
"Il primo a partire fu Carmine Leto, il nonno paterno di cui porto il nome." Comincia così la nuova saga di Carmine Abate che abbraccia quattro generazioni della famiglia Leto, più di un secolo di storie e tre continenti. Come "La collina del vento" era la storia di una famiglia che rimane e resiste, così "La felicità dell'attesa" racconta i destini - più che mai attuali - di quanti lasciarono le sponde del Mediterraneo per cercare fortuna altrove, approdando nella "Merica Bona": una terra dura eppure favolosa, di polvere e grattacieli, sfide e trionfi. È qui, negli States, che un ragazzo partito nel 1903 dal paese arbëresh di Carfizzi, la mitica Hora di Abate, può diventare un campione di bowling noto in tutto il mondo: Andy "The Greek" Varipapa. Proprio lui è il mentore di Jon Leto, l'uomo che parte tre volte: per vendetta, per amore e per lavoro. A Los Angeles, grazie a Andy, Jon incontrerà una giovane donna circonfusa di un fascino magnetico, come il neo ammaliatore sulla sua guancia sinistra: Norma Jeane, non ancora nota con il nome che la renderà un mito... Carmine Abate dà vita a una grandiosa epopea tra l'Italia e il "mondo grande", che ancora una volta scava nella nostra memoria, collettiva e ci racconta di uomini e donne coraggiosi: dal capostipite Carmine Leto, con la sua moglie americana, al figlio Jon e al nipote Carmine, il narratore della storia, che segue le tracce segrete del proprio padre...
Questa è la storia di Kate e William, due ragazzi che si sono conosciuti all’università, si sono innamorati, si sono lasciati per poi rimettersi insieme e decidere di sposarsi. All’apparenza una storia d’amore come tante, se non fosse che uno dei due è il futuro re d’Inghilterra e che la loro relazione è stata seguita passo passo da milioni di persone nel mondo, tutte invitate il 29 aprile al loro matrimonio in televisione. Alfonso Signorini, con il suo stile unico e appassionante, ci racconta la storia di William e Kate: il primo incontro, le loro famiglie così diverse, le difficoltà, le litigate, le corse in macchina, le feste, i momenti pubblici e quelli privati. E ce lo racconta come se fosse una favola, una favola d’amore reale.
Questa favola è una pagina di poesia perenne, fusione perfetta di reale e fantastico, oscillare misurato fra commozione e celia che salva sempre dai pericoli del sentimentalismo. Il campo di concentramento, la fame, una guerra perduta, l'incertezza, la morte sempre in agguato: è in questo clima che Guareschi, soldato italiano che non si era arreso e che si era fatto deportare per mantenere fede al suo giuramento, compose questa favola piena di ironia e di speranza per cercare di "tenere alto" il morale dei suoi compagni. Ma nella follia dei lager nazisti era impossibile trovare una logica; si poteva trovare la forza della poesia nei cuori di persone coraggiose e piene d'amore come fu Guareschi.
Un bambino di nome Albertino parte la notte della vigilia di Natale per andare dal suo babbo prigioniero in un Paese lontano. Con lui la nonnina, il cane Flik e la Lucciola con il suo lume. Durante il loro viaggio vengono aiutati da una locomotiva che li trasporta fino a un ponte, che però è saltato; poi incontrano una gallina padovana residente all'estero che indica loro di camminare per 1490 passi, fino a un bosco abitato da tante creature, buone e cattive. L'avventura di Albertino alla ricerca del suo papà è popolata di sogni, paure e poesie: una favola toccante scritta da Guareschi e letta per la prima volta la vigilia di Natale del 1944 a un gruppo di compagni rinchiusi con l'autore in un campo di prigionia. Ed è anche la storia di quegli uomini, che la ascoltarono e che proprio grazie a queste parole riuscirono a mantenere viva la speranza del ritorno.
Gigi Berté, vicequestore aggiunto di origine calabrese, di residenza milanese e di... esilio ligure credeva di dover espiare le sue colpe nell'atmosfera sonnacchiosa di Lungariva sedando risse fra ragazzotti in vacanza e dirimendo annose vertenze sull'appropriazione indebita di una cabina da spiaggia. Ebbene, si sbagliava. È arrivato da pochi mesi ed è già al secondo caso di omicidio. E questa volta si tratta di una celebrità del luogo: la professoressa Adelaide Groppini, preside del liceo San Giorgio di Genova, ritrovata con il cranio spaccato vicino a un cassonetto della spazzatura. Una donna, come ben presto scoprirà Berté, dalla vita all'apparenza specchiata, ma con tanti lati oscuri. Come del resto tutto il suo entourage, rivestito di perbenismo, ma traboccante di ipocrisie, tradimenti e desideri di vendetta. Quel che ci vuole al commissario Berté, non solo per dimostrare di che pasta è fatto, ma anche per ritrovare quell'ispirazione a scrivere che gli viene dalla rabbia per i morti ammazzati e per prendere le distanze dalla Marzia, la proprietaria della pensione in cui Berté abita, che lui sente già come un po' sua e che invece è irrimediabilmente sposata...
