
Bologna, anni Settanta: una città "né la più grande, né la più piccola", famosa per la sovranità della sua cucina e la piacevolezza del vivere. È da qui che prende avvio il racconto autobiografico di Enrico Brizzi, da un luogo situato fra la ribalda Terra della Piada e la concreta Terra del Pane: i due emisferi che costituiscono l'infinito paesaggio gastronomico dell'Emilia-Romagna. Un bambino curioso alle prese con i primi, e già familiari, sapori sarà acuto osservatore di sfide all'ultimo boccone tra le zie perennemente in competizione, finché le vicende casalinghe cederanno il passo alla scoperta, esilarante, delle più peccaminose tentazioni da bar: i gelati e le bibite industriali. Divenuto adolescente, si metterà in cerca di avventure, accompagnato da un'improbabile congrega di cuochi esploratori: la temibile squadriglia Coguari. Uno zio con la passione per la retromarcia in curva e per le bettole mefitiche sarà solo uno degli indiavolati episodi che precedono il periodo universitario: anni di improbabili sperimentazioni culinarie e interscambi di prodotti tipici tra studenti. Scopriremo se cento milioni di lire valgono l'adozione del regime nutritivo più rischioso del pianeta, "la dieta del laureando". L'età adulta, gravida di nuove abitudini alimentari, di ingannevoli occasioni professionali e di incontri unici, sarà portatrice anche di domande esistenziali: chi è l'enorme Catatapulci? E cosa mangia uno Psicoatleta? Arricchito, in coda, da un ricettario.
Luca Fanti non avrebbe saputo dire qual era stato l'istante esatto in cui le cose avevano iniziato a mettersi male. Dopotutto era un uomo fortunato. Una moglie affascinante, due splendidi figli, un lavoro che in tanti gli invidiavano: fare il manager di suo fratello Olli, uno dei ciclisti più forti del mondo. Poi qualcosa aveva sbagliato, certo. Errori piccoli, ed errori grandi. E il castello delle sue certezze si era sgretolato. Il divorzio, gli alimenti impossibili da pagare, le accuse della figlia maggiore, perfino un processo per aggressione, una cosa ridicola, in fondo aveva solo tirato un pugno a un amico. Certo, con suo fratello l'aveva davvero fatta grossa... Enrico Brizzi scrive la storia della caduta e della redenzione di un uomo lontano dall'essere perfetto, ma al tempo stesso irresistibile, un meraviglioso concentrato di difetti, superficialità, speranze, slanci e voglia di lottare; dei vizi e delle virtù, insomma, che rendono umani. "La primavera perfetta" tratta temi fondamentali, dalla disintegrazione della famiglia tradizionale ai non detti tra fratelli, dal ruolo prezioso dell'amicizia alla sorpresa di fronte al riaffacciarsi del sentimento più tenero, e riesce a toccare la profondità con leggerezza, portando il lettore dal riso alla commozione.
Scrivere una biografia di Dante è una sfida che molti hanno già affrontato. Mentre i documenti d'archivio relativi alla sua vita sono pochi e spesso di difficile interpretazione, la sua produzione letteraria contiene così tante informazioni di carattere personale che si potrebbe essere tentati di leggerla come un'autobiografia. Sarebbe tuttavia fuori luogo farlo. In un'originale inchiesta a quattro mani, in cui documenti e opere sono esaminati distintamente ma posti in costante dialogo, Elisa Brilli e Giuliano Milani ricostruiscono l'itinerario di un uomo che ha assistito ai grandi sconvolgimenti del suo tempo, attraversando contesti politici e culturali diversi ma interconnessi (comunale, signorile, imperiale), e insieme quello di un autore che ha tentato a più riprese di dare un senso alla sua vita attraverso la scrittura, inventando nuove forme di racconto di sé dai contenuti sempre mutevoli.
Il viaggiare acquistò i connotati di una vera consuetudine didattica nel XVIII secolo. L'età dei viaggiatori oscillava tra i 16 e i 22 anni e il viaggio era completamento di una buona educazione. Ci si aspettava che dall'esperienza il giovane ne acquisisse intraprendenza, coraggio, attitudine al comando, conoscenza di costumi, galatei e lingue straniere, conoscenze necessarie alla futura classe dirigente. Al viaggio si accompagna la produzione di diari, epistolari, guide, relazioni cui l'autore attinge a piene mani per il suo volume. Illustra itinerari, stagioni e luoghi di sosta; descrive i dettagli del viaggio materiale con il suo corredo di carte, passaporti, bauli, guardaroba e armi; descrive la vita in carrozza e i suoi protagonisti, le camere, le locande.
