
Antonio Debenedetti si conferma un maestro indiscusso del racconto italiano.
Sandro Veronesi
Una modella bellissima e misteriosa è vittima di un omicidio involontario. Un terrorista degli anni di piombo fa i conti con il proprio fallimento. Il giovane Abel incontra in chat una donna e un destino spietato. Dal fascismo alla contestazione studentesca, dall’Italia democristiana a quella disorientata di oggi, con il suo paesaggio urbano quasi irriconoscibile, i racconti di questa antologia gettano uno sguardo disincantato su oltre mezzo secolo di storia del nostro Paese. Dalla pagina di Antonio Debenedetti, dallo stile che gli è valso il paragone con i grandi della letteratura novecentesca, affiora una curiosità vorace per l’uomo e le sue contraddizioni – il desiderio, la tenerezza, la solitudine, il rancore, la paura e la perversione. Crudele perché splendidamente a fuoco, la sua scrittura fa pensare, secondo le parole di Alberto Moravia, a “una musica da camera disinteressata e ambigua, che quando finisce si rimpiange che non continui”.
Di Antonio Debenedetti si può dire che è scrittore, poeta, critico letterario, giornalista per il Corriere della Sera da una vita. Ma ben più significativo è ricordare che la voce affilata, misuratissima, che troviamo nelle sue opere ha radici profonde, che ci conducono dritti nel cuore del secondo Novecento italiano. Figlio del grande critico letterario Giacomo, cresciuto tra Torino e Roma nel cuore della comunità letteraria dell'epoca - da Moravia e Morante a Giorgio Caproni, maestro e amico - Antonio Debenedetti è uno straordinario tramite fra il passato più nobile delle nostre lettere e il presente. Proprio al presente guardano le prove narrative di Debenedetti, unendo intima partecipazione e distacco. La sua ricerca di essenzialità stilistica si riflette anche nella scelta della misura breve: così che la parte maggiore e più apprezzata della sua produzione è costituita fin dai primi anni dai racconti, di cui in questo volume si trova una selezione a cura dello stesso autore.
IL LIBRO
Ultimi anni dell’VIII secolo, in Val di Susa, nel Piemonte occidentale. Rachi, il padre di Matolda, si mette in marcia verso Taurino per avvisare re Desiderio che il figlio Adelchi è stato tradito da uno dei suoi duchi. Ma è troppo tardi. Rachi viene ucciso, mentre l’esercito di Carlo Magno sorprende alle spalle le truppe longobarde e le spazza via come fa il primo vento d’inverno con le foglie gialle ancora attaccate ai rami.
In mezzo alla follia della guerra, Matolda diventa in fretta adulta e inizia una nuova vita. I boschi nei quali fino a poche settimane prima giocava allegramente con il padre ora la nascondono dal nemico che depreda e razzia ogni villaggio. Costretta a una vita randagia nella sua stessa terra, in fuga dalle ombre, atterrita dai rumori, divisa tra il ricordo struggente del passato e la speranza di ricostruirsi comunque una vita, Matolda scoprirà di non essere sola. Un giovane soldato franco sta percorrendo i suoi stessi sentieri, lontano dalla violenza degli uomini.
In una terra di confine aspra e selvaggia, in un tempo remoto e misterioso, Matolda incontrerà la forza dell’amore, capirà il significato dell’amicizia, ritroverà la speranza e, soprattutto, sconfiggerà l’odio e la sete di vendetta che come una tenebra avvolgono i cuori e spengono le menti.
L'AUTORE
BARBARA DEBERNARDI ha compiuto studi filosofici, storici e teologici. È giornalista e insegnante in un liceo sperimentale. Vive e scrive in Val di Susa, vicino ai boschi di Matolda. Questo è il suo primo romanzo.
Claude Debussy nacque nel 1862 a Saint-Germain-en-Laye e morì a Parigi nel 1918. Tre anni dopo la sua morte, nel 1921, apparve "Il signor Croche antidilettante", i cui venticinque capitoli sono estratti da una serie di articoli usciti fra il 1901 e il 1912. Che parli di Gounod o di Beethoven, di Richard Strauss o dell'Opéra di Parigi (che il passante ignaro, egli afferma, "confonderà sempre con una stazione ferroviaria"), Debussy cerca in ogni pagina di spiazzarci, stupendo il lettore con le sue osservazioni e con una prosa che è, al tempo stesso, nonchalante e scintillante.
