
Sede della più grande domus di tutta l’Etruria, la città etrusca di Gonfienti, alla periferia di Prato, nasconde sorprendenti ricchezze sotto una millenaria coltre di fango.
Il ritrovamento di un cippo con quattro parole incise sopra le teste di altrettanti leoni ruggenti convince un gruppo di archeologi angloamericani a chiedere aiuto alla ricercatrice italiana Aura Seianti.
La chiave delle misteriose incisioni orientate verso i punti cardinali sembra essere l’antica leggenda del principe Vhel e dei quattro leoni.
In un intrigante intreccio tra passato e presente, il lettore rivive così le avventure di potenti lucumoni, i viaggi sul Mediterraneo, le alleanze fra etnie diverse, gli scontri fra Etruschi e Romani, le storie di giovani intraprendenti baciati dalla sorte. Per poi tornare al presente, con le indagini dell’ispettore di polizia Sebastiano Larani sulle tracce di un ex tombarolo scomparso e di una tomba leggendaria che nasconde un favoloso tesoro.
Con uno stile a metà fra lo storico e il poliziesco già sperimentato nel romanzo I segreti della via etrusca, di cui ritroviamo qui alcuni dei protagonisti, Gianfranco Bracci e Marco Parlanti riescono a tenere il lettore con il fiato sospeso fino al colpo di scena finale che regala la soluzione degli enigmi.
Napoli non è una città come le altre. Napoli non è neppure una città sola. Perché sotto quella che conosciamo ce n'è una sotterranea, nascosta agli occhi del mondo, con il buio al posto della luce. Marco Di Giacomo l'aveva intuito, un tempo, quando era un brillante antropologo e aveva un talento unico nell'individuare collegamenti invisibili tra le cose. Poi qualcosa non ha funzionato e ora, ad appena quarant'anni, non è altro che un professore universitario collerico e introverso, con un solo amico, il suo impacciato ma utilissimo assistente Brazo Moscati. Considerati folli per le loro accanite ricerche sui culti antichi, i due sono costante oggetto dell'ironia di colleghi e studenti. Perciò nessuno si meraviglia quando il direttore del loro dipartimento li spedisce a fare da balie a una giornalista tedesca venuta in Italia per scrivere un pezzo sensazionalistico sui luoghi simbolo dell'esoterismo. Per liberarsi della seccatura, Marco chiede aiuto a sua nipote Lisi, ricercatrice anche più geniale dello zio ma con una preoccupante passione per le teorie complottiste. I quattro s'imbatteranno in una lunga catena di reati e strani eventi, scoprendosi parte di un disegno che potrebbe coinvolgere l'intera umanità. Soltanto Maurizio de Giovanni poteva scrivere questo romanzo, che nasce dalla conoscenza profonda di una città e della sua gente ma si spinge molto più lontano, mettendo in discussione tutte le categorie, comprese quelle letterarie, per inseguire una verità che forse avevamo davanti da sempre e non abbiamo mai voluto vedere. E questo è l'inizio. Solo l'inizio.
1520. La famiglia Di Segni è una delle tante che vivono a Roma nel serraglio degli ebrei, dove la sera si chiudono i cancelli e nessuno può più entrare né uscire. Michael, giovane capofamiglia, è già un valente cerusico specializzato nella cura delle malattie con rimedi a base di erbe, ma, a causa delle ristrettezze economiche, vive in una casa fatiscente insieme alla moglie Ruth e la loro piccola Ariela. Un giorno, Michael viene convocato dal banchiere Agostino Chigi detto il Magnifico, da tempo affetto da un male che lo tormenta, nonostante i tanti consulti di medici cristiani. Il potente e ricco mecenate vive nel fasto di Villa Chigi con la moglie Francesca Ordeaschi, ex cortigiana, e pur di guarire è disposto anche a passare sopra al fatto che il giovane sia ebreo. Mentre Michael viene fatto trasferire alla villa per stare notte e giorno vicino al malato, Ruth e la figlia rimangono da sole e ai limiti della sopravvivenza... E così, a poca strada dalla residenza dei Chigi, dove si sta organizzando la sfarzosissima festa dell'anniversario del matrimonio, per qualcuno le cose si mettono davvero molto male e Michael dovrà dimostrare tutta la sua capacità di medico e la sua determinazione, se vorrà un futuro per sé e per la sua famiglia...
