
Sotto il ponte più antico di Parma, il cadavere di un uomo affiora dalla riva melmosa. È stato assassinato, e poi gettato in acqua chissà dove, finché la corrente non l'ha portato lì. Il commissario Soneri, incaricato delle indagini, si affida come sempre all'istinto e raccolti i primi, labili indizi, decide di risalire il fiume. In un freddo, piovoso pomeriggio di gennaio, il suo tragitto a ritroso lo conduce in un borgo isolato dell'Appennino, vicino a un passo percorso un tempo da mercanti e pellegrini e ora battuto da ambulanti extracomunitari, ma anche da "spalloni" della droga. I paesani parlano poco e malvolentieri, l'ostilità verso l'intruso, perdipiù sbirro, è palese, tuttavia Soneri arriva a scoprire in fretta l'identità della vittima - un ricco e temuto imprenditore del posto - e a legare il suo nome a un pesante scontro di interessi sul futuro di quelle montagne. Col passare dei giorni l'inchiesta si fa sempre più inquietante, mentre il commissario cerca, letteralmente, di trovare la pista giusta fra sentieri impervi che si perdono in un paesaggio intatto di neve, alberi e acqua. In questo scenario che lo affascina e insieme lo turba, s'imbatte in alcuni bizzarri personaggi, raccolti in una sorta di "comunità dei boschi", e in uno scomodo prete dalla fede eversiva, confinato per punizione in quel luogo dimenticato da Dio...
Domenico Nanni è un uomo che sta facendo i conti con se stesso. A sessant' anni, si guarda indietro e quello che vede è l'immagine di chi non si è fatto scrupoli ad arraffare tutto ciò che poteva, senza nulla in cui credere se non successo, potere, denaro. Presto orfano di padre, cresciuto da una madre che ha sgobbato per potergli garantire un'istruzione, negli anni Sessanta Domenico sposa gli ideali rivoluzionari, forse più per il desiderio di essere come gli altri che per convinzione. Giornalista di nera a "l'Avvenire", per un po' se ne sta a guardare, ma ben presto inizia a cedere alle lusinghe di un mondo sensuale, prepotente e affascinante che si va affermando giorno dopo giorno. Con gli anni Ottanta inizia il gran ballo, e molti pensano a riempirsi la pancia, con buona pace di sogni e utopie. Nanni è uno di quelli. Con l'ascesa del Partito Socialista e la vittoria di una politica del bengodi, salta sul carro del vincitore e - grazie anche all'aiuto di Susanna e della sua prorompente e cinica vitalità - si reinventa come pierre, perché "se la fame non c'è, bisogna ingolosire". Un teatrante che vende idee ammantandole d'oro. Si sporca le mani con la politica, l'industria, la finanza, e così attraversa gli ultimi trent'anni della storia italiana. E la sua parabola diventa metafora di quella del nostro Paese.
Federico, il protagonista di questa storia ambientata in una Roma elegante e decadente, è uno sceneggiatore di esperienza con molti film di successo alle spalle. Frequenta i salotti nobili della capitale, ma anche le redazioni dei giornali, le trattorie storiche del centro e l'entourage intellettuale e cinematografico. Un giorno uno dei più apprezzati broker della finanza romana gli chiede di incontrare un giovane attore, Domenico Greco, per aiutarlo a entrare nel mondo del cinema e Federico, per cortesia, invita a casa sua quello che a prima vista è un belloccio senza arte né parte.
Poche ore dopo, però, il ragazzo viene ucciso con un colpo di pistola. E il protagonista, essendo uno degli ultimi ad averlo visto, si ritrova coinvolto nelle indagini. A dipanare l'intricata trama di segreti, relazioni clandestine, innamoramenti mai confessati, tradimenti, lavorano parallelamente Margiotta, un sagace commissario, Maselli, un giornalista di cronaca nera assetato di scoop, e lo stesso Federico, che si ritrova talmente invischiato nella vicenda sentimentale legata all'omicidio da mettere a rischio il proprio matrimonio. E muovendosi tra nobili decaduti, fisioterapiste brasiliane e mostri sacri del cinema italiano, la sfida del protagonista sarà proprio quella di dimostrare la sua innocenza. Di rivelazione in rivelazione, la verità verrà a galla gradualmente, tenendo altissima la tensione e spiazzando anche il lettore più navigato.
Servendosi di una lingua raffinata, di un ritmo avvolgente e del suo sguardo ora caustico ora malinconico, Enrico Vanzina manovra con maestria personaggi veri e immaginari sullo "scintillante palcoscenico dell'eternità romana". Il risultato è un romanzo impeccabile, che è insieme un giallo appassionante, una riflessione sul Tempo e un affresco eccezionalmente autentico di Roma e della società italiana.
