
Perché dopo tanti anni si parla ancora di Anna Magnani? Perché è stata l'attrice simbolo del cinema italiano del dopoguerra, il cinema della ricostruzione e del riscatto, e una delle più grandi attrici di tutti i tempi, capace di comicità sfrenata e di profonda drammaticità. Di lei gli italiani, da più di cinquant'anni, hanno nella mente, negli occhi e nel cuore quella corsa disperata dietro il camion tedesco che metteva la parola fine al suo più grande personaggio, ma anche la sua risata ora irridente, ora canzonatoria, ora gioiosa: la risata di Nannarella. Questa biografia - già uscita nel 1981, ora riveduta e integrata da nuovi documenti e testimonianze - narra i suoi amori drammatici, esclusivi, travolgenti; i suoi dolori laceranti, le sue gioie sfrenate, le sue improvvise voglie di giocare e il suo drammatico disincanto.
Nel 1961 il poeta Homero Aridijs incontra per strada una povera disgraziata che vende per due lire vecchie cartoline, vecchie immagini di sé giovane, nuda, bellissima. I suoi occhi verde smeraldo brillano ancora e il poeta la riconosce: è Carmen Mondragon, in arte Nahui Olin, la più bella donna di Città del Messico quando a Città del Messico c'erano le più belle donne del mondo. Negli anni venti e trenta. Negli anni della rivoluzione, di Emiliano Zapata e di Pancho Villa. Nel tempo in cui, in nome del popolo e di una libertà che sembrava lì a due passi, un pugno di artisti e di intellettuali scosse dalle fondamenta cultura e politica, creatività e morale di un intero paese. E proprio su questo sfondo che si muove la leggendaria storia di Nahui.
In una Francia sconvolta dal terrore le Dame del Carmelo di Compiègne sono ghigliottinate a Parigi nel 1794. Sedici donne giunte alla conquista di una libertà interiore che esalta l’emancipazione femminile e i valori di una sana laicità dei popoli; perché uguaglianza, libertà e fraternità sono pilastri del cristianesimo, amalgamati assieme dal senso di solidarietà e dallo spirito di carità. Dalla debolezza nasce la forza e dall’incertezza la fede: bisogna apprezzare chi ha molti dubbi e diffidare di chi n’è privo. La fede è una logica che si regge sull’assurdo dove la debolezza sta nella sicurezza d’esser possente e il vero vigore nelle fragilità delle insicurezze dove Dio si cela in attesa dell’uomo da rendere forte. Composta col metro del romanzo storico, l’opera è una meditazione sul significato eucaristico del martirio, ed attraverso un gioco di luci che promanano da un’anima che coglie nel passato con la sensibilità del presente, provoca riflessioni col sottile gioco dei paradossi, dando vita a un linguaggio dello spirito che traduce in fluida narrativa le più profonde essenze spirituali della teologia cristiana. Un libro che sfida in modo seducente il torpore dell’uomo moderno toccando la sensibilità dei lettori più raffinati e quella del grande pubblico, inducendo i non credenti a porsi quesiti più profondi ancora.
L'uomo grassocio che sbarca, nel maggio 1814, all'isola d'Elba sembra un commerciante qualsiasi: è Napoleone Bonaparte. Tra gli elbani che lo accolgono diffidenti e curiosi c'è Martino Aquabona, un letterato che non si rassegna all'inumanità degli uomini e che da anni cerca di decifrare il mistero dell'Eroe, o dell'Orco, che ha sconvolto l'Europa. Nominato bibliotecario dell'Imperatore, Martino diventa testimone e interprete dello strano interludio dei 300 giorni e dell'intera parabola napoleonica, di cui cercherà di deviare il percorso con un gesto estremo. Le sue memorie sono il dialogo su due modi di vivere: modificare il mondo attraverso l'azione eroica, o cercare di dargli un senso attraverso la scrittura. Da questo romanzo è stato tratto il film di Paolo Virzì N (Io e Napoleone).
Benito Mussolini è un ventenne, un infuocato estremista di sinistra, un mangiapreti. Fa il maestro in una scuola elementare di Tolmezzo, cittadina del Friuli ancora intrisa di Mitteleuropa. È l'anno 1907, tempi in cui i pedofili divorano l'infanzia quasi impunemente. Il mostro si accanisce con ferocia solo sui bambini poveri, le prede più facili. La città subisce. Si chiude in se stessa. Tocca al maestro Mussolini incitare alla rivolta i suoi seguaci politici. "Catturiamo questa bestia!" La vicenda è raccontata in ogni dettaglio in due diari, uno scritto da una delle tante amanti del maestro Mussolini, l'altro dallo stesso Mussolini. Il primo manoscritto è scoperto nel maggio 1936, per caso: mentre il Duce sta annunciando a Piazza Venezia la nascita dell'Impero, ascoltandone la voce alla radio, un antiquario di Tolmezzo e la sua amante, ardente fascista, trovano il documento nel cassetto di un secretaire acquistato in una fiera. Comprendendo che esiste anche il diario di Mussolini, come presi da un vortice, l'antiquario e la sua amica ne vanno alla ricerca e, rischiando la vita, lo trovano. Il thriller si sdoppia con l'incalzare del presente sul passato. Il Duce non vuole che la sua cronaca sul mostro riaffiori. Non può vantarsi della conclusione. La morte ormai insegue gli incauti scopritori dei manoscritti. E mostro di Tolmezzo ha la sua vendetta.
