
Quando alla fine del 1939 i nazisti lo insediano a capo del ghetto di Lòdz, Mordechai Chaim Rumkowski si convince che, per salvarsi, gli ebrei debbano rendersi indispensabili ai tedeschi nella loro guerra, e decide di trasformare il ghetto in un'immensa fabbrica. Ambiguo, dispotico, piegato dalla sua logica di produrre a ogni costo e spinto da un'ambizione titanica, "re Chaim" sacrifica alla sua causa chi non vuole o non è in grado di eseguire i suoi ordini. E cosi, forse consapevolmente, forse no, diventa ingranaggio fondamentale nella macchina di sterminio nazista. Mostro e opportunista crudele, oppure pragmatico stratega costretto ad amputare le braccia per salvare il corpo? "Gli spodestati" è un romanzo sull'ambiguità umana provocata dall'oppressione. Traditore per alcuni, eroe per altri, Rumkowski è un personaggio controverso che suscita inquietanti interrogativi su dignità e abiezione. Intorno alla sua folle ed enigmatica figura, ispirandosi alla "Cronaca del ghetto di Lódz", Steve Sem-Sandberg tesse le vite degli abitanti del ghetto, figure storiche e personaggi fittizi, esplorando i dilemmi morali e le insidie con cui la gente dovette fare i conti in una disperata lotta per la sopravvivenza
Spiegelgrund non esiste più. Le mura che circondavano l’ospedale viennese sono state abbattute e tutto quello che il personale aveva giurato di non rivelare mai a nessuno non è più un segreto. Tra il 1940 e il 1945, in quel diabolico istituto il cui obiettivo ufficiale era di raddrizzare i bambini più ribelli e di assistere quelli affetti da malattie psichiche, la realtà era tragicamente diversa. Adrian Ziegler vi arriva nel gennaio del 1941, in una fredda e limpida mattina d’inverno scintillante di brina. Quegli edifici pallidi all’ombra della collina, con le facciate di mattoni scrostate e le inferriate alle finestre, diventeranno la sua casa negli anni a venire. La sua, come quella degli altri bambini rinchiusi a Spiegelgrund – orfani, ritardati, disabili, piccoli delinquenti, «degenerati razziali» –, è una vita indegna di essere vissuta. Non ci sono cure ad attenderli, solo medici pronti ad attuare il programma nazista di eutanasia infantile voluto da Berlino. Persone convinte che contrastare la malattia, fisica o morale, sia necessario per rafforzare la razza, o forse, banalmente, solo attirate dall’opportunità di tormentare qualcuno. E ancora, ligi esecutori degli ordini, perché a seguire le leggi in vigore non c’è ragione di sentirsi in colpa. Come l’infermiera Anna Katschenka, che pur amando i bambini ubbidisce per lealtà e senso del dovere e, quasi senza rendersene conto, finisce per scivolare dalla parte dei mostri. Dopo "Gli spodestati", attraverso i destini di Adrian e Anna, e del coro di personaggi che popolano il microcosmo di Spiegelgrund nel cuore dell’Europa nazista, Steve Sem-Sandberg torna a intrecciare magistralmente storia e finzione in un potente romanzo polifonico che, come ha dichiarato la giuria dell’August Prize, «bisogna leggere e mai dimenticare». Un libro che, con la sua scrittura intensa e profonda, racchiude una riflessione memorabile sull’umana capacità di fare il male, e di resistere.
1704. La pioggia che ha adombrato gli ultimi giorni è appena cessata e le nuvole si sono abbassate, pronte a cospargere di neve ogni angolo delle sue terre. Don Francesco Caracciolo, duca di Martina, non riesce a distogliere lo sguardo dal cielo, intento a pensare al proprio avvenire. Ha ereditato il titolo da poco più di un mese, ma gli ultimi anni di vita di suo padre gli risultano completamente oscuri. Quell’uomo di ferro che non aveva mai perso una battaglia era diventato come un bambino inerme nelle mani di Gaetano Faraone, il suo consigliere, un semplice sarto, indegno della considerazione di un nobile. Faraone aveva persino convinto suo padre ad allontanare da Martina lui, il figlio primogenito, e la moglie, relegandoli in un palazzo ai confini del ducato.
