
La neve è macchiata di sangue, attorno alla torre del castello di Kransberg. A pochi metri di distanza, il Führer è asserragliato in un bunker, preda di deliri e paure dopo l'attentato del luglio 1944. Ma Johann Maria Adami non ha tempo di pensare al poco spazio che lo separa dal dittatore, ultimo responsabile del suo internamento a Dachau. Il professor Adami ha un incarico: scoprire la verità che si cela dietro la morte sospetta di un soldato nazista. Suicidio? O un complotto alle spalle di Hitler? Veil Seidel, l'ufficiale delle SS che lo ha prelevato d'imperio dal campo di concentramento, è un suo ex allievo e costringe Johann a una sfida contro il tempo: deve ricorrere a tutto il suo acume per sciogliere l'enigma, non solo nella speranza di salvare se stesso, ma per tenere al sicuro chi più ama. La neve è macchiata di sangue, attorno alle mura della Risiera di Trieste. Non è la prima volta che succede, e Ada teme, anzi, sa che non sarà l'ultima. Ma individuare l'assassino è un'impresa impossibile quando la città stessa è invasa di assassini, che hanno riempito l'aria di cenere e di terrore. Nel seguire le tracce del colpevole, Ada è più che mai sola: non ha più suo padre, catturato dai nazisti perché dissidente e portato chissà dove. Non ha più un compagno, scomparso insieme ai partigiani in fuga. Ha soltanto se stessa, il suo cuore, le sue capacità mediche... e un segreto. Da proteggere a tutti i costi. Questa è una storia di resistenza e coraggio, di orrore e saggezza, di fragilità ed eternità. Questa è la storia di un padre e una figlia, divisi dalla Storia e costretti a lottare con tutta l'anima perché la luce possa tornare a splendere...
Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi, ormai. Casi freddi, come il vento che spira tra queste valli, come il ghiaccio che lambisce le cime delle montagne. Violenze sepolte dal tempo e che d'improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno. Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling. Ogni giorno cammino sopra l'inferno, ogni giorno l'inferno mi abita e mi divora. Perché c'è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe essere l'ultima indagine che svolgerò. E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa.
"Appena vi mettete a leggere sentite di essere entrati in un cerchio rituale vibrante di umorismo: il cerchio della tribù che ascolta a bocca aperta le meravigliose 'corbellerie' dell'intrattenitore professionista. Lui le sballa sempre più grosse e noi aspettiamo col solletico alle orecchie la prossima immancabile diavoleria. Stiamo facendo tutti insieme il gran gioco dell'immaginazione mentitrice e parodistica. Stiamo attivando i miti dell'uomo in cerca della felicità e della patria perduta." (Alfredo Giuliani) Con una nota di Itala Vivan.
Che cosa è vero? Che cosa è falso? Domande che in questa nuova indagine il commissario Melis si ripete con insistenza. Dopo aver assistito casualmente alla conversazione di una coppia di mezza età, si è ritrovato di fronte all'uomo, cadavere, in obitorio. Omicidio? E, se sì, che c'era di falso nell'ordinata vita di Walter Cenzatti, restauratore, per causare una morte così violenta? E ancora: è vero che Leone Maggi era un falsario, ma è proprio vero che è stato ucciso per questo? E, passando dal pubblico al privato, è vero che la sua compagna, Fiorenza, sta attraversando un brutto momento sul lavoro, ma non sarà che anche il loro rapporto è un po' stanco? E non è affatto falso, invece, dire che quella giovane restauratrice conosciuta durante l'inchiesta...
