
"Prima di essere celebre, Rodin era solo. E la celebrità, una volta sopraggiunta, lo ha reso forse ancora più solo. Giacché la celebrità è in fondo soltanto la summa di tutti i malintesi che si addensano attorno a un nome nuovo. Quelli che circondano il nome di Rodin sono moltissimi; dissiparli sarebbe un compito lungo e faticoso. D'altronde non è necessario; si assiepano attorno al nome, non attorno all'opera, che è cresciuta a dismisura ben oltre il suono e i limiti di quel nome, fino a cancellarlo e a rendersi anonima come una pianura o un mare, abbreviato in un appellativo sulle carte, nei libri e tra gli uomini, ma in realtà fatto di spazio, moto e abisso. L'opera di cui mi accingo a parlare è andata crescendo attraverso gli anni e cresce ogni giorno come una foresta, incessantemente. Ci si aggira tra i suoi mille oggetti sopraffatti dalla ricchezza dei reperti e delle invenzioni che la compongono, e istintivamente si cercano le mani che hanno dato forma a questo mondo. Ci si rammenta quanto piccole siano le mani dell'uomo, come si stanchino presto e quanto sia breve il tempo loro concesso per agire. E nasce il desiderio di vedere le due mani che hanno vissuto come cento, come un popolo di mani destatesi prima dell'alba per incamminarsi sulla lunga via che conduce a quest'opera. Ci si chiede chi sia il dominatore di quelle mani. Che uomo è mai? ".
"Stupore" è un romanzo familiare che racconta del ciclo naturale dell'esistenza, di amore e di famiglia, di favole e di realtà. Lucia, con lo stupore unico che può scaturire solo dall'incontro con Dio, resta in piedi davanti alle amarezze, attingendo ai valori cristiani tramandati amorevolmente dalla bisnonna per trasferire, a sua volta, l'insegnamento e la fede alla nipotina Gaia. Non a caso Gaia, quando sarà una giovane donna, intraprenderà una missione per niente scontata. In questo romanzo traboccano emozioni profonde, tradizione, la capacità di stupirsi ancora delle piccole cose, i sentimenti di bontà. La famiglia resta ancora il luogo privilegiato per la trasmissione della fede. È solo la famiglia a possedere il primato sulla credibilità dell'insegnamento cristiano agli occhi, esigentissimi, delle nuove generazioni. Se in famiglia c'è Dio, i ragazzi presto o tardi se ne accorgeranno...
Un diario di viaggio nelle viscere del Brasile: Stupore indigeno si articola intorno ai margini smarginati e a un intermezzo che affronta le difficoltà del viaggiare tra localismi rivendicati o subiti e cosmopolitismi vissuti o desiderati. Massimo Canevacci presenta le culture xavante, bororo e krahô attraverso una narrazione che spazia dal vissuto personale al racconto di usi e rituali che ha avuto il privilegio di conoscere da dentro. Una costellazione concettuale ed emozionale fondata sullo stupore che dilata e attraversa il corpo poroso in una mescolanza resa possibile dalla profondità dell’amicizia. Le esperienze riportate anticipano la battaglia a cui le culture indigene sono state chiamate dal governo Bolsonaro in difesa del loro diritto originario su terre già sotto attacco missionario e latifondista. Relegate in uno spazio fisico e temporale minore e selvaggio, i nativi sono tuttora costretti a rivendicare la propria esistenza, trovando nei mezzi digitali, nell’incontro con il nuovo, il modo di tutelarla. Canevacci offre una testimonianza preziosa di come costringere gli indigeni in musei viventi e immutabili sia solo un tentativo di privarli del potere di ribellarsi.
Inizio del Duecento. Due fratelli gemelli, dai temperamenti opposti, che sognano di diventare cavalieri e si trovano a combattere l’uno contro l’altro. Una bella ragazza siciliana e il suo amore, un giovane musulmano. I loro destini sono mossi da Federico II, lo svevo dai capelli fulvi e lo sguardo acuto, che li costringe a congiungersi o scontrarsi seguendo l’amore e la gelosia, il tradimento e la vendetta. Fino al rogo della città di Victoria, alle porte di Parma, dove ogni destino troverà compimento.
Nata e sviluppatasi all'inizio del Novecento, l'attività pubblicistica di Studium procede attraverso tre periodi, a cui corrispondono altrettante fasi di vita e di azione culturale. 1. Dall'atto della fondazione, nel 1906, a Firenze, come rivista della Federazione degli universitari cattolici (FUCI), all'avvento del fascismo. La riflessione della rivista verte in questo periodo sui rapporti tra fede e cultura moderna, fede e scienza, cristianesimo e democrazia, e sui problemi dell'istruzione universitaria, sui rapporti tra Università e società, sul tema della libertà dell'insegnamento. Studium diventa la prima rivista di ispirazione cattolica presente in campo culturale. Rivista universitaria, anzi organo di fatto della FUCI, che tuttavia, già nella sua presentazione, non intende "restringersi in un ambito di partito come semplice organo di istituzioni cattoliche". 2. Il periodo del Ventennio. Studium, diretta da Guido Lami (1923-1925), si stampa a Bologna, fino a quando, con la nomina dall'alto della nuova presidenza della FUCI, viene definitivamente trasferita a Roma (1925). Il periodo del Ventennio è vissuto da Studium all'insegna della differenziazione, del volontario "far parte a sé" e della coraggiosa resistenza al regime e alla sua "etica"; atteggiamento che si concreta nell'opera tenace di formazione delle coscienze giovanili e nell'ispirazione cristiana della cultura e della professione. Nel 1933 Studium diventa organo del nascente Movimento Laureati di Azione Cattolica. 3. La ripresa democratica, che vede proseguire e ampliarsi i discorsi culturali e scientifici riguardanti le esigenze spirituali della persona e il concetto cristiano della professione. Nel 1945 assume la direzione di Studium Aldo Moro e la rivista affronta con particolare rigore la responsabilità della cultura cristiana nella ricostruzione politica ed economica del Paese. Studium, con fascicoli monografici, saggi, interventi critici, prosegue il suo itinerario di riflessione su grandi nuclei concettuali del pensiero contemporaneo, mentre pone attenzione costante ai temi della bioetica, dei diritti umani, della convivenza civile, così come ai problemi della scuola e dell'Università, che mettono in gioco il destino delle nuove generazioni. In un'epoca che soffre di eccesso di informazione, in larga misura omologata, la rivista segue in profondità filoni essenziali del pensiero, lo stretto rapporto tra scienza e filosofia, l'evoluzione della società, con sensibilità storica e aderenza a valori ideali perenni. Dà voce inoltre a momenti alti della letteratura e della spiritualità, ponendo in luce le ragioni della speranza nella complessità del nostro tempo.
