
Sono le parole di un grande scrittore e non di un professionista del mondo delle arti figurative o di un accademico, quelle che Julian Barnes mette in conversazione con le immagini di alcune grandi opere del canone occidentale tra il 1850 e il 1920, dal maturo Romanticismo fino al Modernismo e oltre. Il punto di partenza è il dipinto noto come La zattera della Medusa di Géricault, di cui Barnes segue le fonti storiche nel naufragio della fregata francese Meduse nel luglio del 1816, per spostarsi poi sulla storia dei bozzetti preparatori e dell'autoreclusione del pittore per otto mesi durante il lavoro sulla grande tela, fino a offrire risposta su che cosa trasformi la catastrofe in arte, dopo aver trasformato l'evento in immagine. I saggi trattano dipinti di Manet, Bonnard, Vuillard, Degas, Cézanne, ma anche di Vallotton, Braque, Picasso e Magritte, fino agli inquieti ritratti di Lucian Freud, con la loro spietata ricerca dell'anima della carne, e al gigantismo giocoso di certa Pop Art destinata, nel giudizio di Barnes, a invecchiare male e approdare a una senilità precoce e un tantino ridicola. Si tratta di testi eruditi e brillanti che garantiscono tuttavia un piacere ulteriore a chi vi si accosta, quello di suggerire in controluce alle figure descritte potenziali personaggi o scene di romanzi di Barnes. Accade con l'analisi di certi interni borghesi di Vuillard, con l'attenzione tutta narrativa riservata alla posizione dei piedi nel dipinto di Manet L'esecuzione dell'imperatore Massimiliano; accade nel racconto delle vite a confronto di Braque e Picasso. Barnes si sbilancia, si diverte, ci incanta. E, dopo aver sommessamente contraddetto per quasi trecento pagine le indicazioni del maestro Flaubert, secondo il quale i grandi dipinti non vogliono parole a illustrarli, Barnes liquida se stesso commentando cosí le opere dell'amico Howard Hodgkin: «Questi quadri parlano ai miei occhi, al mio cuore, alla mia mente. Perciò, basta con le parole».
Un'estate dei primi anni Sessanta, rientrato per le vacanze nei sobborghi londinesi dove vive con i genitori e afflitto dalla noia placida e solitaria dei suoi diciannove anni, Paul Roberts accoglie il suggerimento materno di iscriversi al circolo del tennis. Ma al suo primo torneo di doppio, anziché con uno dei vari indistinguibili Hugo, con una delle brune coetanee Caroline che avrebbero fatto la felicità della signora Roberts, il sorteggio lo accoppia con Susan Macleod. Alta e scanzonata, sicura in campo e affascinante, Susan ha un marito, due figlie e grossomodo l'età di sua madre. Con lei Paul inizia una relazione scandalosa che lo traghetta nella vita adulta e lo cambia per sempre. «Ed è così che vorrei ricordare ogni cosa, se solo potessi», lamenta il narratore, rievocando dalla prospettiva della vecchiaia gli esordi di quella sua travolgente storia d'amore: l'euforia dell'anticonformismo, l'ebbrezza del sesso, la fuga, il nuovo inizio. Ma le storie non sono mai davvero uniche, né univoche, e nel match giocato da Susan e Paul, quello della donna navigata con il suo bel-ami non è che il primo set. Per il secondo, il narratore, abbandonata la presa diretta dell'adolescenza, sceglie lo sguardo esterno di un tu ideale, che diventa impassibile terza persona nell'ultima parte del libro. Man mano che «lo strepito dell'io» si acquieta, ci racconta della costellazione di altre storie, tutte legittimamente uniche, che circondano i due amanti: il grottesco marito di Susan, Mr E.G., per il quale Paul non è che uno dei «giovani cicisbei» di cui la consorte si attornia, le due figlie variamente ostili, il generoso amico Eric, la saggia e disillusa Joan, con il suo gin, i suoi cani e i suoi cruciverba truccati. E soprattutto la storia del rivale subdolo e invincibile con cui il giovane Paul si trova a fare i conti, fallendo. «Che cosa preferireste, amare di piú e soffrire di piú; o amare di meno e soffrire di meno?», si era chiesto il narratore in apertura del romanzo. È una domanda che i personaggi di Julian Barnes, dal Geoffrey Braithwaite del Pappagallo di Flaubert al Tony Webster del Senso di una fine, a cui L'unica storia è strettamente collegato, si sono posti spesso. Per Paul, più di cinquant'anni dopo quel primo fatidico torneo di doppio misto, la risposta sta forse nell'appunto scritto su un taccuino in gioventú e mai più depennato: «In amore, ogni cosa è al tempo stesso vera e falsa; l'unico argomento al mondo sul quale è impossibile dire insensatezze».
