
Ci sono sogni capaci di metterci a nudo. Sono schegge impazzite, che ci svelano una realtà a cui è impossibile sottrarsi. Lo capisce appena apre gli occhi, il maestro Nani Sapienza: la bambina che lo ha visitato nel sonno non gli è apparsa per caso. Camminava nella nebbia con un’andatura da papera, come la sua Martina. Poi si è girata a mostrargli il viso ed è svanita, un cappottino rosso inghiottito da un vortice di uccelli bianchi. Ma non era, ne è certo, sua figlia, portata via anni prima da una malattia crudele e oggi ferita ancora viva sulla sua pelle di padre. E quando quella mattina la radio annuncia la scomparsa della piccola Lucia, uscita di casa con un cappotto rosso e mai più rientrata, Nani si convince di aver visto in sogno proprio lei. Le coincidenze non esistono, e in un attimo si fanno prova, indizio. È così che Nani contagia l’intera cittadina di S., immobile provincia italiana, con la sua ossessione per Lucia. E per primi i suoi alunni, una quarta elementare mai sazia dei racconti meravigliosi del maestro: è con la seduzione delle storie, motore del suo insegnamento, che accende la fantasia dei ragazzi e li porta a ragionare come e meglio dei grandi. Perché Nani sa essere insieme maestro e padre, e la ricerca di Lucia diventa presto una ricerca di sé, che lo costringerà a ridisegnare i confini di un passato incapace di lasciarsi dimenticare. Con questo romanzo potente, illuminato per la prima volta da un’intensa voce maschile, Dacia Maraini ci guida al cuore di una paternità negata, scoprendo i chiaroscuri di un sentimento che non ha mai smesso di essere una terra selvaggia e inesplorata.
Se ascoltassimo il bambino che è in noi, la sua fantasia ci tirerebbe fuori da tutti i guai. "Io mi chiamo Mina e mi piacciono molte cose: i denti di leone, il tonno in scatola, i libri, la ricotta, le lucciole e soprattutto i draghi, e le fiamme che escono dalla loro bocca. I draghi nessuno li uccide, sono fortissimi, e per questo io mi sento una di loro, infatti la prima volta che ho visto Lorenzo non mi sono neanche spaventata. Lui era infuriato, urlava forte e mi ha lanciato un'occhiataccia. Ma io lo so che era solo molto arrabbiato, come me. Stare qui non ci piace per niente e questo è stato un ottimo motivo per diventare amici. Insieme facciamo sul serio. Siamo davvero due brutti ceffi e di fronte a noi se la danno tutti a gambe, perfino la paura. Contro di lei usiamo l'immaginazione, che ci fa vincere sempre. Che ci fa sentire forti e coraggiosi. E di coraggio ne abbiamo bisogno, per mettere a punto il nostro piano segreto. Un piano di fuga coi fiocchi. Perché io e Lorenzo dobbiamo scappare. Andarcene via dall'ospedale dentro cui viviamo ormai da troppo tempo e raggiungere il mondo fuori. Perché quando rivedremo il cielo ogni cosa cambierà. Perché quando siamo insieme non ci batte nessuno." Ci sono esordi che risuonano per molto tempo nel cuore di chi li legge. È così per "La bambina sputafuoco", venduto in tutt'Europa. Noi siamo Mina quando ascoltiamo il bambino che abbiamo dentro. Quando lasciamo che la fantasia ci faccia da guida. Quando ci fidiamo di un'amicizia vera, che non ci fa sentire soli. Tratto dall'esperienza dell'autrice, questo romanzo insegna come il potere dell'immaginazione possa tirarci sempre fuori dai guai.
Nella sala d'aspetto di una ginecologa romana si incrociano i destini di Claudia e Francesco, Veronica e Camilla, Giulia e Miguel. Sei vite che vogliono generare nuove vite. Ma non possono. Non in Italia, dove se hai un contratto precario, o un ovaio policistico, o origini straniere rimani impigliato nella peggiore giungla di divieti e norme arcaiche immaginate da un Paese che dichiara di amare la famiglia ma forse, segretamente, non la sopporta. Così parte l'avventura comica e disperata della "banda della culla", che sfida la legge per avere giustizia in un Paese dove gli inviati dei talk-show non vengono inviati da nessuna parte, i giornalisti scrivono sotto pseudonimi che scrivono sotto altri pseudonimi, gli argentini fanno i camerieri nei ristoranti messicani ("A brasilià, qui a Roma mica starno a guarda er capello").
