
Un ventenne figlio della periferia ma esportato a piazza Fiume, la Roma bene da cui si è sempre sentito rifiutato, entra definitivamente in crisi quando termina la sua storia d'amore con Alba, ragazza di Cinecittà che vedeva in lui un'emancipazione e che per emanciparsi ha trovato un altro amore. Guardando per la prima volta in faccia la propria estraneità al mondo che abita, decide di cambiare vita. Affitta una stanza nella Roma di Quaresima, l'estrema periferia. Il coinquilino nonché proprietario dell'appartamento occupato, Andrea, si tira le sopracciglia nello specchio dell'ascensore e si prostituisce con le tardone borghesi, ma il mercato è in recessione perché gli zingari fanno prezzi stracciati. Nella Quaresima il protagonista si mescola con gente che sta in fissa con la palestra, festeggia il Sabato del Fuoco, dove davanti al quartiere riunito i neodiciottenni fanno un falò delle cose che desideravano da minorenni, va in pellegrinaggio al Circo Massimo per commemorare l'"eroe e martire" Luciano Liboni detto Lupo, e si innamora dell'aspirante coatta Marianna, una che "quando si scopa non si ride". Ma se è proprio quella la Roma che suo padre gli ha inscritto nel DNA, e da cui voleva affrancarlo col suo impiego da portinaio in centro, d'altro canto non è detto che osservare la città da questa nuova angolazione ribalti la prospettiva. E salvi dal fallimento.
Dieci fedi, dieci verità, dieci risposte sulla vita e la morte. Tutto nell'arco di due mesi. Un viaggio attraverso le nuove religioni di Roma. Per ritrovarsi in corpo un'anima, e per salvarsi dal vizio del fumo. "Ora mi accorgo, con dolore, che il primo effetto della ricerca privata di Dio è quello di un'amplificazione, una levitazione naturale ed abnorme dell'amarissimo dessert che ci aspetta lì in fundo. Dessert a cui, da agnostico ipocondriaco romano, aspiravo, e che solo adesso, da credente (credente di ogni religione), pare davvero una minaccia angosciosa. Ora capisco, ora lo so: la fede non può confortare. Perché chi crede davvero si scora. Chi crede ha paura. Chi crede non può non tormentarsi al pensiero che questo, tutto questo, la nostra vita, le ambizioni, il nostro mondo, la scrittura, non è che la preparazione a ciò che di eterno arriverà. L'eternità stanca. Speriamo che la faccia breve".
Ce li hanno dipinti così, i professori precari di oggi: arrendevoli, menefreghisti e incompetenti. Invece sono bravi e arrabbiati. Finalmente un romanzo ce li racconta senza indulgenza o pregiudizi, per mostrarci come, in reazione alle ingiustizie di una scuola pubblica che sta cadendo a pezzi, scoppieranno - è solo questione di tempo - l'indignazione, la protesta. Perché Emma, ventotto anni, ha lasciato Napoli per lavorare in una classe a Torino. Non avrebbe voluto: le mancano una città e un amore di nome Gianni. Anziché insegnare latino si trova a seguire il caso di Andrea, un ragazzo autistico che reagisce con violenza alla cattiveria di alcuni professori. E intorno a lei vede solo la rassegnazione di chi accetta contratti impossibili o di chi, arreso, scappa all'estero. Con stupore Emma si renderà conto che è proprio il suo ragazzino pieno di problemi a insegnarle che non bisogna più accettare i ricatti di questo Paese. Contro le crisi di Andrea, infatti, la famiglia le ha suggerito di ricorrere all'iguana, suo immaginario totem personale: se l'iguana non vuole, quella cosa non si fa. Evocare l'animale serve a renderlo innocuo fino a quando, però, il ragazzo non si trattiene più e sfoga la sua rabbia. Così, a fine anno, quando su tutti si abbatterà una serie di ingiustizie pubbliche e personali, Emma maturerà l'idea che un dio in forma d'iguana sarebbe d'accordo nel punire subito i colpevoli di un'Italia che non funziona più. Lei è pronta a seguirlo.
