
L'avventura e la politica, l'amore e la guerra, il viaggio e l'utopia. Tutto Sepulveda con le sue passioni e i suoi temi più cari, rappresentati in questo libro che raccoglie 24 racconti dello scrittore cileno. L'appuntamento d'amore tra un sandinista che combatte in Nicaragua contro la dittatura e la moglie di un prigioniero in mano ai rivoltosi; la notte di terrore di un ricercato politico in attesa dell'arrivo di uno "squadrone della morte"; l'impresa di dodici confinati sperduti nel mezzo del deserto cileno; l'incontro mancato tra un esule e la donna amata... E ancora: dittatori senza scrupoli, fieri malavitosi dei porti, vecchi anarchici con un'antica ferita d'amore, coppie senza più speranza, prostitute commoventi e grottesche.
L'avventura e la politica, l'amore e la guerra, il viaggio e l'utopia. Tutto Sepulveda con le sue passioni e i suoi temi più cari, rappresentato in questo libro che raccoglie 24 racconti dello scrittore cileno. L'appuntamento d'amore tra un sandinista che combatte in Nicaragua contro la dittatura e la moglie di un prigioniero in mano ai rivoltosi; la notte di terrore di un ricercato politico in attesa dell'arrivo di uno "squadrone della morte"; l'impresa di dodici confinati sperduti nel mezzo del deserto cileno; l'incontro mancato tra un esule e la donna amata... E ancora: dittatori senza scrupoli, fieri malavitosi dei porti, vecchi anarchici con un'antica ferita d'amore, coppie senza più speranza, prostitute commoventi e grottesche.
Quando Paul Valéry fu accolto, nel 1925, fra gli "immortali" dell'Académie française, si vide costretto - lui che non aveva grande stima per l'arte del romanzo - a pronunciare l'elogio di Anatole France, suo predecessore. In un 'panegirico' divenuto leggendario, non solo riuscì a parlare di France senza mai menzionarne il nome, ma con squisita perfidia contrappose le sue opere a quelle di Tolstoj, Ibsen, Zola, tacciandole di leggerezza. Non c'è da stupirsi, ci avverte Kundera: difficilmente il romanziere rientra nella schiera di coloro che incarnano lo spirito di una nazione. Proprio in virtù della sua arte, il romanziere è per lo più "segreto, ambiguo, ironico", e celato com'è dietro ai suoi personaggi - difficilmente si lascia ridurre a una convinzione, a un atteggiamento: quel che gli preme non è la Storia (e tanto meno la politica), bensì il "mistero dei suoi attori". Come Beckett, è libero, persino dal virtuoso senso del dovere che lo vorrebbe prigioniero di un Paese o di una lingua; come Danilo Kis, respinge ogni etichetta, anche quella, proba e accattivante, di emigrato o dissidente; come Skvorecky, è pronto a rivolgere il suo "inopportuno humour" contro il potere e insieme contro il "vanitoso gesticolare" di chi protesta. E spesso finisce sulle liste di proscrizione che governano i gusti letterari: soprattutto quando, come Malaparte, ci rivela la cupa bellezza di una realtà diventata folle, la nuova Europa nata da un'immensa disfatta, e un nuovo modo, vinto e colpevole, di essere europei.
Capri, anni Trenta. Uno scrittore disilluso e scontento di sé arriva a Capri in un giorno di pioggia e si stabilisce in una piccola pensione, scelta a caso tra le molte dell'isola, gestita da una famiglia molto singolare, su cui aleggia un'aria di mistero e di fascino. Il padrone, un anziano signore con una moglie giovanissima, Annetta, è una sorta di filosofo che conosce "il senso segreto della vita" e che emana uno strano magnetismo al quale tutti gli ospiti della pensione soccombono. L'incontro dello scrittore con Annetta, che subito gli appare come la donna del destino, lo coinvolgerà nell'eterno gioco del cedere e del negare, della passione e delle sue chimere.