"All'inizio, nel secondo Ottocento, c'è il patriarca Luigi Sacco, bracciante d'ingegno e passione. Vengono poi i discendenti, grandi lavoratori tutti, e socialisti, tra emigrazione transoceanica e chiamata alle armi nella Grande Guerra, malversazioni e canaglierie di rozzi capimafia con alle spalle pupari altolocati, che prosperano nella latitanza dello Stato e sanno come avvantaggiarsi nella tragica notte del fascismo, nonostante il pugno di ferro del prefetto Mori (e grazie ad esso, anzi) che seppe abbattersi anche sui comuni oppositori politici. I cinque fratelli Sacco conoscono la disperazione a vivere in un regime di mafia. Si danno alla latitanza. Si sentono investiti di un ruolo di supplenza nella lotta (armata) contro i persecutori mafiosi. Diventano giustizieri solitari, nel silenzio ottuso dell'omertà: cittadini eslègi di uno Stato che non ha saputo garantirli. Vengono arrestati, processati, e inventati come "banditi" e predoni d'assalto. In carcere conoscono l'antifascismo. Incontrano Umberto Terracini e incrociano Gramsci. Il succo della storia, di questo western nostrano di onest'uomini indotti e costretti a farsi vendicatori, è di declinazione manzoniana: 'I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi'." (Salvatore Silvano Nigro)
1463. In una Milano splendida e in subbuglio dopo l'ascesa al potere di Galeazzo Maria Sforza, tiranno crudele e spietato ma anche amante delle arti e della musica, nasce Caterina, figlia illegittima di Galeazzo, la quale fin da bambina dimostra qualità non comuni e uno spirito ribelle: impossibile imbrigliarla nell'educazione che sarebbe appropriata per una femmina, ama la caccia, la spada, la lotta. Una sola regola sua nonna Bianca Maria riesce a inculcarle nell'animo: la necessità, per una nobildonna, di pagare il privilegio della sua nascita accettando il proprio destino, qualunque esso sia, per il bene del casato cui appartiene, anche a costo di tradire la propria natura. Per questo, quando è costretta a nozze forzate per salvare il ducato da una pericolosa guerra scatenata dal papa Sisto IV, Caterina subisce il matrimonio e, con esso, gli orrori perpetrati dal marito, che si rivela tanto violento quanto pavido e imbelle. Quando però, dopo la morte improvvisa di Sisto IV, loro protettore, si troverà coinvolta in una serie di feroci scontri tra gruppi di potere e opposte fazioni, il suo palazzo assalito e distrutto, la vita sua e dei figli in gravissimo pericolo, ritroverà lo spirito battagliero e il coraggio indomabile di un tempo e combatterà come e meglio di un uomo, lasciando un segno così indelebile nella vita di chi la ama e di chi la odia da guadagnarsi l'appellativo di Tygre.
Elda ripensa al coraggio e a quello che significa. Vuol dire lottare, ma vuol dire anche rischiare. Spegne la luce. Marina già dorme. Ripensa anche al significato del suo nome, battaglia. E sente che quella vera deve ancora combatterla. Con le fotografie e un ricordo di Letizia Battaglia. Età di lettura: da 10 anni.
Stalingrado (l'odierna Volgograd) fu teatro della più lunga e sanguinosa battaglia della seconda guerra mondiale, uno scontro che durò dall'estate del 1942 all'inverno del 1943. Il 22 novembre, per quasi trecentomila uomini della Wehrmacht e dei suoi alleati, chiusi in una sacca dalle armate sovietiche, iniziò un tragico conto alla rovescia. Il freddo, la fame, la sete, le malattie uccisero più tedeschi degli attacchi russi. La città divenne un incubo, un cumulo di macerie, un inferno: ogni ferita era a rischio d'infezione, la sopravvivenza una sfida quotidiana. Il 2 febbraio del 1943, contravvenendo all'ordine del Fuhrer di resistere a ogni costo, si arresero in centoventimila: di questi solo seimila tornarono a casa dopo una lunga detenzione, durata per alcuni tredici anni. Dopo oltre cinque mesi di battaglie, il mattatoio contava più di un milione e mezzo tra morti e feriti, dall'una e l'altra parte. Dei settantasette soldati italiani che avevano partecipato all'assedio se ne salvarono soltanto due. Con la sconfitta di Hitler e dei suoi eserciti nella battaglia di Stalingrado, ebbe finalmente inizio il cruento tracollo del Terzo Reich.
