
Inghilterra, anni Cinquanta. Alla piccola e apparentemente idilliaca cittadina di Grantchester, nella contea di Cambridge, non manca nulla, nemmeno la giusta dose di intrighi e misteri. Per questo motivo e per un'eccentrica inclinazione personale, il reverendo Sidney Chambers non si occupa solo delle anime dei suoi parrocchiani, ma anche dei loro segreti... Giovane, attraente e scapolo, amante del jazz ed ex soldato tormentato dai ricordi di guerra, Sidney Chambers ha un'innata passione per l'investigazione. Così, quando una serie di casi misteriosi e inquietanti sconvolge la pace di Grantchester, decide di aiutare lo scontroso ispettore Keating a risolverli, riuscendo a penetrare cuori e segreti, là dove il poliziotto deve fermarsi.
Inghilterra, 1955. Sidney Chambers, l'affascinante reverendo con la passione dell'investigazione, è tornato. Nella cornice dell'incantevole cittadina di Grantchester, in compagnia del suo fedele labrador Dickens e dell'irascibile ispettore Keating, Sidney si trova ad affrontare una nuova serie di casi misteriosi: la caduta di un professore di Cambridge dal tetto del college, un incendio doloso, un sospetto avvelenamento e una vicenda di plagio dalle drammatiche conseguenze. Durante le indagini, però, dovrà affrontare anche altri problemi di carattere più personale, come scegliere tra la sua amica Amanda e una seducente vedova tedesca. E non troverà requie neppure quando si recherà all'estero, finendo invischiato in una rete di spionaggio internazionale proprio mentre a Berlino si comincia a costruire il Muro... In questo secondo libro della serie Grantchester James Runcie disegna nuovi intrecci che non mancheranno di intrattenere i fan del reverendo detective, giovane e attraente ex soldato, amante del jazz e con un debole per il whisky.
Chi è Siddharta? È uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E alla fine quel tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il perfetto sorriso di Siddharta, che ripete il "costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l'aveva visto centinaia di volte con venerazione". Siddharta è senz'altro l'opera di Hesse più universalmente nota. Questo breve romanzo di ambiente indiano, pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi ultimi anni una strepitosa fortuna. Prima in America, poi in ogni parte del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo, dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca, un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non incontravano altrove.
Chi è Siddharta? È uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E alla fine quel tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il perfetto sorriso di Siddharta, che ripete il "costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l'aveva visto centinaia di volte con venerazione". Siddharta è senz'altro l'opera di Hesse più universalmente nota. Questo breve romanzo di ambiente indiano, pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi ultimi anni una strepitosa fortuna. Prima in America, poi in ogni parte del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo, dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca, un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non incontravano altrove.
"Ogni volta che torno in Sicilia da qualche parte dentro di me continuo ad arrivare in Sicilia per la prima volta, bambino, negli anni settanta". Questo è il racconto del viaggio del Culicchia bambino, un viaggio che prepara mesi prima, dopo aver "ascoltato" la Sicilia attraverso le favole - "la favola del nonno, la favola della nonna, la favola dei cavalli da corsa, la favola della maestra severa, la favola delle sfilate in uniforme da Ballila. E poi c'era la mia favola preferita, e cioè la favola dei due soldati dell'Afrikakorps" - e averla "vista" dalle sbiadite foto in bianco e nero. Ed ecco allora l'arrivo alla stazione di Torino, il treno che taglia di netto l'Italia, la nebbia che dirada, i paesaggi al di là del finestrino, le prime avvisaglie di odori e colori. Quando il piccolo Giuseppe arriva in Sicilia, le fiabe prendono vita, i racconti diventano volti, città, parole. Palermo, Trapani e finalmente Marsala, dove i parenti lo accolgono con una frase che diventa formula di rito - "Ma tu Peppe sei! Peppe come tuo nonno Giuseppe Culicchia! Pippinu! Pippinu Piruzzu!". L'orizzonte si allarga sul mare e Torino sembra appartenere a un'altra vita. Giuseppe Culicchia mette in gioco la propria memoria e si affida allo sguardo di un bambino - innocente, curioso, pieno di meraviglia - per raccontare un viaggio che non ha ancora terminato.
“La favola del nonno, la favola della nonna, la favola dei cavalli da corsa, la favola della maestra severa, la favola delle sfilate in uniforme da Balilla, la favola del tuffo nello Stagnone, la favola delle sere a Capo Boeo o Lilibeo, la favola di mio padre e Nuzzo in bicicletta con la lettera d’amore e dell’abbuffata di ricotta, la favola di Nuzza partita sposa per l’America a Detroit. E poi c’era la mia favola preferita, e cioè la favola dei due soldati dell’Afrikakorps.”
Sicilia, o cara è il viaggio di Giuseppe Culicchia bambino, un viaggio preceduto dai racconti del padre e soprattutto dall’immaginazione che quei racconti hanno acceso. Ed ecco allora l’arrivo alla stazione di Torino, il treno che taglia di netto l’Italia, la nebbia che dirada, i paesaggi al di là del finestrino, le prime avvisaglie di odori e colori.
