
Scrittore controcorrente e di straordinaria modernità, Carlo Dossi (1849-1910) appariva ai suoi contemporanei addirittura bizzarro e soprattutto in aperto contrasto col linguaggio letterario tradizionale. Fin dalle sue prime prove narrative egli si era infatti posto in posizione polemica nei confronti del modello linguistico fiorentino e manzoniano, considerando la lingua creazione personale di ogni scrittore, dichiaratamente autonoma da qualsiasi riferimento esterno. Ne offrono la prova gli scritti qui raccolti dove il personalissimo linguaggio dello scrittore impasta elementi dialettali a termini arcaici, insoliti e ricercati, creando un caleidoscopio di immagini ora curiose e divertenti, ora grottesche e amare, sempre imprevedibili e capaci di stupire.
Due grandi conoscitori di mare e letteratura hanno raccolto scritti memorialistici e documentari, sempre autobiografici, fin che è possibile divertenti, che costituiscono una sorta di storia del mare. L'accento cade più sull'avventura, sulla passione per il mare e sul fascino per la testimonianza diretta, per le vicissitudini singolarissime di questi protagonisti del mare. Gli impavidi Vichinghi; Francis Frake, il più grande corsaro inglese; il naufrago che ispirò il Robinson Crusoe a Defoe; la prima attraversata atlantica di Melville; il giro del mondo in solitario di Slocum. Una galleria di personaggi a tutte le latitudini, un'antologia di storie vere, diari marinari, giornali di bordo, relazioni e memorie.
Lui sta morendo. Morirà?
Lei, a qualunque costo, deve trovare suo figlio.
L’altra ascolta e fa cosa può.
Questa è una storia di santi, dove nessuno è chiamato per nome.
Tranne un peccatore.
Tanto, di che si parla, è chiaro per tutti.
Forse.
E se la fine in realtà fosse solo l'inizio?
Un giovane incontra a Parigi una ragazzina enfant prodige della matematica e i due s'innamorano, si fidanzano, si sposano. Lei, poco più che ventenne, va in America. Ma il mondo s'inceppa e in un batter d'occhio tutto finisce: niente più petrolio, niente più energia elettrica, commercio né moneta, niente più regole sociali. Ovunque solo guerre e carneficine. Il mondo si imbarbarisce e la sua caduta coglie i due innamorati ai due lati dell'oceano, senza possibilità di comunicare. Per vent'anni i due vivranno lontani, lei ha una vita durissima, lui comincia a scrivere per non dimenticarla, finché, dopo tanti anni, i due si ritroveranno, accesi dal fuoco della passione e dal bisogno di verità. "Le cose semplici" è il tentativo di raccontare il cammino dei nostri desideri più comuni ed elementari - e di tutto quello che ci tocca il cuore, fino a straziarci con la sua bellezza o con il ricordo pungente di essa - attraverso la labirintica distruttività del mondo. Il nostro bisogno di vivere una vita che si possa dire umana, di gioia ma anche di un dolore dotato di senso, è destinato a infrangersi contro il muro del potere, della superficialità, del pensiero indotto e dei luoghi comuni? O può trovare soddisfazione?
"Qualcuno dice però che, tra le sofferenze di quella notte e del giorno successivo, la più grande per il Nazareno fu quella di non vedere me, e io penso che quel qualcuno abbia ragione, perché non solo io e quell'uomo eravamo veramente amici, ma lui è stato il più grande tra tutti i miei amici, e forse io il suo." Lo si capisce leggendo attentamente il Vangelo: quella tra Gesù e Giuda Iscariota fu una grande amicizia, che crebbe a dispetto della radicale differenza di vedute tra i due, e che nemmeno il tradimento riuscì a cancellare. Giuda amava la legalità, l'armonia, Gesù amava le eccezioni, e portava la guerra. Giuda è un ebreo devoto, un uomo razionale, che tradisce Gesù nella speranza di salvarlo dall'ira della gente e soprattutto dalla sua "presunta" follia, affidando il suo destino alla Legge di Mose mediante un regolare processo. Solo dopo avere compiuto il suo gesto Giuda comincia a rendersi conto dell'enormità del proprio sbaglio, e dell'orrore che, attraverso quella porta aperta, fa il suo ingresso nel mondo. Tuttavia l'ultima parola non è ancora stata pronunciata: nemmeno tutte le tenebre del mondo possono cancellare la realtà dell'affetto che li ha uniti.
Un industriale, una famiglia in crisi, un figlio segreto avuto con un'amante, una fabbrica al centro delle tensioni sociali. Un grande romanzo che parla dei problemi di oggi, scritto da uno dei maggiori narratori contemporanei. Durante una degenza in ospedale Marco inizia a fare i conti con il passato, con le infedeltà alla moglie, con le assenze e i silenzi verso il figlio segreto, con una carriera inghiottita dalle abitudini. Marco è cattolico ma la sua fede non lo ha mai messo al sicuro dalle colpe. Anzi, tutta la sua vita è una lotta tra il voler fare il bene e un continuo cadere in tentazione, in malvagità, in inganni e furbizie. Contro questo male-interiore che ogni volta riaffiora, contro un capitalismo che aliena operai e dirigenti, Marco e tutti gli altri personaggi non sanno ribellarsi ma rimangono come invischiati in un pantano. Conversione è il romanzo in cui si esprime compiutamente l'ispirazione cristiana di Rodolfo Doni e il suo sguardo attento e partecipe alla condizione problematica dell'uomo contemporaneo.