Solo ora, a Francesco è stata confidata la verità su quella storia. Secondo molti, Faraone era riuscito a controllare il suo padrone attraverso una malia, ottenuta grazie all’aiuto di una strega, una donna piegata al volere del demonio che aveva imbavagliato la mente del vecchio e che vorrebbe fare lo stesso con Francesco. Il duca non avrebbe mai creduto di doversi confrontare con quel mondo che ha sempre deriso e considerato un affare da menti semplici, irretite da amuleti e scongiuri. Ma la paura di cadere lui stesso in quella trappola oscura è troppo forte, e Francesco è pronto a tutto per conservare il potere e il controllo di sé, anche a far arrestare persone innocenti, accusate unicamente da voci e da prove inconsistenti.
Solo quando si sarà liberato di tutti i fantasmi del proprio passato, Francesco si renderà conto che i tempi stanno cambiando, che i fuochi delle streghe si stanno spegnendo e che una forza ben più tangibile vuole impossessarsi dei suoi domini e piegare la sua volontà. È la forza degli uomini che vogliono emanciparsi e ottenere, dopo secoli di soprusi, la libertà.
E non basteranno denaro e minacce per fermarla.
Il romanzo, ambientato negli anni Trenta, narra la storia d'amore tra una ragazzina figlia di un contadino e un ragazzo figlio del Barone di Roccasalva.
"Lo sa che cosa l'aspetta, se viene arrestato dalla Gestapo?" È la domanda secca, diretta, che il ventenne Jorge Semprún, nel 1943, si sente rivolgere da Henri Frager, il capo della cellula di Resistenza francese a cui appartiene. Una domanda che sottintende una sola risposta: la tortura. Di questa esperienza, per tutta la vita, Semprún ha parlato poco, ma in "Esercizi di sopravvivenza", prima parte del suo "libro interminabile" rimasto tragicamente incompiuto, la affronta con una chiarezza e insieme un pudore che vanno nella direzione opposta al facile eroismo. Perché "sarebbe assurdo, persino nefasto" si legge, "considerare la resistenza alla tortura alla stregua di un criterio morale assoluto". In un movimento incessante tra presente e passato, l'autore rievoca situazioni, personaggi, volti ed episodi della deportazione e della liberazione, e nello stesso tempo medita, da pensatore quale è, sulle relazioni tra la realtà e la scrittura, personalizzando la storia mentre storicizza la propria vita, coniugando l'intimo con il frastuono e il furore, come osserva Régis Debray nella postfazione. Esercizi di sopravvivenza che a noi impongono un esercizio di riflessione.
Quismondo, Toledo, 18 luglio 1956: nella sua proprietà, vent'anni dopo la fine della guerra civile, la famiglia Avendaño ha deciso di celebrare per l'ultima volta la cerimonia di espiazione con la quale, ad ogni anniversario, mette in scena l'uccisione del fratello minore da parte dei contadini in rivolta, avvenuta in quello stesso giorno del 1936. Tra gli invitati, un ispanista americano e un commissario della polizia politica, uniti dall'interesse di indagare sulla storia della famiglia, e soprattutto sulle relazioni segrete e morbose della bellissima ed enigmatica vedova dell'uomo assassinato e dei suoi familiari.
È il 1984 a New Delhi, e la città è scossa dalle violenze anti-Sikh dopo l'assassinio di Indira Gandhi. Nella famiglia di Chhobi e Sonali, tuttavia, un piccolo clan di bengalesi rifugiatisi a Delhi a seguito della partizione dell'India, tutto sembra seguire il corso ordinario delle cose. La bella Sonali si è appena vestita e come sempre ha scelto d'istinto ciò che le dona di più. Chhobi, sua sorella, una ragazza sensibile e intelligente che non bada molto alle apparenze, non può fare a meno di guardarla ammirata. Dida, la nonna indomabile che tiene unita la famiglia a dispetto di tutte le avversità, intona la sua preghiera mattutina con i più disparati nomi di Krishna. Dadu, il nonno, siede già da qualche ora sulla vecchia seggiola di vimini e, mentre si accarezza la cisti sul mento, continua a sognare la sua terra. Ma, la madre, si aggira già per la casa col volto di chi è in lotta perenne con la solitudine dopo essere rimasta vedova a trent'anni. Tutto sembra uguale a ieri, ma tutto non lo è più. Come la città fuori, anche il piccolo continente della famiglia di Dida è scosso dalla tempesta. Sonali si è innamorata di un punjabi che, con le sue giacche troppo attillate e i profumi troppo forti, appare fatuo e vanesio agli occhi di Chhobi. Scoppiano i conflitti, nel seno della famiglia, tra Sonali sempre più proiettata verso l'Occidente e sua sorella Chhobi, in bilico tra modernità e tradizione, tra le due figlie e la madre.