"Un lavoro d'indagine vero, sul campo, è molto più simile alla battaglia navale. All'inizio spari alla cieca, e non cogli niente, ma è fondamentale che tu ti ricordi dove hai sparato, perché anche il fatto che lì tu non abbia trovato nulla è una informazione". Non lontano dalla casa di Nonno Ampelio, uno dei quattro vecchietti investigatori del BarLume, ci sono i Sassi Amari, il litorale di Pineta. Abbandonato lì, viene trovato il cadavere di una bella ragazza con un particolare tatuaggio. Lei viene presto identificata, dal figlio dell'anziana presso cui lavorava, come la badante ucraina della madre. Le colleghe connazionali si affrettano ad accusare il marito della ragazza, un balordo che la tormentava. E il caso sembra avviato a una veloce conclusione. Tra i Vecchietti serpeggia la delusione. Visto anche che l'indagine è affidata a un altro commissariato, e non all'amica vicequestore, la fidanzata di Massimo il Barrista. Ma è l'ostinazione senile che fornisce alla Squadra Investigativa del BarLume l'intuizione decisiva. E grazie anche all'intermediazione di un altro squinternato, il compagno Mastrapasqua che delle ucraine conosce usi e costumi, il vicequestore Alice Martelli può raddrizzare un'inchiesta cominciata con il piede sbagliato.
Secolo XIII. Eustachius von Felben non aveva mai vacillato. In Terrasanta dove aveva combattuto per vent'anni, sapeva con certezza quale fosse il suo compito di cavaliere dell'Ordine Teutonico. Difendere la Croce con la sua spada. Diffondere il vero Credo tra gli infedeli. Ma ora che è tornato in Prussia, sede del suo Ordine, sente nascere nell'animo un'inquietudine insopprimibile. La sua missione non è cambiata, anche qui ci sono pagani da convertire, ma le urla di uomini, donne e bambini arsi vivi nel rogo delle loro case ora sembrano più acute, i cadaveri che si aggiungono ai cadaveri disegnano un trionfo della morte sconosciuto al più visionario dei pittori. Davvero "Deus vult", Dio lo vuole? E quando si trova coinvolto nella crociata mossa dai cattolici contro il principato russo di Vladimir-Suzdal e la potente città di Novgorod, il suo dubbio si fa disgusto. Lungo la marcia, l'esercito cristiano, formato in gran misura da suoi compagni d'arme, si concede ogni genere di violenza, che il vescovo von Buxthoeven, promotore della crociata, non può che benedire. Ma stavolta i nemici sono ortodossi: scismatici ma pur sempre fratelli di fede. Eustachius riceve l'incarico di scortare un confratello inviato dall'Ordine a trattare la pace con i russi, ma lungo il cammino si renderà conto con crescente amarezza che sono in molti a preferire la guerra. Attraverso un succedersi di battaglie, assedi e scontri sanguinosi in uno scenario di ghiaccio e di gelo, fitte foreste e immense paludi...
