
Questo volume comprende i racconti inediti "La prova" e "La guerra privata di Samuele, detto Leli". Le altre storie sono state pubblicate in tempi diversi: "L'uomo è forte" in Articolo 1. "Racconti sul lavoro", Sellerio, 2009; "I quattro Natali di Tridicino" in Storie di Natale, Sellerio, 2016; "La tripla vita di Michele Sparacino" in allegato al «Corriere della Sera», 2008 e Rizzoli, 2009; "La targa" in allegato al «Corriere della Sera», 2011 e Rizzoli, 2015. Una rete di storie, ovvero una proliferazione di intrecci sorprendenti, è questo libro di racconti. La consueta concentrazione espressiva, la scrittura scenica di geniale lucidità, e il talento umoristico, consentono a Camilleri di tradurre con spigliatezza il ludico nel satirico, facendo giocare il tragico con il comico: senza però escludere momenti d'incanti emotivi, come nel racconto "I quattro Natali di Tridicino". La raccolta si apre con una «commedia» di equivoci e tradimenti, dai guizzi sornionamente maliziosi. Si chiude con un racconto di mare di potente nervatura verghiana, calato in un mondo soffuso di antica e dolorosa saggezza: «La vita è come la risacca: un jorno porta a riva un filo d'alga e il jorno appresso se lo ripiglia. [...] Ora che aviva portato 'sto gran rigalo, cosa si sarebbi ripigliata in cangio l'onda di risacca?». Nella montatura centrale, tra varie coloriture sarcastiche, si ingaglioffa nell'abnorme e nell'irragionevole. Ora è la vita da cane di un poveruomo, che si araldizza nel gesto finale, nella desolazione estrema di una autoironia catartica sorvegliata dalla moglie: «C'è luna piena, fa 'na luci che pare jorno. E allura vidi a sò marito, 'n mezzo allo spiazzo, mittuto a quattro zampi, che abbaia alla luna. Come un cani. "Sfogati, marito mè, sfogati" pensa. E torna a corcarisi». Ora è la stolidità ilarotragica del fascismo, in due episodi: sull'impostura di un falso eroe patriottico, al quale non si sa come dedicare una targa di pelosa commemorazione; e sulla discriminazione razziale, in un ginnasio, nei confronti di uno studente ebreo che sa però come boicottare e sbeffeggiare, fino alla allegra e fracassosa rivalsa, la persecuzione quotidiana di professori istupiditi dal regime. Si arriva al grottesco di un eccesso di esistenza. All'ignaro Michele Sparacino vengono cucite addosso più vite fasulle. I giornali lo raccontano come «sovversivo», «sobillatore», «agitatore» e infine «disfattista» durante la guerra. È sempre «scangiato per un altro». Ed è ricercato da tutte le autorità. Il vero Michele Sparacino morirà al fronte. Gli verrà dedicata, con tanti onori, una tomba monumentale al milite ignoto. E verrà «scangiato» anche da morto. Un giornalista scriverà infatti: «Avremmo voluto avere oggi davanti a noi i traditori, i vili, i rinnegati, i disertori come Michele Sparacino, per costringerli a inginocchiarsi davanti al sacro sacello...».
Che cosa rimarrà di noi nella memoria di chi ci ha voluto bene? Come verrà raccontata la nostra vita ai nipoti che verranno? Andrea Camilleri sta scrivendo quando la pronipote Matilda si intrufola a giocare sotto il tavolo, e lui pensa che non vuole che siano altri - quando lei sarà grande - a raccontarle di lui. Così nasce questa lettera, che ripercorre una vita intera con l'intelligenza del cuore: illuminando i momenti in base al peso che hanno avuto nel rendere Camilleri l'uomo che tutti amiamo. Uno spettacolo teatrale alla presenza del gerarca Pavolini e una strage di mafia a Porto Empedocle, una straordinaria lezione di regia all'Accademia Silvio D'Amico e le parole di un vecchio attore dopo le prove, l'incontro con la moglie Rosetta e quello con Elvira Sellerio... Ogni episodio è un modo per parlare di ciò che rende la vita degna di essere vissuta: le radici, l'amore, gli amici, la politica, la letteratura. Con il coraggio di raccontare gli errori e le disillusioni, con la commozione di un bisnonno che può solo immaginare il futuro e consegnare alla nipote la lanterna preziosa del dubbio.