Attingendo a un vastissimo repertorio di romanzi, racconti e resoconti, noti e ignoti, della letteratura europea e americana, Brilli descrive in che modi l'automobile faccia la sua comparsa nella letteratura d'inizio secolo, come venga percepita quale mezzo di avventura e di conoscenza, simbolo di progresso e di dominio sulle cose, strumento di autorità e di emancipazione. Dopo di ciò Brilli organizza il racconto tematicamente, mostrando come le possibilità dell'auto si adattino alle diverse età dell'uomo. Infine mostra come il viaggio in automobile modifichi la percezione del paesaggio e come l'auto finisca per diventare un elemento essenziale del repertorio simbolico nella letteratura.
Chi non ricorda lo stupore e l’incanto dei risvegli dell’infanzia, quando cadeva la neve? Ma anche da adulti continuiamo a rivivere quella magia, ogni volta che la bianca signora dell’inverno fa la sua comparsa. Di là dalla fiaba natalizia moderna, la neve si è trasformata nei secoli, così che il «crudo verno» degli antichi non è più associato al freddo, alla paura e alla fame, ma, oggi, al tempo libero e allo sport. La neve ha prestato il suo candore alle donne cantate dai poeti; ha sollecitato la sensibilità degli artisti, da Brueghel, con i suoi pattinatori sui canali gelati, ai vellutati paesaggi degli impressionisti, alle raffinate stampe giapponesi; al cinema è un infallibile dispositivo classico del thriller; in molti romanzi e racconti una presenza chiave: si pensi a Zanna Bianca, alla Montagna magica, alla Regina delle nevi, o a Frankenstein, in cui una abnorme creatura si aggira sul pack polare e sui ghiacciai del Monte Bianco. La ritroviamo nella ricerca scientifica, nelle imprese degli esploratori polari, nelle guerre (da Annibale a Napoleone, fino alla nostra «guerra bianca»), nella diffusione degli sci, nella nascita dell’alpinismo e del turismo di montagna. Una storia emozionante, che si nutre della stessa esperienza dell’autore e che comincia con un microscopico fiocco esagonale per giungere alle sfide metafisiche che le vette più famose lanciano agli scalatori degli 8.000 himalayani.
Quando Emma entra in redazione, crede che quella sarà una giornata come tante altre fra riunioni e scrittura di articoli. Ma tutto cambia nel momento in cui inizia a circolare una notizia. La notizia della scomparsa del celebre autore dei sette cerchi, avvistato per l'ultima volta davanti al mare in tempesta. Tutti conoscono Pietro Severi per il suo thriller bestseller. Nessuno sa che Emma ha avuto una relazione con lui in passato. Nessuno sa che Emma da anni non ha sue notizie, ma proprio quel giorno ha ricevuto da lui una busta con all'interno poche pagine. Pagine pericolose che parlano di un padre assassino e di un figlio che non sa come gestire questa ingombrante eredità. Verità o finzione? Autobiografia o l'incipit di un nuovo romanzo? Emma finge indifferenza e spera di non dover essere lei a scrivere un articolo sul caso. La sua storia d'amore con lo scrittore, finita molto tempo prima, deve rimanere un segreto com'è sempre stata. Non ha indizi e non ha idea di dove cercare e cosa cercare. Eppure, a ogni minuto che passa la sua vita è sempre più in pericolo. Perché c'è qualcuno che vuole quelle pagine. C'è qualcuno che vuole a tutti i costi coprire un passato sanguinoso e inconfessabile. Emma si sente come una pedina di un gioco più grande di lei.
Le parole a volte si bloccano in gola e non vogliono più uscire. Viola è appena una ragazzina quando un giorno si alza e si veste, aspettando di sentire la voce assonnata del padre che la deve accompagnare a scuola. Ma quella mattina lui non si sveglia più e qualcosa in lei si ferma: mutismo selettivo, lo chiamano i medici, e sua madre decide che starà meglio in una scuola svizzera, dove sarà seguita. Prima di partire Viola riceve da Fulvio, un vecchio amico di famiglia, un dono prezioso: un pacco di lettere, un libro antico e due agende che riemergono dal passato del padre. Per un intero inverno, nella sua stanza del collegio, le legge e rilegge. Compare più volte il nome di una donna mai sentito prima, Claire: per lei Giacomo, all'inizio degli anni Ottanta, si era trasferito a Londra, con il sogno di iniziare una nuova vita. Viola non riesce a capire perché si siano separati ma avverte che, nella fine di quella relazione, è nascosto qualcosa di più: non solo un segreto custodito da Giacomo, ma forse anche l'antidoto al proprio dolore. In un romanzo intimo e profondo, Daniele Bresciani ci racconta come ognuno di noi si tenga stretto un pugno di frasi, quelle che non riesce a confessare alle persone amate, fino a quando non diventa troppo tardi. E ci dice che la verità, bruciante o dolce che sia, sa percorrere strade tortuose pur di trovarci.
Ricordi quando vivevi nel migliore dei mondi possibili, e non te ne accorgevi neanche?