Andrea Campi è un professionista serio. Giovane avvocato nella sede milanese del prestigioso studio legale internazionale Flacker Grunthurst and Kropper, si occupa di importanti operazioni societarie per conto dei più grandi colossi industriali. Aveva ambizioni, aveva amici, aveva una ragazza. Ora ha prospettive. Lavora fino a notte fonda, mangia pizza e sushi sulla scrivania, vive con un bonsai e parla con il muro. Le giornate scorrono tra pause alla macchinetta del caffè, redazione di contratti e riunioni interminabili, fino al giorno in cui Andrea si trova coinvolto in un nuovo progetto particolarmente delicato. Le responsabilità si moltiplicano, come pure le ore di lavoro e i deliri di un capo sempre su di giri. È l’inizio di un turbine di eventi e incontri che investe l’immobile routine di Andrea spazzandone via certezze ed equilibri.
Tra una vita privata sempre più a rotoli e la catastrofe lavorativa incombente, Andrea arriverà a fare i conti con la sua vita, l’unica professione per la quale non ha mai sostenuto un colloquio.
Dissacrante e ironico, Studio illegale è una esilarante tragicommedia piena di lavoro, di frustrazioni e di cravatte.
Ai libri che d'Annunzio pensò e non scrisse, Guglielmo Gatti dedicò un lungo saggio apparso nel dicembre 1964 nell'Osservatore politico letterario. Prima di lui, nell'aprile 1929, si era occupato dell'argomento Camillo Antona Traversi nella Nuova Antologia con due articoli. Nell'aprile 1966, ancora in Nuova Antologia, Emilio Mariano, nelle Opere incompiute da d'Annunzio negli archivi del Vittoriale, colmò le lacune contenute negli scritti di Gatti e di Antona Traversi. A occuparsi, poi, della questione fu Mario Vecchioni che nel 1973 diede alle stampe il volumetto La vita di Gesù ed altre opere incompiute di d'Annunzio, nel quale cercò di spiegare perché le opere annunciate non furono mai realizzate. Il libro di Vecchioni spinse Donatello D'Orazio - rimasto affascinato dalla notizia che d'Annunzio nel 1893 aveva avuto l'intenzione di scrivere una Vita di Gesù - a occuparsi della vicenda; e fu così che nel 1975 elaborò un saggio su come nacque l'idea di d'Annunzio di scrivere il libro e poi perché nemmeno lo iniziò. Il saggio di D'Orazio fu pubblicato postumo dall'Editore Solfanelli con la mia prefazione nel 2009. L'argomento non poteva non attirare l'attenzione del dannunzista Angelo Piero Cappello, il quale ha passato in rassegna l'Opera omnia di d'Annunzio e ha estrapolato e commentato tutti i brani che il Poeta ha riportato su Gesù. Ne deriva che è stata messa una pietra tombale sulla lunga e delicata vicenda, perché se è vero che non esiste il libro su Gesù pubblicato da d'Annunzio è anche vero che abbiamo questa pubblicazione che contiene, in maniera coordinata, i dettami fondamentali che il Poeta ha scritto sul Redentore nelle sue opere.
Tra il 1830 e il 1840, il romanticismo tedesco è al suo apice. Personalità brillanti come Robert Schumann e la pianista Clara Wieck Schumann incarnano le glorie e gli eccessi di quest'epoca. Robert, allievo del padre di Clara, la prende in sposa. Diciassette anni dopo, e dopo 8 figli, Clara fugge con Brahms, mentre Robert muore solo e abbandonato, all'età di 46 anni, in un manicomio. Landis racconta questa storia d'amore e di autodistruzione seguendo un rigoroso ordine cronologico e dando voce ai numerosi personaggi che ne furono protagonisti o semplicemente vi assistettero.
Tra il 1830 e il 1840, il romanticismo tedesco è al suo apice. Personalità brillanti come Robert Schumann e la pianista Clara Wieck Schumann incarnano le glorie e gli eccessi di quest'epoca. Robert, allievo del padre di Clara, la prende in sposa. Diciassette anni dopo, e dopo 8 figli, Clara fugge con Brahms, mentre Robert muore solo e abbandonato, all'età di 46 anni, in un manicomio. Landis racconta questa storia d'amore e di autodistruzione seguendo un rigoroso ordine cronologico e dando voce ai numerosi personaggi che ne furono protagonisti o semplicemente vi assistettero.