Affascinante senza essere manipolatoria, rigorosa ma mai dogmatica, elegante seppure austera, irriducibilmente anticonvenzionale, eternamente sfuggente: così è Elizabeth Finch, docente del corso di «Cultura e civiltà» al college. Il suo carisma e la forza delle sue idee sono destinati a segnare per sempre il modo di pensare dei suoi studenti. O almeno di uno di essi. Questa è la storia che lui ci racconta. Ma, come direbbe Elizabeth Finch, «travisare la propria storia è parte dell'essere una persona». Il «Re dei Progetti Incompiuti», secondo la definizione della figlia adolescente, Neil si porta appresso un bagaglio di insuccessi lungo una vita: un'ambizione attoriale frustrata, due matrimoni falliti. Ma a quella prima lezione del corso di «Cultura e civiltà», tanti anni prima, il giorno in cui fece la conoscenza della docente Elizabeth Finch, Neil ebbe la sensazione di essere arrivato, per una volta, nel posto giusto. Sobria nell'abbigliamento, esatta nel dire e cristallina nel pensare, fumatrice incallita e insofferente del comune sentire, Elizabeth Finch - EF per la classe - incuneò fin da subito il grimaldello del libero pensiero nelle quiete coscienze dei suoi studenti, mai trattati come «oche all'ingrasso» da infarcire di nozioni, ma coinvolti in un continuo processo socratico di collaborazione, spesso caustico ma mai sprezzante, e fatalmente fertilizzato dall'elisir del carisma. Impossibile, per i discenti, non perdersi in congetture sulla sua inespugnabile vita privata e non restare colpiti dalle sue idee sulla Creazione: «Il mondo è male organizzato, perché Dio l'ha creato da solo. Avrebbe dovuto consultare qualche amico: uno il primo giorno, un altro il quinto, un altro il settimo, allora sì che sarebbe stato perfetto», sull'amore: «Esiste una parola più mistificante, abusata, fraintesa, più estensibile a livello di significati e di propositi, più contaminata dagli sputacchi di miliardi di lingue bugiarde, della parola "amore"? E c'è qualcosa di più scontato che lamentarsi di tutto questo?», sul pensiero unico: «Monoteismo. Monomania. Monogamia. Monotonia. Niente di buono inizia con questo prefisso», o su ogni altra area del sapere e del sentire, antico e moderno. Odiarla o amarla, non c'è alternativa. Neil rientra da subito nella seconda categoria, e vi rimane per decenni dopo la fine del corso, sposando il suo metodo critico e infine facendosi carico del suo progetto incompiuto: quello sulla figura di Flavius Claudius Julianus, ovvero Giuliano l'Apostata, l'ultimo imperatore romano non cristiano, la cui sconfitta in battaglia determinò l'instaurarsi a Roma del monoteismo ai danni di tutte le altre religioni e dunque, a detta di EF, la chiusura della mentalità europea e la fine della gioia. Neil ha ormai i capelli grigi quando si addentra nelle carte della sua antica maestra e forse amica, in cerca di verità mai svelate. Eppure Elizabeth Finch l'aveva avvertito fin dall'inizio: «Artificio, rigore, verità. Artificio non come opposto della verità ma spesso come sua manifestazione, ciò che lo rende irresistibile».
Basato su una storia vera, Il ventre del pitone è il romanzo di Cunégonde, una giovane donna che lascia la sua natia Costa d’Avorio per l’Europa. Quando sbarcherà a Palermo, dopo un lungo itinerario attraverso l’Africa occidentale, sarà già madre. In Italia troverà marito e una sistemazione, oltre che una nuova figlia. Ma, quasi d’un tratto, il matrimonio salta...
Hervé Barmasse è protagonista di scalate e avventure estreme. A sedici anni abbandona lo sci agonistico dopo un terribile incidente e deve reinventarsi. Il Cervino lo vede crescere e diventare uomo. Dopo ogni viaggio, dopo ogni salita su cime inviolate in terre lontane, ritorna alla sua montagna, scalandola in ogni stagione dell'anno e inventando nuove vie. Hervé racconta se stesso, la sua storia, la passione, la fatica, l'emozione delle scalate. L'alpinista viene dopo l'uomo, che pure affronta imprese straordinarie. Queste pagine non sono la scontata esaltazione di un campione dell'estremo, piuttosto il racconto di cosa c'è dietro l'avventura dell'alpinismo, dove il coraggio delle decisioni è sempre intrecciato alla fragilità e alla paura. In parete, come nella vita.
Hervé Barmasse è protagonista di scalate e avventure estreme. A sedici anni abbandona lo sci agonistico dopo un terribile incidente e deve reinventarsi. Il Cervino lo vede crescere e diventare uomo. Dopo ogni viaggio, dopo ogni salita su cime inviolate in terre lontane, ritorna alla sua montagna, scalandola in ogni stagione dell'anno e inventando nuove vie. Hervé racconta se stesso, la sua storia, la passione, la fatica, l'emozione delle scalate. L'alpinista viene dopo l'uomo, che pure affronta imprese straordinarie. Queste pagine non sono la scontata esaltazione di un campione dell'estremo, piuttosto il racconto di cosa c'è dietro l'avventura dell'alpinismo, dove il coraggio delle decisioni è sempre intrecciato alla fragilità e alla paura. In parete, come nella vita.