Quando il piccolo Giuseppe arriva in Sicilia, le fiabe prendono vita, i racconti diventano volti, città, parole. Palermo, Trapani e finalmente Marsala, dove i parenti lo accolgono con una frase che diventa formula di rito – “Ma tu Peppe sei! Peppe come tuo nonno Giuseppe Culicchia! Pippinu! Pippinu Piruzzu!”. L’orizzonte si allarga sul mare e Torino sembra appartenere a un’altra vita.
Giuseppe Culicchia mette in gioco la propria memoria e si affida allo sguardo di un bambino – innocente, curioso, pieno di meraviglia – per raccontare un viaggio che non ha ancora terminato.
In questo libro una selezione di autori dà forma ad una sorta di bestiario come concentrato di umanità, al confine (pagano) tra cultura cattolica e araba, tra l'anima 'nera' della terra e del mondo contadino e gli spazi aperti del mare, continuamente intrecciati con il filone urbano. La narrativa fantastica siciliana, pienamente contemporanea e visionaria come quella di altri sud - Messico e Argentina - delinea un tracciato alternativo che supera l'angustia del realismo, la stucchevolezza del barocco e gli abusati scenari del folkloristico e del pittoresco.
In una terra immensa e misteriosa come nessuna, madre e figlia si scoprono guida una all'altra in un viaggio che mescola i grandi cicli della natura e della vita. Trascorrono dodici giorni navigando lungo lo Enisej, da Krasnojarsk a Dudinka, passando per molte città. Un viaggio dentro e fuori la storia, quella immensa della Russia e quella personale, unite dalla corrente di un fiume che più di altri ha raccolto i protagonisti, le speranze, i drammi del popolo russo. Sullo Enisej nel XVII secolo i cosacchi costruirono le prime città della conquista siberiana. E ancora sullo Enisej nel 1897 fu esiliato Lenin, nel 1904 Stalin e in era sovietica, migliaia di prigionieri. Ma a fine viaggio, è bello sentire che in Siberia si nasce e si torna a vivere in due.
"Questo sarà l'anno del mio fidanzamento, l'ho deciso. Sì, Filippo Villa, ventiquattro anni, milanese da generazioni, giornalista sportivo e party-boy, quest'anno si fidanzerà. E adesso ho qualcosa come tredici chat attive su Grindr, che è tutto un pullulare di messaggi." Fortunatamente nella sua ricerca Filippo non è solo. Accanto a lui c'è Bea, l'amica di una vita e coinquilina da sempre che a ragazzi non è messa poi tanto meglio. Ma si sa, la speranza è l'ultima a morire, almeno finché viene alimentata dal vino bianco di pessima qualità che ogni sera Alice porta a Bea e Filippo in cambio di un posto sul divano del loro appartamento di Porta Venezia, nel cuore del quartiere della festa milanese. La malasorte sentimentale sembra invertire la sua rotta quando Filippo, grazie all'inseparabile Gilda, il suo bellissimo esemplare di bassotto a pelo ruvido, incrocia il proprio destino con quello di Diego: dog sitter, uno e novanta, moro, occhi neri. Un bòno, insomma. Diego ha solo un piccolo, trascurabile difetto: ha una fidanzata che lo aspetta a Monopoli, in Puglia. Dettagli. Diego è perfetto, è dolce, passionale, insomma è quello giusto. Ma non è tutto oro quel che luccica. Magari è solo bigiotteria fatta bene. Tra aperitivi troppo alcolici, poke al salmone e maratone di serie tv, in questo romanzo Tommaso Zorzi racconta con leggerezza e ironia l'amore, l'amicizia, il sesso e le relazioni ai tempi di Grindr. Perché sì, Siamo tutti bravi con i fidanzati degli altri, ma poi, quando tocca a noi, è un vero casino.
Con il titolo Siamo stati felici sono qui riuniti nove racconti, tutti incentrati su figure femminili, pubblicati dalla grande scrittrice – francese d’adozione – Irène Némirovsky, nata a Kiev nel 1903 e tragicamente scomparsa ad Auschwitz, dove era stata deportata, nel 1942.
Per la prima volta tradotti in italiano, questi racconti erano usciti su diverse riviste, negli anni tra il 1933 e il 1942, e dunque vanno a intersecarsi con la pubblicazione di grandi opere come L’affare Kutilov (1930), Il vino della solitudine (1935), Jezabel (1936), I cani e i lupi (1940), che avevano consacrato la scrittrice ebrea di origine ucraina come una delle maggiori narratrici di lingua francese della sua epoca. In tutti questi racconti, splendidi sono i ritratti delle donne protagoniste, che riflettono sugli episodi più intensi, a volte più drammatici, della propria esistenza; sempre legati a un amore incontrato e vissuto, oppure incontrato e perduto, che è stata la chiave di volta del loro destino. L’amore come passione, certo, ma con tutti i suoi ingredienti più contrastanti e antitetici: la gioia incontenibile, il piacere devastante, la sudditanza psicologica, la sofferenza estrema… E quasi sempre la felicità è al passato, nel ricordo, a volte enigmatico, a volte remoto, ma sempre ben presente, di un tempo in cui tutti noi ‘siamo stati felici’, per quel «sapore che soltanto l’amore può dare alla vita, un sapore di frutto, appetitoso, succulento, quasi aspro, un sapore di labbra giovani».