
Carlos aveva otto anni quando il mondo cambiò. Successe mentre lui dormiva, e senza che nessuno lo avesse consultato. Ne fu molto indispettito, ma questo non impedì al mondo di cambiare.
In quanto figlio di un importante giudice nella Cuba di Batista, in effetti Carlos godeva del meglio della vita. Un autista lo portava tutti i giorni all’esclusiva scuola cattolica che frequentava insieme ai figli del presidente e sollecite cameriere si occupavano di lui e dei suoi fratelli. Se non fosse stato che suo padre si credeva l’incarnazione di Luigi XVI, e trattava i figli come principi Borbone, tutto sarebbe andato per il meglio. Aveva sposato sua madre perché assomigliava a Maria Antonietta e, un giorno, avendo riconosciuto in un bambino incontrato per strada il Delfino di Francia, lo aveva adottato seduta stante. Ernesto, il nuovo fratello, era entrato immediatamente nell’elenco delle cose di cui Carlos aveva paura: insieme alle lucertole, al quadro di Maria Teresa d’Austria appeso nella sala da pranzo e al candelabro a forma di donna senza gambe. All’elenco si erano aggiunti anche i cattivi pensieri, da quando Fratello Alejandro a scuola lo aveva diffidato dall’averne. E pure le riviste sporche, qualunque cosa fossero.
Ma quel giorno, Luigi XVI gli comunicò che i ribelli avevano vinto e che Batista aveva lasciato l’Avana. Non c’era posto per dei Borbone nella nuova Cuba.
Così Carlos, insieme a 14.000 altri bambini, venne separato dai suoi genitori e mandato in esilio in America nell’ambito dell’operazione chiamata “Pedro Pan”. Ma il ricordo delle mille onde turchesi della sua terra non lo abbandonerà mai.
Questa edizione del catalogo generale Einaudi si articola in cinque parti: Indice bibliografico degli autori, Indice cronistorico delle collane, Indice per argomenti, Indice per titoli, Indice generale dei nomi degli autori e dei collaboratori. Precede il catalogo, come introduzione, la "Lezione magistrale" tenuta da Giulio Einaudi in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte dell'Università di Torino, in cui sono rievocati i primi anni della casa editrice.
Alì ha tredici anni quando vede Roma per la prima volta. È tutto così imponente e ordinato, per lui che viene da Kabul. Ci ha messo cinque anni, ma finalmente ha coronato il suo grande sogno: è arrivato in Europa dopo aver dovuto dire addio, insieme al suo Paese, l'Afghanistan, ai genitori e al fratello, annegato nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere clandestinamente la Grecia dalla Turchia. Ma non c'è tempo per riposarsi: in realtà il viaggio è appena cominciato. Perché a Roma la gente è strana: parla una lingua che Alì non capisce, ha abitudini diverse e lo guarda come un alieno. È poco più che un bambino, eppure di lui notano solo che è povero, sporco, straniero. E allora bisogna crescere in fretta, integrarsi e combattere i pregiudizi. Ma dove trovare le forze? Gli addii si susseguono: ragazzi arrivati con lui dalla Grecia prendono la strada della criminalità o proseguono verso altre mete giudicate da "radio migranti" preferibili all'Italia. Alì è di nuovo solo, ma sa che non deve perdere l'occasione che la vita (e suo fratello, con il suo sacrificio) gli hanno in qualche modo regalato. Perciò studia, riga dritto, si impegna a capire gli altri nonostante pochi cerchino di capire lui, non perde mai il coraggio e l'ottimismo e, piano piano, senza mai smettere di sognare, ce la fa. Emozionante e piena di speranza, la storia di Alì ci parla anche di noi, del nostro mondo riflesso negli occhi di chi arriva in Italia in cerca di un futuro. E si fa storia universale, quella di un ragazzino, poi ragazzo, poi uomo, che cerca quello a cui tutti aspiriamo: l'amicizia, l'amore, l'accettazione. Insomma, un posto nel mondo.
