
Sono le cinque meno dieci esatte. Il lago s'intravede all'orizzonte: è una lunga linea di grafite, nera e argento. L'uomo che pulisce sta per iniziare una giornata scandita dalla raccolta della spazzatura. Non prova ribrezzo per il suo lavoro, anzi: sa che è necessario. E sa che è proprio in ciò che le persone gettano via che si celano i più profondi segreti. E lui sa interpretarli. E sa come usarli. Perché anche lui nasconde un segreto. L'uomo che pulisce vive seguendo abitudini e ritmi ormai consolidati, con l'eccezione di rare ma memorabili serate speciali. Quello che non sa è che entro poche ore la sua vita ordinata sarà stravolta dall'incontro con la ragazzina col ciuffo viola. Lui che ha scelto di essere invisibile, un'ombra appena percepita ai margini del mondo, si troverà coinvolto nella realtà inconfessabile della ragazzina. Il rischio non è solo quello che qualcuno scopra chi è o cosa fa realmente. Il vero rischio è, ed è sempre stato, sin da quando era bambino, quello di contrariare l'uomo che si nasconde dietro la porta verde. Ma c'è un'altra cosa che l'uomo che pulisce non può sapere: là fuori c'è già qualcuno che lo cerca. La cacciatrice di mosche si è data una missione: fermare la violenza, salvare il maggior numero possibile di donne. Niente può impedirglielo: né la sua pessima forma fisica, né l'oscura fama che la accompagna. E quando il fondo del lago restituisce una traccia, la cacciatrice sa che è un messaggio che solo lei può capire. C'è soltanto una cosa che può, anzi, deve fare: stanare l'ombra invisibile che si trova al centro dell'abisso.
Un bambino senza memoria viene ritrovato in un bosco della Valle dell'Inferno, quando tutti ormai avevano perso le speranze. Nico ha dodici anni e sembra stare bene: qualcuno l'ha nutrito, l'ha vestito, si è preso cura di lui. Ma è impossibile capire chi sia stato, perché Nico non parla. La sua coscienza è una casa buia e in apparenza inviolabile. L'unico in grado di risvegliarlo è l'addormentatore di bambini. Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, viene chiamato a esplorare la mente di Nico, per scoprire quale sia la sua storia. E per quanto sembri impossibile, Gerber ce la fa. Riesce a individuare un innesco - un gesto, una combinazione di parole - che fa scattare qualcosa dentro Nico. Ma quando la voce del bambino inizia a raccontare una storia, Pietro Gerber comprende di aver spalancato le porte di una stanza dimenticata. L'ipnotista capisce di non aver molto tempo per salvare Nico, e presto si trova intrappolato in una selva di illusioni e inganni. Perché la voce sotto ipnosi è quella del bambino. Ma la storia che racconta non appartiene a lui.
Londra, settembre 1914
"Le mie mani non tremano mai. Sono una chirurga, ma alle donne non è consentito operare. Men che meno a me: madre ma non moglie, sono di origine italiana e pago anche il prezzo dell'indecisione della mia terra natia in questa guerra che già miete vite su vite. Quando una notte ricevo una visita inattesa, comprendo di non rispondere soltanto a me stessa. Il destino di mia figlia, e forse delle ambizioni di tante altre donne, dipende anche da me. Flora e Louisa sono medici, e più di chiunque altro hanno il coraggio e l'immaginazione necessari per spingere il sogno di emancipazione e uguaglianza oltre ogni confine. L'invito che mi rivolgono è un sortilegio, e come tutti i sortilegi è fatto anche d'ombra. Partire con loro per aprire a Parigi il primo ospedale di guerra interamente gestito da donne è un'impresa folle e necessaria. E' per me un'autentica trasformazione, ma ogni trasformazione porta con sé almeno un tradimento. Di noi stessi, di chi ci ama, di cosa siamo chiamati a essere. A Parigi, lontana dalla mia bambina, osteggiata dal senso comune, spesso respinta con diffidenza dagli stessi soldati che mi impegno a curare, guardo di nuovo le mie mani. Non tremano, ma io, dentro di me, sono vento."
