
Un condominio assunto a personaggio collettivo che vive di vita propria, cui capitano cose di tutti i giorni che però il malinteso trasforma in misteri criminali. Questa è l'idea che rende originale la serie gialla della Casa di ringhiera; romanzi maggiori e più rapidi racconti (come questi sparsi in diverse raccolte pubblicate tra il 2011 e il 2014 e qui riuniti) che in effetti per chi li legge costituiscono tutti una sola grande storia in fieri, un'unica Commedia umana. La cui armonia Francesco Recami spiega in questo modo: «Le case di ringhiera una loro peculiarità l'hanno mantenuta. Per esempio, essendo gli ingressi degli appartamenti sui ballatoi, l'accesso a casa propria è all'aperto, e non in uno stretto pianerottolo servito da un grigio ascensore. Così se uno entra in casa, o ne esce, lo vedono tutti. C'è un'altra caratteristica che rende uniche le case di ringhiera: sembrano un teatro shakespeariano. Su due o tre livelli, con porte e finestre che si aprono (magari quando sarebbe meglio che rimanessero chiuse) e che si chiudono (magari quando sarebbe meglio che rimanessero aperte) è tutto un entrare e un uscire, tipico della drammaturgia teatrale, soprattutto della commedia degli equivoci». Su questo palcoscenico Recami installa una compagnia di personaggi, tanto tipici di modi di vivere e di pensare quanto straordinari, i quali passano il tempo ad imbrogliare malefatte e segreti che sembrano delitti da indagare. E lo sguardo che lo scrittore getta su di loro non sempre è benevolo o pietoso. Talvolta è lo sguardo comprensivo delle disdette umane e dei goffi tentativi di superarle. Talvolta è lo sguardo sarcastico, cinico, di un umorista della crudeltà convinto dell'assurdo esistenziale che non risparmia nessuno su questa Terra.
Nicco non ci può credere. Quella mattina di inizio estate, mai si sarebbe aspettato di trovare la stanza dell'hotel completamente vuota. Senza nessuna traccia di Ann. Lei, la bellissima turista americana con cui ha vissuto giorni da favola, è sparita dalla sua vita. Non gli ha lasciato un biglietto, un recapito, nulla. Si è perfino dimenticata lì il sasso a forma di cuore che hanno trovato insieme sulla spiaggia di Anzio. Proprio ora che Nicco aveva capito di essere ancora capace di innamorarsi, di avere superato la storia con Alessia. Proprio ora che aveva ritrovato le parole d'amore perdute. Se in "Quell'attimo di felicità" l'autore ha raccontato la balbuzie di un ragazzo nell'esprimere un sentimento d'amore, in "Sei tu" dice invece che non esistono ostacoli che ci possano fermare quando sentiamo il nostro cuore urlare "Ti amo!". Da quella stanza d'albergo comincia un'avventura ricca di incontri e colpi di scena. Nicco decide d'impulso di partire alla ricerca di Ann spalleggiato dall'amico Ciccio. Una decisione assurda e totalmente irrazionale ma soprattutto senza alcuna possibilità di riuscita: l'unico indizio è infatti un indirizzo di New York, strappato con cento euro al portiere dell'hotel. Con tanta fortuna e intraprendenza, aiutato da personaggi come il coloratissimo Venanzio e la risoluta manager Pamela, Nicco conquisterà gli Stati Uniti e soprattutto riuscirà finalmente a dare voce ai suoi sentimenti. Quando senti dentro di te un amore così grande, nessun ostacolo può fermarti...