"Muss. Ritratto di un dittatore", è un documento prezioso per comprendere il complesso e spesso conflittuale rapporto di Malaparte con il fascismo. La sua stesura, iniziata durante la permanenza di Malaparte a Parigi, ha occupato un lasso di tempo di venti anni, dal 1931 fino ai primi anni Cinquanta. Proprio questa lunga gestazione è il miglior indice del travagliato rapporto di Malaparte con il regime e più ancora con la figura di Mussolini. Previsto inizialmente come una biografia di Mussolini con il titolo "Il Caporal Mussolini", il saggio si è in realtà sviluppato come un'analisi critica del fascismo, che a Malaparte appariva nei suoi tratti di stato di polizia come l'ultimo portato della Controriforma. Oltre che sul rapporto dello scrittore con il fascismo, le pagine di Muss sono interessanti proprio per l'acuto giudizio critico di Malaparte anche sul nascente nazismo, visto come un primo esempio di dittatura moderna capace di indurre il popolo a credere che «il dittatore moderno sia un essere soprannaturale». Non deve dunque sorprendere che poco dopo il suo ritorno in Italia Malaparte venisse arrestato nel 1933, su denuncia di Italo Balbo, con l'accusa di avere svolto all'estero attività antifasciste, e inviato al confino sino al 1934, quando venne riabilitato dallo stesso Mussolini. Lo scritto "Il grande imbecille" completa questo volume.
Che cosa può la grande letteratura - quella di Dante e Apuleio, Virginia Woolf e Leopardi, Conrad e Dostoevskij, Melville e Joyce, Rilke e Yeats, i numi tutelari di questo libro - insegnare sul Bene? Trevi lo racconta in un breve libro, oggi ripubblicato in una nuova edizione rivista e accresciuta dopo un decennio di assenza dalle librerie, i cui capitoli sono dedicati ad altrettante virtù della tradizione cristiana: fede, speranza, carità; prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Svincolate dalla loro dimensione religiosa, non perciò dal loro intimo nucleo spirituale, le virtù, parole che paiono sull'orlo del definitivo tramonto, riprendono forza e vigore se illuminate - con la sapienza di Emanuele Trevi - dalla tradizione letteraria occidentale.
In questa raccolta, molte fra le più amate e apprezzate scrittrici italiane raccontano altrettante «muse»: donne sfrontate e bellissime o, al contrario, miti e riservate che, per lo spazio di una notte o per l'esistenza intera, hanno stretto relazioni complesse (e pericolose) con uomini di successo. Muse non sempre «gettate» ma per lo più misconosciute - dando così corpo all'odioso detto secondo cui «dietro ogni grande uomo c'è una grande donna» - che tornano dunque, finalmente, al centro del palcoscenico letterario. Le pioniere della psicanalisi e Kate Moss dalle cento copertine, Kiki regina di Montparnasse per una notte e Maria Callas la Divina per sempre, Nadia Krupskaja che lavora a realizzare il socialismo, Rosalind Franklin che scopre la struttura del DNA, le ispiratrici di pittori, musicisti, scrittori, filosofi: spaziando fra epoche e luoghi diversi, destini felici e infelici, Musa e getta giunge al cospetto di leggende viventi, persino sbarcate su Instagram, come Amanda Lear. Sedici autrici di prim'ordine svelano qui altrettante donne meravigliose, offrendo a lettrici e lettori uno sguardo nuovo sul rapporto tra i sessi, l'identità femminile, la lotta per l'emancipazione. Le scrittrici: Ritanna Armeni, Angela Bubba, Maria Grazia Calandrone, Elisa Casseri, Claudia Durastanti, Ilaria Gaspari, Lisa Ginzburg, Chiara Lalli, Cristina Marconi, Lorenza Pieri, Laura Pugno, Veronica Raimo, Tea Ranno, Igiaba Scego, Anna Siccardi, Chiara Tagliaferri. Le muse: Lou Andreas-Salomé, Luisa Baccara, Maria Callas, Pamela Des Barres, Zelda Fitzgerald, Rosalind Franklin, Jeanne Hébuterne, Kiki de Montparnasse, Nadia Krupskaja, Amanda Lear, Alene Lee, Dora Maar, Kate Moss, Regine Olsen, Sabina Spielrein.
Lazzaro Scacerni, nominato erede da Mazzacorati, un capitano dell'esercito napoleonico in Russia, tornato in Italia si costruisce un mulino. Sposa Dosolina e conserva con difficoltà i suoi beni. Il figlio Giuseppe, detto Coniglio Mannaro, riesce ad ampliare, non sempre con metodi leciti, la proprietà paterna. Il figlio di Giuseppe, Lazzarino, raggiunto Garibaldi, muore a Mentana. Dopo una violenta inondazione Coniglio impazzisce e finisce in manicomio. La moglie Cecilia supera mille avversità per mantenere la famiglia. Il figlio Princivalle, per difendere la sorella Berta, uccide con un pugno un giovane vicino. Un altro figlio di Cecilia, Giovanni si sposa e adotta un trovatello che morirà sul Piave nel 1918 e sarà l'ultimo Lazzaro Scacerni.