Febbraio 1978: nessuno può ancora saperlo, ma fra poche settimane il rapimento di Aldo Moro cambierà per sempre la storia d'Italia. Ma oggi è soltanto l'alba nebbiosa di un sabato qualunque, in un inverno come tanti altri. Fino a quando, nell'estrema periferia della Barona, a Milano, fra i casermoni popolari e la triste luce dei lampioni, su un autobus fermo a un capolinea che non è il suo, viene trovato il cadavere dell'autista, i pantaloni abbassati e la testa sfondata da una serie di violenti colpi alla nuca. Il giovane commissario Melis, incaricato delle indagini, resiste alla tentazione di archiviarlo come un banale caso di aggressione. E quando scopre che l'uomo lavorava a tempo perso per uno stimato libraio antiquario morto d'infarto pochi giorni prima, decide che questa coincidenza merita d'essere approfondita. Così, Melis si ritrova a indagare nel mondo a lui sconosciuto dei libri antichi e dell'antiquariato, passando fra ambienti sociali molto differenti e distanti fra loro. L'approfondita e accurata indagine sul delitto - anzi, no: sui delitti, perché l'omicida colpisce ancora, e con ferocia attraversa sguaiati quartieri popolari e felpati salotti borghesi, curiose botteghe artigiane e raffinati templi della bibliofilia per consegnare al lettore l'intenso e sfaccettato romanzo di una città: Milano. E un personaggio a tutto tondo ormai molto amato dai lettori: il commissario (poi vicequestore) Norberto Melis.
Chi ha ucciso - due colpi di pistola alla testa - lo sconosciuto trovato cadavere nei bagni dell'ippodromo, la sera di domenica 13 aprile 1980, a Milano? La vittima, già dagli abiti, appare appartenere a un mondo ben diverso da quello del senzatetto - il barbone, el barbùn, come si diceva in quegli anni - ucciso negli stessi giorni con spietata ferocia nel sottobosco umano di squallore e disperazione che vegeta ai margini della Stazione Centrale. E infatti, i primi passi dell'inchiesta, condotta con determinazione dal commissario Norberto Melis, portano tutti in una ben precisa direzione: i giorni confusi successivi all'8 settembre 1943, con le stragi, le devastazioni e le razzie di opere d'arte compiute dai nazisti nella lenta ritirata verso nord. E il senzatetto? Altra mano? Altra inchiesta? Ma è proprio tutto come sembra? O il passato, e la preziosa biblioteca magico-alchemica trafugata nei giorni lontani della seconda guerra mondiale, non sono che una pista apparente? In una Milano che porta ancora sulla pelle le cicatrici dei cupi anni di piombo, mentre la primavera sembra coincidere con una pioggia uggiosa, e l'assassino colpisce ancora, senza pietà, con l'aiuto di tutti i suoi uomini Melis riuscirà a dipanare il filo rosso sangue che lega tra loro queste morti.
Due anni imprecisati della prima decade del ventunesimo secolo. Una città, Paneròpoli, evidente alter ego di Milano (la città della panerà, del formaggio, come la chiamava non senza sprezzo Ugo Foscolo). Una folla di uomini e donne che vivono tante storie intrecciate d'amore, di potere, di sesso - in una rete che costituisce la trama stessa del romanzo, come della loro vita. Diverse generazioni, ma una su tutte, quella dei cinquantenni, per la quale è suonata "la campana dell'ultimo round"; diversi ceti sociali; genitori e figli; linguaggi diversi. Tanti fili con i colori del dramma, della satira, del sentimento romantico e del grottesco che disegnano pagina dopo pagina un arazzo fitto di figure e colori che trova senso e fine, proprio come la vita, soltanto nella sua improvvisa e imprevista conclusione. Un romanzo di trama e di personaggi, ricco di fatti e di ritratti. Un romanzo fittissimo di riferimenti culturali, tra i più vari e diversi, dal rock'n'roll alla poesia romantica, dai manga alla pittura rinascimentale. Un romanzo talvolta non facile e spiazzante sempre, sostenuto da un mirabile tour de force linguistico - che, comunque, non può lasciare indifferenti. Un romanzo che, lontano da ogni pensiero debole e linguaggio minimalista, sfida il lettore a misurarsi con quei valori "alti" - amore e morte, e l'arte, nelle loro varie declinazioni - che soli possono dare un senso alla vita
