
Come una danza leggera e sapiente, ma implacabile, Massimo Carlotto ci conduce nella orgogliosa arroganza del nuovo crimine. E racconta da par suo una grande storia, che spazia dai boschi radioattivi di Cemobyl ai caveau delle banche svizzere. Con una irresistibile gang di privilegiati. Zosim, Sunil, Giuseppe, Inez. La Dromos Gang. Si sono conosciuti studiando economia a Leeds. Brillanti, impeccabilmente vestiti, del tutto amorali ma tra loro fraterni, quattro giovanissimi con pesanti famiglie alle spalle piombano su Marsiglia da ogni parte del globo, per prendersela tutta. Sono convinti che il mondo è di chi corre veloce come il denaro, di chi corre più veloce di tutti, e il resto non merita di vivere. È subito guerra con i vecchi arnesi: un tenace boss corso di lunga carriera, e una poliziotta in disgrazia che ha un'idea tutta sua della giustizia. Mentre un narcotrafficante allo sbaraglio, che porta il nome fatale di un grande calciatore, proverà a giocare la sua esilarante, tragica partita. E Marsiglia, il luogo oggi dello scontro criminale per eccellenza, dove i conflitti si risolvono a colpi di kalashnikov, diventa l'epicentro di un sisma vastissimo, dalle conseguenze del tutto imprevedibili.
Comicità scatenata e scatenato erotismo: ecco i due binari su cui corre velocissima la cronaca della (breve) vita di Oberdan Baciro, vissuto quanto il fascismo e morto per distrazione. Figlio unico di madre vedova, devotissima a Dio e al Duce, il piccolo Oberdan è uno di quei rari esseri umani il cui destino si manifesta già nell'infanzia più tenera. A Oberdan basta un orlo appena sollevato, un baluginio di pelle, per trasformare la curiosità in chiodo fisso. Attorno a quell'apparizione fugace si consumano la sua infanzia e la sua giovinezza, votate al culto solitario dell'inspiegabile mistero femminile. Il problema però è che gli anni passano, ma per Oberdan il mistero resta tale. Non gli rimane così che rifugiarsi nella fantasia, accesa dai racconti di chi millanta esperienze trionfali. Mentre l'Italia degli anni Trenta cammina tronfia verso il baratro della guerra, Oberdan Baciro danza il suo impacciatissimo balletto con il desiderio, fino a un beffardo ultimo atto. Lelio Luttazzi sa essere meravigliosamente leggero. Di quella leggerezza gioiosa e immaginifica che è l'antidoto all'opacità del vivere. Con una lingua spigliata e volutamente démodée, strizzando l'occhio ai romanzi libertini, ci consegna un singolare affresco d'epoca che svela lo spirito irriverente nascosto sotto la gonnella dell'Italia più severa. Una storia briosa e imprevedibile come la migliore delle sue improvvisazioni jazz.
Un santuario di montagna, una comunità di preti e suore di clausura, nobiltà massonica, dicerie e sotterfugi, alleanze e intrighi. Questi gli ingredienti dell'avvincente e misteriosa vicenda che esplode a partire dal ritrovamento di un neonato piangente all'interno della chiesa. Nessuno sa chi sia e da dove provenga, ma la sua comparsa dà l'avvio a una indagine complessa e colma di sorprese. Da una parte le suore, protettive e materne, dall'altra i preti, con le loro diverse e talvolta contrastanti personalità, infine la popolazione laica, rapita dai suoi interessi e dai suoi capricci, sconvolta da passioni, gelosie e continui imprevisti. E lo spettro del satanismo, la sapienza patristica, il giro di informazioni segrete, la ricerca di una verità diffìcile a trovarsi.
Il romanzo è ambientato in Sicilia nel 1593. Un vescovo e un Capitano di Giustizia arrivano in un paese dell'entroterra dedito con eccessivo fervore alla lussuria. Per le leggi del tempo, l'adulterio è peccato ma anche reato. Una nobildonna, al centro di trame e tradimenti, rischia l'infamante imputazione.
