
Il 26 dicembre 1890 Heinrich Schliemann, l'archeologo noto in tutto il mondo per aver scoperto a Hissarlik, in Turchia i resti della città di Troia, muore a Napoli in circostanze misteriose. Più di un secolo dopo, un giovane giornalista s'imbatte casualmente in una lettera dell'archeologo, scritta appena due giorni prima di morire, e mai spedita. È indirizzata a una donna, il suo grande amore di gioventù. La donna con cui Schliemann non aveva mai smesso di condividere i suoi sogni, i suoi progetti e forse un ultimo, straordinario segreto: quello di essere sulle tracce della mitica Atlantide. Il giornalista, come un archeologo, scava nella biografia di Schliemann per riportare alla luce un segreto affascinante ma anche pericoloso. Che potrebbe spiegare la sua morte. E continuare a uccidere chiunque si metta sulle sue tracce.
Vengono raccolti in questo volume sei racconti che sono stati scritti per le diverse antologie "in giallo" pubblicate da questa casa editrice. I protagonisti dei sei casi del BarLume sono loro: Nonno Ampelio, Aldo, Pilade e il Rimediotti, insieme, s'intende, al barrista Massimo e al commissario Alice Martelli. Trame varie e vivaci in cui fa capolino la chimica, primo amore di Malvaldi. Nessun luogo come un bar è più adatto a osservare la gente, per ascoltare e capire. E così tra una briscola in cinque e un tressette i 4 "soprammobili che consumano aria e patatine" all'ora dell'aperitivo, ragionano e si accapigliano quando si tratta di indagare su un caso, e loro, di casi non se li fanno mancare mai. Instancabili fabbricatori di ipotesi e pettegolezzi, croce di Massimo e della Polizia, delizia dei lettori, i quattro con questi casi da risolvere trovano pane per le loro dentiere. Li chiamano Movimento Quattro Vecchietti, CIA, Combriccola Investigatori Anziani, Quartetto Uretra, ma sono arzilli e svegli come mai quando hanno a che fare con delitti, furti, indagini. I sei racconti: "L'esperienza fa la differenza", "Il Capodanno del cinghiale", "Azione e reazione", "La tombola dei troiai", "Costumi da tutto il mondo", "Aria di montagna".
Sul treno per Roma c'è una ragazzina. Sola e in fuga, dopo un violento litigio con i compagni di classe. Fiera e orgogliosa, Eva legge tanti libri e ha il dono di saper raccontare storie: ha appena undici anni, ma già conosce il dolore e l'abbandono. Giose è stato una meteora della musica punk-rock degli anni Ottanta, poi si è innamorato di Christian, giovane professore di latino: Eva è la loro figlia. Padre esuberante e affettuoso, ha rinunciato a cantare per starle accanto, ma la morte improvvisa di Christian ha mandato in frantumi la loro famiglia. Giose non è stato ritenuto un tutore adeguato, e si è rintanato in un casale sugli Appennini. Eva è stata affidata allo zio e si è trasferita a Milano. Non si vedono da tempo. Non hanno mai smesso di cercarsi. Con Giose, Eva risalirà l'Italia in un viaggio nel quale scoprirà molto su se stessa, sui suoi due padri, sui sentimenti che uniscono le persone al di là dei ruoli e delle leggi, e sulla storia meravigliosa cui deve la vita. Drammatico e divertente, veloce come un romanzo d'avventura, "Sei come sei" narra con grazia, commozione e tenerezza l'amore tra un padre e una figlia, diversi da tutti e a tutti uguali, in cui ciascuno di noi potrà riconoscersi.
È la storia dell'ultimo amore di una donna che ne ha avuti molti, come George Sand. Ma è soprattutto la storia della passione assoluta di un giovane incisore, Alexandre Manceau. «La guardo. La camicia in lino bianco le scivola morbida sul busto pieno, l'ampia gonna nasconde le cosce rotonde. Non riesco a immaginarla correre dinamica per Parigi in disinvolti abiti maschili. La mia George è questa, tenera e abbondante, e la amo perdutamente». Capitato nel castello di George Sand per trascorrervi un fine settimana, Manceau si innamora immediatamente della scrittrice e vi rimarrà quindici anni. È un rapporto di passione e di devozione, attraverso il quale George Sand rivive le sue altre passioni e il suo passato. Un legame così intenso che potrà interromperlo solo la tisi, la stessa che le ha portato via Chopin.