Chi combatte sotto le mura di Troia? Gli eroi, ma anche gli dèi e, con molto accanimento, le dee. Dopotutto, questa immane contesa è stata scatenata da una rivalità tra divine: la famosa mela d'oro assegnata da Paride ad Afrodite, che in cambio gli ha dato Elena. E così, con occhi femminili stavolta è raccontata l'Iliade. È Atena a parlarci dell'ira di Achille, ed è la madre dell'eroe, Teti, a spiegare i moti dell'animo di suo figlio, le sue scelte che tanto sangue costeranno ai due eserciti. Afrodite tiene un occhio sul campo di battaglia e un altro sui suoi protetti Paride ed Enea, di cui ci narra le gesta, senza nascondere le proprie ingerenze. La sua rivale Era, per contro, tifa per i Greci e cerca di favorirne la vittoria. E poi ci sono due donne speciali, l'una figlia di Zeus, l'altra toccata da Apollo: Elena e Cassandra, che da dietro le mura di Troia testimoniano il fato atroce dell'altra metà del cielo in ogni conflitto. Ma di chi è la voce che grida la sua disperazione e si predispone al sacrificio, mentre la città brucia? È la moglie di Enea, Creusa, una protagonista che la storia ha lasciato indietro ma che ha qualcosa di molto importante da rivelare. Riportando in vita l'Iliade come un coro di voci femminili, Marilù Oliva ribalta la prospettiva sulla più maschile delle vicende, la guerra, riappropriandosene a nome di tutte: delle troppe vinte, umiliate, violate, ma anche delle poche vincitrici apparenti, destinate ad afferrare trionfi effimeri come la vendetta. Un'epica potente, commovente, palpitante: indimenticabile.
Roma, 68 d.C. Vespasiano ha davanti a sé una scelta difficilissima: deve sedare la rivolta in Giudea, come ha ordinato l'imperatore Nerone, o sabotare la propria campagna militare? Le conseguenze delle sue azioni potrebbero in ogni caso essere fatali. Se la campagna avrà successo, rischia di affrontare la gelosia dell'imprevedibile imperatore pazzo. Se fallisce, la punizione sarà severa. Ma un colpo di scena sconvolge i suoi piani: Nerone si suicida, catapultando l'impero nel caos. Con il trono vacante e un esercito a disposizione, Vespasiano potrebbe finalmente farsi avanti e realizzare ciò che innumerevoli profezie hanno predetto: prendere il controllo di Roma. Sarà proprio lui, alla fine, a indossare il manto color porpora?
Succede in Provenza, d'autunno, stagione che mescola le prime umide nebbie con un lungo strascico di calore quasi estivo. I borghi e le ville si stanno vuotando di abitanti e turisti. Ancora un grande evento però si prepara. Quasi a sorpresa, sul locale campo di aviazione, si terrà il concerto di una celebre band inglese, i Bebonkers, un po' per fini umanitari, un po' per celebrare il terzo matrimonio di Nick Cruickshank, vocalist del gruppo e carismatico leader. I preparativi fervono, tutti organizzati con piglio fermo da Aileen, futura moglie di Nick.
In paese c'è una gelateria gestita da Milena Migliari, una giovane donna italiana che i gelati li crea, li pensa, li esperimenta con tensione d'artista. Un rovello continuo che ruota attorno all'equilibrio instabile del gelato, alla sua imperfetta meraviglia perché concepita per essere consumata o per liquefarsi, per non durare. Milena ha detto addio agli uomini e convive da qualche anno con Viviane. Un rapporto solido, quasi a compensare l'evanescenza dei gelati, l'appoggio di una donna stabile e forte, al punto che, tra qualche giorno, Milena si sottoporrà alla fecondazione assistita. Eppure, in fondo, Milena non ha voglia di farlo davvero questo passo che forse non ha proprio deciso.
Incerta senza confessarselo, Milena. Come Nick, che si domanda da quando il suo rapporto con Aileen ha perso l'incanto dei primi tempi. Così, una rockstar inglese e una ragazza italiana incrociano i loro destini e nel giro di tre giorni, dal mercoledì al venerdì, tutto accelera e precipita in un vortice inevitabile ed esilarante.
''L'imperfetta meraviglia'', il nuovo romanzo di Andrea De Carlo che alterna il ritmo del rock, la leggerezza della commedia brillante, e la profondità del tempo che tutto cambia e modifica. Un continuo mutamento che è la bellezza della vita, la possibilità di essere veramente, fino in fondo, quel che siamo.
Terzo e ultimo volume del ciclo degli Uzeda, "L'imperio" riprende il personaggio principale de "I Viceré", l'ambizioso e cinico Consalvo, e ne segue l'ascesa politica a Roma, in qualità di deputato e di ministro. Sinora poco letto anche a causa dello stato provvisorio in cui l'autore lasciò il dattiloscritto tra le sue carte (prima della pubblicazione postuma nel 1929), il romanzo di De Roberto ritorna oggi in un nuovo testo criticamente rivisto che sana le incongruenze delle edizioni precedenti, accompagnato da un commento che per la prima volta fa luce sui tantissimi riferimenti polemici alla corrotta politica liberale di fine Ottocento e lo presenta ai lettori in tutta la sua statura di grande classico. Arricchisce il volume un'ampia introduzione del curatore, Gabriele Pedullà, dove, a partire da "L'imperio", l'intera trilogia degli Uzeda viene riletta retrospettivamente alla luce dell'inesausta pulsione a smascherare la violenza dei rapporti di forza - nella coppia, nella famiglia, nell'arena pubblica - che accompagnò De Roberto per tutta la vita.
