
Alla stazione ferroviaria di Varenna c'è trambusto. Il capotreno Ermete Licuti è sceso dal convoglio scortando una passeggera pizzicata senza il biglietto regolare. E senza un quattrino per pagare la multa. Fa intendere che arriva da Milano, che vuole andare a Bellano, ma non parla bene l'italiano. Ligio alle norme, il capotreno non sente ragioni e la consegna al capostazione, Amilcare Mezzanotti, che protesta vivace. Ma il regolamento parla chiaro, la faccenda tocca a lui sbrogliarla. E così adesso il povero capostazione si trova lì, nel suo ufficietto, con davanti Marta Bisovich. Bella, scura di carnagione, capelli corvini, dentatura perfetta, origini forse triestine, esotica e selvatica da togliere il fiato. Siamo nel luglio del 1949, e sul lago di Como, in quel di Bellano, tira un'aria effervescente di novità. Ci sono in ballo le elezioni del nuovo sindaco, e le varie fazioni si stanno organizzando per la sfida nelle urne. Su tutte, la Dc, fresca dei clamorosi successi alle politiche del '48, attraversata ora da lotte intestine orchestrate dall'attuale vicesindaco Amedeo Torelli, che aspira alla massima carica ed è disposto a giocare tutte le sue carte. La bella e conturbante Marta, invece, ha altre aspirazioni. Le basterebbe intanto trovare un posto dove poter ricominciare a vivere, e questo è il motivo per cui ha deciso di puntare le sue ultime chance sulla ruota di Bellano, dove certe conoscenze non sono nelle condizioni di negarle l'aiuto di cui ha bisogno.
Un crudele e imprevedibile serial killer, soprannominato il Seviziatore, mette a dura prova le capacità investigative dell'anatomopatologa e psichiatra Giuditta Licari, alla quale è affidato il caso. Specialmente quando il pericoloso omicida dimostra di poter arrivare molto vicino a lei. Fredda, razionale e distaccata, come e forse più del killer, la dottoressa dovrà leggere la realtà con gli occhi dell'assassino, in un continuo e sempre più inquietante rovesciamento di ruoli tra vittime e carnefici, fino all'inaspettato finale.
«Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova», sentenziava il grande Hercule Poirot. Nei racconti di Gabriele Pedullà una coincidenza è appena un'avvisaglia, due sono l'annuncio che qualcosa di inatteso sta per accadere, ma tre coincidenze non si dovrebbero augurare neanche al proprio peggior nemico. O forse neppure esistono più le coincidenze, per le donne e gli uomini seduti al tavolo da gioco di Pedullà. E nella curiosità che li spinge ad alzare ogni volta la posta - rimettendo in discussione verità e certezze - conviene riconoscere piuttosto l'opera di un genio maligno in vena di buffonerie. Giacomo avrebbe solo voglia di dormire; l'ingegner Luigi Bassetti cerca di fare carriera con la cucina cinese; Olindo ha nostalgia della nebbia; Eliana e G. rievocano la giovinezza leggendaria del loro amico Vale... A fare da innesco a queste storie c'è sempre un viaggio - sospirato, temuto, ricordato - che puntualmente si rovescia in smarrimento. Perché, come una foschia, un alito oscuro soffia in queste pagine dove nulla è prevedibile, e quando alla fine il pericolo si manifesta apertamente il primo a pagarne le conseguenze è proprio chi credeva di esserne al riparo. A cominciare dal lettore.
E se un giorno uno di noi scegliesse la libertà assoluta, abbandonando tutto e tutti? Se uno di noi, improvvisamente, rifiutasse le sicurezze e le frustazioni, gli affetti e le incomprensioni, il lavoro e il divertimento forzato? Il protagonista di "Bla bla bla" decide di perdersi nel flusso della metropoli, nel caos ruvido della realtà. Intraprende un viaggio alla scoperta del lato oscuro del mondo dove viviamo, verso il buio dove sprofondano le illusioni. Come un urlo, come un lungo mormorio solitario, come un fiotto di sangue, la sua voce racconta la propria silenziosa e allucinata ribellione.
Altieres, una delle antiche dinastie regnanti del Vecchio Continente, si è estinta dopo la violenta morte di tutti i suoi discendenti, e a portare il nome della casata sono rimasti solo i vampiri Blackmore, creature immortali a cui regnare non è permesso. Ma qualcosa ora è cambiato: Sophia, unica erede ancora in vita, creduta morta da anni, è stata ritrovata e le già fragili dinamiche del regno sono vicine a spezzarsi una volta per tutte. Gli oscuri segreti di Altieres stanno tornando a celare ombre sulla Vecchia Capitale, fulcro del potere politico e religioso, e spettri senza volto si aggirano per le strade terrorizzando cittadini e studenti. Intanto Sophia sta imparando a conoscere la sua nuova vita. Essere una Blackmore infatti non significa solo indossare meravigliosi vestiti ed essere un giorno incoronata regina, come innocentemente credeva, ma evitare matrimoni politici e sfuggire a continui attentati alla sua vita, anche da parte degli stessi parenti. Eloise Weiss deve affrontare invece forze che nemmeno i suoi poteri possono governare. I morti non riposano più in pace nella Vecchia Capitale, disturbati nel loro eterno sonno da forze oscure e implacabili, forse collegate al ritorno dell'erede di Altieres e alle sconvolgenti verità che i vampiri Blackmore nascondono da secoli e sono ora sfuggite al loro controllo. Eloise, grazie al suo potere di dominare le forze oscure, sarà forse la chiave per riportare l'ordine là dove ormai esiste solo il caos.
