
È il 1985 quando durante una rapina in un negozio di alimentari un uomo viene ucciso. Sulla base di una sola testimonianza oculare viene arrestato e condannato alla pena di morte per iniezione letale Gary Graham, un giovane afroamericano che ha già qualche precedente penale. Partendo dai dubbi di uno dei giurati, che dopo la conclusione del processo continua l'indagine per proprio conto, Ellroy costruisce un'investigazione parallela che conduce il lettore nell'orrore di un omicidio.
Una misteriosa banda di rapinatori arabi semina il terrore a Los Angeles con una serie di omicidi. Il detective Jenson, sulle tracce degli assassini, scopre che Donna, la diva di cui è follemente innamorato, lavora con uno pseudoregista trash, De Freeze, che non solo filma scene erotiche per poi ricattare le vittime, ma finanzia anche il terrorismo islamico. Quando si accorge che Donna ha accettato di collaborare con la polizia per incastrarlo, De Freeze la rapisce e fugge. Jenson saprà non solo liberare l'amata, ma anche sventare un attentato alla notte degli Oscar, che avrebbe dovuto inaugurare una stagione di stragi e disastri.
Una domanda, uno schiaffo, la maledizione pronunciata nei confronti della madre da un bambino di nove anni. È l’episodio taciuto ne I miei luoghi oscuri, il libro in cui James Ellroy riapriva il caso dell’omicidio tuttora irrisolto di Geneva Hilliker. Jean la rossa, assassinata tre mesi dopo che suo figlio ne aveva invocato la morte. Episodio cruciale dal punto di vista umano ma anche letterario, vero e proprio innesco per la vocazione narrativa che già covava nei pensieri contorti del piccolo Ellroy. “Ero un Ellroy allora. Adesso sono un Hilliker.” Questa trasformazione radicale, conversione a una visione matriarcale del mondo, suggella il rapporto con le donne che scandisce la vita di James Ellroy fin dall’infanzia: “fiamma inestinguibile”, ricerca mistica e affannoso inseguimento, caccia famelica e insieme innocente. Volti che si affastellano, si confondono, si sovrappongono nella loro unicità. Volti scorti attraverso le finestre delle case, per le strade di una Los Angeles “caliginosa e tersa” o sui marciapiedi di Manhattan, volti evocati in solitudine, al buio. Intrecci narrativi che si sviluppano e oscillano spasmodicamente tra vita reale e pagina scritta, tra storia e Storia. Ellroy si confessa in pubblico. Non fa sconti a se stesso, stavolta non tace nulla. Mette a nudo tutte le proprie ossessioni, paure, contraddizioni, perversioni. Riconosce la propria arrogante megalomania e la capacità di sfruttare il passato, si proclama romantico destrorso e trova in Beethoven un fragoroso alter ego. Fa ammenda per gli errori commessi e il dolore procurato. Salda il debito verso tutte le donne della sua vita, da Jean all’ultima delle prostitute rimorchiate sul Sunset Strip. Caccia alle donne può essere considerato un ‘memoir di formazione’, il racconto di un avvicinamento alla maturità durato oltre cinquant’anni. Percorso accidentato, convulso e frenetico come il ritmo della prosa ellroyana, costellato da eccessi e successi, cani parlanti e dipendenze, due matrimoni, un esaurimento nervoso, fetide stamberghe, notti all’addiaccio e case da sogno. “Parole vertiginose” e silenzi roboanti. Invisibilità e umori corporei. Fino alla consapevolezza che la vita reale non è la trama di un noir in bianco e nero.
Berlino, 1989. Mentre il muro crolla, Miriam Winter si prende cura di suo padre Henryk ormai in punto di morte. Ma rimane sconvolta quando scopre, sotto il cinturino dell’orologio di Henryk, il tatuaggio di Auschwitz, tenuto segreto per molti anni. Come è possibile che le abbia nascosto una parte così terribile della sua vita? E chi è Frieda, il nome che suo padre invoca quando è incosciente? Alla ricerca di indizi sul passato dell’anziano genitore, Miriam trova tra gli oggetti della madre un’uniforme da detenuta del campo femminile di Ravensbrück. Tra le cuciture ci sono decine di lettere destinate a Henryk, scritte da una donna di nome Frieda. Le lettere rivelano l’inquietante verità sulle “ragazze coniglio”, giovani donne vittime di sperimentazioni disumane durante i loro giorni al campo. Attraverso quei racconti di sacrificio e resistenza Miriam scopre, lettera dopo lettera, una storia d’amore che Henryk ha custodito nel cuore per quasi cinquant’anni.
