
Florida, 2001. April non sta andando da sola al club per soli uomini dove lavora come spogliarellista: Franny, la sua bambina di tre anni, dorme silenziosa sul sedile posteriore dell’auto. La baby-sitter si è sentita male e April è costretta a portare la figlia con sé. D’altronde, quei maledetti, sudici rotoli di banconote, infilati dai clienti nella sua giarrettiera, le sono indispensabili. Vogliono dire una casa per lei e sua figlia, una speranza, un futuro per entrambe.
Quando April arriva nel locale, tutto appare come sempre: il tintinnio dei bicchieri, la musica rock, gli schiamazzi degli uomini a ridosso del palco. Tranne per quel nuovo cliente: Bassam. È diverso dagli altri, fa strane domande sulla vita di April ed è più interessato ai suoi occhi che al suo corpo. Però la paga bene e lei gli dedica più tempo del solito. Qualche minuto di troppo, forse. Perché Franny sparisce dall’ufficio del capo, dove April l’aveva lasciata. Solo AJ, un habitué del club che è appena stato buttato fuori dal locale, sente il pianto della piccola. Il ricordo doloroso di suo figlio, che AJ per legge non può più vedere, riaffiora violentemente. L’uomo vorrebbe farla smettere di piangere, ritrovare sua madre, proteggerla, ma è anche arrabbiato, ubriaco e, anziché trovare una soluzione, finisce per cacciarsi in un guaio più grosso di lui.
Sarà una notte fatale, in cui le vite di April, Bassam e AJ, così lontane tra loro, ma accomunate dalla disperazione, si intrecceranno in modo imprevedibile. Una notte in cui il destino tramerà le sue incognite al di là del bene e del male.
Andrea Campi è un professionista serio. Giovane avvocato nella sede milanese del prestigioso studio legale internazionale Flacker Grunthurst and Kropper, si occupa di importanti operazioni societarie per conto dei più grandi colossi industriali. Aveva ambizioni, aveva amici, aveva una ragazza. Ora ha prospettive. Lavora fino a notte fonda, mangia pizza e sushi sulla scrivania, vive con un bonsai e parla con il muro. Le giornate scorrono tra pause alla macchinetta del caffè, redazione di contratti e riunioni interminabili, fino al giorno in cui Andrea si trova coinvolto in un nuovo progetto particolarmente delicato. Le responsabilità si moltiplicano, come pure le ore di lavoro e i deliri di un capo sempre su di giri. È l’inizio di un turbine di eventi e incontri che investe l’immobile routine di Andrea spazzandone via certezze ed equilibri.
Tra una vita privata sempre più a rotoli e la catastrofe lavorativa incombente, Andrea arriverà a fare i conti con la sua vita, l’unica professione per la quale non ha mai sostenuto un colloquio.
Dissacrante e ironico, Studio illegale è una esilarante tragicommedia piena di lavoro, di frustrazioni e di cravatte.
Chiedete a un uomo qualunque il segreto del suo successo. Molto probabilmente vi risponderà: quale successo? Non l'avvocato Giuseppe Ilario Sobreroni. Nessuna crisi, nessuna precarietà per lui, Giuseppe ce l'ha fatta: ha una famiglia ideale, un solido conto in banca, una carriera in ascesa. Ma proprio quando un'intervista in uscita sulla principale rivista di settore e l'invito al più esclusivo dei ricevimenti sono lì a decretare il suo trionfo, quel mondo così perfetto mostra tutte le sue crepe e, pezzo dopo pezzo, comincia a franare. Sprezzante e narcisista, Giuseppe non ha intenzione di rinunciare alla sua fetta di paradiso. A volte però, tenersi stretto il proprio posto sulla vetta può richiedere molto più di un po' di ambizione c qualche riga sul curriculum. In una Milano canicolare, popolata da un'umanità alla ricerca disperata di un modo per stare a galla o quantomeno di un parcheggio vicino al ristorante. Federico Baccomo allestisce una commedia caustica per raccontare con spietata ironia il ghigno di un uomo che, pagina dopo pagina, ha sempre meno motivi per ridere.
Blanca Perea è una donna all'apparenza invulnerabile, stimata docente universitaria e pilastro di una famiglia felice. Improvvisamente, vede crollare tutte le sue certezze quando scopre che il marito sta per avere un figlio da un'altra donna. Fuggire da Madrid sembra essere l'unico modo per salvarsi e, senza pensarci, accetta una borsa di studio di tre mesi in California, all'Università di Santa Cecilia. Deve catalogare e archiviare tutte le carte di Andrés Fontana, importante letterato spagnolo trasferitosi negli Stati Uniti e morto già da trent'anni, un lavoro apparentemente noioso ma che si rivela invece decisamente intrigante. Ad aiutarla c'è l'ex allievo prediletto di Fontana, Daniel Carter, che si precipita a Santa Cecilia appena viene a sapere che qualcuno sta finalmente mettendo mano al lascito del suo maestro. Insieme esplorano una parte di documenti fino ad allora sconosciuta, gli studi che il professore aveva dedicato al Camino Real, la catena di missioni che i frati francescani fondarono in tutta la California. Ma l'interesse di Daniel per l'impresa e le ricerche sul nuovo materiale non fanno che scatenare in Bianca una serie di interrogativi. Perché nessuno -soprattutto Daniel - ha finora recuperato l'eredità di Fontana? E perché farlo proprio ora? Per ottenere le risposte che sta cercando, Bianca dovrà scavare nel passato, indagare il legame che univa Daniel e Fontana, affrontare retroscena impensati e svelare interessi politici.