1488. Caterina Sforza, vedova di Girolamo Riario, signora di Forlì e Imola, non è una donna come le altre. Lo sanno bene i grandi signori d'Italia, da Lorenzo Medici a Ludovico il Moro, al papa in persona, i quali ne cercano l'alleanza non solo per la posizione delle sue terre ma anche per l'ingegno di colei che le possiede. Nessuno può credere, quindi, ricordando Caterina, sola, dopo l'assassinio del marito, capace di sacrificare i suoi stessi figli per difendere la rocca di Ravaldino in cui si è asserragliata, che possa perdere forza e scaltrezza per colpa di un uomo. Proprio nei giorni della rischiosissima lotta contro i nemici che hanno ucciso Girolamo Riario, infatti, Caterina incontra un uomo capace di suscitare in lei una passione così impetuosa da distoglierla dai suoi doveri e dalla sua inflessibilità. Si chiama Giacomo Feo ed è uno stalliere, un individuo indegno di lei, del suo rango, anche solo del suo interesse. Ma la Tigre, fin da bambina, ha dimostrato a tutti di avere un carattere indomito e in quella storia clandestina e pericolosa si lascia condurre con lo stesso furore che l'ha sempre sostenuta in battaglia. Accecata dall'amore, non si rende conto che in molti tramano nell'ombra per privarla della reggenza sulla signoria di Forlì. Spetterà a Caterina scegliere tra la vita che crede di meritare e il ruolo per cui è nata. E non sarà una scelta facile.
Un weekend romantico a Parigi. Caterina non ci è mai andata, ed è stata una delle prime promesse che Giacomo le ha fatto. Invece niente. Un eterno rinvio, il simbolo perfetto della loro relazione. Quando si conoscono lui le pare quasi irraggiungibile. Caterina è ancora una studentessa mentre Giacomo, fedele collaboratore del padre di lei nell'azienda di famiglia, è sorprendente e pieno di fascino. Ma soprattutto sposato. Con il tempo, però, tra loro nasce una sintonia perfetta. Fra un bicchiere di vino e una chiacchierata notturna, l'amore li travolge. Giacomo intanto si è separato da Federica, la compagna di sempre, e Caterina comincia a capire ciò che vuole da lui: un amore profondo, un futuro insieme. Ma lui non è ancora pronto a darle tutto questo, perché il senso del dovere e la nostalgia lo spingono a correre ogni volta che la moglie lo chiama. Nel frattempo, a unirlo ancora di più a Caterina, sono le difficoltà del padre e dell'azienda. Quando tutto precipita, il loro legame è messo alla prova e nessuno dei due può più nascondersi. Sapranno, insieme, dimenticare il passato e vivere l'amore?
Questa volta Giampaolo Simi lascia a casa Dario Corbo, ma la tensione, l’indagine, lo scavo nella coscienza di fronte al delitto, l’angolo nero che ciascuno nasconde dentro di sé, la forza della scrittura sono quelli del grande inventore di storie che i lettori già conoscono.
La sera del 23 luglio nella tenuta della Falconaia, vicino Lucca, viene trucidata Esther Bonarrigo, 42 anni, moglie dell’imprenditore Daniel; insieme hanno creato la catena di italian food «Il Magnifico», 127 ristoranti in tutto il mondo. Una coltellata alla gola, una sola, precisa e mortale come in un’esecuzione. La villa deserta, il personale in libertà. Una serata ideale per un appuntamento tra due amanti, questo è quello che si sospetta quando poco lontano dal corpo della donna viene rinvenuto il cadavere di Jacopo Corti, un giovane che lavorava nella tenuta da poco licenziato. Unico sospettato il marito della vittima che si protesta innocente, ma le prove sono più che sufficienti per portare l’uomo a processo. Ed è la giuria la vera protagonista del romanzo di Simi, con i giurati popolari che in Corte d’Assise sono chiamati a decidere insieme ai due giudici togati. Sono cittadini comuni scelti dalla sorte, persone diverse, ognuno con mille domande e timori; curiosi, spaesati, intimoriti, alcuni già con una loro idea sul caso di cui giornali e TV hanno rivelato ogni particolare. Si assiste così al dibattimento, udienza dopo udienza, ognuna vissuta però dal punto di vista di un giurato diverso, di cui veniamo a conoscere anche la vita privata. Emma, sulla soglia dei cinquant’anni, sicura di sé e dell’innocenza dell’imputato, Serena, irrisolta e solitaria, Terenzio, con qualcosa di ingombrante nel suo passato, e poi Iris, Ahmed, Aldo. Sei persone qualsiasi, ignare di come si amministra veramente la giustizia e che ora toccano con mano cosa vuol dire decidere delle vite degli altri. Durante le udienze accusa e difesa si danno battaglia, i colpi di scena si susseguono, facendo oscillare di volta in volta la bilancia della giustizia da una parte e dall’altra.