Da qualche tempo, Andrea Camilleri lancia dei personalissimi "segnali di fumo". Sono foglietti di poche righe cui lo scrittore affida, in totale libertà, quello che gli suggerisce l'estro del momento. Ma che cosa "segnala" Camilleri? Intanto, molta partecipazione per le nostre vicende politiche: soprattutto indignazione per l'assenza di etica, la corruzione, la volgarità, il populismo becero, gli insulti di troppi "politici senza onore" che hanno prodotto fame, disoccupazione, scontro sociale, impoverimento del Paese. Poi, il gusto mai perduto del racconto disteso, dell'aneddoto divertente e rivelatore. Il piacere degli incontri con personaggi del tutto sconosciuti o trattati esattamente alla stessa stregua - famosi come Wislawa Szymborska e il presidente argentino Alfonsìn. Le letture che durano da una vita (Pirandello, Vittorini, Malraux, Philip Roth, Tabucchi) e che suggeriscono alcune sobrie e per niente retoriche considerazioni sull'arte dello scrivere. Infine, il senso - molto umano, ma mai troppo malinconico - del tempo che passa, dell'età che avanza: "... mettiamola così: il tempo è una giostra sempre in funzione. Tu sali su un cavalluccio o un'automobilina, fai un bel po' di giri, poi, con le buone o con le cattive, ti fanno scendere." Ora, Camilleri ha deciso di raccogliere qualche decina dei suoi "segnali di fumo", organizzandoli in una sequenza "narrativa". L'effetto, per il lettore, è quello di una conversazione con l'amico saggio, ironico, affettuoso che tutti vorremmo avere.
«Confesso, con Neruda, che ho vissuto. Ma mi corre l'obbligo di confessare anche che, alla mia veneranda età, molte delle cose per le quali ho vissuto mi appaiono fatte da una persona che aveva il mio nome, le mie fattezze, ma che sostanzialmente non ero io.» Inizia così questa specie di autobiografia, leggera come l'aria, fatta di frammenti di vita allegri e malinconici. Con pochi tocchi della sua inconfondibile scrittura, Andrea Camilleri allestisce una galleria di incontri, letture, ricordi ed emozioni, un'agrodolce cronaca dell'età che avanza. Perché «il tempo è una giostra sempre in funzione. Tu sali su un cavalluccio o un'automobilina, fai un bel po' di giri, poi, con le buone o con le cattive, ti fanno scendere».
Nel 1912, un anno dopo la morte di Mahler, la sua giovane vedova, considerata la più bella ragazza di Vienna e allora poco più che trentenne, incontra il pittore Oskar Kokoschka. Inizia una storia d'amore fatta di eros e sensualità, che sfocerà ben presto in una passione tanto sfrenata quanto tumultuosa. Viaggi, fughe, lettere, gelosie e possessività scandiscono i successivi due anni, durante i quali l'artista crea alcune fra le sue opere più importanti, su tutte La sposa del vento. Ma la giovane donna è irrequieta e interrompe brutalmente la relazione. Kokoschka parte per la guerra con la morte nel cuore. Al suo rientro in patria, traumatizzato dal conflitto e ancora ossessionato dall'amore perduto, decide di farsi confezionare una bambola al naturale con le fattezze dell'amata. Questa è la sua storia.
È molto probabile che la novella sia stata portata al Nord dallo stesso Boccaccio, quando nel 1351 fu inviato in Tirolo come "ambaxiator solemnis" di Firenze, per farne dono propiziatorio a qualcuno. Qui Camilleri, oltre a raccontare come venne in possesso di una copia manoscritta dall'originale autografo, chiarisce anche le probabili ragioni che mossero Boccaccio a escludere questa novella, in origine forse destinata alla Giornata Terza del "Decamerone", dalla raccolta definitiva.
Un'autobiografia in forma di saggi e di racconti. Per la prima volta ecco il laboratorio creativo di Andrea Camilleri (con una parte dedicata a Montalbano e alla sua Vigata) attraverso un percorso ricco di personaggi, luoghi, piccoli e grandi eventi, e con incursioni nella letteratura, nella filosofia, nella politica. Che bellezza leggere i suoi ricordi di ragazzo, le "controstorie" della sua Sicilia, e poi recuperare l'Italia di ieri e di oggi, intrattenuti dalla sua inesauribile vena critica e ironica. Un ritratto a colori vivacissimi di come siamo e cosa pensiamo. Una scoperta.
