
"I migliori personaggi di Quiroga, o meglio di Misiones, sono generalmente 'ex uomini', spesso incrocio di provenienze diverse e di vite possibili, tutte bruciate, frontiere incarnate e non piú riconoscibili. Quiroga trova per loro una figura memorabile, 'nati con l'effetto' li definisce, come le palle di biliardo, che toccano normalmente la sponda ma rimbalzano nei modi piú inaspettati. Ne fa un breve sommario all'inizio del racconto 'Gli emigrati': 'Cosí Juan Brown, che venne a Misiones per qualche ora a vedere i ruderi e ci rimase venticinque anni; il dottor Else, che per colpa del distillato d'arancia scambiò sua figlia per un ratto; il chimico Rivet, che si spense come una lampada, stracolmo di alcol denaturato...' Tornano, questi personaggi, e incontrano pure loro simili in racconti come 'Magione-Tacuara', 'Il tetto d'incenso', 'I distillatori d'arance', sono vite consumate, senza più 'letteratura', vite della disperanza, vite cioè senza speranza ma senza disperazione, elementi naturali con il volto d'uomo. Gli ex uomini di Quiroga non supplicano, non spiegano, non piangono, come gli animali". (dalla prefazione di Ernesto Franco)
John Marcher è un uomo ossessionato dalla certezza che gli accadrà qualcosa di straordinario. Il tempo passa e la cosa non accade, ma "verrà, può ancora venire". L'incontro inaspettato con May Bartram gli dischiude l'orizzonte di un'amicizia autentica, discreta e quotidiana. La donna, che comprende e custodisce con lui il suo segreto, è una presenza reale, legata all'attesa e alla promessa incombente su ogni istante della sua vita. Capolavoro dell'eccellenza narrativa di James, "La tigre nella giungla" mette a fuoco il mistero della vita che accade come un imprevisto (di-)sconosciuto amore.
La sceneggiatura originale del film "La tigre e la neve": il senso della poesia e dell'amore al tempo della guerra, in una favola piena di emozioni. Nei dialoghi del loro film, Roberto Benigni e Vincenzo Cerami hanno incastonato decine di citazioni letterarie - da Montale a Pound, da Hikmet a Neruda - che in questo libro vengono svelate per la prima volta. Introduce la sceneggiatura uno scritto inedito di Benigni che è anche un invito leggero al lettore a entrare a sua volta nel gioco meraviglioso dei rimandi e delle allusioni poetiche.
Nato poverissimo in un villaggio dell'interno dell'India, Balram Halwai, la Tigre Bianca, ha l'occasione di evadere dalla gabbia della miseria quando un ricco possidente lo assume come autista. Accompagnare il padrone sulla strada di un'inarrestabile corruzione, vedere da vicino il lusso sfrenato in cui vivono i ricchi, libera Balram da ogni scrupolo morale e lo trasforma prima in un omicida in fuga e poi in un brillante uomo d'affari.
Seduto alla sua scrivania, l'imprenditore autodidatta Balram Halway, detto la Tigre Bianca, scrive sette lucide e impietose lettere al primo ministro cinese che si appresta a visitare l'India. Gli racconta delle proprie origini e delle propria storia: la storia di un ragazzo di una delle caste piú basse che da un fangoso villaggio all'interno del paese (dove «ogni buona notizia si tramuta in una cattiva notizia, e in fretta») arriva a New Delhi, dove mall luccicanti, sontuosi palazzi e auto tirate a lucido da magri autisti in ciabatte si accostano a bordelli di lusso con bionde prostitute dell'Europa dell'est. Qui, nel nuovissimo quartiere di Gurgaon, Balram Halway assiste alla progressiva e inarrestabile corruzione del suo padrone, ne assimila la mentalità e intuisce che il modo per fuggire dalla gabbia della miseria esiste: commettere un omicidio, rubare e mettersi in proprio. Grazie a un duro lavoro, a pasti trangugiati in fretta, a un codice morale dettato dalle necessità produttive, ma soprattutto applicando le auree regole degli affari apprese da Mr Ashok, il suo defunto ex principale, il successo non tarda ad arrivare. Per il futuro si vedrà: forse potrebbe investire parte del proprio capitale in una scuola per bambini poveri di Bangalore: una scuola piena di Tigri Bianche, in cui non si parla né di Gandhi, né dei 36 milioni di divinità indiane.
