
"Anima e amore" comprende tredici scritti giovanili e filosofici di Hermann Hesse sul tema della spiritualità e dell'amore. Questi tredici brevi saggi, impregnati di biografia e filosofia, di riflessioni personali e considerazioni politiche, furono pubblicati in varie riviste dal giovane Hermann Hesse tra gli ultimi anni dell'Ottocento e la fine della Prima guerra mondiale, a chiusura di un'epoca fatale dell'umanità e dell'Europa in particolare. "Anima e amore" cerca di svelare l'origine e il "seme" della grande impresa hessiana, che conoscerà successivamente la fama mondiale con la pubblicazione di Siddartha: lo sforzo di armonizzare spirito orientale e cultura occidentale, il tentativo ostinato e caparbio di ricercare l'"anima", l'autentico io interiore, di trovare una via in grado di far coesistere religione e tolleranza, intelligenza e istinto, mente e corpo; in definitiva, di riportare in vita l'unica divinità possibile, quella che dimora nella mente e nel petto di ogni singolo uomo. Tra gli altri brani proposti spiccano Sull'anima pubblicato nel 1917, L'arte dell'ozio pubblicato nel 1904 e Non uccidere pubblicato nel 1918.
In una piccola città di provincia, dove tutti sanno e nessuno dice, una storia senza tempo che svela l'anima di un mondo condannato.
Sara non sa liberarsi da un padre che la detesta. L'illusione della fuga è ciò che le rimane, mentre la sua famiglia di diabolici avvocati, che stringe nel pugno la città intera, celebra la propria dissoluzione.
Sara vive la cattiveria, la grettezza, l'aridità di cui sono capaci gli uomini quando si tratta di tenere le donne nel ruolo che per secoli hanno costruito per loro.
La storia di Sara ci fa attraversare questo inferno domestico, affascinati da una ragazza che ne porta, con tenerezza e coraggio, le stimmate.
Una straordinaria metafora della cecità del potere.
Sara si è alzata prima dell'alba. Poche ore di sonno agitato. L'odore di mele e cannella filtra dal forno: il permesso di preparare la crostata è il suo regalo per Natale. Sorveglia dallo sportello lo zucchero sciogliersi in caramello bruno. «Sta cuocendo bene...» pensa. «Troppo morbida», si erano lamentati i suoi l'anno prima.
Sulla sedia, avvolta dalla vestaglia di lana, le mani attorno alla tazza calda di caffellatte, Sara è raccolta nella calma profumata: le stanze sono ancora spogliate di voci aspre. Natale può anche finire cosí.
Salomone Rubinstein, un ricco ebreo polacco che in Francia è diventato il re della confezione in serie di pantaloni, si ritira dagli affari e fonda la S.O.S. Benevoli. Si tratta di un'associazione umanitaria per alleviare le sofferenze del prossimo e che accoglie anche gli appelli telefonici di quanti hanno urgente bisogno di aiuto: perché versano in ristrettezze finanziarie o sono malati o si trovano in difficoltà di ordine morale. All'inizio gli angosciati sono due: il vecchio Salomone Rubinstein e il giovane Jean, dalla faccia, ma solo, poco raccomandabile, che si arrangia come può aggiustando di tutto. L'incontro tra i due è "storico": Jean viene assunto da Salomone per recarsi "sui luoghi", cioè in casa di coloro che, per i motivi più disparati, si rivolgono alla S.O.S. Benevoli. Ed ecco, tra costoro comparire Coro Lamenaire, un ex cantante di canzoni "realiste", e un tempo amica di Salomon; una signora sessantacinquenne, ma ancora pimpante, che non riesce a dimenticare il suo passato di donna amata e applaudita. Su questo triangolo, tra Salomone, Jean e Coro, si costruisce la storia fatta di umorismo e angoscia ma che tuttavia, nel finale, si apre a un dolce sorriso di speranza.
