
Un nuovo Barnum. Una nuova visita guidata alle cose del mondo, e agli uomini che lo rendono abitabile, o semplicemente più riconoscibile. Baricco insegue il mondo, e induce i suoi lettori a partecipare la curiosità con cui va a stanare notizie, episodi, insistenze, personaggi, dibattiti, immagini. Stanando dice e dicendo mostra, con una varietà di accenti e di esposizione che, per citare una sua antica generosa ossessione, fa pensare al circo, al Barnum delle meraviglie. Ecco dunque un nuovo Barnum che si aggiunge ai due pubblicati negli anni novanta. Qui facciamo i conti con la riforma dello spettacolo, con la scuola come videogame, con la priorità delle storie, con il cantiere della Morgan Library di Renzo Piano, con la Cinquecento Miglia di Indianapolis, con le immagini di Vivian Maier, con le provocazioni di Houellebecq e l'eredità di Gabriel García Márquez. Una grande occasione per farsi sedurre, sorprendere, interrogare.
Varcare il confine vicino a Metz, attraversare il Württemberg e la Baviera, raggiungere in treno Vienna e Budapest, proseguire a cavallo per la steppa russa, superare gli Urali e la Siberia, costeggiare il lago Bajkal e ridiscendere il fiume Amur fino all'Oceano. Poi, fermarsi a Sabirk ad aspettare una nave di contrabbandieri olandesi. È così che nel 1861 Hervé Joncour, che compra e vende bachi da seta, arriva in Giappone. È così che arriva al suo destino, che ha il volto di una ragazzina.
E' un romanzo d'amore. Ma con alcune caratteristiche singolari: 1) si tratta di un amore coniugale; 2) di un amore che continua, e si rafforza, dopo la morte di lei. La storia è intessuta, principalmente, di episodi che paiono messaggi dal così detto "mondo sottile" e segnali di presenza dall'invisibile: fenomeni paranormali veri e propri, fenomeni sincronici (le famose coincidenze significative di mondo e psiche, di cui si occupò Jung), sogni che preannunciano fatti e vi si agganciano in un disegno casuale ma "intelligente", pieno di senso, che abolisce i confini tra psiche e realtà oggettiva materiale. L'opera attrae per la capacità di coinvolgere nel privato di un disperato diario dell'anima, rimanendo impavidamente sospesa su ipotesi metafisiche che dilatano il privato a meditazione universale sulla morte, fino ad accogliere testimonianze di una suggestiva sperimentazione sull'oltre, tentata di farsi parapsicologica e medianica. E’ questo uno dei punti di forza dell'opera, ed è l’aspetto che più incuriosisce il lettore. Infatti tale tipo di sensibilità, a tratti persino evocativa di Edgar Allan Poe, va incontro a un gusto diffuso sul rapporto fra i vivi e l'invisibile. Giuliano Gramigna, sul Corriere della Sera, chiudeva la recensione all’opera prima con queste parole: "scommetterei di buon grado sul futuro di narratore di Bargellini" e faceva riferimento a “patroni eccellenti”, come Gadda e Landolfi.
GLI AUTORI
Vince il Premio Bagutta anno 2000 nella sezione "Opera prima" con Mus utopicus (Editore I.M. Gallino).
Può una buona bottiglia raccontare il carattere delle persone, i vizi, le avventure, i loro desideri? In un’ideale carta dei vini e della varia umanità, i personaggi escono dalla penna di Camilla Baresani con la stessa impertinenza con cui Gelasio Gaetani d’Aragona interpreta i migliori frutti dell’enologia. Per ogni bottiglia, un racconto in cui il vino, l’amore e tutti gli incontri che rendono la vita interessante si intrecciano in un libro prezioso e divertente, un inno ai piaceri innocenti, e non solo, dell’esistenza.