Don Michele, un sacerdote emarginato a causa di una rivoluzione ecclesiale che incalza da anni, accetta con sofferenza di vivere nel nascondimento la sua vocazione sino a quando, dopo un vero e proprio “golpe in Vaticano” messo in atto da sette cardinali modernisti che intendono protestantizzare la Chiesa – entra a far parte della compagnia Beckett, un aggregato di religiosi, religiose e laici fedeli alla Tradizione e diretto dal determinato vescovo Toth. Grazie all’appoggio del misterioso Nemo, un infiltrato molto vicino al papa ormai ostaggio dei sette cardinali, un commando della compagnia riuscirà a rispondere all’appello segreto del Santo Padre, liberandolo in modo rocambolesco. Che cosa accadrà dopo la liberazione del pontefice?
Rivelando una realtà completamente diversa da quella occidentale, l'India si è posta per un paio di decenni come uno specchio creato per capire il mondo di provenienza nel quale molti giovani non riuscivano più a vivere. Con le sue religioni, le filosofie, la varietà dei suoi abitanti, l'India non offriva affatto una visione unilaterale. Attraverso i resoconti di viaggio di Rossellini, Pasolini, Moravia, Paz, Ginsberg, Manganelli, Tabucchi, Grass, Tagore, Naipaul e altri famosi viaggiatori il volume attraversa la più estesa democrazia del mondo prendendo parte a un confronto sulla diversità e la complessità delle culture.
Adam e Cynthia Morey sono una coppia perfetta. Intelligenti, affascinanti, frivoli, vivono l’istante, l’immediato presente che li circonda, senza alcun legame affettivo che rallenti la loro corsa. Sentono di essere infallibili, sempre e comunque, e nella cerchia dei loro amici sono i primi a sposarsi. Hanno poco piú di vent’anni, e il matrimonio è l’occasione giusta per tagliare i ponti con i genitori, modesti lavoratori che i due guardano con disprezzo. Adam è un ragazzo avvenente, Cynthia, bellissima e vanitosa, ripete spesso: «Adam mi fa ridere e mi fa godere».
Sei anni dopo si sono trasformati nei tipici aspiranti ricchi dei quartieri bene di Manhattan. Lui lavora nella finanza da mattina a sera, è il preferito del capo (che disprezza) e ha iniziato a guadagnare un mucchio di soldi, non sempre in modo legale. Lei invece sta a casa con i bambini, e fatica a trascorrere delle giornate ripetitive che sembrano non finire mai. Al massimo va in palestra, con l’angoscia di essere diventata una di quelle donne che hanno smarrito ogni vitalità.
Ma il periodo buio non durerà molto. I due hanno un unico interesse, una grande ambizione: diventare sempre piú ricchi, raggiungere una posizione sociale di assoluta preminenza, in qualunque modo. Gli scrupoli non contano, una buona parte dei guadagni di Adam viene da affari poco puliti, da informazioni riservate, ma il mondo della finanza è fatto cosí, bisogna sempre incassare i propri privilegi. E la fortuna è dalla loro parte: un giorno Cynthia e Adam conquisteranno una ricchezza tale da dover assumere un consulente per le spese personali, e anche i figli impareranno a sfruttare l’ambiente dorato che li circonda. Se si mettono nei guai sanno che riusciranno sempre a farla franca, come tutti i ricchi di questo mondo.
I privilegiati delinea il ritratto intimista di una famiglia e si trasforma gradualmente in un’accusa rivolta a un’intera classe sociale e al momento storico in cui stiamo vivendo. È una storia ricca di suspense, di malinconia, caustica e divertente, narrata con una prosa limpida e pacata, capace di raccontare con intensità e bellezza la complicata e crudele commedia della vita.
Genova, 1942. Un colonnello dei carabinieri tormentato da un rimorso divorante. Un giovane psichiatra tedesco dagli occhi azzurrissimi e profondi, che nasconde un indicibile segreto. Un tetro manicomio, nella pace delle colline che si affacciano sul mare. Una donna bellissima e molto amata, preda di un demone oscuro che la induce a dipingere sul muro con il suo stesso sangue. Una serie di omicidi efferati. L'ombra della guerra, che si allunga su tutti come l'ala nera di una più grande follia. E la TEC, appena diventata di moda: terapia elettroconvulsivante. Elettroshock. Occhi imploranti, occhi spietati, occhi spalancati per il terrore. C'è poco tempo per fermare la follia che cresce. Quello che avete tra le mani è un romanzo dal ritmo serrato, che mozza il fiato, e un'indagine appassionata e dolente sulle menzogne dell'animo umano e sul coraggio necessario a svelarle. È un rigoroso romanzo storico e insieme un libro più che mai contemporaneo per la forza delle sue immagini, che scava nelle profondità dell'amore e della paura, senza chiudere gli occhi davanti a nulla.
