
53 a.C. Autunno. La legione avanza lungo la pianura, gli elmi luccicanti sotto il sole. I soldati hanno affrontato molte prove nel lungo viaggio che li ha portati dalla Gallia all'Asia centrale, al confine estremo del mondo conosciuto. Sono giunti da lontano, ognuno seguendo il proprio destino, ma uniti sotto un'unica insegna: l'aquila di Roma. Tra loro, tre uomini la cui amicizia è cresciuta sul campo di battaglia, tra il fango, il sangue e la rabbia di chi non sa se ci sarà un domani. Tarquinio, l'aruspice guerriero. Nato in Etruria, nemico di Roma, la sua sorte è scritta in una profezia: tenere alto l'onore del suo popolo e raggiungere luoghi in cui nessun etrusco è mai stato. Brenne, il barbaro. I Romani hanno sterminato il suo villaggio e la sua famiglia e ora lo osannano nell'arena, dove è diventato il più valoroso dei combattenti. E infine il giovane Remolo, schiavo dalla nascita insieme alla sorella gemella. Venduti entrambi a tredici anni, Remolo alla scuola gladiatoria, dove conoscerà Brenne, e Fabiola a un lupanare, dove catturerà lo sguardo di uno dei personaggi più potenti della città. Un gladiatore, un aruspice e un barbaro, dunque. Insieme si arruoleranno nell'esercito di Crasso che affronterà i Parti a Carre e costituiranno la Legione dimenticata, per poi iniziare la lunga marcia verso casa e verso la libertà.
Nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini, mentre le strade e i campus di Teheran erano teatro di violenze barbare, Azar Nafisi ha dovuto cimentarsi nell'impresa di spiegare a ragazzi e ragazze, esposti in misura crescente alla catechesi islamica, una delle più temibili incarnazioni del Satana occidentale: la letteratura. È stata così costretta ad aggirare qualsiasi idea ricevuta e a inventarsi un intero sistema di accostamenti e immagini che suonassero efficaci per gli studenti e, al tempo stesso, innocui per i loro occhiuti sorveglianti. Il risultato è un libro che, oltre a essere un atto d'amore per la letteratura, è anche una beffa giocata a chiunque tenti di proibirla.
Con una zampa bianca e una nera e baffi eleganti, il Gatto della Biblioteca non è un gatto come gli altri. Alla calda casa di un essere umano preferisce la biblioteca dell'università di Edimburgo. I libri sono la sua vera passione, oltre al bacon e ai grattini dietro l'orecchio sinistro. È nei libri che trova le risposte ai rompicapo più stravaganti e scopre universali verità filosofiche. Sono le pagine di Nietzsche, Joyce, Orwell e Heaney a farlo riflettere sulle cose del mondo. Ma soprattutto i libri gli insegnano l'arte di leggere le profondità dell'animo umano e coglierne i segreti più nascosti. Gli umani, infatti, sono esseri complicati, a volte fragili e ingenui. Eppure sono anche piuttosto prevedibili e, in fondo, desiderano tutti le stesse cose: trovare l'amore, scoprire passioni nascoste, vivere emozioni forti. Da lettore esperto, il Gatto della Biblioteca sa bene che per ognuno di questi desideri c'è il libro giusto: 1984 ci offre una nuova prospettiva sul mondo, Shakespeare ha sempre una risposta per tutto, Harper Lee ci aiuta a prendere le decisioni giuste e ad ascoltare il cuore, mentre Trainspotting è la lettura perfetta per sentirsi su di giri. A volte basta la pagina di un libro a farci capire che la felicità sta nelle piccole cose. Perché i libri sono compagni fidati e ci indicano la via. E se sapremo seguire i consigli di lettura del Gatto della Biblioteca, troveremo quello che stiamo cercando. Ispirato alla storia del gatto Jordan, assiduo frequentatore nonché vero residente dell'Università di Edimburgo, questo romanzo tenero e irriverente è subito diventato un caso editoriale in Inghilterra, appassionando migliaia di lettori. È nata persino una pagina Facebook, che conta migliaia di fan e su cui tutti sono invitati a condividere i propri pensieri. Un libro sul potere e il fascino della letteratura. Un libro che ci insegna a conoscere noi stessi e a vedere il mondo con occhi diversi. Crediamo di saperla lunga, ma ci sbagliamo di grosso...
Più volte nel corso della sua esistenza Naipaul è tornato con la memoria a quando, ancora bambino a Trinidad, sognava di diventare un grande scrittore. Ma non ci aveva mai raccontato come si accostò alla scrittura e, prima ancora, alla lettura; come riuscì a crearsi, in una colonia alla periferia dell'impero britannico, un mondo soltanto suo, affatto estraneo alla letteratura della madrepatria sulla quale si era formato. Né ci aveva mai confessato in che misura il legame con l'India abbia agito in profondità nella sua vita. A poco a poco, Naipaul si è reso conto che compito della sua opera letteraria sarebbe stata una tenace esplorazione di quelle "aree di tenebra" che gli erano apparse sin dall'infanzia.