Centinaia di incontri dedicati a introdurre i giovani alla lettura di alcuni capolavori della letteratura cristiana e non, uno scambio continuo di conoscenze ed esperienze per capire, appassionarsi, condividere: su questo si reggeva la missione educativa condotta da don Fabio Baroncini nell’alveo degli insegnamenti di don Luigi Giussani. Sullo slancio di quanto lo stesso Giussani aveva fatto con il volume Le mie letture, questo libro raccoglie e sintetizza le introduzioni alla lettura con cui don Fabio faceva nascere nei ragazzi non solo una passione letteraria ma anche un metodo conoscitivo. Abelardo, Manzoni, Claudel, Dostoevskij, Lagerkvist, Bardy, Péguy, Martindale, Eliot e Dante sono alcuni degli autori scelti per introdurre le proprie riflessioni, per generare un dibattito con i giovani e trovare quelle pietre di paragone tra l’arte letteraria e le proprie esperienze di vita: una ricerca continua, originale e sempre viva perché alimentata dalla passione per la conoscenza e da un infaticabile impegno educativo.
Le parole a volte si bloccano in gola e non vogliono più uscire. Viola è appena una ragazzina quando un giorno si alza e si veste, aspettando di sentire la voce assonnata del padre che la deve accompagnare a scuola. Ma quella mattina lui non si sveglia più e qualcosa in lei si ferma: mutismo selettivo, lo chiamano i medici, e sua madre decide che starà meglio in una scuola svizzera, dove sarà seguita. Prima di partire Viola riceve da Fulvio, un vecchio amico di famiglia, un dono prezioso: un pacco di lettere, un libro antico e due agende che riemergono dal passato del padre. Per un intero inverno, nella sua stanza del collegio, le legge e rilegge. Compare più volte il nome di una donna mai sentito prima, Claire: per lei Giacomo, all'inizio degli anni Ottanta, si era trasferito a Londra, con il sogno di iniziare una nuova vita. Viola non riesce a capire perché si siano separati ma avverte che, nella fine di quella relazione, è nascosto qualcosa di più: non solo un segreto custodito da Giacomo, ma forse anche l'antidoto al proprio dolore. In un romanzo intimo e profondo, Daniele Bresciani ci racconta come ognuno di noi si tenga stretto un pugno di frasi, quelle che non riesce a confessare alle persone amate, fino a quando non diventa troppo tardi. E ci dice che la verità, bruciante o dolce che sia, sa percorrere strade tortuose pur di trovarci.
Nel 1987 Miri Ammerman torna a Elizabeth, in New Jersey, la città dov'è nata, per partecipare alla commemorazione degli eventi tragici che, trentacinque anni prima, hanno segnato per sempre la sua vita e quella di molte altre persone: all'inizio degli anni Cinquanta, quando Miri era una quindicenne, innamorata per la prima volta, nel giro di pochi mesi tre aerei mandarono in fiamme il cielo invernale schiantandosi su Elizabeth. È sullo sfondo di questi avvenimenti realmente accaduti, in un momento in cui i viaggi aerei rappresentavano una novità entusiasmante, e in tanti sognavano di volare da qualche parte, che Judy Blume immagina e tesse la storia indimenticabile di tre generazioni di famiglie, amici e sconosciuti, le cui vite verranno profondamente cambiate da questa serie di disastri. Nel farlo, traccia un ritratto vivido di un luogo e un tempo particolari, quando Nat King Cole cantava Unforgettable e le ragazze volevano pettinarsi tutte come Liz Taylor, quando agli amori e alle amicizie giovanili si mescolava l'isteria collettiva per la bomba atomica, con in sottofondo le voci della minaccia comunista. "Ti vedrò nei miei sogni" è un romanzo percorso da un toccante senso di normalità e soprattutto da una tangibile e istintiva voglia di speranza. I personaggi della Blume vivono esperienze tragiche, affrontano il dolore per la perdita di persone care e hanno nostalgia dei bei tempi andati, ma nonostante questo non smettono mai di ricordare che vale la pena di vivere la vita, sempre.
Josephine ha grandi occhi verdi e un sorriso contagioso, nonostante la vita l'abbia presto messa alla prova costringendola a convivere con una malattia che le rende difficili anche le azioni più semplici, e che lei esorcizza tramite la fotografia, grazie a una vecchia polaroid appartenuta a sua madre. Anche se lei, in realtà, sua madre non l'ha mai conosciuta. Anzi, l'ha creduta morta per anni e, quando ha scoperto la verità, ormai era troppo tardi. In compenso però ha trovato una nuova famiglia: tre fratellastri di cui non ha mai sospettato l'esistenza. Carlotta, Emilia e Lorenzo. Arrivata a Roma per scoprire qualcosa di più del suo passato e del suo inaspettato presente, Josephine è subito stregata dal romanticismo della città eterna. Abituata a guardarne le immagini in televisione o al cinema o sui libri, vedere dal vivo tanta meraviglia le dà quasi alla testa. Così, mentre il suo cicerone d'eccezione, Lorenzo, la guida attraverso i luoghi preferiti dalla madre e alla scoperta di incantevoli angoli nascosti, Josephine deve ammettere a se stessa che è pressoché inevitabile innamorarsi di Roma, così come di quel ragazzo dagli occhi gentili...