"Selva oscura" nasce dal desiderio di quattro autori fiorentini di raccontare la loro città andando dietro le apparenze: una Firenze "diversa", decisamente inattesa, e comunque lontana dalle immagini rassicuranti che hanno fatto il giro del mondo e a cui siamo abituati. Tutti hanno qualcosa da nascondere, sembrano dirci gli autori, e forse Firenze con la sua storia, la sua grandezza, la sua bellezza è un luogo dove è ancora più facile nascondere questo "qualcosa". Come nel caso del giudice Guido Bevilacqua, che deve sistemare i suoi "affari" con l'avvocato Maurizio Bisunti, nel racconto di Lorenzo Chiodi; come la badante molto referenziata di Leonardo Gori, seria, onesta, affidabile, che non si tira indietro davanti a nulla; come l'enigmatico protagonista del racconto di Emiliano Gucci che mentre va avanti con i colloqui selezionando personale per un oscuro lavoro, conduce una ricerca personale che forse non si concluderà mai; o, ancora, come nel caso dell'affermato avvocato Bollini di Marco Vichi, inseguito da una storia di molti anni prima, una "ragazzata", una storia che qualcuno si ostina a non dimenticare...
Ad accoglierci tra le pagine di questo romanzo è una donna, una scrittrice, che dopo essersi sentita ai margini per molti anni ha finalmente conosciuto il successo. Vive un tempo ruggente di riscatto, che cerca di tenersi stretto ma ogni giorno le sfugge un po' di più. Proprio come la figlia, che rifiuta di parlarle e si è trasferita lontano. Combattuta tra risentimento e sgomento per il tempo che si consuma la coglie Federica, la più cara amica del liceo, quando dopo trent'anni torna a cercarla. E riporta nel suo presente anche la sorella maggiore Livia - dea di bellezza sovrannaturale, modello irraggiungibile ai loro occhi di sedicenni sgraziate -, che in seguito a un incidente è rimasta prigioniera nella mente di un'eterna ragazza. Come accadeva da adolescenti, i pensieri tornano a specchiarsi, a respingersi e mescolarsi. La protagonista perlustra il passato alla ricerca di una verità, su se stessa e su Livia, e intanto cerca di riafferrare il bandolo della propria esistenza ammaccata: il lavoro, gli amori. Livia era e resta un mistero insondabile: miracolo di bellezza preservata nell'inconsapevolezza? O fenomeno da baraccone? Avvolti nelle spire di un'affabulazione ammaliante, seguiamo la protagonista in un viaggio che è insieme privato e generazionale, interiore e concreto. E mentre lei aspira a fermare l'attimo per non perdere la gloria, la sorte di Livia è lì a ricordare cosa può succedere se la giovinezza si cristallizza in un presente immobile: una diciottenne nel corpo di una cinquantenne, una farfalla incastrata nell'ambra. "Sembrava bellezza" è un romanzo sull'impietoso trascorrere del tempo, e su come nel ripercorrerlo si possano incontrare il perdono e la tenerezza, prima di tutto verso se stessi. Un romanzo di madri e di figlie, di amiche, in cui l'autrice mette in scena le relazioni, tra donne e non solo. Un romanzo animato da uno sguardo che innesca la miccia del reale e, senza risparmiare nessun veleno, comprende ogni umana debolezza.
Elia ha 17 anni, è brillante, è bello, tutti gli vogliono bene, a scuola primeggia, è conteso dalle ragazze. Ma è infelice, ha scoperto con troppo ritardo di essere stato abbandonato dai suoi genitori biologici e di essere stato adottato. Vuole scoprire a tutti i costi il mistero delle sue origini e così, con Ettore, investigatore privato e suo maestro di karate, decide di intraprendere un viaggio alla ricerca della sua identità. Destinazione Rio, Brasile. Su una lunga sequenza di brani musicali, in silenzi carichi di saudade, le vite dei protagonisti si mischiano, si contaminano, si fondono, si intrecciano. "La vita, amico, è l'arte dell'incontro", ci ricorda Vinícius de Moraes. Incontrarsi per ritrovarsi. Forse perché il viaggio più importante della vita è quello che facciamo dentro noi stessi.
Quattro commedie giudiziarie, ambientate in una terra fantastica che simboleggia lo spirito umano. Valenti avvocati che si battono per portare alla luce il seme sepolto della verità. È questo il quadro narrativo che viene precisandosi da un episodio all'altro, finché il pubblico accusatore, il nemico, il persecutore, affascinato da Petra, la Pietra immortale, la Santa Madre, personificazione della Chiesa, si converte e crede. Anche lui è il seme sepolto, il peccatore che alla fine trova la Fede e si prepara ad affrontare la via crucis della salvezza.