Pur di sfuggire alla modesta fattoria in cui è nata e cresciuta e coronare il sogno di vivere in città, spinta dall'illusione del benessere e dell'affrancamento sociale, l'ingenua Mary Louise accetta di sposare il poco attraente Elmer, più vecchio di lei e desideroso di trovare moglie solo per dare un erede all'attività di famiglia. Si trova dunque intrappolata in un matrimonio senza amore, tormentata per giunta dalle cognate nubili che non le perdonano di aver turbato la loro esistenza rigida e abitudinaria, tesa a conservare un'apparenza di rispettabilità, e si rintana in un mondo tutto suo, al confine tra realtà e immaginazione, in compagnia del cugino invalido Robert. Tra i due nasce un amore romantico, mai consumato e per questo più intenso, a cui Mary Louise consacrerà la vita, trovando finalmente le parole per esprimere i propri sentimenti nei romanzi russi che Robert le legge in un cimitero di campagna abbandonato. Ma nell'ambiente chiuso e conformista che la circonda basta un minimo scarto dalla norma per veder segnato il proprio destino.
Quando, nel 1918, Scholem lesse la traduzione tedesca della Leggenda dello scriba a Walter Benjamin, questi rimase «profondamente colpito» dalla qualità visionaria di un autore che quelle pagine gli davano modo di scoprire, ma il cui nome sarebbe tornato spesso nelle lettere all'amico degli anni successivi - allorché Agnon si andò affermando come il maggiore e il più fecondo narratore di lingua ebraica. In questo volume il lettore troverà riuniti alcuni dei racconti più celebri di Agnon; e, come accadde a Benjamin, non potrà che rimanere incantato da queste narrazioni, che assumono a volte il tono della fiaba, a volte l'andamento formulare della scrittura biblica. E che gli faranno scoprire alcuni di quei personaggi che entrano prepotentemente nell'immaginario - uno per tutti, il piccolo rabbi Gadiel: così piccolo che suo padre se lo porta alla preghiera del mattino nella tasca del vestito; così piccolo da poter rimanere chiuso senza gravi conseguenze nelle pagine dei sacri libri della Torà; così piccolo da essere ingoiato da un goy malvagio e da sopravvivere nel suo stomaco come Giona nel ventre della balena, per poi essere risputato fuori al momento opportuno, e poter discolpare il padre ingiustamente accusato di omicidio rituale, salvando così dallo sterminio l'intera comunità. Agnon domina un mondo di storie tanto ricco «che non basterebbero» scrive «trenta risme di carta» per raccontarle tutte, ma le riduce all'essenziale - e, con la sua prosa soavemente ironica, intessuta di sottili reminiscenze talmudiche, fa sorgere sotto i nostri occhi un mondo quasi magico, in cui si muovono straccioni e santi, spose malinconiche e cabbalisti, ma anche una capra capace di condurci nel Giardino dell'Eden.
La famiglia Demestre si riunisce ogni domenica a casa della vecchia madre Anna. Anche stavolta intorno alla tavola apparecchiata siedono Alain, Augustin, Albert con le loro moglie i figli, e Manette, ancora senza marito. Tutti sono impegnati a celare le preoccupazioni e i sentimenti che li animano, ma è impossibile non percepire l'atmosfera di freddezza, disprezzo, ipocrisia e invidia provocata dalla decisione di Alain di sacrificare il suo matrimonio per seguire l'amante in Malesia. I fratelli sono contrari e le loro reazioni mostrano quanto tra loro non ci sia una vera unione, né comprensione, né amore: nessuno vuole aiutarlo, nessuno vuole farsi carico delle conseguenze di una simile decisione e l'essere fratelli sembra essere più un peso che un valore. Sarà la prospettiva della morte a dare un senso al legame di sangue e a unire, volenti o nolenti, questi "stranieri" tra loro.