Afghanistan, anni novanta. Ali è un ragazzino che trascorre le giornate tirando calci a un pallone con il suo amico Ahmed, in una Kabul devastata dalla lotta tra fazioni, ma non ancora in mano ai talebani. La città non è sempre stata così, gli racconta suo padre: un tempo c'erano cinema, teatri e divertimenti, ma ad Ali, che non ha mai visto altro, la guerra fa comunque meno paura delle sgridate del maestro o dei rimproveri della madre. Il giorno in cui, di ritorno da scuola, Ali trova un mucchio di macerie al posto della sua casa, quella fragile bolla di felicità si spezza per sempre. Convinto inizialmente di aver solo sbagliato strada, si siede su un muretto e aspetta il fratello maggiore Mohammed, a cui tocca il compito di spiegargli che la casa è stata colpita da un razzo e che i genitori sono morti. Non c'è più niente per loro in Afghanistan, nessun futuro e nessun affetto, ma "noi siamo come uccelli (...) e voleremo lontano", gli dice Mohammed, che lo convince a scappare. E in quello stesso istante, l'istante in cui inizia il loro grande viaggio, nascosti in mezzo ai bagagli sul portapacchi di un furgone lanciato verso il Pakistan, Mohammed diventa per Ali un padre, il miglior amico e, infine, un eroe disposto a tutto pur di non venire meno alla promessa fattagli alla partenza: Ali tornerà a essere libero e a guardare le stelle, come faceva da bambino quando il padre gli spiegava le costellazioni sul tetto di casa nelle sere d'estate. Dal Pakistan all'Iran, e poi dall'Iran alla Turchia, alla Grecia e infine all'Italia, quella di Ali e Mohammed è un'epopea tragica, ma anche una storia di coraggio, determinazione e ottimismo.
Afghanistan, anni novanta. Alì è un ragazzino che trascorre le giornate tirando calci a un pallone con il suo amico Ahmed, in una Kabul devastata dalla lotta tra fazioni, ma non ancora in mano ai talebani. La città non è sempre stata così, gli racconta suo padre: un tempo c'erano cinema, teatri e divertimenti, ma ad Alì, che non ha mai visto altro, la guerra fa comunque meno paura delle sgridate del maestro o dei rimproveri della madre. Il giorno in cui, di ritorno da scuola, Alì trova un mucchio di macerie al posto della sua casa, quella fragile bolla di felicità si spezza per sempre. Convinto inizialmente di aver solo sbagliato strada, si siede su un muretto e aspetta il fratello maggiore Mohammed, a cui tocca il compito di spiegargli che la casa è stata colpita da un razzo e che i genitori sono morti. Non c'è più niente per loro in Afghanistan, nessun futuro e nessun affetto, ma "noi siamo come uccelli e voliamo lontano" gli dice Mohammed, che lo convince a scappare. E in quello stesso istante, l'istante in cui inizia il loro grande viaggio, nascosti in mezzo ai bagagli sul portapacchi di un furgone lanciato verso il Pakistan, il diciassettenne Mohammed diventa per Alì un padre, il miglior amico e, infine, un eroe disposto a tutto pur di non venire meno alla promessa fattagli alla partenza: Alì tornerà a essere libero e a guardare le stelle, come faceva da bambino quando il padre gli spiegava le costellazioni sul tetto di casa nelle sere d'estate.
Pubblicato ai suoi esordi su "Die Fackel", Ehrenstein fu anzitutto un irregolare nella cultura austriaca del primo Novecento: anomalo già in quanto "espressionista viennese" e anomalo per il suo ebraismo eterodosso e per il suo socialismo individualistico. L'autore offre una inconfondibile versione del monologo interiore in una prosa che trascorre dall'assurdo stralunato, al grottesco-esilarante, al disperatamente nichilistico.
Milioni di americani, e non solo, lavorano ogni giorno duramente in cambio di salari modestissimi. Nel 1998, Barbara Ehrenreich decide per un paio di anni di fare la loro stessa vita, per cercare di capire meglio cosa c'è dietro le retoriche che invocano la fine dello stato sociale. Lascia la sua bella casa, rinuncia a utilizzare le sue carte di credito e lo status di intellettuale e giornalista. Si mette a cercare lavoro e accetta di fare la cameriera, la donna delle pulizie, la commessa. Da queste sue esperienze, ricava un libro che racconta in presa diretta l'America dei bassi salari, con le sue storie di solidarietà minuta e di grande umanità, ma anche la vita grama di tutti i giorni e gli stratagemmi disperati per sopravvivere.
