
La scelta dei testi documenta sia la produzione narrativa sia quella saggistica, privilegiando le opere pubblicate da Debenedetti in vita poiché è in esse che le sue doti di prosatore emergono maggiormente. Non mancano tuttavia alcune pagine scelte dalle lezioni e dagli scritti sul cinema, testimonianza insieme agli scritti editi in vita di un metodo critico che, oltre a utilizzare la psicoanalisi, la sociologia, l'antropologia culturale e la fenomenologia, lascia ampio spazio alla sua soggettività di lettore.
Il racconto ruota intorno all'ambizioso progetto che, tra l'estate del 1707 e quella del 1708, anima la buona società exillese: l'allestimento di una Sacra Rappresentazione è motivo di vanto per la comunità ma anche intreccio di svariati interessi personali. Il parroco don Giasset spera di accrescere il proprio prestigio e, soprattutto, di distrarre la sua amante, la vedova Ballon, dalla divisa rossa; dal canto suo, la vedova Ballon vuole distogliere del parroco da quella stessa divisa rossa; la locandiera Léontine intravvede lauti incassi grazie all'arrivo di molti forestieri... L'autrice racconta i preparativi e i problemi organizzativi della comunità, mentre apparizioni e miracoli non sempre autentici accendono la fede quanto i pettegolezzi.
Mentre Catania è avvolta da una pioggia di ceneri dell'Etna, nell'ala abbandonata di una villa signorile alle pendici del vulcano viene ritrovato un corpo di donna ormai mummificato dal tempo. Del caso è incaricato il vicequestore Giovanna Guarrasi, detta Vanina, trentanovenne palermitana trasferita alla Mobile di Catania. La casa è pressoché abbandonata dal 1959, solo Alfio Burrano, nipote del vecchio proprietario, ne occupa saltuariamente qualche stanza. Risalire all'identità del cadavere è complicato, e per riuscirci a Vanina servirà l'aiuto del commissario in pensione Biagio Patanè. I ricordi del vecchio poliziotto la costringeranno a indagare nel passato, conducendola al luogo dove l'intera vicenda ha avuto inizio: un rinomato bordello degli anni Cinquanta conosciuto come «il Valentino». Districandosi tra le ragnatele del tempo, il vicequestore svelerà una storia di avidità e risentimento che tutti credevano ormai sepolta per sempre, e che invece trascinerà con sé una striscia di sangue fino ai giorni nostri.
Gigi e Filippo. Due veri amici. Ciò che li unisce è ciò che non hanno: donne, avventure, occasioni. Ma in due, si sa, i pesi si sopportano meglio. Ed è per questo che uscire il sabato sera, passando il tempo a guardare il divertimento e le donne degli altri, non è poi così doloroso. Anzi, per Gigi e Filippo "odiare il sabato" è una forma di resistenza. Poi un giorno Gigi conosce una ragazza. Se ne innamora. Lei ricambia. Diventano una coppia. Il tacito patto tra i due amici salta e la bilancia della fortuna pende all'improvviso verso Gigi. Filippo resta a guardare, ma "odiare il sabato" da solo è impossibile. Così si ritrova a sperare nel fallimento sentimentale dell'amico. Finché un giorno Gigi lo chiama. Ma per comunicargli che si sposa. Per Filippo è il baratro. Allora parte, se ne va lontano, e finalmente qualcosa succede: conosce Marlén, una ballerina straniera e bellissima, e la convince a tornare in Italia con lui. Sembrerebbe l'inizio di una nuova vita, eppure il destino ha in serbo un'altra prova. La più terribile, la più dura. Filippo continua a chiedersi perché, e fino all'ultima verità. Una verità che trasforma vittime in carnefici. Una verità dove i buoni non vincono mai.
Il dominio di Roma è durato oltre dodici secoli. Milleduecento anni di una vicenda che si snoda, dagli albori leggendari fino al tramonto della civiltà classica, con il passo dell'epos. All'interno di questa Storia Valerio Massimo Manfredi, lo scrittore archeologo, ha più volte tratto la materia per raccontare le sue storie: personaggi celeberrimi, come Caio Giulio Cesare, semisconosciuti o anche del tutto inventati. Leggere i tre romanzi compresi in questo volume - Idi di marzo, L'Impero dei Draghi e L'ultima legione significa partire per un lungo viaggio a ritroso nel tempo, ripercorrere i momenti significativi del nostro passato: assistere all'assassinio di Cesare, all'incontro di un romano con un impero diverso da quello dell'Urbe ma altrettanto affascinante, al passaggio dall'antichità al Medioevo.
La sanguinosa epopea delle armi da fuoco in un affresco storico sull'eclissi dell'età eroica. La fine del mondo cavalleresco e l'avvento della guerra moderna nel Rinascimento dei Borgia, di Savonarola e degli ultimi grandi capitani di ventura. Una misteriosa confraternita di uomini in armi che si oppone con ogni mezzo al tramonto delle aristocrazie guerriere e alla marcia inarrestabile della storia.