Quando eri certo che il futuro sarebbe stato migliore del presente. Quando sapevi che i tuoi figli avrebbero trovato lavoro a un chilometro da casa. Quando potevi sognare senza sembrare un illuso. Quando dovevi sforzarti per accorgerti della disoccupazione. Quando il terrorismo sembrava un relitto del passato. Quando il concetto stesso di immigrazione pareva sul punto di perdere significato, perché stavamo per andare a vivere in un mondo unico, in cui le piccole aziende non chiudevano, le banche non fallivano, centinaia di migliaia di persone non perdevano il lavoro e non si moriva affogati pur di arrivare in Italia.
Un imminente futuro fa da cornice a un mondo nel quale la tecnologia, invece di emancipare il genere umano, ha moltiplicato lo sfruttamento e le disuguaglianze sociali a livello esponenziale, arrivando a esercitare un controllo asfissiante sull'esistenza delle persone. Candido non è più il giovane ingenuo del capolavoro filosofico di Voltaire, ma un rider che, per guadagnarsi da vivere, pedala senza sosta su e giù per la città al soldo dei colossi del delivery. Un misterioso algoritmo, che tutto sorveglia e tutto stabilisce, è il sovrano indiscusso, sostenuto con forza da un novello Pangloss che appare come un ologramma sulle facciate dei palazzi, ripetendo in ogni angolo della città il potente mantra: "Tutto va bene". Ben presto però l'ottimismo di Candido si affievolisce, scontrandosi con la dura realtà quotidiana: un lavoro sfiancante e uno stipendio che non basta mai, una madre di cui occuparsi e una casa che cade a pezzi, un amore virtuale che non può dargli ciò che lui davvero desidera. Una serie di tragicomici eventi fa maturare in lui il disincanto, finché esplode la rabbia di chi si accorge di essere solo la minuscola parte di un ingranaggio di una società al collasso, nella quale solo i più ricchi possono sopravvivere. La storia di Candido - che ha ispirato un film in lavorazione coprodotto dai Diavoli - ci riguarda tutti: ribalta l'entusiasmo di chi crede ciecamente nella tecnologia, mostra le brucianti contraddizioni del capitalismo contemporaneo, e racconta il florido avvenire che poteva essere e, a quanto pare, non è.
Philip Wade è uno stimato professore di Storia contemporanea al Birkbeck College di Londra, ma in passato ha vissuto molte vite e in una di queste ha lavorato per una grande banca d'affari della City in qualità di analista, chiamato a prevedere le tendenze economiche, politiche e sociali su cui indirizzare gli investimenti. Colpito da una forma di amnesia, Philip oggi non riesce più a trattenere alcun ricordo recente: nei buchi della sua memoria scompare anche il saggio che stava scrivendo e di cui non c'è più traccia. Con il ritmo di un giallo, "La fine del tempo" narra l'indagine di un uomo nell'abisso della propria mente, intorno al mistero di un libro rivoluzionario e perduto. Scoperta dopo scoperta, mentre l'Europa si infiamma sotto il montare della marea populista, Philip Wade ricompone il mosaico del suo libro, che potrebbe mettere in discussione il dominio delle grandi corporation che governano l'economia mondiale. E che hanno fondato la loro ascesa inarrestabile sull'eliminazione della principale variabile del gioco finanziario - il tempo - condannando così il nostro pianeta a vivere un eterno presente, quando tutto è possibile per i nuovi padroni del vapore, i signori del silicio, l'aristocrazia delle app.
Sotto la cupola di vetro della Royal Albert Hall, nel cuore pulsante di Londra, due uomini giocano a tennis nel silenzio di una sala da cinquemila persone, vuota. Derek Morgan, trader di una grande banca americana, può avere per sé qualsiasi posto. È uno che può tutto. All'italiano che saltella dall'altra parte della rete, Massimo De Ruggero, sta per annunciare che tornerà alla casa madre di New York e che ha scelto lui come successore: significa cinquanta milioni di dollari all'anno e un potere enorme, superiore a quello di qualunque politico. Quando è partito da Roma, Massimo voleva salire in alto, fino alla cima della piramide, e vedere il futuro prima degli altri. Adesso ce l'ha fatta, la City è ai suoi piedi. È arrivato il momento di volare, ma la caduta è iniziata da tempo, e lui lo sa bene. Ha capito che la finanza non è soltanto un vertiginoso gioco di prestigio, il livello dello scontro si è alzato oltre i limiti, e quello per cui si lotta non è più un profitto con molti zeri. È la sopravvivenza dell'Occidente così come lo conosciamo. Si dice sempre che i tessitori del nostro destino non hanno volto, che il loro trucco più diabolico è farci credere che non esistano. Guido Maria Brera ce li mostra per la prima volta da vicino, portandoci esattamente al centro della zona grigia dove nascono le decisioni, dove si esercita l'unico vero potere del nostro tempo. Questo è il romanzo che vi fa vedere dall'interno il ciclone che sta arrivando e dal quale nessuno potrà ripararsi.