L'immaginazione e la memoria storica di Pino Cacucci sono affollate di ribelli. Non sono necessariamente eroi a tutto tondo. Non hanno necessariamente il rigore ideologico di una dottrina o il vigore di una fede politica. Non sono necessariamente entrati nella fama che si trasforma in leggenda. Hanno però una caratteristica comune: incarnano in un gesto o in una vita intera l'insofferenza profonda per il conformismo e l'ingiustizia. Quelli di Pino Cacucci sono ribelli contro la loro stessa volontà e corrono incontro al destino con innamorata leggerezza. In questo libro si racconta di Horst Fantazzini, rapinatore gentiluomo, protagonista di tentate evasioni disastrose. Si racconta della bellissima e sfrontata Edera De Giovanni, che sfida il gerarca fascista, finisce in carcere, ne esce, prende contatti con i dirigenti della lotta di liberazione, viene catturata, torturata e fucilata a Bologna. Si racconta di Antonieta Rivas Mercado, pioniera appassionata di cultura nel Messico degli anni venti, travagliata da amori infelici e suicida a Parigi. Si racconta di Clément Duval, teorico della rivolta e dell'esproprio, condannato ai lavori forzati alle Isole della Salute, che provò a fuggire via mare almeno una ventina di volte. Di Sylvia Ageloff, strumento ignaro nelle mani di Ramón Mercader per entrare nell'entourage di Trockij e assassinarlo. E del bandito Sante Pollastro, cantato anche da De Gregori.
Scoprire da una nonna pervicacemente 2.0 che tua figlia tredicenne si accompagna con "lo smutandato", guando non è impegnata a occupare la scuola costringendoti a smascherare tutte le tue più inconfessabili contraddizioni di genitore... Infettarti per fumare di nascosto da tuo figlio di dieci anni che si è arruolato nell'agguerrita setta anti-tabacco dei Visp, Vigili Intrepidi Studenti Passaparola... Rischiare di perdere l'aereo perché tuo marito non vuole rinunciare all'ultima e fondamentale tappa del suo pellegrinaggio americano: mangiare un panino nel bar della mitica scena di Harry ti presento Sally... Farti sbugiardare da Casper, l'unico cucciolo di labrador con disturbi alimentari, alla prima assemblea con il Dirigente scolastico di fronte alla congrega delle mamme perfette... Cercare di resistere alle tentazioni de LaSimo che ti vuole convincere a rottamare il marito e provare l'ebbrezza del toy boy... Bruciacchiare nel forno la torta appena comprata al ristorante macrobiotico sotto casa per far credere alla prole che l'hai fatta con le tue mani e dunque non sei la madre degenere che loro credono... Fare lo slalom tra i SUV in bicicletta in una Milano che finalmente ha cambiato colore, ma puzza ancora inesorabilmente di smog... Per tutto il resto, c'è LaCarla! L'unica psico-estetista-guru capace di dispensare le più illuminanti perle di saggezza mentre ti scioglie gli inestricabili nodi alla base del collo.
Il cuore di questo libro è la storia di una grande amicizia tra due ragazzini. Intorno a quel cuore c'è un corpo: la Palermo di oggi, tra vecchie botteghe e lounge bar. Una città dove tutto quello che fai o non fai, anche senza volerlo, può alimentare il potere mafioso. E questo per il semplice fatto che i padroni della strada traggono profitto anche dai gesti più piccoli e quotidiani di chiunque, come comprare senza saperlo un biglietto della lotteria taroccato. Per Rafael - figlio di un'emigrata colombiana e di un operaio quasi disoccupato - e il suo amico Richi, crescere li, nel quartiere Spina, è un percorso accidentato, pieno di ostacoli che i loro occhi quasi non registrano. Piantati come sono dalla mattina alla sera in vicolo Grande, si confrontano quotidianamente, e per cosi dire naturalmente, con le regole non scritte di un mondo dove ogni diritto si trasforma in favore, ricevuto o concesso, e dove la connivenza s'infiltra ovunque. Quelle regole stridono sempre di più con le lezioni di una piccola professoressa precaria dagli occhi verdissimi, una "persona civile", troppo civile per molti degli abitanti del quartiere Spina. "Cose da pazzi" segue il destino di Rafael, di Richi e di altri personaggi a cui ci si affeziona, creando un ponte tra un sud immerso in un tessuto mafioso che crea miti e detta modelli e un nord di sradicamento, non diversamente compromesso.