Cosa succede quando l'irruzione di un imprevisto spezza una simbiosi durata sessant'anni? Quando, senza avvertire, una notizia rompe il legame quasi simbiotico che aveva tenuto due fratelli uniti sin dai loro primi giorni su questa Terra? È quello che racconta Enrico Vanzina che, in "Mio fratello Carlo", ripercorre la storia del loro rapporto, fino alla scoperta della malattia che ha colpito Carlo, portando, nel giro di un anno, alla sua scomparsa.Mio fratello Carlo è, al tempo stesso, il racconto particolare e privato del legame fra due fratelli che, uno sceneggiatore e scrittore, l'altro regista, hanno attraversato e segnato il mondo culturale italiano come pochi altri artisti nel XX secolo, la storia universale dello spaesamento, della rabbia, dell'essere umano di fronte al dolore profondo, e l'atto di amore di un fratello.
Nella storia della letteratura il diario occupa un posto speciale. Sono diari, in fondo, le Confessioni di Sant'Agostino e i Saggi di Montaigne, due dei libri più letti e amati di sempre. E venendo a tempi più recenti il Diario dei fratelli Goncourt è un testo imprescindibile per comprendere la grande Francia ottocentesca, e, a modo suo, è un monumentale diario in più volumi l'acclamato "La mia lotta" di Karl Ove Knausgård. E lo è, ovviamente, il "Diario notturno" di Ennio Flaiano, libro che illumina il nostro dopoguerra e gli anni del boom. Proprio da Flaiano, che ha conosciuto personalmente quando era bambino, parte Enrico Vanzina per questo suo "Diario diurno". Un diario adulto, iniziato da un uomo di 62 anni che non ne aveva mai tenuto uno. Un diario che racconta undici anni, racchiusi da due grandi crisi sociali, quella economica del 2011 e quella che stiamo ancora vivendo ed è legata alla pandemia. E in mezzo: la vita, le gioie, i dolori, gli attimi solo in apparenza insignificanti ma in realtà decisivi, la politica, i libri, il cinema, certo, il cinema, gli amici che si ritrovano o se ne vanno, gli incontri casuali, le strade prese o perse. Perché un diario, se scritto da un grande autore, è molto di più del mero succedersi degli accadimenti, pubblici e privati che siano, è un'opera letteraria che sa far commuovere, sorridere, riflettere, rivelando verità spesso nascoste sul cuore umano.
Andrea conduce una vita ai limiti dell'insignificanza e del torpore morale insieme alla compagna Livia. Poi arriva una lettera: il padre, sparito in Kenya moltissimi anni prima, sta morendo. C'è ancora il tempo per accomiatarsi da lui come un vero figlio. Il padre è in ospedale e Andrea fa appena in tempo a sentirne la stretta della mano. Combattuto fra pietà e risentimento, Andrea sta per tornare in Italia quando gli viene presentato suo fratello, il figlio che il padre ha avuto da una donna keniota: Charlie. Reazione: rifiuto, negazione. Piuttosto che portarlo con sé, Andrea è pronto a pagare un collegio e a rintracciare, dopo un avventuroso viaggio nell'interno del paese, i nonni kenioti che, in verità, hanno maledetto e bandito la memoria della figlia. Charlie è di pochissime parole ma fra i due cresce - faticosamente, conflittualmente, come in un disegno più grande di loro - una simpatia, un rapporto. Fratello-padre, Andrea finisce con il portare Charlie in Italia. E qui la fatica ricomincia, Charlie è un diverso ma soprattutto è un bambino che ha conquistato il cuore di Andrea. Livia capisce che tutto è cambiato. Tommaso non accetta che tutto sia cambiato. Lo stesso Andrea sa che deve giocare il tutto per tutto. Da una parte c'è la carriera, il successo professionale, dall'altra la tentazione di impegnare gli affetti e puntare su una vita nuova.
Se non avete mai sentito parlare dell'Area X è merito della Southern Reach. Da trent'anni un fenomeno dall'origine sconosciuta sta alterando l'ecosistema costiero di un territorio nel Sud degli Stati Uniti. Cosa (o chi...) ha generato l'Area X, cosa avviene all'interno del confine impenetrabile che la divide dal resto del mondo, quale destino attende chi decide di esplorarla? Sono domande a cui, da trent'anni, tenta di rispondere la Southern Reach, un'agenzia governativa segreta incaricata di studiare il fenomeno. Senza risultati, almeno finora. Alla Southern Reach c'è un nuovo direttore: John Rodriguez, anche se tutti lo chiamano Controllo. Eppure quello che sembra mancargli è proprio il controllo sulle cose. A cominciare dalla struttura che è stato chiamato a dirigere, dove tutti perseguono i loro scopi, tanto segreti quanto personali. La sua vice, per esempio, ancora legata alla direttrice precedente e forse a conoscenza dei veri motivi che hanno spinto l'ex capa a prendere parte alla dodicesima missione nelle vesti della psicologa. O i membri della sezione scientifica con i loro terribili e pericolosi esperimenti con i conigli. O Whitby che sembra sapere troppe cose per un semplice "tuttofare". A Controllo basterà poco per capire che i misteri della Southern Reach sono altrettanto numerosi e pericolosi di quelli dell'Area X. Qual è il vero scopo della Southern Reach? Chi la comanda?