«Nel mondo di Giampaolo Simi non c’è spazio per gli eroi a tutto tondo senza macchia e senza paura. È più interessato, lo scrittore, a sviscerare le contraddizioni dell’essere umano perennemente scisso tra miserie e nobiltà» - Gigi Riva, L’Espresso
«Un narratore di talento, a cui da tempo i canoni dei generi stanno stretti. E che ha la giusta ambizione di scrivere un vero romanzo» - Ranieri Polese, La Lettura
Il piccolo Ruben è un "giudeo cacasotto": così lo deridono i compagni di classe, fino a quando un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma. Meglio le lezioni private di clarinetto dal professor Nussbaum, uno che suonava con i Wiener Philarmoniker prima che lo cacciassero perché ebreo. Meglio gironzolare per le strade della città. Meglio starsene a casa, nonostante il clima in famiglia si faccia ogni giorno più cupo e agitato. Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c'è tempo, alla stazione c'è un treno che aspetta. Auschwitz ingoia gli ebrei, ma non Ruben. Il ragazzo viene salvato da un ufficiale delle SS, Klaus von Klausemberg, un raffinato melomane che si invaghisce del suo talento musicale. Il militare lo prende sotto la sua protezione, gli dà una certa libertà all'interno del lager, lo ospita nell'ospedale del campo. Ruben vive così una prigionia dorata e Klausemberg diventa per lui una specie di padre, protettivo e prodigo di consigli, oltre che un amico con cui suonare il prediletto Mozart. La tragica verità del lager affiorerà poco alla volta, insinuerà in Ruben prima dubbi e sospetti, poi inquietudini e orrori, in un crescendo di scoperte sconvolgenti, che, al momento della liberazione, si trasformeranno in un lutto assai difficile da elaborare. Solo due decenni più tardi, rivivendo attraverso un diario postumo la tragedia di Auschwitz, Ruben potrà scacciare i fantasmi.
Prima di essere decifrati da Champollion, i geroglifici egiziani vennero interpretati – in una lunga e grandiosa linea di pensiero che va dalla tarda antichità al diciassettesimo secolo, da Plotino ad Athanasius Kircher – come una lingua non discorsiva, segreta e rivelatrice, fatta solo di immagini. Sir Thomas Browne (1605-1682) pose in atto questa concezione in tutta la sua opera di erudito e sommo prosatore – opera discreta, elusiva, difficilmente classificabile; fondata su di una cultura composita, stratificata e ormai remota; scritta in una lingua coperta dalla patina del tempo, in cadenza naturalmente religiosa e cerimoniale. Un'opera che si presenta come una complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano per essere separate e disperse. Alcuni degli elementi che sono delicatamente congiunti in quelle pagine, in un equilibrio ricco e precario, non si sono mai più ritrovati in così stretto contatto. In Browne la medicina e la teologia, l'erudizione antiquaria, la scienza naturale e il simbolismo ermetico si compongono in un solo discorso dalle molteplici e divergenti articolazioni. Il tempo, che ha rivelato sempre più lo splendore della sua prosa, ha anche confuso i tratti di quel discorso, ne ha offuscato i diversi significati. In quegli scritti alcune parole sono creste di continenti sommersi, sicché la perlustrazione delle topografie nascoste dovrebbe precedere ogni giudizio sull'opera. Una traccia può esser data dalla parola «geroglifico».
Nella Via Privata Vassallo, a Sestri Ponente, il tempo trascorre lento, le tradizioni si rispettano e il clamore del mondo arriva attutito. Regine di questo regno, chiunque vi abiti lo sa, sono le signorine Devoto: Santa, Mariannin e Siria, uguali eppur diverse, e convinte che il genere umano si divida in due: le persone per bene, rispettabili, cristiane e all'antica, e quelle poco raccomandabili, cioè tutte le altre. Miti e riservate, saranno proprio loro, tuttavia, a scendere in campo per prime e con insospettabile decisione quando la tranquillità e il buon nome del loro mondo verranno minacciati. Qualcuno infatti ha messo gli occhi sulle belle proprietà della Via Privata Vassallo, qualcuno pronto anche al crimine pur di ottenere ciò che vuole. Il romanzo di Renzo Bistolfi è una fotografia degli anni Cinquanta, velata di amabile nostalgia per un luogo e un tempo ormai scomparsi, e per una piccola folla di personaggi di straordinaria umanità.