L'iniziazione di un ragazzo nero nell'America dei bianchi. Una tematica sociale bruciante affrontata in uno stile letterario e altamente simbolico, tra Melville e Dostoevskij. Questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1953 rappresenta la prima testimonianza del dramma dei neri d'America. L'invisibilità del suo protagonista è condizione subita da uno come tanti, umiliato, negato nella sua essenza di uomo. Eppure, essa esprime anche una sottile libertà, una potenzialità estrema, poiché all'anonimato, alla mancanza di definizione è connessa la scoperta "che gli uomini sono differenti e che tutta la vita è divisa e che soltanto nella divisione vi è vera salvezza". Tra i primi romanzi afroamericani a uscire dai canoni della letteratura di protesta o di impianto sociologico, "Uomo invisibile" tocca profondamente i punti nevralgici dell'ingiustizia sociale e della discriminazione razziale. Come sottolinea Luciano Gallino nella sua Prefazione, "per molti tratti, la vita reale di Obama, quale narrata nella sua autobiografia, appare riprodurre quella fittizia del protagonista; mentre l'opera letteraria costruita dal personaggio reale ritrova scansioni, scene, luoghi, passaggi traumatici da una comunità all'altra singolarmente affini a quelli del romanzo. Sono rari i romanzi di cui si possa dire che paiono aver intimamente influenzato sia la formazione morale e politica, sia il modo in cui la racconta, di un futuro presidente deglig Stati Uniti, non a caso il primo nero".
«Su di noi avevano fatto un film», dice Clay. Un film tratto dal libro che un loro amico aveva scritto ispirandosi alla sua storia e a quella di Blair, Trent, Julian e Rip. Il problema è che il loro amico, che sarebbe poi diventato uno scrittore e che si chiamava Bret Easton Ellis, ce l'aveva con Clay e per questo l'aveva trasformato nel narratore «bello e stordito, incapace d'amore e di bontà» di quel romanzo intitolato Meno di zero: «Ecco come diventai il giovane viveur rovinato e festaiolo che si aggirava tra le macerie, il sangue grondante dal naso, ponendo domande che non avevano mai bisogno di risposta». Ma oggi, venticinque anni dopo, Clay è tornato in città - di nuovo Los Angeles, di nuovo durante le vacanze natalizie - e questa volta è pronto a raccontare la sua storia in prima persona: senonché la storia, come canta Elvis Costello, molto spesso non fa che ripetere «gli antichi vezzi, le facili risposte, le stesse sconfitte».
Diventato (dopo aver abbandonato l'idea di fare lo scrittore come Bret) sceneggiatore di mediocre successo, Clay è a Los Angeles per scegliere il cast dell'ultimo film a cui sta lavorando. Qui incontra gli amici di gioventù, solo con più anni, più soldi e più problemi: Blair, la sua ex ragazza, si è sposata con Trent che nel frattempo è diventato un potentissimo agente delle star di Hollywood, Julian ha messo in piedi una discreta agenzia di escort, mentre Rip¿ Rip ha sempre fatto storia a sé.
Quando a una festa incontra la giovane, splendida Rain e se ne innamora - se la parola ha un senso per uno come lui - Clay precipita in una dimensione in cui paranoia e terrore sono i muri di un labirinto da cui non riesce, o non vuole, uscire.
Bastano questi accenni per far intuire al lettore il gioco di specchi, rimandi e false piste con cui Ellis, mai così disincantato e ironico, intesse il suo inquietante racconto. Disperazione e violenza, noia e glamour, autoindulgenza e degradazione sono gli atomi costitutivi del mondo (o dell'inferno) in cui Ellis, impeccabile come suo solito, ci fa da guida.
«Ellis è un moralista che si interroga su come le persone si trasformano in mostri. A quale livello di dolore o di indifferenza l'uomo smette di essere umano?»
Financial Times
«Ellis non solo scrive bene, ma sembra che lo faccia senza sforzo. Sesso, droga e chirurgia plastica».
Tatler
E' un "modello aspirante attore" il protagonista di "Glamorama": è bellissimo e, se manca di personalità e carisma, gli basta però uno sguardo perché una donna si convinca ad andare a letto con lui. Suo malgrado, però, viene coinvolto in un intrigo internazionale di terrorismo, scoprendo così l'abisso di orrore e morte dietro il glamour del suo ambiente. Un'invisibile macchina da presa segue le peripezie di Victor tra due continenti, scena dopo scena, ciascuna contrassegnata da un numero in ordine decrescente, come in un film. E come in un film è il dialogo a trionfare: brillante, surreale, puro Bret Ellis "schizzato" e imprevedibile.