Una degustazione di vini piuttosto mediocri è la scena sulla quale si intrecciano i destini di Camilla Baresani, giornalista-scrittrice, e di Allan Bay, noto giornalista enogastronomico e autore di diversi libri di cucina. Durante la cena, Camilla è silenziosa e preoccupata, mentre Allan Bay e i suoi amici Paolo e Antonio - rispettivamente un intenditore di vini e un esteta della tavola - parlano di una fastosa "cena delle meraviglie" che da sempre hanno in mente di organizzare: la fidanzata di Antonio e la moglie di Paolo, stufe di sentirli descrivere nei particolari un progetto che sembra destinato a rimanere per sempre tale, li prendono un po' in giro. È qui che Camilla si scuote dalle sue tetre riflessioni per sfidare i tre amici a tradurre finalmente in realtà la loro idea: se entro quattro giorni riusciranno a organizzare quella cena perfetta, in grado di stupire e divertire i commensali, lei la racconterà nel suo libro. I tre uomini dapprima cercano di farsi concedere più tempo, ma Camilla è irremovibile e comincia così la fase esecutiva di quel progetto tanto lungamente accarezzato: c'è da fare la spesa,da decidere i vini,da scegliere le suppellettili. Teatro di questa mise en scène è la casa di Allan Bay, mentre la voce narrante è quella di Camilla che descrive con ironica leggerezza le ansie, i problemi, i piccoli incidenti di quella preparazione caotica e al tempo stesso precisa.
Duro, incalzante, corrosivo "Il sale rosa dell'Himalaya" racconta la disavventura di Giada Carrara, una trentenne milanese. Tutto ha inizio il 13 febbraio, in una sera di pioggia, mentre la ragazza aspetta un ospite molto importante, anzi, decisivo. La cena è pronta, ma, poco prima che l'uomo arrivi, mossa dall'assurda necessità di aggiungere una nota esotica ai sapori della serata, Giada esce di casa per comprare del sale rosa dell'Himalaya. I tacchi, il telefono, i capelli lisci, la fretta, l'attesa di un uomo che potrebbe cambiare il corso delle cose... All'improvviso entrano in scena due sconosciuti che stravolgeranno i suoi programmi, cambiandole la vita in modo ben diverso dalle aspettative. Giada vuole farsi strada. È furba, ma purtroppo scopre di esserlo molto meno della somma delle furbizie altrui. La sua lotta per affermarsi nel lavoro diventa, dopo quella sera di pioggia, la lotta della "biondina di via Massena" contro il mondo. Un conflitto non solo contro i cattivi conclamati, i mostri espliciti: anche contro i nemici sottotraccia che sono ovunque, dove meno te li aspetti, impliciti. "Il sale rosa dell'Himalaya" racconta l'avventura di Giada a partire dal momento in cui nulla potrà più essere come prima. Un romanzo sul tradimento e la sopraffazione, descritti con il tono distaccato e beffardo di Camilla Baresani, in un continuo contrappunto tra il dentro e il fuori di Giada.
IL LIBRO
Un'isola greca, un gruppo di persone che si ritrova al bancone di un bar di un vecchio pescatore, in attesa di un ospite che li condurrà alla ricerca di emozioni e segreti. Un percorso di scoperta dello stare insieme, tra dinamiche di gruppo e meccanismi della psiche, che mette in luce il segreto della presenza dei corpi, delle espressioni gestuali, della comprensione dell'alterità. Una ninfa che danza distribuendo vino e sorrisi, grandi capre bianche che sorvegliano le coste, alberi d'arancio profumati e scogliere bianche che discendono verso il mare. In uno spazio mitologico, il gruppo trasforma i pensieri ed apre prospettive inedite sul registro affettivo dei comportamenti. Un finale a sorpresa, forse un po' amaro, che mette a nudo i meccanismi inconsci nelle relazioni tra le persone e rimette in discussione tutte le certezze del racconto
Postfazione di Sergio Erba
GLI AUTORI
PIETRO BARCELLONA (Catania, 1936) è docente di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania. È stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura e in seguito deputato e membro della Commissione giustizia della Camera. È autore di molte pubblicazioni.
"Il racconto, e la narrazione in generale, mi sono apparsi la forma più adatta per rispondere alla domanda ineludibile su 'chi sono io per me stesso e su chi sono per gli altri'". Così, di questo suo libro, scrive Pietro Barcellona (Catania, 1936-2013). Giurista e filosofo, interprete della società e del suo mutamento in oltre novanta saggi e nelle sue opere pittoriche, Barcellona è stato professore di Diritto privato e di Filosofia del diritto nelle Università di Catania, Firenze e Roma, dirigente e parlamentare del Pci, membro del Consiglio Superiore della Magistratura e presidente del Centro per la Riforma dello Stato. L'ultimo suo saggio, "Parolepotere", è stato pubblicato da Castelvecchi nel 2013.