L'Autore
Emilio Biagini (Genova, 1941) è ordinario della cattedra di Geografia all’Università di Cagliari ed autore di una dozzina di volumi di saggistica e ricerca, oltre ad un centinaio di articoli scientifici. Ha tre lauree: Scienze Naturali, Biologia e Geografia, conseguite presso l’Università di Genova; parla inglese, tedesco, francese, nederlandese e afrikaans. Ha trascorso lunghi periodi di studio negli Stati Uniti (borsa Fulbright), in India, nel Sud Africa (borsa del Ministero degli Esteri), in Gran Bretagna (borsa dell’Accademia dei Lincei) e in Irlanda. Ha diretto il gruppo di studio “Conflitto e globalizzazione”, dell’Associazione Geografi Italiani: in tale veste ha studiato sul terreno le violenze no-global a Genova del 2001. Ha vinto il Premio Colamonico per la ricerca geografica e il premio dell’Accademia dei Lincei per la ricerca socio-economica. È stato Visiting Fellow all’Università di Southampton, nonché Visiting Professor e Hatfield College Fellow all’Università di Durham. Da poco ha cominciato a pescare nella montagna di inediti letterari ed ha pubblicato due romanzi (La luce, 2006; Labirinto oscuro, 2008), un volume di racconti (L’uomo in ascolto, 2008) e un volume di pièces teatrali satiriche (Saccenti ed altri serpenti, 2008). Ulteriori notizie sul sito www.itrigotti.it.
Forse è stato il caso, o forse l’amore, a condurre Giacomo Musso, maestro di trentacinque anni, al Braccio 6, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Novara. Sulle labbra, la dichiarazione di innocenza; tra le mani, il giornale che ritrae in prima pagina il corpo inerte e dilaniato di sua moglie. Per sfuggire alla disperazione, Giacomo decide di raccontare la propria storia, l’inevitabile serie di eventi che lo ha portato in quella stanza, con una minuscola finestra come unico contatto con il mondo, come se fosse un pericolo per gli altri, lui che non ha mai fatto male a nessuno. Si erano conosciuti in un locale di Parigi, lei si chiamava Shirin ed era di origine iraniana. Il loro non era stato un amore focoso fin dal primo istante, ma era nato con la lentezza inesorabile delle cose fatte per durare. Si erano sposati alla fine di marzo e poi avevano preso la decisione che avrebbe cambiato le loro vite per sempre: si erano trasferiti a Molini, sulle montagne piemontesi, il paese dove lui era nato. Giacomo aveva deciso per nostalgia, Shirin perché aveva bisogno di radici: quelle che non aveva mai avuto, quelle che i suoi genitori avevano reciso fuggendo da un paese, l’Iran, profondamente cambiato nel giro di pochi anni. Tra le mura di quelle case, in quel luogo che sembrava essere rimasto indenne al trascorrere del tempo, Shirin credeva di aver trovato ciò che cercava. Ma si sbagliava. Anche lì non era che una straniera, guardata prima con curiosità invadente e poi con diffidenza. Così aveva cominciato a cercare dove non avrebbe dovuto: lei, laica e atea, aveva trovato una casa proprio nella religiosità ostentata dei suoi connazionali. Ora, di lei e del suo grande amore non è rimasto nulla, esistono solo i ricordi che Giacomo affida alle pagine del suo diario, sperando forse di poter scrivere un altro finale.