Nel collegio di Clerval, vicino a Orléans, il giovane professore di storia e geografia si suicida, lanciandosi dalla finestra della sua classe. A sostituirlo viene chiamato Pierre Hoffmann che deve subito confrontarsi con gli strani atteggiamenti degli allievi. Un gruppo impenetrabile di adolescenti stranamente silenziosi e disciplinati, in cui si insinua una ostilità diffusa, una sorda violenza che potrebbe esplodere da un momento all'altro. Angeli perversi affascinati dalla morte, che coltivano il gusto della crudeltà. Una storia di malessere, violenza e angoscia dal finale ineluttabile.
Alexandre Dumas riceve la notizia della partenza di Garibaldi alla volta della Sicilia alla testa di un migliaio di camicie rosse, mentre è a Genova, tappa del suo viaggio in Oriente. Senza esitare, lo scrittore decide di raggiungerlo per essere al suo fianco contro Francesco II. Da questo momento il libro si trasforma in un avvincente reportage che descrive gli avvenimenti nello stesso istante in cui diventano storia. Dumas, amico del generale, è un testimone d'eccezione: raccoglie testimonianze, assiste alle battaglie e alle trattative politiche; non esita ad agire in prima persona, contrabbandando armi e arruolando volontari; giunge persino a sfidare Francesco II e a condurre trattative segrete. Non racconta più la storia ma la fa.
Ha centosettant'anni, ma non perde un colpo. Pubblicato a puntate fra l'agosto 1844 e il gennaio 1846 sul "Journal des Débats", mentre Dumas lo stava ancora scrivendo (con l'aiuto di un ghost-writer, Auguste Maquet), senza sapere nemmeno lui come l'avrebbe concluso, e intanto metteva in cantiere altri due o tre romanzi, "Il conte di Montecristo" ha lasciato, e lascia tuttora, col fiato sospeso folle di lettori di ogni estrazione sociale e di ogni paese. Nessun romanzo, forse, ha avuto tante edizioni (settantasei solo in Italia, già dal 1846), tanti adattamenti cinematografici (il primo nel 1922) e televisivi; è diventato un musical, un fumetto con Paperino, è stato immortalato sulle figurine Liebig e condensato nelle strisce della Magnesia San Pellegrino; oggi ispira la serie americana Revenge. Tutti quindi possono dire di conoscerne almeno a grandi linee la trama e il protagonista, anche chi non lo ha mai letto. Ma non c'è trasposizione, necessariamente lacunosa, data la mole del romanzo, che valga il godimento di aprirlo e rimanere intrappolati senza scampo nel suo inesorabile ingranaggio narrativo, che funziona sempre anche se si sa già come andrà a finire la vicenda. I suoi stessi difetti, le ripetizioni, le digressioni, le zeppe, sono funzionali al piacere della lettura.
Dove sta la magia? Nella forza del plot? Nella qualità possente dello scenario storico che è in grado di evocare? Nella suspense? Forse, più di tutto, nella gioia del raccontare. Questo capolavoro dell'intrigo cattura a ogni pagina il lettore, lo spiazza, lo depista, lo inganna e lo rende complice, per poi coinvolgerlo in uno strabiliante "effetto meraviglia". A partire dal titolo: non solo I tre moschettieri sono quattro, ma - come ha osservato Umberto Eco il romanzo è palesemente "la storia del quarto", di d'Artagnan, che è l'assoluto protagonista non solo di questo libro, ma degli altri due che seguiranno: Vent'anni dopo e Il visconte di Bragelonne. "Immaginatevi un Don Chisciotte a diciott'anni": è questo il primo impatto del lettore con d'Artagnan, e attorno a questo virtuoso della spada, a questo campione di lealtà, di dedizione assoluta alla regina, si dipanerà la storia dei tre romanzi, la storia di una vita. L'altra figura decisiva, antagonistica, è Milady, quintessenza dell'inganno, maschera erotica della perfidia e del tradimento, di cui porta il segno indelebile inciso nelle carni. C'era bisogno di una nuova edizione dei Tre moschettieri per riportare il romanzo all'altezza della sua scrittura: attraverso una nuova traduzione che unisce rigore e respiro narrativo, un'Introduzione del più grande studioso vivente di Dumas e un dettagliatissimo Dizionario dei personaggi.