«Kate, ti ricordi quell'estate?». È Tom, uno dei suoi vecchi amici di Oxford, a dare la notizia a Kate Channing. Kate se la ricorda bene, quell'estate di dieci anni prima, e quella vacanza con il gruppo di amici del college. Erano in sei, studenti, amici, qualcuno più che un amico. La casa che avevano affittato, nell'idilliaca campagna francese, sembrava uscita da un romanzo: era semplicemente perfetta. Tranne che per un dettaglio. La ragazza della porta accanto. Severine. Kate ricorda bene che, da quando era comparsa lei, la loro enigmatica vicina di casa francese, con il suo foulard rosso e il suo bikini nero minuscolo e la pelle dorata dal sole, nulla era più stato come prima. Fino a quell'ultima notte. Il terribile litigio e tutto ciò che ne conseguì. Finita la vacanza, ognuno prese la sua strada e di Severine, scomparsa nel buio di quella notte, nessuno seppe più nulla. E adesso c'è Tom dall'altro lato della cornetta. «Kate, l'hanno trovata. Hanno trovato Severine. Morta». E mentre la polizia cerca di fare luce su ciò che accadde così tanti anni fa, Kate lotta con i sospetti che, inevitabilmente, si addensano su di lei, e con la propria incerta memoria, per salvare se stessa e il suo terribile segreto. Un thriller in cui il passato non perdona nessuno.
Il primo racconto narra di due uomini che frequentano un ristorante straordinario con una clientela esclusiva: non si può che restare estasiati nell'assaggiarne i piatti, ma quello che più di tutti lascia senza parole e preda di un incontenibile desiderio di gustarlo di nuovo è proprio la specialità del cuoco Sbirro. Peccato che ogni volta che viene servita... Nel secondo racconto un uomo alla disperata ricerca di un impiego lo trova finalmente tramite un'inserzione da parte di un anonimo datore di lavoro: un compito apparentemente del tutto inutile in cui lui si butta con determinazione ed entusiasmo finché un giorno gli si presenta il principale a chiedergli di fare qualcosa d'altro che lui non potrà rifiutare.
Niente mi ha cambiato come mi hanno cambiato i miei bambini. Nessuno mi aveva detto come sarebbe stato, e che avrei dovuto accettarlo. Nessuno mi aveva detto un sacco di cose. E allora adesso vorrei dirle io! Perché è giusto che qualcuno lo dica. Che si fa fatica. Tanta. Ma anche che ne vale la pena. Sempre.
Incontriamo Edmond Bovet-Maurice una mattina di maggio, nel suo appartamento parigino, in colloquio con la governante: deve scegliere l’abito adatto per la giornata, fa già caldo, forse è ingrassato un po’ perché è goloso. Ha sessantotto anni, gliene mancano due alla pensione, è un uomo di successo, affascinante, elegante: direttore di un grande museo, sempre al centro dell’attenzione del mondo, ha fatto di una deliberata vaghezza la sua chiave di conquista di donne e uomini, ma sul lavoro è attento, rapace, sempre teso verso nuove conquiste. Il suo più grande desiderio è di entrare a far parte dell’Accademia di Francia. Si è dato molto da fare per questo, tessendo con garbo e determinazione una rete di relazioni utili. Ma in questo umido giorno di maggio tutto sembra premergli addosso: il pensiero doloroso della relazione finita con Odile, che la presenza della vivida Saskia non riesce a dissipare; un neo sul fianco, che sembra minaccioso e richiede una visita medica immediata. E poi la rivelazione: nei salotti parigini, nelle alcove intellettuali si mormora, si sussurra, si sostiene che all’Accademia lui non entrerà, a causa di una serie di macchie sulla reputazione della nonna e della madre. Tra memorie personali, memorie contraffatte, dicerie e verità, il viaggio velocissimo di un uomo ambizioso si compie nell’arco di un solo giorno. Un romanzo breve sulla brevità dei destini umani.
Cosa costringe Bruno Hass, elegante e distino signore, ad abbandonare sua moglie Adelaide nel corso di una crociera estiva, a voltare pagina nella sua esistenza, a cambiare modi e valori di vita e finanche aspetto? "Stella Oceanis" è il romanzo di una deriva senza scampo, giocato sul filo di una ironica pietà e ricco di estro aggressivo. Un romanzo dai significati mai univoci, come mai univoca è la vita.