Grecia, 400 a.C. Pericle, tiranno di Atene, incarica il celebre scultore Fidia di concepire un'opera monumentale per onorare Atena. Nasce così il Partenone, nel quale Fidia colloca un'enorme statua della dea creata utilizzando ben 1137 chili d'oro. In realtà Fidia, d'accordo con Pericle, nasconde l'oro in un luogo segreto, come riserva per i tempi difficili che attendono la città. Ma presto gli ateniesi iniziano a sospettare e il destino dello scultore e del tiranno è segnato. E tutto quell'oro rimane nascosto per secoli... Gran Bretagna, 1802. I collaboratori del diplomatico britannico Lord Elgin incappano in una scoperta sconvolgente: sulla scorta di enigmatici indizi, riescono a individuare l'oro perduto degli dei e spogliano l'Acropoli delle sculture di Fidia. Sulla via del ritorno in Inghilterra, la nave che trasporta i reperti si inabissa nei pressi di una piccola isola, che diventa teatro della più imponente impresa di ripescaggio subacqueo dell'epoca. Ma anche scenario di trame e intrighi letali che vedono gli inglesi scontrarsi con le spie di Napoleone e i temibili servizi segreti del Papato. Oggi. Saranno Oswald Breil e Sara Terracini a provare a risolvere l'enigma della scomparsa e a ricercare l'oro modellato da Fidia, così da riportarlo a casa prima che l'avidità umana lo celi di nuovo al mondo intero. Attraverso un lungo viaggio nella Storia, Marco Buticchi ripercorre un mistero che unisce epoche lontanissime, dall'Antica Grecia agli anni di Napoleone. Sulle tracce di un tesoro di inestimabile valore, verranno svelate verità sepolte da millenni.
Roma, 11 luglio 1982. La sera della vittoria italiana al Mundial spagnolo Elisa Sordi, giovane impiegata di una società immobiliare del Vaticano scompare nel nulla. L'inchiesta viene affidata a Michele Balistreri, giovane commissario di Polizia dal passato oscuro. Arrogante e svogliato, Balistreri prende sottogamba il caso, e solo quando il corpo di Elisa viene ritrovato sul greto del Tevere si butta a capofitto nelle indagini. Qualcosa però va storto e il delitto rimarrà insoluto. Roma, 6 luglio 2006. Mentre gli azzurri battono la Francia ai Mondiali di Germania, Giovanna Sordi, madre di Elisa, si uccide gettandosi dal balcone. Il commissario Balistreri, ora a capo della Sezione Speciale Stranieri della Capitale, tiene a bada i propri demoni a forza di antidepressivi. Il suicidio dell'anziana donna alimenta i suoi rimorsi, spingendolo a riaprire l'inchiesta. Ma rendere finalmente giustizia a Elisa Sordi dopo ventiquattro anni avrà un prezzo ben più alto del previsto. Balistreri dovrà portare alla luce una verità infinitamente peggiore del cumulo di menzogne sotto cui è sepolta, e affrontare un male elusivo quanto tenace, che ha molteplici volti uno più spaventoso dell'altro.
Dall'osservatorio sul tetto del Collegio Romano, notte dopo notte padre Athanasius Kircher scruta il cielo. A chi la sa leggere, la volta celeste svela segreti e capovolgimenti che sfuggono all'occhio profano. E quando vede delinearsi, dopo quarant'anni, una rara configurazione astrale, il gesuita non ha dubbi: eventi funesti stanno per abbattersi su Roma, in quell'anno che già porta in sé il segno del male, il 1666. L'era dello Scorpione è tornata. Di li a poco una serie di barbari omicidi sconvolge la città. Le vittime sono tutte gesuiti, tutti decapitati, e lasciati sconciamente con le gambe scoperte. Dietro i delitti sembra celarsi la mano di uno spietato e temibile sicario, lo Scorpione. Nessuno lo ha mai visto, nessuno sa chi sia. Nessuno tranne Giovanni Battista Sacchi, detto il FuIminacci, irascibile e squattrinato pittore, che senza saperlo lo ha ritratto sul luogo del primo omicidio. Da questo momento, la sua vita è in pericolo e, per salvarsi, dovrà gettarsi in una caccia senza respiro all'assassino e scoprire il movente degli omicidi. Aiutato dall'affascinante Beatrice, cartomante e indovina, da padre Kircher, che anni prima aveva assistito ai primi delitti dello Scorpione, dal vescovo de Simara, Fulminacci dovrà affrontare agguati e processi inquisitoriali, duelli e inseguimenti per le vie e i palazzi di una Roma barocca e inquietante. E il quadro che si delinea assume dimensioni sempre più vaste, fino a coinvolgere uomini in tonaca e teste coronate...