Il talento avvelenato di Giorgio sta tutto nello sguardo, in quell'occhio radiografico capace di vedere pure quello che non vorrebbe: alterazioni infinitesimali della materia, incrinature più sottili del capello di un angelo. Le crepe che non vogliono dire niente e quelle che annunciano catastrofi. I difetti delle cose, e forse delle persone.
Che sia l'ala di un aereo o la paratia di una nave, che sia un buco dell'anima o la minuscola perdita di un condotto petrolifero nei ghiacci dell'Alaska, l'esercizio è sempre lo stesso: scoprire, dentro quello che c'è, quello che manca.
Ma tutto traballa quando a essere testate con minuzia da entomologo, senza davvero vederle mai, sono le donne e la vita. Che a un certo punto può riacciuffarti con la sua fragilità irreparabile, con il delicato mistero di un amore, di un dolore, di una sorpresa assoluta.
Giorgio Aguirre ha studiato medicina, come la madre e il padre prima di lui. Ma di fare il medico non se ne parla. Meglio diventare radiologo industriale in un'officina che produce fiancate per elicotteri: «macchine e non uomini, rotture e non fratture». Sì, perché Giorgio ha una specie di occhio assoluto. È in grado di vedere nelle lastre, in quelle zone d'ombra lattiginose, crepe minime che nessun altro percepisce.
Il Rospo, «un tecnico magro e lunare», gli trasmette il mestiere e molto altro. A legarli è un'amicizia trattenuta, virile, burbera e proprio per questo affettuosissima. La forza di quel vecchio brontolone un po' filosofo lo accompagnerà sempre, anche nella sua vita da fuggiasco.
Giorgio infatti parte per il Belgio, dove va a occuparsi del controllo qualità in uno dei centri più all'avanguardia nel campo delle prove non distruttive. Qui incontra Anne-Marie, che profuma «di burro e pandispagna» e gli dà lezioni di guida e di cucina.
Poi si spinge fino in Alaska, dove nuota l'halibut dal ventre bianco e ricurvo come una falce di luna, e dove d'inverno la terra non finisce e il mare non comincia.
Ma il Rospo va a cercarlo per riportarlo a casa, perché dal dolore non si può fuggire sempre, perché occorre anche abbandonarsi all'«infinito ondoso oscillare delle cose». Per scoprirsi alla fine mutati nel profondo.
Alessandro Defilippi ci regala una storia dall'atmosfera sospesa e ipnotica, quasi fantastica, e dei personaggi così veri che pare di conoscerli.
Un romanzo che mette sotto la lente d'ingrandimento le paure più umane, le emozioni più intense, facendole semplicemente pulsare in scene vive dentro il battito del racconto.
Autunno 1952. Silvio Arieti, vecchio liberale e docente universitario in pensione, viene trovato morto nel suo appartamento. Il cadavere è legato e porta sulla schiena una scritta, incisa sulla pelle in una lingua simile al greco moderno: "Erkete o Tanato", "Viene la morte". Dell'indagine si occupa il colonnello Anglesio insieme ai suoi due uomini di fiducia: il maresciallo Medardo Vercesi e il brigadiere Mattia Ferrari. Quello di Arieti è solo il primo di una serie di omicidi che hanno evidentemente a che fare con il conflitto da poco concluso. Per risolverli, tra intervalli culinari e distrazioni dovute alla giovane fidanzata Letizia, Anglesio dovrà fare i conti con il proprio passato e con quello di persone molto vicine a lui.
Ambientato in Abissinia nei primi anni della conquista italiana, "Le perdute tracce degli dei" mette in scena non solo il clima della dominazione fascista - la volgarità degli occupanti, la composita, variegata società dei dominatori italiani che popola Addis Abeba, le resistenze della popolazione locale, spesso legate ad antiche tradizioni e a secolari credenze - ma anche il misterioso retroterra culturale e religioso di un paese poco conosciuto che i rozzi dominatori, che giudicano quel retroterra semplicisticamente "barbarie", non riescono ad afferrare.