Due anni imprecisati della prima decade del ventunesimo secolo. Una città, Paneròpoli, evidente alter ego di Milano (la città della panerà, del formaggio, come la chiamava non senza sprezzo Ugo Foscolo). Una folla di uomini e donne che vivono tante storie intrecciate d'amore, di potere, di sesso - in una rete che costituisce la trama stessa del romanzo, come della loro vita. Diverse generazioni, ma una su tutte, quella dei cinquantenni, per la quale è suonata "la campana dell'ultimo round"; diversi ceti sociali; genitori e figli; linguaggi diversi. Tanti fili con i colori del dramma, della satira, del sentimento romantico e del grottesco che disegnano pagina dopo pagina un arazzo fitto di figure e colori che trova senso e fine, proprio come la vita, soltanto nella sua improvvisa e imprevista conclusione. Un romanzo di trama e di personaggi, ricco di fatti e di ritratti. Un romanzo fittissimo di riferimenti culturali, tra i più vari e diversi, dal rock'n'roll alla poesia romantica, dai manga alla pittura rinascimentale. Un romanzo talvolta non facile e spiazzante sempre, sostenuto da un mirabile tour de force linguistico - che, comunque, non può lasciare indifferenti. Un romanzo che, lontano da ogni pensiero debole e linguaggio minimalista, sfida il lettore a misurarsi con quei valori "alti" - amore e morte, e l'arte, nelle loro varie declinazioni - che soli possono dare un senso alla vita
DESCRIZIONE DEL LIBRO
27 dicembre 1788: mentre Venezia è avvolta dal più freddo inverno a memoria d’uomo, un burchiello diretto a Mestre rimane bloccato in mezzo alla laguna gelata. Dentro la cabina, Elisabetta Grimani, da anni sofferente di epilessia, riflette sul destino che l’ha portata a sposare il procurator Lodovico Manin, uomo mite e scrupoloso ma troppo assorbito da impegni pubblici e dall’amministrazione di un patrimonio incommensurabile per prestare attenzione alla sua condizione di donna e madre mancata. Giunta in Friuli, la famiglia si segrega in un’anomala villeggiatura invernale. Mentre da Venezia giungono gli echi di un carnevale spensierato, la villa Manin di Passariano, Versailles del Friuli, nasconderà nel suo labirinto l’accennato tentativo della donna di cambiare il proprio destino. Rientrati a Venezia, i Manin scoprono di essere catapultati al centro dell’attenzione della capitale a causa della candidatura al dogado, proposta e quasi imposta a Manin dal cognato Francesco Pesaro, che Elisabetta considera un nemico della famiglia. La morte di Elisabetta nel 1792 lascia Lodovico Manin solo di fronte all’indecisione del patriziato veneziano, all’incalzare degli eventi francesi e all’arrivo dell’Armata d’Italia che violerà la sovranità della Serenissima al seguito di Napoleone Bonaparte.
L'AUTORE
Alberto Frappa Raunceroy è nato a Udine da antica famiglia friulana. Per anni ha cercato altrove quello che possedeva in Friuli: l’ispirazione. Scrive ispirandosi ai classici della letteratura europea. Nel 2007 ha pubblicato per le Edizioni Segno La condanna dei tre capitoli, romanzo storico-teologico in controtendenza e in polemica con certe fiction americane che, violentando storia e filologia, trasfigurano la letteratura e l’umanesimo occidentali
I primi 50 anni di vita di una donna eccezionale per fascino e intelligenza, dotata di un notevole talento artistico e di una spiccata personalità. Un racconto vivace delle esperienze della pittrice, dall'infanzia nella feudale Transilvania, allora Ungheria ora Romania, agli studi a Vienna e Budapest negli anni '25/30. Assistiamo poi all'incontro con il futuro marito, Enzo Massarani, avvocato e commercialista, e quindi al trasferimento a Milano, nell'Itali fascista del 1934. Vediamo attraverso i suoi occhi i milanesi di allora, gli anni della guerra, la fuga in Svizzera ed il dopoguerra, fino agli anni '60. Nell'agosto del 2011 ha compiuto 101 anni e completato la dettatura di questo libro di ricordi. Scritti in prima persona, i testi sono stati raccolti e trascritti dall'amica Silvana Baldini.