"Egli sempre procedeva soprattutto per intuizione. Non credeva all'evidenza degli indizi, alla certezza delle prove. Nessuna prova era certa. Nessun delinquente firma il suo delitto. Il caso lo firma". È un modo di muoversi e di pensare, quello del commissario De Vincenzi, che sfugge a ogni modello di detective fino a quel momento prevalente. Il suo creatore, Augusto De Angelis, in questo Sei donne e un libro, datato 1936, più di altre volte si sofferma a descriverlo. È un poeta, professionalmente e politicamente tiepido se non scettico; di letture eretiche per l'epoca. Ma quanto il suo creatore De Angelis possa qualificarsi come la fonte originale del giallo all'italiana, si apprezza soprattutto nelle ambientazioni e nelle atmosfere in cui fa muovere il suo investigatore: una Milano consapevole di essere moderna, che sta scoprendo di essere metropoli, animata dalle sculture meticolose di ogni personaggio che formano sempre dei piccoli spaccati sociali. Le sei donne del titolo sono quelle che hanno circondato il professor Ugo Magni, medico di successo, senatore, "un vittorioso, un fortunato della vita". Viene trovato ucciso nei locali di una piccola libreria. C'è un libro scomparso, conventicole dedite a spiritismo e una strana premonizione affidata a dei ferri chirurgici recapitati in questura dentro un camice bianco. De Vincenzi indaga tra interni Déco con dame stupende, tra esterni affaccendati e case di ringhiera in un universo di portinaie e popolani.
«Sei fuoco e amore, sei l'amore che incendierà il mio corpo, ma sei anche l'amore che lo renderà puro». Follia, fede, poesia: c'è un filo sottile che lega indissolubilmente le opere di Alda Merini ai momenti più dolorosi e significativi della sua esistenza, scandita in modo sempre autentico e intenso dalla malattia psichica e insieme da un anelito instancabile verso l'infinito, verso Dio. Tra le tante persone che hanno attraversato la vita di Alda Merini, una in particolare ha saputo cogliere questa commistione di carnalità e spiritualità: Enzo Gabrici, lo psichiatra che la poetessa chiamava il «Dottor G» e che, prima e meglio di ogni altro, capì che «la creazione attraverso l'arte poetica è stata il suo balsamo perché questa l'avvicinava al grande spirito creatore». In questo libro Arnoldo Mosca Mondadori, che per più di dieci anni le è stato vicino come amico e collaboratore, trascrivendo centinaia di versi e proponendole temi su cui riflettere, ha raccolto alcune delle poesie che meglio esprimono la fame di assoluto di Alda Merini, la tensione religiosa presente nei suoi versi. In un'ampia introduzione racconta inoltre alcuni episodi della sua vita, per far sì che anche i lettori possano «sentire un po' il profumo di casa sua, conoscerla da vicino, e soprattutto avvertire le armonie della sua anima fatta di musica, quella musica che lei emanava come manna e donava intorno a sé». Un nuovo filo da seguire per giungere al segreto di una delle voci poetiche più belle, profonde e profetiche dell'ultimo secolo.
Sei narratori italiani raccontano il nostro tempo e il nostro Paese.
Da un Sud del mondo all'altro: nel lungo racconto Il contrario della morte, di Roberto Saviano, un giovanissimo reduce dall'Afghanistan incontra la sposa di un compagno rimasto ucciso. Anche Maria è molto giovane, troppo per essere vedova, e sa benissimo che cos'è l'amore... Un secolo indietro, un'altra guerra: in Ferengi di Carlo Lucarelli, a Massaua, Colonia Eritrea, agli occhi della serva Aster, che l´amore non lo conosce, gli italiani non fanno bella figura. Fanno paura. Altre serve, o schiave, che forse si libereranno: come Grazia, la protagonista del racconto di Valeria Parrella, Il premio, nell'Italia ancora contadina del secondo dopoguerra. «Si diceva che il suo bambino avrebbe parlato l'italiano, e avuto un bel cognome piemontese». Nella Milano degli anni Ottanta, dove il marcio appare quando meno te lo aspetti, ci porta invece Piero Colaprico con Scala C: all'ex maresciallo Pietro Binda torna in mente una storia di quegli anni, il giorno che il suo nipotino londinese gli chiede, nonno che cos'è il destino? Scatenato, vorticoso, esilarante, Wu Ming mette in scena nel segno della libertà della scrittura, e di un singolarissimo made in Italy, tra l'Italia d'oggi e l'America di Benjamin Franklin, la strana indagine che porta a scoprire chi è davvero American Parmigiano. Conclude il libro una meditazione controcorrente sulla vita solitaria che è anche risorsa, premessa per rimettere a fuoco lo sguardo nell'eccesso di rumore che è il nostro presente, viene da Simona Vinci: Un'altra solitudine.
