
Sulle coste svedesi, in un freddo mattino d'inverno, da un peschereccio che si fa strada tra la neve viene avvistato un gommone di salvataggio: a bordo ci sono due cadaveri. Le indagini portano l'ispettore Wallander a est: la polizia di Ystad ha le prove che i due uomini sono stati uccisi e che l'imbarcazione veniva dalla Lettonia. Kurt Wallander parte per Riga: non passerà molto tempo prima che si renda conto di essere vittima di una cospirazione legata ai drammatici cambiamenti politici dei Paesi Baltici: la caduta dell'Unione Sovietica è ormai consegnata alla storia, ma in Lituania, ora stato sovrano, alcune forze di potere lavorano nell'ombra in accordo con la mafia russa.
Figlio di una donna che non ha mai conosciuto e di un tagliaboschi con l'anima del marinaio, dal nord della Svezia Hans Olofson è arrivato nello Zambia inseguendo un sogno altrui. Profondamente colpito dall'immensa bellezza dell'Africa, decide di fermarsi, convinto di avere trovato una nuova casa. Per la fattoria che ha rilevato a Lusaka insegue ambiziosi piani di riforma, ma in quella terra ignota, completamente priva di punti di riferimento e proprio per questo così seducente, impara presto a conoscere il disprezzo dei bianchi e il sospetto dei neri, mentre la tensione e le minacce continuano a crescere intorno a lui. Un giorno, anche i suoi vicini vengono barbaramente uccisi, e Hans Olofson comincia ad avere paura, assalito dalla stessa impotenza che provava da bambino, quando il gelo faceva gemere le travi della sua casa vicino al fiume. Negli anni, il sogno africano si trasforma in una lotta per la vita e la morte. Intrecciando passato e presente, dai campi ghiacciati della Svezia alla soffocante calura dei tropici, "L'occhio del leopardo" è un viaggio non sentimentale alla scoperta di due culture inconciliabilmente diverse, un romanzo psicologico che scava nella mente di un uomo perduto in un mondo sconosciuto.
Nel periodo più difficile dopo la diagnosi della malattia, Henning Mankell trova la forza di reagire. Partendo dalla propria esperienza, il padre del commissario Wallander riflette sulle importanti questioni politiche del futuro e spiega quanto la letteratura, l'arte e la musica siano importanti nei momenti di crisi. Le sabbie mobili sono solo una leggenda, in realtà non esistono. Che la vita, nonostante le catastrofi globali e private, meriti di essere vissuta è un fatto, si tratta solo di trovare la giusta strategia, "l'arte di sopravvivere". Da un grande scrittore e intellettuale del nostro tempo, un libro che raccoglie riflessioni e ricordi, speranze e paure per il mondo in cui viviamo. "Sabbie mobili" è dedicato ai suoi lettori di sempre e a chi non ha mai conosciuto Wallander o i suoi personaggi del ciclo africano.
In una notte d'autunno, mentre un vento freddo soffia da nord, Fredrik Welin si sveglia colpito da un bagliore improvviso. La sua casa, ereditata dai nonni materni in una sperduta isola del Mar Baltico, sta bruciando. Prima di fuggire e lasciarsi alle spalle un cumulo di cenere, Welin riesce a infilarsi un paio di stivali di gomma. Calzano entrambi il piede sinistro. A settant'anni, oltre a quegli stivali spaiati, una roulotte e una piccola barca, non gli è rimasto più nulla. Anche le poche persone intorno a lui sono sfuggenti: la figlia Louise che non ha mai veramente conosciuto, l'ex postino in pensione Ture Jansson dalle mille malattie immaginarie e Lisa Modin, la giornalista della stampa locale di cui inaspettatamente si innamora. Tormentato da dubbi e rimorsi, ora che ha perso tutti gli oggetti che costituivano la sua stessa esistenza, Welin sente di trovarsi sulla soglia di un confine umano, parte del gruppo di persone che si stanno allontanando dalla vita. Mentre l'inverno avvolge l'arcipelago al largo di Stoccolma, si continua a indagare sulle cause di un disastro che non rimarrà isolato. E il fuoco che torna a divampare sembra quasi voler illuminare un buio per qualcuno insostenibile. L'ultimo romanzo di Henning Mankell, percorso dalla straziante bellezza di un paesaggio crepuscolare, è un'elegia alla vecchiaia e un inno alla vita che continua. Se i misteri delle isole troveranno una spiegazione, continuano a essere incomprensibili le relazioni tra le persone, con i loro segreti e silenzi.
Dal tetto di un teatro in un porto africano un uomo contempla la città. Ai suoi piedi, sdraiato su un materasso sporco, c'è Nelio, bambino di strada e profeta. Ha solo dieci anni, ma la saggezza di un vecchio. Chi è Nelio? Da dove viene? Chi è stato a sparargli dal palcoscenico vuoto? E perché? Nove notti: è il tempo che serve a Nelio per raccontare la sua storia, la storia di un bambino africano, in un paese funestato dalla guerra civile. Ferito da un colpo d'arma da fuoco, sa che morirà non appena il racconto sarà finito.
In una fredda giornata di gennaio, la polizia di Hudiksvall, nella Svezia centrale, scopre un orribile massacro: in un villaggio vicino alla foresta, diciannove persone sono state trucidate. Sembra il gesto di un folle. Quando a Helsingborg il magistrato Birgitta Roslin legge della strage, si rende conto che tra le vittime ci sono persone a lei molto vicine, e decide di occuparsi del caso. Il ritrovamento di un nastro di seta rossa la porta a Pechino, dove la scoperta di un diario la trascinerà indietro nel tempo, svelandole una terribile storia di schiavitù e soprusi. Coinvolta in un diabolico gioco politico, Birgitta dovrà confrontarsi con la brutalità del capitalismo selvaggio e dei nuovi potenti nella Cina di oggi, pronti a rivendicare il loro posto sulla scena internazionale.