"Otto e mezzo" e "Il Gattopardo" sono due film epocali, girati contemporaneamente, e che tutti crediamo di conoscere benissimo. Ma se torniamo a quel mitico 1963, con Claudia Cardinale che corre da un set all'altro, Burt Lancaster che deve dimostrare di non essere un cowboy, Sandra Milo che ama l'amore più del cinema, Marcello Mastroianni troppo felice per interpretare il suo personaggio, ecco che si spalanca un mondo intero. Intanto, fuori dal set, si dibatte un Paese in cui la cultura è ancora politica, e l'epopea di un celebre romanzo rifiutato e poi riscoperto s'intreccia alle vicende personali e pubbliche di Federico Fellini e Luchino Visconti, sublimi registi avversari. Guardando dietro le quinte, Francesco Piccolo ci fa rivivere lo spirito irripetibile di un'epoca. Un racconto unico e travolgente sulla forza del genio e su quella del destino. La storia del cinema non è poi così diversa dalla vita: apparentemente lineare, ma costellata di incontri fortuiti, appuntamenti rincorsi o mancati, decisioni prese all'ultimo minuto e imprevedibili coincidenze. Fatalità cruciali che permettono a un'opera di venire alla luce, con le precise caratteristiche che poi tutti ricorderanno. La scelta di un'attrice, la luce sul set, le vicissitudini sentimentali del regista o di un comprimario - così come i tagli nel budget o una scena cambiata all'improvviso - possono scrivere a modo loro una pagina del genio universale. Il 1963 è stato l'anno di Fellini e di Visconti. Un anno decisivo per il cinema italiano, che ha visto la nascita di "Otto e mezzo" e "Il Gattopardo". Ma prima di diventare i capolavori che ben sappiamo erano due incredibili scommesse, nonché il campo di battaglia tra due artisti rivali e profondamente diversi: mentre Claudia Cardinale cambiava il colore dei capelli secondo il capriccio di chi la dirigeva, l'intero contesto culturale italiano si stava preparando a sposare l'una o l'altra visione del cinema e del mondo. Ecco cos'è "La bella confusione": inseguendo come un detective le figure e gli episodi che hanno fatto la Storia, Francesco Piccolo ha setacciato lettere, filmati, appunti e diari, interviste, pettegolezzi, testimonianze. Perché in questo romanzo diverso da qualsiasi altro romanzo i personaggi si chiamano Marcello Mastroianni, Ennio Flaiano, Sandra Milo, Tomasi di Lampedusa, Camilla Cederna, Suso Cecchi d'Amico, Burt Lancaster e Pier Paolo Pasolini. Muovendosi tra il mito e l'aneddoto, la voce inconfondibile dell'autore di "Il desiderio di essere come tutti" risveglia milioni di ricordi e ci regala la luce perduta di un'epoca. Un documentario fatto di parole: la potenza dell'arte, i segreti del cinema, i duelli di un'Italia che non sapremmo più immaginare.
Durante la sua permanenza a Ravenna il Sommo Poeta visitò certamente le splendide basiliche bizantine traendo ispirazione dai loro mosaici.
Fu Giovanni Pascoli a suggerire la rilevanza dell’arte di Ravenna come fonte ispiratrice dell’ultima cantica della Commedia.
Dante è un attento osservatore di ogni forma d’arte, disegnatore lui stesso e necessariamente sensibile rispetto a quel ricco repertorio di immagini fortemente evocative, che per lui ebbero la medesima influenza di una fonte scritta. A Ravenna il poeta esule non trovò soltanto un rifugio tranquillo. Nelle basiliche del V e VI secolo, che si elevavano ancora nobili e preziose, splendevano mosaici dal forte contenuto simbolico. Erano immagini concise e luminose, smaterializzate e prive di tutti quegli elementi sensuali che potevano in qualche maniera ostacolare l’espressione della trascendenza e della spiritualità.
Questa mostra aiuta a comprendere come quell’universo di simboli e trionfi, occultato dall’umile mattone dei monumenti di Ravenna, occupi un ruolo non episodico ma sostanziale nella Commedia come fonte ispiratrice di immagini sublimi dal Paradiso terrestre sino all’Empireo.
Durante il processo per la canonizzazione di Tommaso d’Aquino, giunge da lontano un testimone misterioso e inatteso. È frate Carlo, carico di anni, ormai alla fine della sua vita terrena. Una vita che rischiava di essere sprecata, fino a quando non avvenne un incontro straordinario. Il giovane Carlo conobbe Tommaso d’Aquino che lo prese con sé e ne fece un suo scrivano. E così, tra visioni, sogni rivelatori e viaggi al fianco di Tommaso e Reginaldo da Piperno, suo fedele confratello, il ragazzo compì un cammino di purificazione.
Carlo, un semplice uomo plasmato nel fango, coi suoi dubbi e le sue stanchezze, viene trasformato dall’incontro con Tommaso che gli fa toccare con mano una vera e immensa santità, di fronte alla quale non è rimasto indifferente. E il miracolo della trasformazione e conversione del giovane frate colpirà il tribunale riunito per decidere della canonizzazione di Tommaso al quale – tra i tanti miracoli operati – verrà attribuito anche quello della conversione di fra Carlo.