Quasi una vita, momento per momento, quelli più intensi che nel tempo acquistano ancora più vigore e ritornano in tutta la loro vividezza. Tanti incontri qui offerti nella forma del racconto, ognuno dei quali ha una luce, un'atmosfera e dei personaggi indimenticabili che hanno segnato soprattutto la giovinezza e l'adolescenza di Camilleri. Alcuni conosciuti negli anni più maturi, durante la sua carriera di regista teatrale e televisivo, molti altri sconosciuti, che ci riportano ai tempi del fascismo, della guerra, momenti segnati da storie che nei loro risvolti più umani e sinceri acquistano un tratto epico e la magia del ricordo assoluto perché unico nel costituire una tappa, una svolta nella formazione dello scrittore. L'anarchica, invincibile indifferenza di Antonio, insensibile ai richiami militari e agli orrori della guerra; la bellezza sorprendente dell'incontro con un vescovo libero nella mente e nel cuore; l'indelebile ricordo di quella notte di burrasca quando il padre di Camilleri andò a salvare l'eroico comandante Campanella, dato per disperso; il coraggio della "Sarduzza" e la determinazione nel difenderla dal tenente tedesco; l'ultimo saluto a "Foffa", prostituta per necessità, sola nella vita e negli affetti. Intermezzati gli uni con gli altri ecco l'incontro con Primo Levi e i suoi silenzi, la stravaganza di Gadda e la suscettibilità di D'Arrigo, il franco scontro con Pasolini riguardo alla regia di una sua opera teatrale, poco prima della sua morte...
"Di interviste ad Andrea Camilleri è affollato il mondo del giornalismo e della televisione; di tesi di laurea sulla sua opera sono colmi gli scaffali degli atenei, così come quelli delle biblioteche per quanto concerne libri confessione, ponderose sintesi biografiche, quadri di sicilianità e quant'altro. Che motivo c'era di scriverne un altro, dunque? A mio avviso non ce n'è uno, ce ne sono due. Comincio dal secondo: il ricavato di questo libro, detratte le spese sostenute dall'editore, andrà in beneficenza. Il primo motivo: nell'abbagliante, stordente e caduco mondo dei media dominato da rapidità e approssimazione, credo che la figura dello scrittore siciliano sia sottovalutata; va corretta. Di riflettori puntati su di lui ce ne sono fin troppi, ma l'immagine che ne rimanda la televisione o la stampa è parziale, banalmente personalistica, a volte paternalistica. Se tralasciamo per un istante la produzione montalbaniana, divenuta suo malgrado quasi un prodotto di consumo, cosa rimane di Andrea Camilleri? Tantissimo ancora: un uomo di grande rigore etico, onestà e intelligenza, uno scrittore di grande talento, un intellettuale engagé ma non barricadero, un anziano ancora curioso e disponibile ad apprendere, un uomo colto che ha attraversato quasi un secolo di storia conoscendo di questa molti protagonisti, un individuo semplice con i suoi difetti, un regista tra i primi a portare in Italia il teatro di Beckett. In una parola, un saggio. (Francesco De Filippo)
"Se veramente un giorno riusciremo a sapere quale opinione hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resterà da fare altro che sparire dalla faccia del pianeta, sconvolti dalla vergogna. Sempre che, tra cinquant'anni, gli uomini saranno ancora in grado di provare questo sentimento. Io, fortunatamente, non ci sarò. Ma vorrei che qualche mio pronipote consegnasse agli animali una copia di questo libretto perché di me, e di moltissimi altri come me, possano avere un'opinione sia pure leggermente diversa". (Andrea Camiller). Lo zoo personale di Andrea Camilleri è fatto di animali e di storie che entreranno nella nostra vita per sempre. Sono ritratti en plein air: impossibile leggerli e vederli senza sentire dentro qualcosa di fortissimo, perché sono pieni di affetto, confondono il confine tra la coscienza umana e quella degli animali e sono sempre a favore di questi ultimi, nel senso di un'armonia della vita solo nel rispetto di tutte le specie viventi. Cani, gatti, cardellini, ma anche volpi, serpenti e tigri sono descritti come portatori di uno spirito ricco di amore e di intelligenza, molto più complesso e profondo di quanto pensiamo: una 'magaria' inesauribile. Ciascuno di loro sembra comprendere la logica degli uomini, che di volta in volta sfrutta a suo favore o prova a sconfiggere con varie strategie, sempre vincenti: dalla dignità dei tacchini al canto riconoscente di un cardellino, dall'astuzia di un lepro alla commovente compostezza di un gatto innamorato, dalla mite bellezza di una capra alla puntualità discreta di un serpente. Allo stesso tempo Camilleri ci ricorda che forse il mondo è diventato troppo brutto perché la bellezza degli animali abbia diritto a esistere. Ogni storia ci lascia con la consapevolezza dolceamara di tutto quello che rischiamo di perdere, ma anche con la quieta fiducia che sia ancora possibile un mondo in cui convivere e rispettarsi, con l'ausilio di un po' di buon senso e di umorismo, un mondo meno prepotente e più meritevole di bellezza. Quella che Paolo Canevari con la grazia e la leggerezza dei suoi animali ha fissato sulla carta, anche lui, per sempre.