Giò Coppola ha cinquant’anni, per lavoro legge delle poco affidabili previsioni meteo e ha una vita sentimentale che assomiglia a una giostra. Ma la vera rivoluzione arriva quando l’ex moglie parte per lavorare un anno all’estero e lui si ritrova, dopo tanto tempo, a vivere con suo figlio: Duccio, nove anni, un concentrato di domande scomode e innocente saggezza. Con lui, Giò ha sempre avuto un rapporto che definisce minimalista, ma adesso, tra risvegli caotici, pranzi improvvisati e compiti di matematica che sfidano la logica, scopre il bello - e il difficile - di essere un padre a tempo pieno. Ma non è solo, intorno a lui si muove un cast di personaggi straordinari e strampalati: sua madre, sempre pronta a dispensare consigli non richiesti, e il padre, che parla poco ma, quando lo fa, lascia il segno. La sorella minore Lulù, con due matrimoni falliti alle spalle e un adolescente da crescere, che si è rifugiata in casa con la sua gatta Mafalda, amante dei talent show. E poi c’è Paco Meraviglia, l’amico di sempre, ottimista irriducibile e padre modello, innamorato della vita e delle persone, in perpetua ricerca dell’amore puro ed eterno, convinto che i genitori compiano gesti eroici ogni giorno. "Ti telefono stasera" è l’ironico e tenero racconto di una famiglia attualissima - con le sue complicazioni, il caos e l’invincibile voglia di far prevalere la fantasia - e di un rapporto tra padre e figlio di cui Lorenzo Marone illumina con sguardo partecipe fragilità e slanci temerari, paure e desideri. E attraverso la bellezza dell’imperfezione restituisce un nuovo, profondo significato all’essere padre oggi. Perché, forse, crescere un figlio è la più grande avventura di tutte. Pensavo: forse vivere è questo, un gesto ogni tanto, che ferma il tempo, un istante di affetto, un pomeriggio che nessuno racconterà, ma che resta inciso da qualche parte.
Lettere briose, profonde, filosofiche, dense di umanità e di straordinarie lezioni educative, tra testi di canzoni trap e brani di Seneca. È il dialogo che un "prete di galera", cappellano del carcere minorile di Bologna, intraprende idealmente con Y, uno dei tanti ragazzi che ha incontrato e che oggi ha scontato la sua pena e vive libero. Un testo che offre uno scorcio straordinario sul punto di vista di un educatore, ed è anche un affresco del mondo degli IPM (Istituti Penali per i Minorenni): realtà sconosciute ai più, e relegate a una sorta di irrilevanza sociale. Eppure, le storie e le voci di questi giovanissimi ci danno la misura di quanto sia importante non arrendersi, come comunità, e fornire strumenti di cambiamento, percorsi di riconciliazione, prospettive di futuro.
Erri e Paolo sono entrambi napoletani. Sono diventati amici. Anche se Paolo vive e lavora in California. Erri comincia a scrivere, e Paolo risponde. Ne nasce una sequenza di missive in cui si parla di dna, di orologio circadiano, di olfatto, dei ritmi che cadenzano le risposte del corpo e della psiche alle sollecitazioni ambientali, e più in generale all'universo. Gli studi di Paolo Sassone-Corsi hanno a che fare, per l'appunto, con i geni clock che producono proteine all'interno di ogni cellula, accendendo risposte cicliche che governano le nostre funzioni fisiologiche. De Luca interroga, sollecita, provoca l'amico lontano. Sassone-Corsi cerca sintonie, spiega, si sottrae alla condizione segregata e oscura dello scienziato. Con leggerezza il clima fraterno del carteggio prende la forma di un'avventura dello spirito, Erri e Paolo sanno entrambi che la nettezza di certe risposte scientifiche corre accanto a un mistero che è ragione del sapere ma anche condizione umana. "Perché siamo qui?" è pur sempre la domanda e la risposta che poesia e scienza continuano a condividere.