Nell'intreccio di personaggi letterariamente trasfigurati oppure riconoscibili viene tracciato un affresco dell'Italia politica e civile dal dopoguerra agli anni Novanta. Le ragioni dell'impegno dei cattolici, pur nel pluralismo delle scelte, emergono con vivo senso di appartenenza, in un racconto avvincente, destinato a suscitare ampio dibattito (pp. 192).
In un'isola che non si fatica a riconoscere come l'Elba, si svolge una storia di speculazioni edilizie, di intrecci poco chiari tra banche e imprenditori, mentre un giovane scrittore passa dalla denuncia dei soprusi a una carriera d'integrazione. Finché un nubifragio, che il devastante tsunami nel Sudest asiatico ha reso di attualità , costringe a voltar pagina, drasticamente. Con questo breve romanzo, Doni ci dà un altro saggio della sua letteratura d'impegno politico e di passione civile.
C'è tutta la gamma tematica e stilistica di Rodolfo Doni uomo, cittadino e scrittore in questi diciassette racconti lunghi e brevi. Cantore degli affetti familiari e testimone delle trasformazioni sociali e politiche italiane del Novecento, Doni stesso ha fornito la chiave di lettura: «E' una doppia esplorazione che compio in queste pagine, dove la fantasia ha la sua parte, ma solo per fare più verità ». Ecco, esattamente questa è la funzione della letteratura: nasce dall'esperienza, dal vissuto personale, dalla cronaca e dalla storia ma, attraverso l'interpretazione che ne dà la fantasia, ne coglie la verità , ne rivela il senso per dilatare il vissuto del lettore (pp. 392).
Quale oscuro legame unisce Luca Trevisan, cuoco famoso, esperto di spezie, e Andreas Dürren-Fischer, celebre restauratore di quadri fiamminghi? Luca e Andreas appartengono a due mondi diversi, l'arte e la cucina, e hanno due caratteri opposti: tanto timido e impacciato il primo, quanto sicuro di sé e mondano il secondo. Tuttavia, quando Luca conosce Andreas pensa sia arrivato finalmente il momento per dare una svolta alla propria carriera. L'invito del restauratore a seguirlo in un giro di incontri professionali in Germania gli offrirebbe l'occasione di trovare nuovi clienti e abbandonare il ristorante di provincia che gli garantisce una vita tranquilla, ma che lo costringe anche a sacrificare le sue più alte ambizioni professionali. Luca accetta la proposta, ma non sospetta che dietro l'affabilità del restauratore si nascondano segreti inconfessabili e un passato impossibile da dimenticare. In viaggio con Andreas fra i boschi della Germania e le montagne dell'Austria, Luca verrà trascinato in un gorgo che minaccia di distruggere ogni sua certezza obbligandolo a compiere scelte atroci. Unico appiglio per mantenere la lucidità, il diario dove da anni annota osservazioni sulle spezie e sulla preparazione delle ricette. Ma c'è un uomo che segue Luca e Andreas da lontano: un ispettore "a caccia di fantasmi", in lotta da anni con un complicato caso internazionale e che, per uno strano gioco d'incastri, sarà forse l'unica persona in grado di salvare Luca...
Roberto e Mario sono in quell'età in cui non si è più bambini ma non si è ancora ragazzi. Nell'estate del 1981 giocano a diventare grandi a Madonna della Neve, piccola frazione alpina in provincia di Trento. Per loro la montagna è sentire la concretezza del mondo appiccicarsi alla pelle, muovere il corpo, mischiarsi con i pensieri: ma di quei boschi, di quei picchi, sentono manifestarsi il lato più minaccioso e inquieto. E anche l'amicizia a volte può prendere strade pericolose e portare a pensieri vietati, a sperimentare il proibito. I due amici cominciano a dividere il mondo in bambini-bambini, i più disprezzabili, e i non-bambini, quelli come loro; a saggiare la reciproca resistenza al dolore; a mettere alla prova le proprie paure scavando buche profonde, nell'anno in cui a Vermicino il piccolo Alfredo Rampi perde la vita in un pozzo artesiano. Ma non basta, si deve andare oltre e compiere un'impresa da ricordare, un'escursione difficile anche per adulti esperti, che renda sacra l'amicizia, perché niente possa essere più come prima. E lì, dove comincia l'ascesa alle Colme, ha inizio la colpa che non prevede perdono. Trent'anni dopo, Roberto è costretto a tornare alla casa natia, dopo la morte del padre Carlo. La breve permanenza prevista si trasforma in una cattività obbligata, dove il ricordo dei genitori e di quello che è andato perduto rischia di annientare quanto è stato faticosamente costruito, lontano da lì. Per sistemare l'eredità, Roberto deve trovare Rosa, la madre di Mario, della quale sembrano essersi perse le tracce. Il ritorno diventa per Roberto l'occasione - in parte orchestrata da Carlo in un congedo postumo - per fare i conti con il proprio passato, con le proprie responsabilità, in un crescendo di rivelazioni e scoperte.