
Direttore del Prestigioso Istituto De Martino per la conservazione della tradizione orale del nostro Paese, cantautore di alto riconoscimento in un mondo extramediatico già corresponsabile delle storiche Edizione del Gallo, scrittore, sceneggiatore, giornalista su Unità, Manifesto e Liberazione, Ivan della Mea, persona da sempre impegnata nella storia del nostro Paese, ha particolarmente evitato di entrare nello Star System o, per meglio dire, nella «società dello spettacolo», delle apparenze. Oggi anche direttore della rivista Inoltre, non ha mai cessato di portare in giro le sue canzoni, proseguendo il difficile lavoro di mantenimento e promozione dell'Istituto. La storia di Ivan, che nel libro Se la vita ti dà uno schiaffo, appare come «Luigi», parte da lontano, da un brefotrofio presso Lucca, per entrare in una vita familiare complessa, con forte spessore umano e drammatico, ma anche divertito, per partecipare poi, con il fratello Luciano, a molti trascorsi della sinistra non istituzionale, pisana, toscana e italiana. Questo suo racconto biografico è tanto realistico quanto intimo. Così realistico da dipanare il proprio immaginario biografico in una vera narrazione letteraria che ricorda due opposti: da un lato, Pratolini e, dall'altro, Joyce per non dimenticare lo straordinario romanzo Nedjma di Yacine Kateb, in una forma tutta toscana in cui la memorialistica si nobilita in una fresca opera di ingegno.
Andrea Luna ha trentasette anni, fa l'insegnante, ma non ha una cattedra fissa. Quello che doveva essere un breve soggiorno newyorkese, una vacanza solitaria voluta per riprendere fiato e soffocare le braci di una crisi coniugale, si trasforma in una peregrinazione nelle miserie dell'umanità e nella sua infinita ricchezza, in un viaggio che lo trascina ai margini della società e che gli regala incontri memorabili, soprattutto quello con la famiglia Patterson: Ary, la madre, e i suoi due figli gemelli di tredici anni, Benjamin e Allison. Quando, all'improvviso, Andrea decide di tornare a casa dalla moglie, quello che ha lasciato non esiste più. E allora capisce che "casa" è altrove. Per raggiungerla sarà disposto a tutto, anche ad affidarsi a un "pollero", un trafficante d'uomini
La vita, la morte, l’eredità, la roba. Le regole del sangue. Un mondo posseduto da riti primitivi e passioni inestinguibili, un mondo di uomini dolci come il miele e feroci come animali, attaccati con pelle e unghie alla terra. Questo mondo e la sua epopea di donne devote, di gente che si toglieva il pane di bocca per amore della roba, rivive nelle pagine del romanzo che il nonno Aurelio, uomo di fede repubblicana e mangiapreti, incitava l’autore a scrivere, e che è intitolato alla fortuna. Nella fortuna il vecchio aveva sperato per ricostituire il patrimonio che il capostipite, nonno Arcangelo, aveva dilapidato, tra amori e odi, grandezze e miserie. Aurelio, prossimo alla morte, aveva mostrato al nipote prediletto delle schegge di legno dorato, donate a lui da Arcangelo; le aveva conservate in gran segreto nella disperata speranza che potessero tornare a essere le ali dell’Arcangelo Michele, il protettore del capostipite, e riportare la famiglia agli antichi splendori liberandola finalmente dal fato avverso e crudele. Le parole dell’autore ne hanno tramandato la memoria ai discendenti di Arcangelo e Aurelio. Anche se non saranno mai più proprietari del Regno di Colle di Pietra, la terra nessuno riuscirà più a sottrargliela.
Questo è un romanzo sulla memoria e fatto di memoria, una scrittura che viene dalla terra dura e arcigna, ma che trascende l’autore perché vive di vita propria. È la storia di un’intera esistenza, il regalo di un grande scrittore al suo pubblico. Un glorioso banchetto di vivi e morti tra terra e cielo.
Per Isabella Bossi Fedrigotti la scrittura è sempre stata una «scorciatoia segreta» per indagare a fondo i legami familiari, svelando le tensioni e i veleni ipocritamente nascosti in molti inferni domestici. In questo libro, la sua scorciatoia segreta l’ha condotta ancora più in fondo, lì dove abitualmente regna il silenzio dell’incomprensione e del dolore. L’ha portata a raccontare storie di figli dimenticati e lasciati soli da genitori fragili, frustrati o semplicemente egoisti.
La sua attenta compassione ci inchioda commossi al racconto di queste piccole vite difficili segnate dalla solitudine: Lorenzo – con i suoi «non voglio» gridati e le sue instancabili domande – che, sconfitto e domato, finisce con lo spegnere la sua energia e la sua curiosità diventando un adolescente silenzioso, assente e indifferente. Annalisa, intoccabile e irraggiungibile, innamorata del suo corpo senza carne. Paolina, bambina soave che finisce a vivere per strada, infagottata, sporca e arrabbiata. Pietro, che scappa continuamente di casa per sottrarsi alla triste giostra della famiglia allargata. Francesco e la sua trascinante vitalità prosciugata da videogiochi e film porno.