Maurizio Maggiani ha una predilezione per l'oralità, gli piace sentire e far sentire come il racconto nasca dalla voce, dall'ascolto, dal rapporto che si crea tra la logica dei fatti e l'eco profonda della parola che li restituisce. E questo un segno decisivo dei suoi romanzi e degli incontri con il pubblico dei lettori. Ebbene, qui Maggiani fa un passo avanti e imbocca con rabbia e ardore la via dell'invettiva, un'oralità che sale di volume e di passione oratoria, perché, senza meno, deve ottenere un risultato: andare a segno. L'attenzione si sposta dalla leggenda delle cose accadute allo scacco delle promesse non mantenute. Le promesse fatte dalla sua generazione. Non poteva ben considerarsi beata la gioventù di un dopoguerra che si apriva provvido di speranze, di ideali, di futuro, e di un'alimentazione equilibrata? E allora? Che cosa succede ai figli del privilegio? Che cosa dissipano mentre disegnano un mondo nuovo? Oltre il confine della battaglia combattuta si apre il cedere del sogno, la traduzione dei ribelli in mediocri esecutori, manager, reggicoda di molti poteri. Maggiani amministra colpi con generosità, li chiama maledizioni. E tali sono, maledizioni. Perché i destinatari dell'invettiva e quelli che, pur fuori dal tiro generazionale, si riconoscono, sappiano almeno fare i conti con la vergogna del fallimento.
Sulle orme de "I conquistatori" di Francesco Perri, "I fatti di Casignana" - opera pubblicata per la prima volta nel 1974 - narra le vicende della lotta contadina all'indomani della Grande guerra in un paese alle pendici dell'Aspromonte per il rispetto della legge Visocchi, secondo cui ai reduci di guerra era concesso di sfruttare i terreni incolti. A Casignana, feudo della principessa di Roccella, i contadini iniziano a bonificare la foresta Callistro ma, un mese prima della marcia su Roma, la concessione delle terre viene revocata; i contadini, guidati dal sindaco socialista Filippo Zanco, occupano pacificamente la foresta; il prefetto intima lo sgombero, le forze dell'ordine attaccano e si consuma la tragedia. A fomentare la dura repressione ci pensano i figli di don Luigi Nicota, il ricco e arrogante proprietario del paese. Un romanzo in cui, con estrema obiettività e realismo scevro da ogni retorica populista, Mario La Cava indaga sulle cause della sconfitta del movimento contadino, mette in luce il contrasto di interessi tra contadini e pastori, denuncia la complicità del potere economico e politico, smaschera l'ambiguità dei traditori, si compenetra nella sofferenza dei sopravvissuti, racconta la solitudine di chi non era riuscito a guidare il suo popolo alla vittoria. Prefazione di Goffredo Fofi.
Roma, primavera 1501. Salaì, apprendista pittore, scapestrato e sciupafemmine, scrive a un ignoto destinatario lo sgrammaticato resoconto del suo viaggio nell'Urbe. Il giovane è arrivato da Firenze al seguito del patrigno, un vecchio frustrato e squattrinato dalla testa zeppa di strane invenzioni che non funzionano mai: Leonardo da Vinci. Ufficialmente Leonardo è venuto nella Città Santa per studiare dal vivo l'antica architettura romana. In realtà è stato chiamato per un'indagine delicatissima: dovrà scoprire chi sta spargendo voci calunniose e infamanti sul pontefice, Alessandro VI Borgia. Il bel Salaì, rozzo ma dal cervello fino, a sua volta ha ricevuto dalle autorità fiorentine l'incarico di spiare il patrigno: Da Vinci, che è anche ingegnere militare, è sospettato dai suoi concittadini di cospirare con potenze straniere. Durante la caccia ai calunniatori di Papa Borgia, Leonardo e Salaì s'imbattono in un brutale assassinio: uno scrivano pontificio è stato massacrato a colpi d'ascia nel suo letto. L'omicidio conduce a una lobby di tedeschi residenti a Roma: finanzieri, artisti, prelati e letterati, tra cui i potenti banchieri Fugger e il capo del cerimoniale vaticano, Giovanni Burcardo. Con una serie di peripezie esilaranti e inquietanti, dove delitti e suspense si mescolano a roventi avventure amorose e fughe rocambolesche, Leonardo e Salaì risaliranno dalla morte dell'anonimo scrivano fino a una colossale frode, destinata a cambiare il mondo. Perché anche dietro ai piccoli misteri c'è una grande bugia, e per salvare la pelle, come insegna Salaì, bisogna sempre chiamare le cose con il loro nome. Gli autori Monaldi & Sorti ci conducono per mano nei meandri della Storia, costruendo sulle fonti storiche originali un giallo storico-satirico che ci parla del nostro presente.