Nel 1535 l'Europa, lacerata dallo scisma di Lutero, è incendiata da improvvise e violente ribellioni contro la Chiesa cattolica e il Papa. A Münster, Bernd Rothmann, un giovane predicatore cresciuto sotto l'ala protettrice del vescovo della città tedesca, capeggia una rivolta, presto soffocata, contro la corrotta gerarchia cattolica. Diciotto anni dopo, a Lione, l'Inquisitore generale riceve l'ordine di identificare l'autore di un libro anonimo, un trattato velenoso e erudito, che si fa beffe del dogma dello Spirito Santo. L'incarico è affidato a Pfister, un tipografo di Lione, uomo di immensa cultura. Ma quale legame intrattiene Pfister con le vicende di Münster di diciotto anni prima e con il visionario predicatore Bernd Rothmann?
IL LIBRO
All’alba di un 17 ottobre, al chilometro 17 di una strada che conduce a un aeroporto austriaco, un taxi esce di strada e precipita in un burrone. I due passeggeri, un uomo e una giovane donna, entrambi di nazionalità albanese, muoiono sul colpo. Il tassista, sopravvissuto, non riesce a spiegarsi le cause dell’incidente: l’unico particolare che ricorda (o crede di ricordare) è di aver notato qualcosa nello specchietto retrovisore, ma non è in grado di precisare cosa fosse, né di dire chi fossero i due passeggeri, dove andassero e perché, tutto essendo in loro indecifrabile.
Dalle indagini emerge che le vittime erano amanti. Il caso, dapprima archiviato come «incidente atipico», viene riesaminato dai servizi segreti serbi e albanesi, che però non approdano a nulla. Si è trattato davvero di un incidente, oppure di un omicidio a sfondo sentimentale o di un assassinio politico? Sovrapponendo la dimensione affettiva a quella storica e politica, la narrazione lascia aperto fino all’ultimo il dubbio sulla soluzione del mistero. Ciò che Ismail Kadaré, al di là dei fatti, esplora in queste pagine è una storia d’amore, una storia con molte derive. Al punto da indurre il lettore a chiedersi se l’amore esiste veramente o è solo un’illusione, una maschera...
UN BRANO
"Quando gli fu chiesto per l’ennesima volta che cosa avesse visto di preciso, il tassista non seppe rispondere. Gli interventi del medico, che aveva raccomandato di non stancare il paziente, non dissuasero il giudice dal continuare. Quale spettacolo si era offerto ai suoi occhi nello specchietto retrovisore interno... in altri termini, che cosa era successo sul sedile posteriore del taxi di così strano da farlo distrarre? Una lite tra i due passeggeri? O forse effusioni e carezze particolarmente spinte?
Il ferito fece cenno di no con la testa: nulla di tutto ciò.
E allora? quasi gli urlò l’altro. Perché hai perso la testa? Che diavolo hai visto?
Il medico stava per intervenire di nuovo quando il paziente, sempre in un tono strascicato, cominciò a raccontare. Alla fine del suo discorso, che era sembrato interminabile, il giudice e il medico si scambiarono uno sguardo perplesso. Secondo il ferito, i due passeggeri sul sedile posteriore del taxi... avevano solo... solo... cercato in tutti i modi di... baciarsi!"
L'AUTORE
Ismail Kadaré, nato nel 1936, poeta, saggista e romanziere, è il più grande autore albanese contemporaneo e uno dei più noti scrittori europei. Nel 2005 è stato il primo vincitore del Man Booker International Prize per la sua opera, spesso pervasa da un fantastico «assurdo» che evoca la solitudine disperante degli eroi di Kafka.
Un annuncio pubblicitario sul Times rivolto a coloro "che apprezzano il glicine e il sole" è il preludio a un mese rivelatorio per quattro donne dalla personalità assai diversa. Cullate dalla primavera mediterranea, queste donne abbandonano a poco a poco i formalismi di società e scoprono un'armonia mai conosciuta.