Max Moscatelli è un ladro di tombe che si spaccia per archeologo: l'anziano Peter, professore americano in pensione, molto idealista, l'ha conosciuto in Italia e l'ha coinvolto in un progetto in Argentina: accanto a una caserma dell'esercito è stato rinvenuto un cadavere; si sospetta che vi sia una fossa comune di desaparecidos e Peter è stato incaricato di effettuare gli scavi necessari per chiarire la vicenda. Siamo negli anni '80, l'esercito conserva lo strapotere anche dopo la fine della dittatura e non vede di buon occhio le ricerche sul recente passato. Peter muore in un incidente sospetto e Max è tentato di abbandonare tutto, ma il resto del team lo convince a continuare. Il gruppo dovrebbe proseguire gli scavi nella zona militare e decide di scavare un tunnel: l'operazione ha successo, si trovano i corpi e si riesce a estrarne quattro, ma i militari si sono accorti di qualcosa e fanno crollare la galleria. I corpi estratti vengono identificati con l'aiuto della popolazione locale, la vittoria sui militari è raggiunta perché l'opinione pubblica scopre l'eccidio, ma Max deve scappare in tutta fretta dall'Argentina, dove nel frattempo ha trovato l'amore.
Quella di Gianni Schuff è una vita senza increspature. Si è inventato un'attività di successo - recupera pezzi di modernariato tra il Veneto e la ex Jugoslavia e li rivende, restaurati, a prezzi altissimi -, ha una rete di collaboratori discreti e privi di scrupoli, una bella moglie, una serena capacità di galleggiare lontano dalle profondità della coscienza. Fino a che, per ampliare il proprio giro, non entra in contatto con un giro di insospettabili mafiosi del Nordest, e incontra Iriljana, giovane violoncellista dal passato segnato dagli orrori della storia jugoslava. Vent'anni li separano. Quei vent'anni saranno la misura di un amore talmente assoluto da esigere un'espiazione altrettanto radicale. Gianni Schuff, l'uomo che con eleganza sapeva reggere tra le mani tutti i fili dell'esistenza, percorrerà fino in fondo i gradini che conducono un uomo davanti ai propri fantasmi.
Tutto comincia con un taccuino, 182 fogli a quadretti più alcuni sparsi, dove una calligrafia un po' infantile, da maestra, ha annotato le ricette del repertorio di famiglia.
Mamma le ha raccolte da parenti e amiche, alcune le ha copiate dal Talismano della felicità: in gran parte però arrivano da nonna Armida, e dunque da un Ottocento che in questo modo riesce ancora a trasmettere il suo bagaglio di storia e di sapori.
Gli ultimi assaggi di queste Ricette di famiglia arrivano invece dai sushi bar e dagli happy hour che vanno di moda oggi, dove si assaggia ma non si mangia.
I pranzi e gli spuntini sono quelli di una famiglia che, generazione dopo generazione, bizzarria dopo bizzarria, attraversa più di un secolo di storia d'Italia, dalle dimore di campagna dove si riunivano le grandi famiglie patriarcali ai bilocali metropolitani che ospitano le nostre inquietudini. Ricette di famiglia è anche una girandola di personaggi indimenticabili: la mamma che si lamenta perché fa tutto lei ma impedisce a chiunque di avvicinarsi ai fornelli; il babbo dall'olfatto perfetto e che perciò non vuole che si tagli la sfoglia con il coltello, perché altrimenti «sa di metallo»; il professor Valentini, afflitto da un figlio anoressico e da una figlia bulimica; Eugenio di Parigi, cugino della «nonna cattiva»; l'amico Giap che sposa solo donne giapponesi; il Malinverni che vuole «globalizzare» le tigelle aprendo un fast food in India. Ma si incontrano anche un giovanissimo Pavarotti e un conte Dracula alla ricerca dei suoi antenati modenesi...
Sullo sfondo, la passione per il cinema e il tifo per il ciclismo, il Mago Zurlì e il Guzzino rosso, la via Emilia e le feste patronali, che sembrano sempre uguali e invece continuano a cambiare con noi, con i nostri affetti e i nostri sentimenti.