Maggio 1982: il commissario Melis, ormai vicequestore, ha accompagnato Fiorenza a un congresso internazionale di bibliologia che si tiene in un antico borgo del Centro Italia. Tutto sembra promettere noia e piccole gelosie fra accademici. La giornata inaugurale è però funestata dall'omicidio di uno studente, brutalmente ucciso in una delle aule. Così, mentre il convegno procede fra sospetti, tensioni e volontà di evitare una pessima pubblicità, dietro le, quinte apparentemente serene del borgo rinascimentale si snoda un'indagine che vede le autorità locali sfruttare la presenza, nel pubblico, di Melis e di un alto ufficiale dei carabinieri. Qual è il movente? Un piccolo commercio di droga, come farebbe supporre un secondo delitto? Oppure, come nessuno si augura, la causa della morte dello studente potrebbe trovare spiegazione nella sua relazione con la figlia di un potente locale? Fiorenza da parte sua tenta di rendersi utile sondando i professori e gli studiosi, non senza scoprire coincidenze curiose e verità inattese. Sarà tuttavia Melis a risolvere il caso, ricorrendo all'aiuto "fuori ordinanza" dei più giovani della sua squadra, gli agenti Ferrini e Giovannini. Ma, anche, alla competenza di due illustri studiosi.
Le valli dell'Alto Verbano, primavera 1986. Un paese come tanti, piccolo, grazioso, raccolto, pronto ad accogliere i turisti come ogni estate. Ma questa non si annuncia un'estate come le altre. Non capita tutti gli anni, infatti, di fare un macabro rinvenimento come quello che degnamente conclude la conferenza del professor Maldifassi sulle streghe di Druogno. Così il commissario Norberto Melis, ospite occasionale al seguito della compagna Fiorenza, viene incaricato dai superiori di dare una mano ai locali rappresentanti della legge. Per scoprire quasi subito, fra cene squisite e gite fra i boschi, quanto quel paesino da fiaba e i suoi decorosi e compiti abitanti celino segreti, invidie, rancori, antipatie, ostilità. E che, come sempre accade, il presente affonda le proprie radici nel passato, un passato ormai lontano. Ma scavare nel passato, si sa, può diventare molto pericoloso. Soprattutto quando quei giorni remoti vennero macchiati dal sangue. La nuova, inedita indagine del commissario Melis conferma tutti gli ingredienti che hanno fatto amare ai lettori le precedenti: un linguaggio che, tra il dolente e l'ironico, mischia continuamente alto e basso, l'attenzione all'arte culinaria, una vicenda gialla alquanto intricata che si dipana per piccole intuizioni, con un insoluto crimine commesso durante l'ultima guerra che getta la propria ombra sul delitto contemporaneo, e un complicato puzzle di identità da comporre con le tessere di vittime e colpevoli.
Un'inchiesta in cui la personalità della vittima è la chiave per arrivare al colpevole? Succede, più spesso di quanto si creda. Mai come in questo caso, però, il commissario Melis ne sembra convinto. Manrico Barbarani: una laurea in architettura, uno studio affermato, un socio da trent'anni al suo fianco, tante amiche, alcuni affezionati nemici, una passione per l'alpinismo, due mogli, anzi: due ex mogli. E un figlio di cui potrebbe essere il nonno. Già. E tre proiettili piantati in corpo. E dove, poi! Nella più squallida delle periferie di Milano. Qualcosa però non convince Melis, a cominciare dal fatto che l'auto di Barbarani è in garage. E allora? E allora, nel sereno settembre milanese del 1981, quando già s'annunciano i toni dell'autunno, il commissario e i suoi uomini iniziano un'indagine che, muovendosi fra i luoghi del potere più o meno occulto e le feroci dispute di una difficile separazione fra coniugi, sembra condannata ad arenarsi. Fino a quando, inatteso, l'assassino colpisce di nuovo. Allora, ecco, tutte le tessere del mosaico sembrano andare lentamente al loro posto, disegnando una vicenda di grande amarezza, di grande solitudine, di grande amore. Quell'amore per il quale un uomo può persino tradire sé stesso.