Questo testo si sviluppa come il racconto delle esperienze di un uomo che ha salvato tanti bambini e bambine dallo sfruttamento sessuale nel sud est asiatico.
Giovanni Carta è un esordiente già maturo nello stile e nella narrazione, afferra storie e le regala al lettore prima che diventino storia, romanzo, omaggiando in questo il racconto orale piuttosto che l'imperialismo del personaggio. I racconti sono però legati in una struttura a cerchi concentrici che tende a imitare l'intreccio dei cesti di giunco, manufatti ricorrenti sia nella narrazione che nella vita quotidiana di un tempo nei paesi dell'entroterra sardo. Non essendo presente in Sardegna nessuna forma di letteratura scritta in lingua (le uniche sono le trascrizioni delle poesie, improvvisate o meno), fino a poco tempo fa questi cesti, con le loro decorazioni raffiguranti scene di caccia o balli, costituivano una delle poche forme di narrazione non orale, sebbene ristretta a pochi temi. Allo stesso modo, la progressione dei racconti è concentrica: i racconti esterni (il primo, il secondo, il sesto e il settimo) sono i più recenti e concatenati, quelli interni (il terzo, il quarto e il quinto) i più lontani nel tempo. La successione delle storie costruisce una sorta di ironica Vita Rustica, ostentando i particolari toponomastici, economici e sociali in un ricco apparato di note, e calando veramente il lettore nella quotidianità sarda contemporanea: giocando con i cliche regionalistici, liberandoci così da essi.
Negli anni Settanta in un cortile di un agglomerato-alveare della periferia milanese, una banda di bambini si ritrova ogni giorno a giocare. Sono figli di immigrati meridionali, e nella banda ci sono ragazze, fratelli minori e capi. Il luogo magico è per i bambini il capannone della ditta di recupero di materiali ferrosi che sorge nelle vicinanze e i bambini sono gli unici a sapersi orientare al suo interno. Poi un bambino scompare. Qualche settimana prima una bambina era stata ritrovata morta. I sospetti cadono su una specie di scemo del villaggio che però per i bambini è innocente...
Andrea Grammonte è un predestinato, come rivela «quella linea dritta che lo rendeva inconfondibile: non era una ruga - infatti era comparsa che era ancora bambino - ma un segno, una sorta di marchio che spartiva in due la fronte larga da animale sacro, custode di enigmi». Orfano di padre, eredita dal nonno nel 1946 la piú grande industria siderurgica italiana, e con una condotta abile e spregiudicata ne espande le attività fino a farla diventare un colosso anche nella chimica e nella produzione di energia elettrica. Ma se la vita pubblica di Andrea è un seguito di successi, un angoscioso senso di vuoto segna la sua vita interiore, non medicato dagli affetti familiari e non colmato dai piaceri a cui Andrea non sa e non vuole rinunciare. Un romanzo che racconta un secolo di storia italiana attraverso gli occhi, le azioni e le avventure di un protagonista d'eccezione.
Tutti lo sanno: Antoine de Saint-Exupéry ha scritto "Il piccolo principe", uno dei romanzi più popolari del mondo. Quello che tutti non sanno è che Antoine, famigliarmente Tonio, è un personaggio che vale da solo una grande storia. Ed è la storia che Romana Petri ha scritto con la febbre e la furia di chi si lascia catturare da un carattere e lo fa suo, anzi lo ruba, tanto che il documento prende più che spesso la forma dell'immaginazione. Orfano di padre, Tonio vive un'infanzia felice nel castello di Saint-Maurice-de-Rémens, amato, celebrato, avviluppato al mostruoso quasi ossessivo amore per la madre; un'infanzia che gli resta incollata all'anima per tutta la vita, fin da quando, straziato, vede morire il fratello più giovane. L'infanzia lo tallona come un destino quando, esaltato, comincia a volare, pilota civile e pilota militare, quando si innamora tanto e tante volte, quando si trasferisce in America, quando scrive, persino quando si schiera e sceglie di combattere per un'idea di Francia che forse è sua e solo sua. Dove sia andato Tonio, non sappiamo, nei cieli in fiamme del 1944. Sappiamo che ci ha lasciato le stelle della notte, il sogno di una meraviglia che non si è mai consumata, il bambino che lui ci invita a riconoscere eterno dentro di noi. Romana Petri costruisce e decostruisce, sgretola le regole della biografia, evoca e racconta amori, amicizie e sgomenti come dettagli di un appetito d'avventura mai sazio, si muove fra le date e dentro la Storia alla sola ricerca del principe che ha sconfitto la notte ed è entrato volando nell'infinito.