Dopo aver letto queste storie sarà davvero difficile farsi cogliere impreparati dalla solitudine dei nostri figli.
Ciro è un ragazzino di tredici anni, tanti quanti ne sono trascorsi dal passaggio del fronte in Toscana. Ciro ha gli occhi chiari, i capelli biondi, il volto cosparso di efelidi e non ha un padre. È figlio di un soldato americano e della guerra, è figlio dell'entusiasmo e della Liberazione. Sullo sfondo di un rigoglioso paesaggio toscano, Ciro, malvisto da tutti e per lo più solo, vive come un selvaggio in un mondo magico e rurale aspettando un padre che non torna mai; parlando con un gemello che ricorda appena e che immagina vivere accanto a sé; subendo umiliazioni dalla gente del paese che ordina ai figli di tenersi alla larga da lui. Colmo di risentimento fa dispetti, compie atti vandalici, filosofa, sogna tesori e vendette avendo come sua unica arma una straordinaria immaginazione. Ma è solo l'inizio: presto, prima che Ciro se ne renda conto, un giovane zingaro con un segreto nel cuore incrocerà la sua strada, guarderà nei suoi occhi azzurri e capirà tutto. Ciro invece scoprirà un popolo e una storia che nessuno conosce finendo per vivere un'avventura senza precedenti che cambierà per sempre la sua vita e il suo modo di vedere il mondo. Un'avventura rocambolesca e mozzafiato che affronta con coraggio e garbo argomenti universali come la guerra, l'accettazione della perdita e la scoperta del diverso. Età di lettura: da 12 anni.
"Sì, ora ve lo dico, ma promettetemi che andrete avanti a leggere. Non fate scherzi. L'ho saputo da poco pure io, me l'ha detto mia mamma, perché è capitato, ma com'è andata lo leggerete più avanti. Dopo ha voluto parlarmi la psicologa e anche la dottoressa che mi conosce da quando sono nato (è parecchio seria la dottoressa ma anche parecchio simpatica e gentile). Mi chiamo Giovanni, ho dodici anni (quasi tredici) e sono nato con l'Hiv. Non lo sa nessuno, a scuola, alla polisportiva, all'oratorio, ma ho un gruppo di amici che lo sanno eccome e mi hanno istruito come in una piccola confraternita (sì, Star Wars l'ho visto tutto). Poi c'è mia mamma (mi vergogno un po' a dirlo ma sono sincero: amo mia mamma! wow, l'ho detto), mio papà che gli voglio bene anche se è impossibile batterlo a Fifa con la Play-Station (accidenti!), mia zia supercreativa e un po' scombinata (adesso si offende, lo so!) che mi porta a teatro e allo yoga della risata. Ho un desiderio e mi hanno detto che questo libro potrebbe aiutarmi a realizzarlo: vorrei parlare della mia malattia perché il silenzio mi fa sentire un po' solo (e a me la solitudine proprio non piace) e perché può aiutare anche chi non ce l'ha a non prendersela (questo me l'ha detto la dottoressa, eh). Allora buona lettura, Giovanni."
Adele ha sedici anni e un bel caratterino: ribelle e irrequieta, odia lo studio e le regole e passa il tempo in giro con gli amici, o con uno dei suoi tre o quattro fidanzati. L'esatto opposto della sua gemella Arianna, studentessa modello e amante della tranquillità, scontrosa e totalmente asociale. Le due ragazze vivono per lo più ignorandosi, quando non litigano fino a picchiarsi. Eppure - pensa un giorno la madre Chiara - da bambine erano sempre pronte a fare scherzi a tutti giocando con la loro somiglianza... E così, con un diabolico ricatto a base di cellulari sequestrati ed altre micidiali privazioni, Chiara propone alle figlie un vero e proprio scambio di identità, per una settimana. Solo trovandosi nei panni l'una dell'altra, le due sorelle potranno capirsi davvero. E sanno bene che, quando la mamma si mette in testa una cosa, non c'è modo di farle cambiare idea. Le due ragazze accettano: dopotutto, è solo per sette giorni. E chissà che la mamma, finita questa settimana, non inizi a pensare ai problemi veri. Perché in casa un problema c'è...
"Si sorprende di scorgere la punta di un timpano di Santa Croce che si conficca nel cielo nero, abbassa gli occhi come a riparare lo sguardo nella pace di un lembo di piazza e intanto pensa che davvero Firenze è infinita, e si potrebbe andare avanti e girarla in lungo e in largo per giorni, con la certezza che di Sante Croci ce ne sono almeno cento (e di punti da cui sbirciarla, mille) e chissà quante vie dei Pepi ancora da scoprire, una babele di marmo e torri dalla testa mozza." E dopo Santa Croce c'è San Miniato, il Cimitero degli Inglesi e il Forte Belvedere, borgo Pinti, piazza del Carmine, Santa Maria Novella, il centro e l'Oltrarno, la periferia e i giardini ermetici. È fra questi luoghi che si snoda la vita di tanti personaggi. Ognuno, a modo suo, vive Firenze: città elegante, raffinata, ma anche un po' punk e new wave, città di antichi nobili e nobildonne, città d'arte e città-vetrina. In queste pagine, si accavallano storie, episodi, aneddoti su chi vuole andarsene e chi ha deciso di rimanere a Firenze, su chi prova a smuoverne le acque e chi si accontenta di galleggiare. Fra studenti, artisti veri o presunti, delinquenti e signori, stranieri e fiorentini doc, Vanni Santoni scrive una guida-romanzo di una delle città più belle d'Italia.