Una moglie infedele, un giovane amante, un marito ignaro. Sembrerebbe il solito ritornello dell'amore inquieto. Eppure, con questi elementi apparentemente banali, Stefan Zweig riesce non soltanto a fornirci un preciso quadro d'epoca in cui la fine analisi psicologica dei personaggi costituisce un elemento essenziale, ma ci dà anche un saggio di quella che è la sua qualità migliore: la capacità tutta moderna di costruire storie imprevedibili e di grande tensione narrativa. Quasi anticipando il thriller dei nostri giorni, l'autore dispiega una trama incalzante che preme sul lettore e lo coinvolge emotivamente, pagina dopo pagina, e ogni pagina ha il suo peso e la sua funzione, fino al colpo di scena finale che svela il mistero dei protagonisti e illumina in virtù dei semplici meccanismi narrativi del racconto, il senso delle loro passioni e dei loro conflitti spirituali.
Nelle settimane che in Germania seguono la fine della guerra, Hans Schnitzler torna al suo paese, e lo trova segnato da una rovina che è anche e soprattutto morale. I sopravvissuti sembrano murati in un sentimento di egoismo e di indifferenza. Il reduce troverà un barlume di solidarietà e di affetto soltanto in una donna che ha perso il figlio da pochi giorni, e sopravvive vendendo al mercato nero il poco che le è rimasto. Su questa "Germania anno zero" veglia un angelo che sembra non avere più parole, e tace sulla freddezza e sulla brutalità che sono scesi sul mondo. Scritto negli anni '40, sulla base di una evidente esperienza autobiografica (il giovane Boll tornava dal fronte russo), questo romanzo è stato pubblicato nel 1922, dopo la morte dell'autore.
La vecchia mamma con l'Alzheimer vede un angelo sopra la credenza, il papà ipocondriaco ingurgita pastiglie mentre ricorda la guerra di Russia, la zia ultranovantenne, pasticciona e iperattiva, tiranneggia tutti. In mezzo alle tre "vecchie canaglie" c'è lui: figlio e nipote sessantenne alle prese con la stralunata famiglia, dove i guai dell'età si trasformano ogni giorno in commedia dell'assurdo e i dialoghi in aforismi fulminanti. Storie di ordinaria vecchiaia raccontate con umorismo, che nasce da un grande amore filiale e dal rispetto profondo dell'antico comandamento "onora il padre e la madre". E ovviamente anche la zia, perché anche lei fa parte della famiglia e della catena solidale che lega una generazione all'altra.
Il libro raccoglie tutti i migliori racconti scritti da Russell Banks nel corso della sua vita. Come un film di Altman, le storie di Banks possiedono uno sguardo profondo e corale, partecipe e dolcemente ironico; le sue pagine dipingono la bellezza delle emozioni e della dignità ritrovata, i grandi fallimenti, i trionfi, brevi e assoluti; i suoi racconti ritraggono un'America lontana dai venti di conquista, dalla ricchezza e dal glamour, un Paese intenso e doloroso, scontento e vibrante.
Giugno 1930, Parigi. Nei giardini dell'hotel particulier della contessa Anna Letizia Pecci Blunr, si svolge il ballo più elegante della stagione. In quella serata un po' magica, tra principi, artisti e dame dell'alta società, un ragazzo di diciassette anni, arrivato da Londra per studiare all'Ecole des Beaux-Arts, incontra Lee Miller. Sottile, slanciata, gli splendidi capelli biondi tagliati alla garsonne, Lee ha solo due anni più di lui, ma è già un'inafferrabile icona di fascino e bellezza. Ed è una donna soprattutto emancipata, uno spinto libero che suscita irrefrenabili passioni nei molti uomini che entrano nella sua vita. È arrivata dagli Stati Uniti un anno prima, dopo essere diventata la modella preferita di Condé Nast, il fondatore dì Vogue...
Nell'"Angelo della finestra d'Occidente" Meyrink inscena la biografia di un alchimista realmente vissuto - quel John Dee che fu matematico e cultore di discipline ermetiche, magiche e astrologiche sotto il segno di Elisabetta I d'Inghilterra -, ma in modo da evocare gli stadi di un vero e proprio processo alchemico in cui morte e rinascita sono momenti progressivi per accedere all'autentica conoscenza. Il romanzo è apparso per la prima volta nel 1927.