Tutti a Blue Crab Island, nel Maine, chiamavano Camilla la dea dell'amore perché, con il suo talento di veggente era riuscita a salvare matrimoni in crisi. Ma Camilla non era solo un'indovina, era soprattutto una bravissima cuoca, amante della cucina italiana e delle sue specialità. Agli studenti della sua scuola di cucina suggeriva di aggiungere sempre nella pentola un ingrediente segreto: un ricordo triste, un pensiero felice, un fervido desiderio. Questo rendeva uniche le ricette e faceva sì che si realizzassero le speranze di chi le eseguiva. Holly, sua nipote, aspetta da anni l'uomo giusto: al suo vero grande amore, le ha predetto la nonna, piacerà un piatto particolare dal sapore molto intenso... La ricerca diventa sempre più complicata e Holly sembra destinata alla solitudine. Quando però eredita la scuola di cucina di Camilla e il suo ricettario, Holly impara come trovare la propria strada. Scoprirà che gli ingredienti essenziali della vita sono in realtà costituiti da un intreccio di trame: ricordi, sogni e speranze si legano a formare il romanzo della vita di ognuno dandoci la possibilità di scoprire la vera ricetta della felicità che si nasconde in noi.
In un freddo mattino autunnale senza nuvole, la settimana prima del Ringraziamento, davanti a Julia Win si spalanca un abisso oscuro. Ode una voce, chiara e inequivocabile, dentro di lei. La voce roca, profonda e severa di una donna che non allude, non pretende di essere interpretata, ma pone domande dirette - Perché sei sola? - come se sapesse che, dietro la sua brillante maschera di avvocato di successo di Simon & Koons, uno dei più prestigiosi studi legali newyorchesi, si cela l'infelicità di una donna disillusa dall'amore e dalla vita. Le mani sulle orecchie, come a scacciare un ronzio fastidioso, Julia tenta di tutto perché la quiete torni nella sua testa. Si fa visitare dal dottor Erikson per scongiurare una qualche forma di schizofrenia, si accosta alla meditazione in compagnia di Amy, l'amica del cuore buddista, ma invano. La voce non sparisce; continua, anzi, imperterrita a porre domande imbarazzanti: Perché nascondi ancora una volta la verità? Nello stesso freddo giorno autunnale, Julia riceve una lettera di U Ba, il fratellastro che vive a Kalaw, in Birmania, e che dieci anni prima, in una malandata e meravigliosa casa da tè, gli ha svelato l'incredibile storia di Tin Win, il loro padre che, da giovane, aveva scoperto che ogni cuore risuona in modo diverso e che si innamorò di Mi Mi perché non aveva mai sentito prima un suono più bello del battito del suo cuore...
A Kalaw, una tranquilla città annidata tra le montagne birmane, vi è una piccola casa da tè dall'aspetto modesto, che un ricco viaggiatore occidentale non esiterebbe a giudicare miserabile. Il caldo poi è soffocante, così come gli sguardi degli avventori che scrutano ogni volto a loro poco familiare con fare indagatorio. Julia Win, giovane newyorchese appena sbarcata a Kalaw, se ne tornerebbe volentieri in America, se un compito ineludibile non la trattenesse lì, in quella piccola sala da tè birmana. Suo padre è scomparso. La polizia ha fatto le sue indagini e tratto le sue conclusioni. Tin Win, arrivato negli Stati Uniti dalla Birmania con un visto concesso per motivi di studio nel 1942, diventato cittadino americano nel 1959 e poi avvocato newyorchese di grido... un uomo sicuramente dalla doppia vita se le sue tracce si perdono nella capitale del vizio, a Bangkok. L'atroce sospetto che una simile ricostruzione della vita di suo padre potesse in qualche modo corrispondere al vero si è fatto strada nella mente e nel cuore di Julia fino al giorno in cui sua madre, riordinando la soffitta, non ha trovato una lettera di suo padre. La lettera era indirizzata a una certa Mi Mi residente a Kalaw, in Birmania, e cominciava con queste struggenti parole: "Mia amata Mi Mi, sono passati cinquemilaottocentosessantaquattro giorni da quando ho sentito battere il tuo cuore per l'ultima volta".