Nel 1990 a Milano si ebbero 103 omicidi: per la maggior parte, regolamenti di conti fra la malavita organizzata. Norberto Melis, primo dirigente della Questura della «capitale morale» (dove, di lì a breve, scoppierà lo scandalo di Mani Pulite), si interessa di più ai delitti che coinvolgono individui apparentemente normali, coloro che potrebbero essere, o dei quali potremmo essere i vicini di casa. Compenetrarsi di queste vite per risalire dalle vittime agli assassini affidandosi alla conoscenza del cuore umano, alle sensazioni, all'intuito - pur utilizzando tutti gli indizi materiali che la moderna criminologia consenta di vagliare - è per lui l'aspetto forse più coinvolgente di un'indagine: vedere le facce, sentire le voci, conoscere i luoghi. Per arrivare alla verità. Così, mentre la duplice inchiesta condotta dal commissario capo Michele Iurilli sulla morte di un uomo senza identità e su due anziane casalinghe uccise con identica bizzarra modalità in due quartieri lontani fra loro segna il passo, Melis non esita a indagare personalmente su un altro omicidio, tanto violento da poter essere dettato soltanto da un odio profondo. Il tutto mentre si avvicina, livido e al tempo stesso smagliante di luci, il Natale. Ma il mistero di un delitto non è mai, per Melis, un puro problema di analisi: egli avverte potente la necessità di restituire giustizia ai morti e ai vivi, e sa che, se vi è sempre la soluzione, non sempre è dato agli uomini di trovarla. E che talvolta, per concludere un'indagine, è necessario sacrificare agli dèi del Caso, i soli che, quando le carte sono troppo mischiate, possono rendere la scoperta dei colpevoli una Necessità.
Composta da cento miliardi di stelle, la Via Lattea è una dei milioni di miliardi di galassie, e il nostro Sole ne è una periferica stella. E forse alle galassie, nell'Italia di fine gennaio 1960, gli inquirenti dovrebbero guardare per risolvere un delitto inspiegabile, anzi: impossibile. Al quale ne segue un altro, simile. Per entrambi, testimoni affermano di avere visto in cielo strane luci. Mentre i giornali si buttano sul possibile avvistamento di «marziani», gli inquirenti devono attenersi alla realtà fattuale delle cose. E l'unica sgradevole ipotesi logica è il coinvolgimento di apparati dello Stato. Nel primo delitto, i Carabinieri. Nel secondo, la Polizia. Chiamati però alla massima collaborazione dai competenti ministeri. Intanto il gatto Miao e l'uccellin Belverde rivelano al bimbo Agostino che, negli antichi giorni del mondo... Vale, per questo divertimento, quel che Freud dice di un racconto di Hoffmann (non a caso citato da Tuzzi): «Il narratore inizialmente produce in noi una sorta di incertezza impedendoci di indovinare se ci introdurrà nel mondo reale o in un mondo fantastico di sua invenzione. Egli ha il diritto incontestabile di fare o l'una o l'altra cosa, e se ha scelto di inscenare l'azione in un mondo popolato di spiriti, dèmoni e spettri, come ha fatto Shakespeare nell' Amleto, nel Macbeth, nella Tempesta e nel Sogno d'una notte d'estate, dobbiamo arrenderci alle sue intenzioni e considerare reale il mondo da lui prestabilito, per tutto il tempo in cui gli dedicheremo la nostra attenzione». Tuzzi ci regala una storia vorticosa e onirica, esilarante e fiabesca, enciclopedica e grottesca, un insieme di toni e di stile ordito con l'autorevole maestria che lo ha reso uno tra gli scrittori, e i giallisti, più amati del nostro Paese.