Un misterioso viaggiatore dai capelli biondi arriva a Sikri, sede della corte Mogol, e chiede udienza al sovrano Jalalluddin Muhammed Akbar, detto Akbar il Grande. Lo straniero afferma di venire da una sconosciuta, remotissima città di nome Firenze e di avere una storia tanto meravigliosa quanto veritiera da raccontare: una storia che lega i destini della misteriosa capitale d'Occidente da cui proviene a quelli della discendenza del monarca indiano. Inizia così un racconto che, unendo una pirotecnica inventiva a una minuziosissima documentazione, si snoda tra figure storiche gigantesche, una fra tutte Machiavelli, e vede tra i protagonisti l'enigmatica Qara Köz, Madama Occhi Neri, principessa destinata a sconvolgere con la sua esotica e rara bellezza la raffinata corte medicea. Quanto c'è di vero nel racconto del viaggiatore, il quale afferma di non essere altri che il figlio di Qara Köz? E se ciò che racconta è vero, che ne è stato della principessa? Non si tratterà invece di un bugiardo che, in quanto tale, merita solo la morte? Dopo il successo di Shalimar il clown, torna uno dei massimi autori angloindiani viventi con un romanzo che indaga con magistrale sapienza i mille, inesplorati legami che uniscono una delle massime stagioni storiche europee, il Rinascimento florentino, a una delle corti più splendide d'Asia, immortalata all'apice della sua fioritura.
E' la notte di Natale quando a Cecilie, una ragazzina costretta a letto da una grave forma di tumore, appare, tra il sonno e la veglia, una creatura misteriosa, del tutto priva di capelli e in grado di volare. Dice di chiamarsi Ariel e di essere un angelo. I due stringono un patto: la ragazzina svelerà all'angelo i misteri della corporeità - la sensazione che si prova a toccare una palla di neve, il sapore di una pasta alle mandorle, il suono di una canzone natalizia - mentre Ariel le svelerà i misteri celesti: la vera natura degli angeli, il loro rapporto con Dio, che cosa siano la coscienza, la memoria, l'anima.
Più che saggi letterari questi tre scritti di Herta Müller possono essere definiti incontri con una poesia intesa come vita, come pane quotidiano, come unico mezzo per sopravvivere. L’autrice riflette infatti su tre poeti e racconta del loro esprimersi in poesia, cercando nella loro esperienza l’«immagine dell’essere umano». Esperienza che non fu solo quella del totalitarismo, ma fu soprattutto, per loro e per una fetta importante di umanità, quella della continuità inconcepibile del totalitarismo: attraverso il nazismo, la guerra, i campi di concentramento, fino ai regimi comunisti dell’est europeo. Generazioni diverse e successive, perdute entro questa continuità senza vie di fuga dalla trappola. Cioè da quell’impasto di «paura di morire»; di angoscia di sapere (come Primo Levi) di essere legati a un capo della corda all’altro capo della quale sono i sommersi, i morti, e «che alla fine sono loro i più forti»; e di senso di colpa per appartenere a un’identica storia. La stessa trappola, del resto, prigione dell’autrice, che invisa al regime per le sue idee e per la sua provenienza etnica di tedesca sotto Ceauşescu, aveva contemporaneamente presente il ricordo colpevole del padre militare nelle SS. A questo assurdo indicibile solo la poesia come modo d’essere può ridare la parola. Così, molto più che scrivere di letteratura su sofferti poeti del mondo tedesco, Herta Müller legge, attraverso la poesia, nel vissuto, scava stati dell’animo come emergono dalle parole clandestine di tre menti vietate, deportate, dimenticate o suicide. Riflette sulla condizione di chi è costretto a dover scegliere sempre tra tre categorie di appartenenza: chi collabora volontariamente, chi può essere chiamato a collaborare e chi rifiuterà di collaborare lasciandosi come unica possibilità la poesia, detta o taciuta, emersa o sepolta per sempre.
Herta Müller, nata nel 1953 a Niţchidorf, nella regione del Banato svevo passata alla Romania dopo la Prima guerra mondiale, ha lavorato come traduttrice e insegnante. Nel 1987 è emigrata a Berlino dove tuttora vive. Nel 2009 riceve il Premio Nobel per la Letteratura, con la seguente motivazione: «Con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati». Fra le sue opere sono state pubblicate in italiano: Bassure, Il paese delle prugne verdi, In viaggio su una gamba sola e, con questa casa editrice, Lo sguardo estraneo e Cristina e il suo doppio.