Tre romanzi, tre capitoli di una sola storia, quella di padre Matteo, il Custode di Terrasanta. Nella prima, "Il custode dell'acqua", sullo sfondo di Gerusalemme e di un difficile dialogo tra israeliani e palestinesi, padre Matteo si trova coinvolto casualmente in una complessa vicenda che vede protagonisti i servizi segreti israeliani, un ricchissimo uomo d'affari e un gruppo di giovani idealisti. Nella seconda storia, "Il gabbiano di sale", sulla riva del Mar Morto due figure scrutano l'acqua osservando una sagoma nera alla deriva che, da lontano, ha la forma di un gabbiano. Sono padre Matteo e Nadav Gruber, capo dei servizi segreti israeliani. Ma quando la forma si fa più vicina, i due si accorgono che quello che sembrava un uccello è il cadavere di un uomo. Sin dall'inizio appare chiaro che si tratta di un omicidio. Gruber indaga, ma Matteo ha la sensazione che le cose non siano esattamente come gli vengono raccontate. Nella terza, "L'oro di Mosè", padre Matteo scopre una serie di scheletri affiancati che portano al collo un collare di ferro simile a quello degli schiavi, ornato da oscure incisioni. All'inizio Matteo sottovaluta la scoperta, ma quando padre Vidigal gli rivela che le incisioni rappresentano lo stemma di Federico II, e attorno a lui cominciano a verificarsi strani fatti, Matteo capisce di aver messo le mani su qualcosa che scotta.
Una famiglia del Nord Italia, tra l'inizio di un secolo e l'avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l'unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri. E questo il paesaggio in cui vivono e muoiono i personaggi di Giorgio Fontana, i Sartori, da quando il primo di loro fugge dall'esercito dopo la ritirata di Caporetto e incontra una ragazza in un casale di campagna. Poi un figlio perduto in Nordafrica, due uomini sopravvissuti e le loro nuove famiglie, per arrivare ai giorni nostri: quelli di una giovane donna che visita la tomba del bisnonno, quasi a chiudere un cerchio. Quattro generazioni, dal 1917 al 2012, che si spostano dal Friuli rurale alla Milano contemporanea affrontando due guerre mondiali e la ricostruzione, la ricerca del successo personale o il sogno della rivoluzione, la cattedra in una scuola e la scrivania di una multinazionale. È circa un secolo, che mai diventa breve: per i Sartori contiene tutto, la colpa, la vergogna, la rabbia, la frenesia, il viaggio. Sempre lo scontro e quasi mai la calma, o la sensazione definitiva della felicità. Ma i Sartori non ne hanno bisogno, e forse nella felicità neppure credono. Perché se in ogni posto del mondo bisogna battersi e lottare allora è meglio imparare ad accettare le proprie inquietudini, e stare lì dove la vita ci manda il racconto dei Sartori affronta il fardello di un passato che sembra aver lasciato in eredità solo fatica e complessità, persino nei più limpidi gesti d'amore. Se gli errori e le sfortune dei padri ricadono sui figli, come liberarsene? Esiste una forza originaria capace di condannare un'intera famiglia all'irrequietezza? Come redimere se stessi e la propria stirpe? La risposta a queste domande è nella voce di un tempo nuovo, nello sguardo di chi si accinge a viverlo, nelle parole di uno scrittore di neppure quarant'anni che ha voluto affrontare con le armi della letteratura la povertà e il riscatto, la fede e la politica, il coraggio dei deboli e la violenza dei forti.
Il mistero circonda François de Nomé, detto Monsù Desiderio, uno straordinario pittore del Seicento. Ben poco si sa di lui: nato a Metz, in Lorena, visse in Italia, tra Roma e Napoli. Dipinse architetture fantastiche squassate da silenziosi cataclismi, abitate da statue spettrali che sembrano muoversi come figure viventi. Scenari da incubo, sogni pietrificati, il gran teatro della morte e della notte. Su questi quadri densi di ambigue valenze Fausta Garavini costruisce il romanzo di Monsù Desiderio, disegnandone una possibile biografia. La difficile infanzia lorenese, poi l'adolescenza a Roma, dove impara la pittura, incrocia gli artisti del momento e partecipa alla variopinta e tumultuosa vita della città: conosce la corruzione della corte papale, il sesso, i bassifondi, le feste, i soprusi contro gli ebrei, le prediche infuocate dei frati contro le forze demoniache, ma orecchia anche i segreti che filtrano dai circoli ermetici in cui si riuniscono i seguaci di Bruno e Campanella. In questo clima eterogeneo e straniante s'insinua in lui la fascinazione per le antiche rovine, simbolo di una sofferta inclinazione a registrare i crolli interiori, il senso della vanità del tutto. Ventenne, si sposta a Napoli e altre esperienze lo segnano: l'amore per Isabella, l'incontro con lo scienziato, astrologo e "mago" Giambattista Della Porta, la miseria del popolo, le crudeltà del governo spagnolo.