"Nel 2160 la questione del Mezzogiorno era irrisolvibile e occorreva mandare tutti su Saturno. Su Saturno i terroni avrebbero potuto riprodursi senza pericolo per via del pianeta molto grande e non avrebbero potuto diventare pigri, perché il Sole era lontano e Saturno perennemente ricoperto da nebbie." "La fantarca", scritto da Giuseppe Berto nel 1965, è la storia dell'ultimo contingente che dalla Terra parte per Saturno a bordo della nave Speranza N. 5, comandata dal capitano Don Ciccio Torchiaro. Un viaggio nello spazio, ma anche nel tempo e nelle piccolezze grottesche e amare dell'umanità, una favola sorprendente che, dietro al tono scanzonato e sorridente, mette in ridicolo le assurdità che la miope superbia dell'uomo è in grado di generare: oggi come cinquant'anni fa. Prefazione di Giuseppe Lupo.
Guidati dal loro re, a cui i cacciatori della pianura hanno rapito il figlio, gli orsi scendono dalle montagne e invadono la Sicilia, superando ostacoli terribili: l'esercito del Granduca, i cinghiali da guerra molfettani trasformati in palloni aerostatici e gli artigli del Gatto Mammone. Riescono a espugnare la capitale e a ritrovare il principino, ma la loro gioia non dura a lungo. Divenuti i signori dell'isola, gli orsi vedono la corruzione insinuarsi nel loro mondo: gozzoviglie, bische, congiure di palazzo e la rapina della Grande Banca Universale. E solo il ritorno, in lunghissima fila, alle vecchie montagne assicurerà loro la quiete della natura. Originale fusione di invenzioni surreali e ballate popolaresche, di temi fiabeschi e scorci ironici, questa favola-apologo - non solo scritta ma interamente illustrata da Dino Buzzati nel 1945 - riserva le sorprese di una fantasia felicemente bizzarra. E mantiene ancora oggi una straordinaria freschezza, una imprevedibile libertà di movimento e una suggestiva attualità. Età di lettura: da 11 anni.
1953-1968: quindici anni di vita del nostro Paese raccontati da Giovannino Guareschi nelle piccole storie della sua famiglia che cresce e affronta i problemi della quotidianità, le nuove tecnologie e i nuovi pericoli sociali. L'Inquinamento che inizia ad avvelenare il mondo in cui viviamo. Il Divismo dei fan per i nuovi idoli. Il Consumismo inventato da una già efficiente propaganda televisiva. La Conquista del cosmo ridotta alla gara spaziale fra Usa e Urss. Il Benessere dell'auto, della tv, delle vacanze e delle cambiali. La Contestazione: la "Zanzara" al Parini e l'eskimo nelle università e nelle piazze, al grido di "Viva il Che!" e "Viva Mao!". Tutto attraverso la semplicità, l'umorismo e le "parole della quotidianità" con cui da sempre Guareschi riesce a raccontare con leggerezza anche cose terribili.
“Perché io vi parlo sempre di me e della gente di casa mia? Per parlarvi di voi e della gente di casa vostra. Per consolare me e voi della nostra vita banale di onesta gente comune. Per sorridere assieme dei nostri piccoli guai quotidiani. Per cercar di togliere a questi piccoli guai (piccoli anche se sono grossi) quel cupo color di tragedia che spesso essi assumono quando vengano tenuti celati nel chiuso del nostro animo. Ecco: se io ho un cruccio, me ne libero confidandolo al «Corrierino». E quelli, fra i ventiquattro lettori del «Corrierino», che hanno un cruccio del genere nascosto nel cuore, trovandolo raccontato per filo e per segno nelle colonne del «Corrierino», si sentono come liberati da quel cruccio. Infatti quel cruccio da problema strettamente personale diventa un problema di categoria, e allora è tutt’altra cosa.”
Genitori che faticano a diventare adulti, figli che faticano a crescere. È la famiglia adolescente. Nessuno vuole emanciparsi, nessuno sembra volerlo davvero, perché la famiglia adolescente ha natura vischiosa e il distacco è molto più complesso che nel passato. Si mangia tutti assieme, insieme si guarda la tv. I nostri figli ci seguono quando viaggiamo, quando si va fuori con gli amici. Discutiamo di fronte a loro di quasi ogni argomento e, talvolta, li coinvolgiamo nei nostri contrasti coniugali. Condividiamo con loro i modi di vestire, i gusti, i comportamenti. Li difendiamo con i professori, parliamo con loro delle prime esperienze amorose e sessuali. A prima vista sembra una condizione ideale. Ma siamo proprio sicuri che sia così? Uno dei più importanti psicanalisti italiani racconta i nuovi rapporti tra genitori e figli.
Continua il dialogo tra Miriàm e Iosèf. Continua con il loro esilio in Egitto, il bambino carico di doni e di pericoli. Oro, incenso, mirra e scannatori di Erode, il Nilo e il Giordano, la falegnameria e la croce: la famiglia più raffigurata del mondo affronta lo sbaraglio prestabilito. In ogni nuova creatura si cercano somiglianze per vedere in lei un precedente conosciuto. Invece è meravigliosamente nuova e sconosciuta. Ogni nuova creatura ha la faccia delle nuvole.