«Mi chiamo Nicolò. E tu?» «Hammudi» dice, indicandosi. «Siria.» È sfuggito alla guerra, è sopravvissuto al mare, ma il suo sorriso è enorme. Nicolò sente che rischierebbe tutto, per non spegnere quel sorriso. Intorno a loro si estende l'hotspot di Samos, un posto che assomiglia all'inferno, in cui i profughi vivono ammassati nelle tende, senza acqua né luce, tra cumuli di immondizia. Per Hammudi e gli altri bambini del campo anche le cose più semplici, come giocare a palla o mangiare una pizza, sembrano impossibili. Nicolò è solo un volontario, ma di una cosa è convinto: il mondo, lui, lo vuole cambiare. Così decide di combattere il pregiudizio e l'omertà che circondano l'hotspot: vuole aprire una scuola, una scuola vera, un posto in cui i piccoli rifugiati possano finalmente sentirsi al sicuro. Imparando ad ascoltare, a perdonare e a credere nei propri sogni, Hammudi si lascia alle spalle gli orrori del passato e scopre, insieme a Nicolò, che la casa non è una questione di mura, ma di cuore, e la paternità non ha a che fare col sangue, ma con la fiducia. Con lo sguardo di chi vive ogni giorno sulla propria pelle le ferite più scottanti della nostra attualità, Nicolò Govoni ci racconta l'esperienza luminosa e piena di coraggio di un bambino senza futuro e di un ragazzo che lotta per ridargli speranza.
Ognuno di noi è la somma delle esperienze che ha fatto, delle persone che ha incontrato e dei luoghi dove è stato, dei libri che ha letto e dei film che ha visto, delle storie che ha ascoltato. Per questo "le radici sono sempre plurali" e sono sempre in movimento, in continuo divenire: "rispetto all'identità, le radici sono il cammino, sono le strade, più lievi da percorrere e da portare come bagaglio, perché camminano insieme con noi". Seguendo la fitta rete dei loro incroci e delle loro divaricazioni, Gian Luca Favetto racconta radici che, come per ognuno di noi, si diramano nello spazio e nel tempo: radici che nascono da un torrente, da un campo di calcio, da una pagina scritta, da uno schermo cinematografico. Parte dal Vietnam, dove ha radici il suo albero genealogico, e ci porta nella campagna piemontese, a Venezia, a Benares, a Madrid, in Giappone, per farci conoscere le persone che, anche con un solo sguardo, hanno cambiato il corso della sua vita. Perché "se insegui radici trovi persone"; perché è il racconto che incatena e incanta, incastonando ogni momento nelle nostre vite. "Le vite sono fatte di storie più che di atomi e ciascuno ha le sue, ciascuno è le sue storie. Diventano sue anche quelle degli altri, se ascoltate, poiché l'ascolto le fa rivivere. E nelle storie affondano le radici".
Alda Merini occupa sicuramente un posto rilevante nella storia della poesia, anche se la critica solo recentemente le sta dedicando la giusta attenzione, trasformandola in un'icona del nostro tempo. A dieci anni dalla scomparsa della poetessa milanese, questo lavoro vuole essere un apripista per nuovi studi e riletture, concentrandosi sull'aspetto mistico e sull'importanza della religione cristiana nell'esperienza esistenziale e poetica dell'autrice. Le notti e i giorni della Merini, dalla giovinezza alla morte del marito, dalla malattia alla spiritualità, dal male di vivere di cui soffrì al suo sentire con estrema sensibilità ogni eventi intorno a lei. Un capitolo è infine dedicato al tema della fede nella sua vita e nelle sue opere.
Lui è uno dei tanti italiani che atterrano a Bucarest, ma spinto fin laggiù da un motivo diverso da tutti gli altri. Gli uomini che scendono dall'aereo prima di lui hanno scarpe dalla punta quadrata e cravatte con il nodo troppo largo: sono in cerca di fortuna, hanno trasferito lì le aziende, tirato su capannoni e comprato fuoristrada per mettere le mani su donne e denaro. Lui deve seppellire una madre che non è mai stata sua per davvero, se non in un'infanzia - magica nel ricordo - di pazza allegria: una donna carica di sogni, che un giorno di molti anni prima si è lasciata alle spalle lui e tutto il resto per seguire un progetto improbabile e una passione mal riposta. Una storia d'amore totale all'orizzonte di un mondo che scambia per oro tutto quello che luccica.