Esiste un luogo in cui convergono le teorie più inaccessibili, i fenomeni e le ipotesi più difformi. È lì che - secondo quella che la fisica teorica chiama "teoria generale del tutto" - risiederebbe la spiegazione dell'universo. Per Alessandra e Marinella, gemelle di cinquant'anni cui la vita ha riservato strade molto diverse, quel luogo è la casa del padre che le ha abbandonate quando avevano otto anni, senza voler più sapere nulla di loro. Ora che lui è morto si ritrovano entrambe lì, circondate da quelle pareti a loro sconosciute che sembrano sussurrare ricordi e rievocare rancori mai sopiti. Per le sorelle quella vicinanza forzata si rivelerà una tortura col sorriso sulle labbra, una resa dei conti dagli esiti imprevedibili. Una storia universale sulla ferocia e sulla dolcezza dei legami familiari.
Un romanzo che spiega l'estetica del brutto a partire dalle vite fallite di artisti e critici d'arte. Un professore di mezza età, alla ricerca del senso di una vita apparentemente buttata via, si illude di trovarlo nell'amore e si rifugia nelle riflessioni estetiche, incappando però in un incubo surreale. L'impostura ionica è un romanzo breve che, constatando la relatività dei valori artistici, segue il percorso accidentato della memoria, riflette con il senno di poi e rivede cronache, avvenimenti e fatti con risentimento e ironia.
Dietro un ciuffo di capelli neri e vestiti altrettanto scuri, Vani nasconde un viso da ragazzina e una innata antipatia verso il resto del mondo. Eppure proprio la vita degli altri è il suo pane quotidiano. Perché Vani ha un dono speciale: coglie l'essenza di una persona da piccoli indizi e riesce a pensare e reagire come avrebbe fatto lei. Un'empatia profonda e un intuito raffinato sono le sue caratteristiche. E di queste caratteristiche ha fatto il suo mestiere: Vani è una ghostwriter per un'importante casa editrice. Scrive libri per altri. L'autore le consegna la sua idea, e lei riempie le pagine delle stesse parole che lui avrebbe utilizzato. Un lavoro svolto nell'ombra. E a Vani sta bene cosi. Anzi, preferisce non incontrare gli scrittori per cui lavora. Fino al giorno in cui il suo editore non la obbliga a fare due chiacchiere con Riccardo, autore di successo in preda a una crisi di ispirazione. I due si capiscono al volo e tra loro nasce una sintonia inaspettata fatta di citazioni tratte da Hemingway, Fitzgerald, Steinbeck. Una sintonia che Vani non credeva più possibile con nessuno. Per questo sa di doversi proteggere, perché, dopo aver creato insieme un libro che diventa un fenomeno editoriale senza paragoni, Riccardo sembra essersi dimenticato di lei. E quando il destino fa incrociare di nuovo le loro strade, Vani scopre che le relazioni, come i libri, spesso nascondono retroscena insospettabili.
Nel paesino di Roccazzelle, periferia siciliana dell’impero, anche gli echi della guerra, la seconda mondiale, arrivano quasi appannati, affidati ai volantini lanciati sulla campagna dagli aerei alleati e ai manifesti del Partito Fascista. Sullo sfondo di una comunità abituata al poco e che sa vivere anche del niente, che guerra o meno continua nelle sue abitudini, nei suoi riti, e nelle sue credenze (come quella dell’incantesimo della buffa, la femmina del rospo, che se la si fissa negli occhi poi non si cresce più), si muovono personaggi ai margini e notabili del luogo - dal poetico Agostino, venuto dal mare e in fuga dal proprio passato al pavido podestà Agnello che infligge alle sue mani lavaggi d’ammoniaca pura - sempre in sbilenco equilibrio tra il dramma e il grottesco. Ma soprattutto il tredicenne Gesù, figlio di quella terra bruciata dal sole, e la coetanea Tea, di origine austriaca e cieca per una malformazione agli occhi, vivono a Roccazzelle un idillio adolescenziale fatto di salsedine e scogliere, di esclusività e dolcezza, nel tentativo di dimenticare il loro essere rimasti orfani di madre, mentre l’ombra della guerra si fa improvvisamente più minacciosa fino alla tragedia dei bombardamenti e al conseguente sbarco alleato anglo-americano.
Silvana Grasso dipinge un nuovo ritratto espressionista della Sicilia alla metà del secolo scorso con il tocco irriverente della sintassi e il solfeggio linguistico tipici della sua scrittura, che riescono ancora una volta a miscelare il registro alto - ma sempre rutilante - con il colore e il calore di una lingua parlata e mitica, per una storia in cui anche gli stessi personaggi sembrano cercare una forma ideale per raccontare quello che li circonda o un’ideale evasione psichiatrico-mitologica per non raccontare, per non raccontarsi.