Il dottor Capecchi, bibliotecario e storico a tempo perso, in cerca di una passione che gli accenda la vita, si sta dedicando alla stesura della biografia di Antonio Manca, uno dei più importanti politici italiani della seconda metà del Novecento, un padre della Repubblica. Ormai anziano e accudito da un infermiere, durante uno degli incontri con il suo aspirante biografo Manca pronuncia il nome di Enrico Foà, e le antenne del bibliotecario ne captano l'importanza. Chi era Foà? E perché non compare in nessun libro, in nessun archivio? Grazie a questo nome - e a una visita al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano - Capecchi incontra Miriam, ebrea emigrata da decenni in Argentina. Lei Enrico Foà l'ha conosciuto. Lo ha amato. E lo ha perduto. E se quando si incontrano Miriam non confessa nulla a Capecchi, sarà proprio la sua voce registrata ad attraversare l'oceano grazie a una chiavetta usb svelandogli infine il segreto nascosto tra le pieghe del passato, nelle vie operose del Ghetto di Roma prima del fatidico 16 ottobre 1943, per le strade di quella città che a ogni angolo offriva a due ragazzi ardenti uno scorcio di speranza. Un amore forte come solo da giovani, e in guerra, lo si può provare emerge dal buio e ci consegna la chiave del proprio significato, della propria stessa fine, di una scelta radicale di cui il mondo non sentirà mai parlare.
La vita di un paese sulle rive di un lago, raccontata attraverso le storie dei suoi abitanti e le loro improbabili avventure che si trasformano in epopee intorno al tavolo dell'unico bar, tra sigarette e ricordi, parole e liquori, fantasmi e visioni di terre promesse. C'è chi ha cercato fortuna in America, chi ha combattuto guerre nascosto in una cantina, chi si è improvvisato rapinatore guardando una pistola "made in China", chi è finito in manicomio circondato da angeli coi camici bianchi, chi ha aspettato inutilmente l'arrivo di un meccanico che gli riparasse gli ingranaggi di un sogno inceppato... Davide Van de Sfroos è in realtà Davide Bernasconi, nato a Monza nel 1965.
Tra il 1907 e il 1908 Gian Burrasca appare a puntate su "Il Giornalino della domenica". Nel 1920, l'autore raccoglie la serie e ne fa un libro, siglandolo con lo pseudonimo di Vamba. Protagonista della storia è Gian Burrasca che, con l'ingenuità propria dei suoi nove anni, combina sempre guai e scherzi, sorvegliando le azioni dei familiari, dei maestri e degli amici di casa. L'indiavolato monello vede ciò che i grandi credono che i bambini non possano vedere e, sincero fino in fondo, si fa giudice delle azioni dei suoi familiari, smascherando l'ipocrisia del mondo borghese di fine secolo, il perbenismo dell'educazione e il malcostume politico.
Un istituto bancario ha deciso per i suoi investimenti l'acquisto della Bolla d'oro di Alessio Comneno III, uno di quei documenti con cui, nell'antica Bisanzio, la Cancelleria trasmetteva, con l'aureo sigillo, i decreti imperiali. Sorge, naturalmente, una questione di autenticità, perché queste carte erano nell'Ottocento facilmente falsificate, e la perizia è affidata ai due massimi esperti del settore, il professor Celletti e il timido Bosconi, suo allievo. I due danno pareri opposti e, a complicare l'operazione, il secondo dei due svanisce nel nulla, nelle tappe di una trasferta negli archivi dei monasteri ortodossi del Monte Athos. L'intraprendente Teresa Nitti, donna d'affari che si autodefinisce "una che risolve problemi", è incaricata della ricerca; la signora si rivolge al suo vecchio compagno di studi Carlo Donna. Alla fine, dietro al mistero, si svelerà una truce cospirazione ma il romanzo ha anche una trama più profonda da comunicare: il viaggio-ricerca di Carlo, la sua scoperta dell'universo chiuso e infinito dei monaci barbuti che abitano i luoghi a precipizio sul mare protetti dai millenni. Ma la sua non è un'iniziazione mistica o un'esperienza religiosa trascendente. Con il suo documentare i sentieri, i panorami, le mura, le celle, le conversazioni, i personaggi, il trascorrere delle ore, con il suo sentirsi strappato all'ordinario vivere, Carlo trasmette ciò che ha finalmente capito: di essere giunto "all'ultima dogana della terra".