Un romanzo che è la storia di un'autoeducazione selvaggia, attraverso una folta sequenza di avventure, incontri, fagocitazioni, seduzioni e soprattutto fughe, perché la vocazione del protagonista è quella di evadere da ogni esperienza che tenda a chiudersi su se stessa. E ogni fuga lascia in dono al lettore un personaggio, una storia, avvolti da quella dolorosità peculiare della gioventù. Di questo libro iniziale di Busi possiamo dire oggi che offre un esempio di lucentezza che non si offusca con il tempo. E si accende ora di nuovi riflessi in questa stesura "interamente riscritta, e interamente per davvero", nonché sigillata, come da una sorta di epilogo, dall'inesorabile Seminario sulla vecchiaia.
Nel 1939 è attiva in Svizzera l'Opera bambini della strada, un'organizzazione che, col pretesto di svolgere un'opera umanitaria a favore dell'infanzia derelitta, mira a sradicare il fenomeno del nomadismo. I bambini nomadi vengono strappati alle famiglie e rinchiusi in istituti o dati in adozione. Quando Lubo Reinhardt, zingaro naturalizzato, riceve la notizia che i suoi figli sono stati presi dalla polizia e che la moglie, tentando di opporsi, è stata uccisa, decide di vendicarsi. Si appropria di una nuova identità e diventa un Don Giovanni involontario e involontariamente politico. Il suo piano è inseminare il maggior numero di donne svizzere. Dal seme di quel primo sopruso germina altra violenza, che dura nel tempo, con una tenacia oscura.
Ci sono persone che restano con noi anche quando se ne sono andate, e a volte basta un gesto minimo, tuo figlio che si sfiora le labbra con un dito mentre gioca, per ricordarti che non sei mai riuscito ad archiviarne il ricordo. È quello che succede a Luciano: il pensiero corre subito ad Alex, il suo capitano di vent'anni prima. Stesso campo, stesso amore, il rugby. Alex, forte, generoso, cuore della squadra e mattatore dello spogliatoio, Alex, il campione che li aveva abbandonati troppo presto. Sei amici, fratelli in campo e nella vita. Sembravano indivisibili. Invece erano rimasti in cinque e avevano finito col perdersi. Oggi, superati i quarant'anni, a unirli c'è una ferita che non si è mai fatta cicatrice. Ma quando il passato torna a presentare il conto con quella che sembra una strana convocazione, è come se l'amicizia che li legava da ragazzi non si fosse mai spenta. È la miccia, l'inizio di un viaggio inatteso e necessario che permetterà a ciascuno di loro di ritrovare l'altro, restituendo un senso doloroso ma pieno allo schiaffo che li aveva colpiti e disorientati. Con "Semplice" Giorgio Terruzzi ci racconta gli inciampi e la forza dei sentimenti dell'adolescenza, e ci ricorda che c'è sempre tempo per riscoprire un'amicizia autentica, perché una squadra che ha lottato davvero non abbandona nessun compagno.
Tutto cominciò quella notte.
La incontrai: fu amore al primo sguardo.
Lei era bella come mai bellezza vidi prima;
una luce interiore splendeva nei suoi occhi,
al di là di ogni possibile comprensione umana.
La lettera di un uomo che ha sperato per tutta la vita di vedere l’invisibile; Sofia è giovane sonnambula che di mestiere fa la spia, aggirandosi al mercato, tra uomini corrotti, uomini innamorati e un Presidente ricco e potente; Ginevra, dotata di un’immaginazione ipercreativa, deve sempre tenere a bada ciò che la sua mente crea per non incorrere in qualche guaio grosso; un uomo misterioso nasconde un segreto che richiede pazienza e curiosità; un bambino e la sua magliettina ingiallita; un medicinale miracoloso che può salvare molte vite e un amore assoluto che saprà affrontare ogni rischio. Personaggi e storie che dalla finzione si affacciano alla realtà. L’amore, il sogno, il sesso fulmineo, la libertà.
Un esordio narrativo che conferma il talento di un cantautore che ha saputo incantare pubblico e critica con la verità dei suoi testi. Spesso paragonato a Battisti e De Andrè, Francesco Tricarico racconta del mondo di oggi e dei giovani di oggi, sospesi tra la cruda e impietosa realtà e il sogno di una fuga, se non lontano,almeno nell’immaginazione.