C'è un uomo, Alan Clay. È americano, divorziato, ha una figlia da mantenere, un'ex moglie che vive in California, che non intende contribuire in alcun modo alle spese e non fa che ripetergli di comportarsi da uomo. Ma che uomo è Alan Clay? Ha cinquantaquattro anni ed è senza lavoro. Per l'America aziendale è un soggetto inutilizzabile, bizzarro quanto un aeroplano fatto con il fango. La crisi dei mercati e della sua vita privata l'ha lasciato stremato, tendenzialmente ubriaco, con un conto cronicamente in rosso, ma ora non ha scelta: se vuole pagare le tasse del college di sua figlia, deve trovarsi presto un lavoro, e ben pagato. La sua unica chance si chiama re Abdullah, il miliardario sovrano dell'Economic City, un'immensa oasi in mezzo al nulla destinata a diventare la città del futuro. Il compito di Alan è difficilissimo. Deve convincere re Abdullah ad acquistare la sua mirabolante invenzione. Un ologramma in grado di far apparire chiunque in 3D, direttamente nella tenda del sovrano. Ma cosa succede se il re tarda ad arrivare? Se i funzionari rimbalzano Alan da un ufficio all'altro? L'esilio rischia di diventare interminabile. E mentre cerca disperatamente di evitare l'ennesimo fiasco della sua vita con la bella dottoressa Zahra Hakem, Alan scopre però che lì in mezzo al deserto una cosa la può fare: scrivere a sua figlia e provare a spiegarle che un genitore non è altro che un essere umano come gli altri, che fa degli errori e ha un ruolo piccolo nel mondo e nella storia...
"Mio Dio, questo è un paradiso" pensa Mae Holland un assolato lunedì di giugno quando fa il suo ingresso al Cerchio. Mai avrebbe pensato di lavorare in un posto simile: la più influente azienda al mondo nella gestione di informazioni web, un asteroide lanciato nel futuro e pronto a imbarcare migliaia di giovani menti. Mae adora tutto del Cerchio: gli open space avveniristici, le palestre e le piscine distribuite ai piani, la zona riposo con i materassi per chi si trovasse a passare la notte al lavoro, i tavoli da ping pong per scaricare la tensione, le feste organizzate, perfino l'acquario con rarissimi pesci tropicali. Pur di far parte della comunità di eletti del Cerchio, Mae non esita ad acconsentire alla richiesta di rinunciare alla propria privacy per un regime di trasparenza assoluta. "Se non sei trasparente, cos'hai da nascondere?" è uno dei motti aziendali. Cioè, condividere sul web qualsiasi esperienza personale, trasmettere in streaming la propria vita. Nessun problema per Mae, tanto la vita fuori dal Cerchio non è che un miraggio sfocato e privo di fascino. Perlomeno fino a quando un ex collega non la fa riflettere: il progetto di usare i social network per creare un mondo più sano e più sicuro è davvero privo di conseguenze o rende gli esseri umani più esposti e fragili, alla fine più manipolabili? Se crolla la barriera tra pubblico e privato, non crolla forse anche la barriera che ci protegge dai totalitarismi?
Nel duro inverno di Chicago una famiglia borghese viene travolta nel giro di pochi giorni da un duplice lutto, e il ventiduenne Dave si trova di colpo a fare da madre e padre al fratellino Toph, di otto anni. Ma Dave vende la casa e sale in macchina, diretto verso il sole della California, trasformando un evento devastante nell'inizio di una nuova, elettrizzante vita piena di libertà.
"Il tempo è un bastardo" è un romanzo insolito, formato da una serie di racconti collegati dal ricorrere degli stessi personaggi. Al centro ci sono Bennie Salazar, ex musicista punk e ora discografico di successo, e il suo braccio destro Sasha, una donna di polso ma dal passato turbolento. Le loro storie si snodano fra la San Francisco di fine anni Settanta e una New York prossima ventura in cui gli sms e i social network strutturano le emozioni collettive, passando per matrimoni falliti, fughe adolescenziali nei bassifondi di Napoli, scommesse azzardate su musicisti dati troppe volte per finiti. Intorno a Bennie e Sasha si compongono le vicende delle loro famiglie e dei loro amici: una galleria di coprotagonisti grazie alla quale Jennifer Egan riesce a raccontare le degenerazioni del giornalismo e dello star-system, la meraviglia delle droghe psichedeliche, le dinamiche emotive di un bambino autistico nella provincia americana del futuro. "Il tempo è un bastardo" supera gli stereotipi della narrativa tradizionale ma resta godibile e appassionante per tutti i lettori: un romanzo-mondo aperto alle infinite possibilità dell'esistenza e della prosa, che si è conquistato la vetta della scena letteraria americana e internazionale.