Lorenzo La Marca, lo svagato detective dei gialli palermitani di Santo Piazzese, si trova ad Erice, ad un workshop del Centro Ettore Majorana. Mentre gironzola qui e là in cerca di riparo dalla inesorabilità del sole e dei colleghi, fa un incontro inatteso: l'amico dei primi anni di Biologia. Rizzitano, si chiamava, ed era sempre stato tanto capace di navigare tra uomini e donne quanto La Marca era impacciato. La rievocazione inevitabile s'impunta su una zona della memoria evidentemente sensibile: l'isola della Spada dei Turchi. E qui cambia la scena. L'ironia e il parlare per allusione e contrasti, tipici della spavalderia autocritica del personaggio, si modula, a poco a poco, al tono del ricordo. La mente torna agli inizi di La Marca, il ritratto del personaggio da giovane. Un pugno di anni di tanto tempo prima, studente alle prime armi, il suo professore, per studiare certi pesci, lo imbarcava su un peschereccio, il "Santa Ninfa". Navigando con gente di mare, gli era piaciuto scoprire cose immaginate sui libri di scienze e di avventura ma, una volta, s'era invaghito di un'isola della costa siciliana, la Spada. Ci vivevano "gli stravaganti" - così gli altri isolani chiamavano la colonia di individui finiti là, ognuno venuto da lontano, ognuno per ragioni diverse, qualcuno a viverci stabilmente, altri a ricercare periodicamente se stessi. Gravitavano intorno a un bar dal nome incongruo, fondato nel dopoguerra da un friulano precipitato in quello scoglio insieme alla moglie bellissima.
Stefano Benni scrisse "Blues in sedici" dieci anni fa, prendendo spunto da un fatto di cronaca degli anni Ottanta. Questa ballata blues era stata pensata per essere letta in pubblico e infatti la sua prima pubblicazione ha conosciuto molte versioni teatrali. Ora il testo viene riproposto con alcune variazioni che la lettura e, soprattutto l'accompagnamento musicale di Paolo Damiani, hanno suggerito. Protagonisti di questa drammatica storia sono l'Indovino cieco, il Padre, la Madre, il Figlio, Lisa, la Città, il Killer, il Teschio. Otto voci che tornano in scena due volte, a cantare ciascuna il dolore, la rabbia, la disperazione, la speranza.
Tema e sfondo di questa raccolta di racconti brevi è il mondo editoriale. Le figure canoniche, i ruoli codificati per eccellenza di questo brulicante universo che sembra ruotare unicamente intorno alla propria orbita, vengono sezionati con spietata impassibilità. L'esordiente, il libraio, l'editore, la traduttrice improvvisata, il filologo, il critico stroncatore, l'autore "maledetto", i premi letterari, l'ufficio stampa, tutto viene visto attraverso l'humour di chi, pur consapevole di appartenere a quell'ambiente, non rinuncia a posarvi uno sguardo distaccato e ironico, talvolta amaro fino allo struggimento.
Chi è stata la madre di Tito? Una poco di buono, come dicono certe voci cattive? O una signora di buona famiglia costretta a "sparire", come ha sempre detto il padre Gaspare? Tito è alla guida di un pastificio, fonte non solo di ricchezza ma anche di conflitti, tensioni e invidie in seno a una famiglia allo sbando. È soltanto la sua autorità a tenerla insieme, a volerla unita, con il sostegno forte della mite presenza di una vecchia zia: zia Rachele ha vegliato su Tito e poi sui figli di lui e non ha perso la capacità di intuire anche quello che le si vorrebbe tener nascosto, ma nel suo sguardo cominciano ad affiorare a poco a poco ricordi confusi e brandelli di segreti custoditi tenacemente per più di mezzo secolo. A smuovere ulteriormente le acque torbide, insieme alla bellissima Irina, spregiudicata e intraprendente, arriva all'improvviso Dante, figlio di una ex compagna di collegio della zia. E c'è chi sospetta oscuri moventi. Quanto più la storia si apre a inattesi sviluppi nel presente, tanto più il passato viene folgorato da una nuova luce e il mistero che nascondeva si dischiude lentamente con la forza di una grande storia d'amore.