Biografia di fratel Lorenzo dello Spirito Santo, Passionista esemplare, la cui figura di umile religioso conquista gli animi di tutti, invitando alla riflessione e alla preghiera. La vita di Fratel Lorenzo e un esempio per tutti, laici, religiosi e consacrati, per la sua profonda devozione dell'Eucaristia, per la sua fedelta agli insegnamenti di san Paolo della Croce e per aver saputo unire con armonia la contemplazione con l'apostolato, la preghiera con la missione.
Quando Lirnesso viene conquistata dai Greci, Briseide, sopravvissuta al massacro della sua famiglia, viene portata via dalla città come un trofeo e consegnata ad Achille. A diciannove anni diventa concubina, schiava, infermiera, assecondando qualunque necessità dell'eroe splendente. Ma non è sola. Insieme a lei innumerevoli donne vengono strappate dalle loro case e consegnate ai guerrieri nemici. Ed è cosí che confinate nell'accampamento - e nella tenda di Achille - Briseide e le sue compagne assistono alla guerra di Troia e raccontano ciò che vedono. Episodi entrati nel mito, ma anche quelli che non sono stati registrati dalle cronache ufficiali perché legati alla miserabile vita delle ragazze. Da Agamennone a Odisseo, da Achille a Patroclo, da Elena a Briseide, Pat Barker racconta la guerra piú famosa di tutti i tempi dal punto di vista delle donne.
Da cinque anni l'assassino delle quattro scimmie terrorizza Chicago. Sette cadaveri, tutte giovani donne, di età compresa tra i 17 e i 30 anni. La polizia ha messo in piedi una task force per fermare la mano del killer, ma non è mai riuscita a rintracciare la sua identità. Tutto quello che gli investigatori sanno è che le vittime non sono scelte a caso: le ragazze pagano con la tortura e con la morte le colpe e i reati commessi dai genitori. La svolta arriva sul luogo di un incidente: un uomo investito da un autobus. Con sé aveva una scatola, e dentro la scatola c'era il messaggio finale dell'assassino. È lui il killer delle quattro scimmie? Sam Porter, a capo della squadra speciale, non crede a questa versione, e a confermare i suoi sospetti ci sono le pagine di un diario ritrovato nella tasca della vittima. È a partire da quelle parole che il detective si trova intrappolato nella mente di uno psicopatico, catapultato in un viaggio infernale nell'infanzia dell'assassino, dentro una storia allucinante da cui Porter deve ricavare le tessere mancanti del puzzle per poter fermare quella scia di morte. Se vuole salvare l'ultima ragazza, deve capire con esattezza chi è il suo nemico.
Un nuovo capitolo del viaggio epico di Candy Quackenbush nel mondo fantastico e feroce di Abarat: un arcipelago dove ogni isola è un'ora di un giorno, eterno teatro di una lotta senza tregua tra il buio e la luce. Ad accompagnarla la sua improbabile banda di amici abaratiani: il rattopardo Malingo, i litigiosi Fratelli John, Tom Due Alluci, Geneva... Altri ancora se ne aggiungeranno lungo il cammino: tra loro Gazza, forse destinato a diventare più di un amico. Arcani presagi spingono Candy a solcare le acque del Mar d'Izabella: tutto intorno affiorano segni che preannunciano tempesta. Mater Motley è ossessionata dalla folle ambizione di diventare Imperatrice delle Isole e per raggiungere il suo scopo sferra un attacco semplice quanto diabolico: oscura i cieli, coprendo soli, lune e stelle, e stana dagli angoli più remoti dell'arcipelago mostruosi alleati disposti a combattere la sua battaglia. Implacabili tenebre calano su Abarat: l'Assoluta Mezzanotte ha inizio. Età di lettura: da 12 anni.
Tre capitoli analizzano i risultati della neoavanguardia nella poesia, nel romanzo e nel dibattito teorico-critico; un quarto capitolo segue gli sviluppi dei protagonisti e delle idee della neoavanguardia dopo che il gruppo ebbe cessato di esistere. Per la poesia Barilli prende in esame i "Novissimi": Giuliani, Pagliarani, Sanguineti, Porta, Balestrini; per il romanzo il discorso si allarga alle prime forzature della barriera naturalistica in Pavese e Vittorini, agli esiti di Bassani, Cassola, Pratolini, Moravia e al caso Gadda, per rintracciare l'impronta del "nuovo romanzo italiano". Il capitolo sulla riflessione teorica fa parte dell'estetica fenomenologica di Anceschi che con il "Verri" è tra i padri spirituali della neoavanguardia.
Quando apparve nel 1930 questo libro fu come un colpo di scure piantato sulla tavola impeccabilmente imbandita dei musicologi "competenti", per i quali Verdi coincideva solo con la "verve discreta e senile" del Falstaff. Contro quegli intellettuali Barilli rivendicava la grandezza perentoria e insindacabile del Verdi popolare e "contadino". Oggi la causa di Verdi è ampiamente vinta, così il lettore potrà concentrarsi soprattutto sulle fascinazioni descrittive ed evocative del capolavoro di Barilli. Sugli sfondi ambientali, anzitutto, a partire da Parma, poi sulla disamina delle singole opere, non solo verdiane.