Roma, 1938. Alessandro Borghesi, ingegnere minerario neolaureato e pieno di entusiasmo, viene assunto in una missione archeologica destinata a scavare nell'oasi di Siwah, nel deserto del Sahara, alla ricerca della tomba perduta di Alessandro Magno. Ma ben presto il giovane Borghesi viene a sapere che secondo un antico papiro a Siwah è nascosto un tesoro ben più prezioso, di valore inestimabile: la fonte di un potere misterioso, un segreto celato da quattro ideogrammi - una lingua arcana e sconosciuta - che nessuno studioso al mondo è ancora riuscito a decifrare. Arrivato al Cairo, Alessandro si rende conto che intorno alla missione archeologica ruotano enormi interessi economici e politici: il tedesco Hans Brunner, morto in circostanze sospette, aveva infatti individuato proprio dove sorge l'oasi di Siwah un giacimento di greggio, ora conteso tra gli italiani - che occupano la Libia - e gli inglesi che controllano l'Egitto. Nel seguire le tracce di questa scoperta, Alessandro incontra l'affascinante Elisabeth Rosenheim, egittologa allieva del defunto professor Brunner, e decide di inoltrarsi con lei tra i tanti, troppi misteri della missione. Giunto nel cuore del Sahara, scoprirà che nemmeno il recupero del giacimento di greggio è il suo unico scopo. Nel viaggio si nascondono un'altra verità e nuovi, inquietanti interrogativi: perché l'Ovra ha intercettato una telefonata tra il cardinale di Chicago e la Segreteria di Stato di Pio XI
Aveva chiesto a sua madre di non dire a nessuno che sarebbe tornata a casa, e invece quando Manuela Paris scende dalla macchina, davanti al portone di casa sua, trova un comitato d’accoglienza grande quanto Ladispoli intera. È la vigilia di Natale, Manuela non ha ancora ventotto anni ed è alta e sottile, il suo sarebbe un corpo da atleta, non fosse che ora è fragilissimo - le ossa frantumate ricomposte dalle operazioni, la fisioterapia, le stampelle che chissà quando si potranno mettere via.
Manuela è tornata a casa, in Afghanistan era a capo di un plotone di trenta alpini – la realizzazione di un desiderio che nasceva nell’infanzia, il sogno di una bambina magra e selvatica con l’anima di una principessa guerriera - adesso è una sopravvissuta. Per caso. In balistica si chiama «teoria della divergenza»: Dovevo trovarmi in un punto, che era l’incrocio di una serie di linee, e queste linee sono sempre la conseguenza logica e matematica di una catena di azioni, decisioni, movimenti, gesti. Invece, per un caso, non c’ero. Ero dieci metri piú indietro, anche se non dovevo esserci, e l’esplosione mi ha fatto a pezzi, ma non del tutto. È per quella divergenza che sono viva.
Viva ma incapace di vivere, Manuela, incapace di pensare a un futuro che non sia tornare sul campo e far ripartire l’esistenza nel punto esatto in cui si è interrotta, un istante prima dell’attentato che adesso, invece di rassegnarsi a diventare passato, è intrusione continua nel presente. I medici le hanno detto che ricordare è importante, che ricostruire la sua storia fino al giorno del disastro può aiutarla ad andare avanti. E Manuela, che della disciplina ha imparato a non poter fare a meno, fa i compiti: ricorda, racconta dell’Afghanistan, della guerra, di un popolo sprezzante del pericolo e che più di tutto amava la libertà, scrive del deserto delle pietre e del sangue. Anche se le parole, le sembra, non servono a dissolvere i fantasmi: piuttosto li evocano, ne mettono a fuoco i dettagli.
Ogni sera, quando la casa è già silenziosa, Manuela esce sul balcone e accende una sigaretta. Dall’altra parte della strada, sul balcone dell’hotel Bellavista, un uomo nascosto dal buio fa la stessa cosa. Lui sa che lei si alza prima di tutti e va a letto per ultima, che dorme con la luce accesa, che a volte di notte si sveglia e cammina, che al posto del pigiama usa una maglietta bianca. Lei di lui sa che corre tanto e bene, che beve acqua gassata, che prima di spegnere la luce legge un libro e che fuma troppo. Non sanno nulla del passato che li ha costruiti, di quello che vogliono dimenticare, o magari nascondere, ma ognuno, dal suo limbo, studia il limbo dell’altro: le azioni minime, le espressioni, i gesti che parlano al posto della voce. E forse proprio nell’incontro con quest’uomo che sembra appena venuto al mondo, e che come lei sembra paralizzato in un presente di speranza e attesa, Manuela riuscirà a trovare il punto in cui si ricomincia a vivere. Un punto che dovrebbe stare lì, nell’incrocio delle linee determinate dalle azioni e dalle decisioni, ma che invece, contro ogni previsione logica e matematica, forse va cercato dieci metri più in là.
A sette anni dal successo di Un giorno perfetto, Melania Gaia Mazzucco (Premio Strega nel 2003 per Vita) passa a Einaudi con una storia epica e appassionante, che ci parla del nostro tempo e ci interroga sulle nostre responsabilità di uomini. Il grande romanzo contemporaneo di una delle autrici italiane più conosciute e amate nel mondo.