Romanzo che si snoda per libera accumulazione di frammenti disordinati (o ordinati secondo una logica "altra"), lo Svejk si appaia alle grandi narrazioni digressive di Cervantes e di Sterne, alle quali lo affratellano anche alcuni procedimenti comici. Come scrive nell'introduzione Giuseppe Dierna, che ha interamente ritradotto il romanzo, "l'elemento centrale nello Svejk è il continuo sdoppiamento della narrazione, un'ambiguità di fondo, un discorso che procede costantemente su un doppio piano, mantenendosi in bilico tra una narrazione realistica e la sua continua messa in parodia, e questo ai vari livelli del testo (voce narrante, personaggio Svejk, linguaggio, sviluppo della trama). O ancora meglio: delegando ora a Svejk e ora al narratore la guida delle operazioni, Hasek mette premeditatamente in atto nel suo romanzo un ininterrotto e diabolico gioco parodico con i codici del linguaggio e della narrazione, in un contesto da ultimi giorni dell'umanità che di tanto in tanto affiora in tutta la sua violenza". Con questa edizione si ripropone dunque un'opera con la dichiarata intenzione di cambiarle radicalmente di posto nel panorama della letteratura del Novecento: da classico marginale, espressione di una facile tradizione popolare, a raffinato capolavoro di grande complessità. Ma non per questo di meno godibile lettura.
Alla periferia di Buenos Aires, dietro alti muri perimetrali, al di là di cancelli rinforzati e affiancati dalle garitte della vigilanza, si trova il complesso residenziale di lusso Altos de la Cascada. Fuori, la strada, la baraccopoli di Santa Maria de los Tigrecitos, l'autostrada, la città, il resto del mondo. Ad Altos de la Cascada vivono famiglie facoltose che hanno lo stesso stile di vita e che vogliono mantenerlo, costi quel che costi. In quest'oasi dorata di pace e tranquillità, un gruppo di amici si riunisce una volta alla settimana lontano dalla vista dei figli, delle donne di servizio e soprattutto delle mogli che, escluse da questi incontri virili, si autonominano, ironicamente, "le vedove del giovedì". Ma una notte la routine si spezza rivelando il lato oscuro di una vita "perfetta".
Alla periferia di Buenos Aires, dietro alti muri perimetrali, al di là di cancelli rinforzati e affiancati dalle garitte della vigilanza, si trova il complesso residenziale di lusso Altos de la Cascada. Fuori, la strada, la baraccopoli di Santa Maria de los Tigrecitos, l'autostrada, la città, il resto del mondo. Ad Altos de la Cascada vivono famiglie facoltose che hanno lo stesso stile di vita e che vogliono mantenerlo, costi quel che costi. In quest'oasi dorata di pace e tranquillità, un gruppo di amici si riunisce una volta alla settimana lontano dalla vista dei figli, delle donne di servizio e soprattutto delle mogli che, escluse da questi incontri virili, si autonominano, ironicamente, "le vedove del giovedì". Ma una notte la routine si spezza rivelando il lato oscuro di una vita "perfetta".
Il protagonista di "Le Valchirie" è un uomo che vuole cambiare la propria vita e seguire un sogno: recarsi nel deserto del Mojave per vedere il proprio angelo custode e aprirsi, infine, alla conoscenza del mondo che lo circonda e di se stesso. Paulo sa che il deserto non è il luogo arido e vuoto che appare. Esso cela la possibilità di incontri nuovi e straordinari, come il maestro J. gli ha indicato. Al riparo dal chiasso del mondo, infatti, vi dimorano un giovane maestro della tradizione e un gruppo di donne guerriere, le valchirie, che percorrono il deserto in moto e che aiuteranno Paulo a portare a compimento la sua impresa. Ad accompagnare l'uomo, la sua compagna Chris che, con lui, condividerà questo cammino, insieme spirituale e reale, colmo di insidie. Un cammino che metterà a dura prova le loro convinzioni e il loro amore, li getterà nella reciproca incomprensione ma che indicherà loro, infine, la strada del vero amore e della vera conoscenza. Un romanzo misterioso e sorprendente che racconta, in forma narrativa, lo strabiliante percorso umano e spirituale dell'autore all'indomani della pubblicazione dell'"Alchimista".
Due romanzi brevi – o racconti lunghi, che dir si voglia – che mettono in risalto la vena fantastica e corrosiva di Michail Bulgakov. In queste opere di "scienza fantastica", più che di fantascienza in senso tradizionale, Bulgakov utilizza le possibili conseguenze di pericolosi (e affascinanti) esperimenti scientifici per mettere in ridicolo la dittatura sovietica, la sua chiusura mentale, la sua rigidità normativa. Cuore di cane racconta il tentativo di trasformare un cane in una creatura in qualche modo umana, tramite il trapianto di ipofisi e testicoli di un ubriacone morto in un randagio, che finirà con l'ereditare i peggiori difetti di entrambe le sue nature. Il protagonista di Uova fatali è invece uno zoologo che, quasi per caso, mette a punto un "raggio della vita" in grado di accelerare miracolosamente lo sviluppo cellulare. Una scoperta destinata a creare conseguenze mostruose e grottesche. Due piccoli ma incisivi capolavori del Novecento, ispiratori di un intero filone di letteratura fantastica.