Oltre che alle altre opere, il nome di Guido Piovene sarà per sempre legato al ''Viaggio in Italia''. Un reportage nell'Italia del secondo dopoguerra. Un viaggio da Bolzano alla Sicilia, dalle Alpi alle saline, passando attraverso i molteplici paesaggi che costellano la nostra penisola. Nei tre anni della sua durata Piovene ci ha guidato alla scoperta, regione dopo regione, di città, borghi, piazze, caratteri: dai più noti a quelli dimenticati. Un'impresa straordinaria dalla quale scaturì un libro importante nella storia del paese: preciso, acuto, fedele, circostanziato. L'Italia raccontata è quella della ricostruzione e del boom economico, e che a uno sguardo contemporaneo potrebbe apparire lontanissima e superata. Così non è. Piovene è riuscito, quasi fosse un antropologo, a far emergere il carattere nazionale, quello immutabile, che resiste alle mode e ai rovesci della storia.
Al vecchio chevalier Auguste Dupin, investigatore dilettante immortalato dalla fantasia di E.A. Poe, mentre rovista fra le ingiallite scartoffie, ricordi di tanti memorabili casi da lui risolti, capita sotto mano una misteriosa cartella che porta l’impegnativa scritta: evadenda. Con grande sorpresa vi scopre l’abbozzo di un suo vecchio racconto sul traditore di Cristo. E ora si ricorda: ecco l’unico caso, ‘il caso Giuda’ che egli non ha ancora risolto, e neppure seriamente affrontato. La presenza del suo altrettanto vecchio amico, compagno inseparabile della giovinezza e attento interlocutore nelle sue lunghe riflessioni ad alta voce, lo induce a improvvisare una disquisizione sul ‘sommo delitto’ che, offrendo pochi indizi concreti, si presta eminentemente a essere trattato con il metodo analitico di Dupin, che permette al suo inventore il lusso di non dover mai rinunciare alla comodità della propria poltrona.
Con questa trovata della ‘chiacchierata in poltrona’ l’autore alleggerisce notevolmente l’implicita gravità dell’argomento che da duemila anni eccita la fantasia di studiosi, scrittori e artisti. E affidando all’acume, al brio, allo spirito battagliero di Dupin l’analisi e la soluzione del delitto più misterioso della storia, quasi gli addossa una parte della responsabilità dei singolari risultati dell’indagine. Con questo trucco sottile e specioso l’autore sottolinea che non pretende di aver scoperto la verità e che sarà contento di aver prospettato una soluzione «anche se non quella giusta, comunque una, e ottima», sempre per citare le note parole del cavaliere Dupin.
L’autore così cautamente mascherato imposta il problema in una maniera insolita, che permette di considerare il ‘caso’ sotto punti di vista nuovi e sorprendenti, e quindi di giungere a risultati inaspettati. Il tradimento di Giuda, il cui movente umano perde qui ogni importanza, si delinea – attraverso momenti di suspense metafisico da ‘giallo teologico’ – come la risultante del conflitto di altri interessi dietro le quinte superne e infere, inscindibili da quella visione mitologica del mondo che in quei tempi non aveva ceduto ancora al razionalismo e si era sovrapposta perfino alla realtà storica. Così il famigerato tradimento si configura innanzitutto come un momento decisivo nella lotta che l’uomo combatte contro il suo Dio per strappargli almeno i surrogati di quella felicità di cui venne privato con l’espulsione dal Paradiso Terrestre.
In questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1975, l’autore del Sacro amplesso prosegue con temeraria sottigliezza le sue indagini sui testi sacri, alla ricerca di indizi da cui si possa sperare che la nostra problematica esistenza e la nostra travagliata storia abbiano un senso, almeno al cospetto del Dio della Bibbia.
A una "prima" della Scala che sarebbe poi diventata storica e mitica ("Medea" con la Callas, nei profondi anni Cinquanta) un giovane studente neoclassico e romantico (come Bellini e Leopardi) incontra di sorpresa l'Amore. E decide subito di viverlo e scriverlo sotto forma di Romanzo. Ma dietro le riverite ombre dell'ingegner Gadda e dell'abate Parini sono in agguato molteplici tentazioni narrative: racconto epistolare, romanzo-saggio, romanzo "del" o "nel" romanzo, melodramma, confessione, opera buffa, un po' di poesia? Grande tradizione europea o avanguardia sperimentale? Iper-letteratura sofisticatissima, o libretto "Kitsch" per cantanti "cult" di scapestrati adolescenti?