Facendo tesoro delle conoscenze tradizionali della sua gente e applicandole al cuore stesso delle complesse problematiche che distruggono il pianeta e ci affollano la mente, Manitonquat porta all'apice l'arte nativa del raccontastorie, svelando con passione e ritmo le dinamiche che ci imprigionano e le dinamiche che potrebbero liberarci. La storia, le tradizioni e le profezie dei Wampanoag e di altri popoli nativi prendono così nuova vita, esprimendo i più universali valori umani e offrendo soluzioni pratiche ai problemi che attanagliano uomini e donne di ogni età, cultura e classe sociale.
Ceylon, inizi del Novecento. Una giovane viene data in sposa a un uomo malese molto più vecchio di lei che per averla si finge ricchissimo. La ragazza è costretta a seguirlo in Malesia e scopre che l'uomo, tra l'altro bruttissimo, è solo un modesto impiegato e vive in povertà. Da quel momento sarà lei la vera "colonna" della famiglia, sia moralmente che economicamente. Malese, ma residente in Inghilterra, laureata in economia, Rani Manicka firma questa saga femminile ambientata nel cuore esotico della sua terra natale.
Un biglietto anonimo legato alla zampetta di un colombo viaggiatore: non è la richiesta di aiuto di un naufrago né lo scherzo di un animalista burlone, tanto più che riuscire a catturare uno di questi intelligenti animali non è cosa da poco né alla portata di tutti. Le indicazioni del messaggio portano Federico, brillante studente di etologia nonché proprietario del colombo, fino al cadavere di un uomo ucciso con brutalità nella propria casa. Unici segni particolari: una cesta per colombi infilata sulla testa del morto e il riferimento, nel biglietto, a dei semi usati come mangime che solo gli esperti possono conoscere. Per fortuna Federico può contare sul suo prof, maestro nella scienza degli animali e nella vita. Insieme possono cercare di capire che cosa sta cercando di comunicare l'assassino. Perché la polizia, classicamente, brancola nel buio, mentre l'omicida continua a colpire e a lasciare i suoi indecifrabili messaggi. L'indagine punta il dito sull'ambiente degli appassionati di colombi e dei loro circoli di incontro. In particolare finiscono sotto esame quei circoli dove si organizzano le gare di viaggio tra i migliori esemplari; un ambiente apparentemente innocente, finché non si scopre l'entità degli interessi economici coinvolti. Per Federico e il professore, consulenti scientifici a fianco della polizia, inizia così un viaggio nel mondo familiare dei colombofili e in quello ben più inquietante di una mente criminale.
“È la morte di quell’uomo ad attrarla, Terradillos? È l’immagine, la stessa che continua ad alimentare i miei incubi malgrado non l’abbia vista con i miei occhi, di Bevilacqua disteso sul marciapiede, il cranio a pezzi, il sangue che scorre giù, verso il tombino, come se volesse fuggire dal corpo inerte, come se non volesse aver parte in quell’abominevole crimine, in quella fine così ingiusta, così inaspettata? È questo che cerca?”
Una domenica mattina il cadavere di Alejandro Bevilacqua viene trovato, per strada, riverso nel sangue. Ma perché e come sia morto, a distanza di trent’anni, non è ancora del tutto chiaro. Si è gettato dal balcone di quella casa di Madrid, così come lascia intendere la pratica archiviata della polizia, o in quell’appartamento è successo qualcosa? Qual è la verità e come si può scoprirla partendo dall’assunto che, come recita il Libro dei Salmi, tutti gli uomini sono bugiardi e che non sempre il tradimento è mancanza di lealtà? E chi è, e chi è stato, Alejandro Bevilacqua?
A questi interrogativi cerca di rispondere un giornalista francese che per ricostruire la vicenda ascolta le testimonianze di chi ha conosciuto quell’Alejandro Bevilacqua ormai intrappolato nell’etichetta di romanziere argentino suicida: il confidente, l’amante, il compagno di prigionia nelle celle di Buenos Aires, l’esule delatore e, attraverso le loro parole, altri personaggi che si muovono nella Madrid della fine degli anni settanta, ancora oscura e grigia, rifugio e speranza per i dissidenti latinoamericani. Quella che emerge dall’inchiesta è la figura di un uomo che è contemporaneamente molti uomini, inafferrabile, indefinibile, inconoscibile.
Tutti gli uomini sono bugiardi è un romanzo storico, poliziesco e metaletterario, un “giallo dell’identità” carico di tensione, dove Manguel gioca con la letteratura e con se stesso. Un grande romanzo sudamericano sulla verità e sulla finzione.
Nel 1964 Alberto Manguel, all'epoca sedicenne, lavorara in una celebre libreria anglotedesca di Buenos Aires, dove ogni pomeriggio passava Jorge Luis Borges, di ritorno dalla Biblioteca Nazionale. Un giorno lo scrittore, ormai cieco, chiese al giovane se fosse disposto a leggere per lui la sera. Manguel accettò e in questo libro racconta, con una passione tenuta a freno da un'affabile discrezione, l'ammaliante ironia di Borges, la sua passione per le epopee, per le saghe anglosassoni, Omero, i film gangster, i western, i romanzi polizieschi, la lingua tedesca e la mitologia dei bassifondi di Buenos Aires, le enciclopedie, le tigri e West Side Story, la repulsione per Proust, Mann, Tolstoj e Pirandello.