Un'auto lascia Roma di primo mattino. Alla guida, c'è un affermato regista. Sul sedile accanto, l'uomo che da molti anni ama di un amore sconfinato. Dove stanno andando? Mentre la città si allontana e la strada comincia a inerpicarsi dentro e fuori dai boschi, il regista decide di narrare al compagno silenzioso il suo mondo "prima di lui": "La mia vita è la tua e ora te la racconterò, perché domani sarà solo nostra". Inizia così un viaggio avanti e indietro nel tempo: i primi anni in Italia, dove era giunto dalla Turchia non ancora diciottenne con il sogno di studiare e fare cinema, le persone che hanno lasciato il segno, gli amici, gli amori, le speranze, le delusioni, i successi. Storie che conducono ad altre storie, popolate da figure indimenticabili e bizzarre: una trans egocentrica sul viale del tramonto, un principe cleptomane, un centralinista con il rimpianto della recitazione, una cassiera tradita dalle congiunzioni astrali, una bellissima ragazza dallo spirito inquieto. E poi, raffinati intellettuali, inguaribili romantiche, noti cinefili, amanti respinti e madri niente affatto banali. Sullo sfondo, il palazzo di via Ostiense dove tutto accade, crocevia di solitudini diverse, ma anche di intense amicizie e travolgenti passioni. Il palazzo che nel tempo si è trasformato, conservando però intatti i suoi più intimi segreti.
"Chi ha la Ventura di nascere personaggio vivo può ridersi anche della morte. Morrà l'uomo, lo scrittore, strumento della creazione; la creatura non muore più!" (Luigi Pirandello).
Luigi Pirandello, uno dei massimi geni del Novecento, seppe, forse meglio di chiunque altro, illuminare ed esplorare le angosce, le dissociazioni e i contrasti interiori che lacerano la coscienza e lo spirito della modernità. In "Sei personaggi in cerca d'autore", questa visione tormentata si traduce in un vero e proprio "teatro della mente" nel cui allucinato e straniato spazio scenico la coscienza osserva e tortura ossessivamente se stessa. In altri termini, si traduce nella geniale innovazione del "metateatro", del teatro "su" e "nel" teatro, della rappresentazione che rappresenta se stessa proprio nel momento e all'atto del proprio farsi, del proprio divenire, del proprio prender forma nel tumultuoso groviglio che avvolge e intreccia la vita e la forma, la realtà e la sua ombra, l'esistenza e la maschera, la "vita nuda" e il suo illusorio fantasma.
Nel più celebre dramma di Luigi Pirandello, rappresentato per la prima volta nel 1921, sei personaggi si presentano a un Capocomico e raccontano di essere stati inventati da un autore che li ha abbandonati senza risolvere la loro storia nelle forme dell'arte. Creature vive e autonome quali ormai sono, essi soffrono il fatto di dover imprigionare negli schemi generici e convenzionali del linguaggio scenico le proprie vicende, pur avendo nella finzione teatrale l'unica fonte di salvezza. Lo stesso motivo, ricco di pathos, del contrasto tra arte e vita, anima l'"Enrico IV", scritto nel 1921 e rappresentato l'anno seguente: la tragedia del giovane improvvisamente impazzito che crede di essere l'imperatore di Germania ed è costretto a fingersi tale anche dopo aver riacquistato la ragione. Due classici del teatro universale, dall'altissima significazione poetica, caratterizzati da un'ardita tecnica scenica e da un desolato scavo dell'animo umano.
"Non è mica detto che un figlio arrivi subito." In effetti no, per Roberta ed Eugenio, una coppia normale, una coppia come ce ne sono milioni, il figlio, la figlia che desiderano non arriva subito. Anzi, sembra non voler arrivare mai. Più volte nel ventre di Roberta qualcosa inizia ad accadere, ma nessuna gravidanza prosegue. Eugenio e Roberta provano con l'inseminazione artificiale, ma non funziona nemmeno quella. I mesi e gli anni passano e l'attesa si fa intollerabile, come se uno stesso giorno ripiegato su se stesso si ripetesse all'infinito, un giorno di figli desiderati, sfiorati, e poi perduti. L'esplorazione interminabile dell'incertezza li conduce al limite, come singoli individui e come coppia, ma li fa anche evolvere, ed Eugenio e Roberta, in un gesto di resilienza e di libertà, non si arrendono. Decidono di affidarsi al mare imprevedibile dell'adozione, di affrontare le pratiche, i colloqui, la burocrazia. Decidono di esercitare e guarire le loro anime per trovare la forza di prendere un ultimo respiro prima del tuffo. Decidono di affidarsi a un sogno che li porterà altrove nel mondo. Questo romanzo è la storia di una paternità desiderata, cercata, sofferta. Una vicenda individuale che grazie alla forza della letteratura diventa universale, una singola voce, voce di un uomo, voce di un padre, che si fa coro di una moltitudine di donne e di uomini, della loro volontà di essere famiglia, di donarsi, di amare.