventurati nella rappresentazione storiografica degli avvenimenti successivi alla Crocifissione del Cristo: la richiesta del corpo al tiranno romano, il penoso rito della sepoltura, la meraviglia della resurrezione. Nessuno mai ha descritto tali avvenimenti scrutando nell'animo delle persone coinvolte: gli Apostoli, Nicodemo, Giuseppe D'Arimatea, Pilato. La narrazione è in "Dolce Stil Novo", il più nobile e raffinato linguaggio che la cultura letteraria italiana abbia mai prodotto.
Dopo anni di vagabondaggi nei mari del Sud, Ugo torna a Marsiglia per vendicare Manu, l'amico di gioventù assassinato dalla malavita. Ma anche lui resta ucciso e toccherà a un terzo amico, Fabio Montale, il compito di fare giustizia. Tutti e tre - Ugo, Manu e Montale - sono cresciuti nei vicoli poveri del porto di Marsiglia. Assieme hanno fatto i primi furtarelli, poi qualche rapina, ma hanno anche condiviso i sogni di paesi esotici, i primi dischi e i primi libri, le nuotate in mare, le ubriacature. E soprattutto hanno amato la stessa donna, Lole. Poi le strade si sono separate: Manu si è perso in giochi criminali troppo grandi, Ugo è partito, Montale è diventato uno strano poliziotto, più educatore di strada nei quartieri che sbirro.
Parigi, 1895. La città si prepara alle feste di Natale e, mentre gli scienziati discutono del frammento di meteorite caduto il 14 agosto nella foresta di Montmorency, artisti e intellettuali firmano una petizione contro l'iniqua sentenza del tribunale di Londra, che ha condannato Oscar Wilde a due anni di detenzione presso il carcere di Reading. Tuttavia, nella libreria Elzévir, al numero 18 di rue des Saints-Pères, Victor Legris è consumato da ben altre preoccupazioni: ha infatti appena letto sul giornale che due vecchi amici di suo zio Émile sono morti asfissiati durante una gita in carrozza. Victor non crede che si sia trattato di un incidente e decide d'indagare, soprattutto perché quei due uomini appartenevano a una confraternita. E sono proprio gli altri membri i primi sospettati del libraio-investigatore. Ma che essi siano rispettabili giocattolai o volgari mantenute, umili operai o cantanti liriche, a uno a uno vengono presi di mira dal misterioso assassino. Lo stesso assassino che, spaventato dalle insistenti domande di Victor, ha ordito un diabolico piano per togliere di mezzo quell'impiccione una volta per tutte...
Madrid, anni Cinquanta. "Mi manca la vita quando era nostra...". Lola lo ripete spesso al marito Matías, ripensando ai giorni pieni di libri, progetti e idee, prima che la guerra civile cambiasse la faccia e le strade della città, e distruggesse in un colpo solo le loro vite, la loro casa editrice, e i loro sogni. Ora Lola e Matías hanno una piccola libreria, incastonata in un vicolo seminascosto della città. Una libreria di libri già letti: libri usati, passati di mano in mano e di vita in vita, che Matías raccoglie e rivende andando in giro per le case madrilene. Ed è proprio mentre, carico di una pila di volumi, si inerpica come ogni giorno su per il vicoletto, che una donna lo vede. Si chiede chi sia quest'uomo che gira la città con le braccia piene di libri, e comincia a seguirlo. Da quel giorno la vita di Alice, inglese arrivata a Madrid prima della guerra, cambia per sempre. Grazie alla piccola libreria di Matías, e grazie a un libro: quello sistemato su un leggio in vetrina, che Lola e Alice leggeranno insieme, pagina dopo pagina. Piano piano, un'amicizia eccezionale, intensa e tessuta capitolo dopo capitolo, prende forma. Un'amicizia tra due donne che portano entrambe il peso del passato, due segreti e due amori nascosti nelle pieghe degli anni di guerra, e che entrambe troveranno, infine, il coraggio di rivelare. Solo così la vita com'era prima, prima della guerra, prima della dittatura, forse potrà tornare.
Trieste, anni Venti. La bora, che sferza Trieste in certi periodi dell'anno, è un vento pieno di passione, violento e fugace, che piega i corpi e trasforma gli animi. Salvador e Edita si conobbero lì un giorno di primavera del 1920, spinti dalla bora l'uno verso l'altra. Lei era nata a Lubiana e lui a Barcellona. Avevano vent'anni, l'età della follia. Ma Edita, bella e timida, era sposata e aveva una figlia, mentre l'unica cosa che possedeva Salvador era il suo lavoro nella bottega di un grande scultore, e il desiderio infinito di avere successo nella vita. Il vento sconvolse per sempre le loro esistenze, l'amore abbatté tutti i confini e le convenzioni. E solo la Storia, con la sua ferocia, avrebbe potuto dividerli. Barcellona, verso la fine degli anni Settanta. Salvador, ormai vecchio, vuole tornare a Trieste, dove aveva creduto di poter essere felice. Insieme a Marina, la giovane donna che lo accompagna, Salvador fa un viaggio nella memoria, raccontando del suo antico amore: di un parco in riva al mare, di lenzuola stropicciate e corpi abbracciati la mattina tardi, di un'attesa lungo i binari della stazione, di una colpa terribile e di un capolavoro del Rinascimento. Delle persecuzioni e dei segreti che si porta dietro da cinquant'anni. È un viaggio lungo, e ogni passo è importante. Perché è un passo in cerca del futuro.
Fino a poco tempo fa, nel villaggio si viveva bene. Si facevano feste, si mangiava di tutto. Agu e il suo amico Dike giocavano per strada, davanti al sorriso delle donne e dei vecchi. La mattina andavano a scuola, la domenica in chiesa. E ogni sera, Agu si faceva leggere da sua madre qualche pagina della Bibbia, affascinato dalle mille storie che conteneva. Poi, però, è arrivata la guerra. Agu, costretto a diventare soldato per i ribelli, deve ora obbedire agli ordini di uomini-belva come Comandante. Deve uccidere nel più brutale dei modi, per non essere ucciso. Impara tutte le atrocità. Solo la fantasia, l'amicizia, la nostalgia della famiglia gli permettono di resistere alla violenza e alla fame. Gli permettono di sopravvivere, come una bestia braccata, una bestia senza patria. Con un linguaggio tagliente come la lama di un machete eppure capace di improvvisi squarci di poesia, "Bestie senza una patria" racconta una storia di vita e di morte, la storia di un bambino obbligato a crescere, e a perdere l'innocenza, nel peggiore dei modi (e dei mondi) possibili.
«...il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia» Fernand Braudel Il Mediterraneo è il cuore incandescente di un unico vitale continente afro-euro-asiatico, l'epicentro della grande storia che qui transita e da qui scaturisce, il luogo in cui si è concentrato per alcuni millenni il mondo immaginabile. Come comprendere quella straordinaria «pianura fluida» che è il Mare Nostrum? Mettendosi sulle tracce delle civiltà sepolte? Ripercorrendo il vagare di eroi erranti come Ulisse, Enea o i viaggi dei pellegrini verso la Terrasanta? Interrogando gli strati e i substrati archeologici? Abbracciandone il paesaggio oppure lasciandosi abbacinare dai capolavori artistici? Il racconto mai concluso di una storia millenaria, unica e imprescindibile, fatta di guerre e convivenze, scambi e antagonismi, invasioni e diaspore, ibridazione ininterrotta di saperi, miti, leggende, manufatti, nel coesistere di culture religiose ora dialoganti ora in conflitto. Il ritratto in movimento di una civiltà e del suo mare.