
IL LIBRO
In quel posto incredibile che si chiama Stati Uniti esistono, fra le mille stranezze, due piccole città: si trovano in Colorado e una si chiama Hope, l’altra, a pochi chilometri di distanza, si chiama Despair. «Speranza» e «disperazione»: due opposti che non sembrano creare alcun problema a Jack Reacher, in fondo lui vuole soltanto un caffè prima di rimettersi in viaggio. A Despair, però, nessuno vuole stranieri tra i piedi e Reacher si ritrova prima in cella, poi espulso.
Per vederci chiaro, per capire che cosa nasconda di così oscuro e minaccioso quel piccolo paese nel nulla, Reacher ha bisogno di un alleato. Lo trova in una poliziotta di Hope, Vaughan, una donna tanto bella quanto determinata che, come lui, vuole scoprire la verità. E, forse, riuscire così a dare un senso al dolore che la attanaglia... Jack Reacher non ha legami, non ha una casa, non ha particolari speranze ma non è nemmeno disperato, non ha un passato e del futuro non si preoccupa mai. Ha però una debolezza, forse l’unica che può permettersi... Ma l’amore è un lusso, per chi non ha niente da perdere.
I GIUDIZI
"Colossale. Travolgente. Stupendo."
The New York Times
"Il duro ma umanissimo Jack Reacher è uno dei personaggi più affascinanti tra quelli in circolazione."
Stephen King
"Reacher è uno di quei protagonisti che suscitano l'ammirazione degli uomini e la passione delle donne."
Daily Express
UN BRANO
"Reacher lasciò la strada granulosa di Despair e si incamminò su una distesa di sabbia crostosa verso una roccia piatta grande quanto un’automobile. Vi salì, si stese con le mani dietro la testa e guardò il cielo. Era azzurro chiaro, ornato di nubi alte, lunghe e soffici, forse vecchie scie di vapore degli aerei notturni che andavano da costa a costa. In passato, quando fumava, si sarebbe forse acceso una sigaretta per passare il tempo, ma non fumava più. Fumare comportava portarsi dietro almeno un pacchetto e una confezione di fiammiferi, e Reacher aveva smesso da un pezzo di portarsi dietro le cose di cui non aveva bisogno. In tasca non aveva niente tranne un po’ di contanti, un passaporto scaduto, un bancomat e uno spazzolino pieghevole. Non aveva nemmeno qualcosa che lo attendesse, da nessuna parte. Nessun box in affitto, nulla di affidato agli amici. Possedeva le cose che aveva in tasca, gli abiti che indossava e le scarpe che calzava. Quello era tutto e gli bastava: tutto il necessario, nulla di inutile".
L'AUTORE
Lee Child è nato a Coventry, in Inghilterra, nel 1954. Dopo aver lavorato per vent’anni come autore di programmi televisivi, nel 1997 ha deciso di dedicarsi alla narrativa: il suo primo libro Zona pericolosa è stato salutato da un notevole successo di pubblico e critica, e lo stesso è accaduto per gli altri romanzi d’azione incentrati sulla figura di Jack Reacher, personaggio definito dal suo autore come «un vero duro, un ex militare addestrato a pensare e ad agire con assoluta rapidità e determinazione, ma anche dotato di un profondo senso dell’onore e della giustizia». Lee Child vive negli Stati Uniti dal 1998.
Edward Rutherfurd celebra la più grande città d’America in questa appassionante saga, unendo con abilità fiction e storia. Dagli inizi del Nuovo Mondo – quando New York era solo un piccolissimo villaggio di pescatori Indiani sull’isola di Manna Hata – alla New York moderna dei grattacieli, l’autore ricostruisce l’intera storia di questa straordinaria metropoli. Passando attraverso la guerra civile, l’immigrazione, il boom economico e l’attacco alle Torri Gemelle, Rutherfurd mescola l’impeccabile ricerca storica al bellissimo racconto dei destini intrecciati di numerose famiglie, ricche e povere, bianche e nere, immigrate e non, ricostruendo, attraverso le loro peripezie, quattro secoli di storia americana.
Partendo dal cuore di un piccolo uccellino, un colibrì, Richard Bach va alla ricerca della verità che da sempre conosce. Il suo viaggio di apprendimento può portarvi dovunque, accanto a chi desiderate. Chi ha volato con "Il gabbiano Jonathan Livingston" troverà qui tante idee da condividere. Ed è bello pensare che la vera amicizia non è schiava del tempo e dello spazio. In questa edizione, le illustrazioni a colori di H. Lee Shapiro accompagnano il lettore in un viaggio breve ma intenso, al termine del quale si arriverà a comprendere la forza dei sentimenti veri.
Seppur non manchino spettri e stregate visioni, non è il soprannaturale di per sé il segno forte di questi racconti di Dickens, ma piuttosto il mistero: mistero di passioni devastanti e maniacali ossessioni, oscuri ed enigmatici presagi di un destino incombente o torturanti memorie di un passato lontano. E ancora, mistero di parole che tornano implacabili a scandire i tempi della vita e i percorsi del racconto, mistero di sguardi e gesti indecifrabili - coprirsi gli occhi con un braccio, seguire compulsivamente con la mano le fibre di una stuoia -, di strani anomali personaggi e di ambigue storie in cui si sfuma il confine tra realtà e allucinazione, ragione e follia, vita e morte. Storie tanto più inquietanti quanto più calate in quel contesto, e linguaggio, “realistico”, di cui Dickens è maestro insuperabile, che puntualmente viene smantellato nelle sue labili, illusorie certezze. Alla forza immaginativa di questo contrasto contribuisce il particolare genere di molti dei testi qui presentati, che sono brevi narrazioni in sé compiute inserite nei romanzi (Il Circolo Pickwick, La piccola Dorrit, Un racconto di due città), con la funzione di spezzare il flusso del reale e, quasi inavvertitamente, passare il testimone da personaggi realistici, comici o convenzionali, a cupe, spettrali figure della trasgressione: pazzi, assassini, padri maledetti e crudeli, spose dementi e disperate. Unico racconto autonomo a tutti gli effetti è lo splendido Linea secondaria nr. 1. Il casellante, da molti considerato il più bello di Dickens: il tetro buco nero della galleria ferroviaria sul quale balugina a tratti una tetra luce rossa a segnalare un pericolo sconosciuto e palpabile, fantasmatico e reale, può ben essere assunto a immagine-simbolo dello spazio in cui si muovono questi racconti, e in cui vertiginosamente si confondono le nostre luci e le nostre ombre.
1989, ultimo dell'anno. Il Muro di Berlino è caduto, la Guerra Fredda sta per concludersi e presto l'America non avrà più nemici. Ma sarà davvero così? Jack Reacher se lo chiede, ma soprattutto si domanda: perché è stato trasferito nel North Carolina da Panama dove si trovava impegnato nella cattura del dittatore Noriega? Pochi minuti dopo la mezzanotte arriva la notizia di un militare morto in un motel a luci rosse. Come investigatore della polizia militare, Reacher sarebbe lieto di passare il caso alla polizia locale. Dopotutto sembra un decesso accidentale. Ma il morto è un generale che, in quel momento, avrebbe dovuto trovarsi in Europa e dalla stanza è sparita una valigetta contenente importanti documenti.
Nel 1897 Jack London lasciò San Francisco per l'Alaska sulla scia della febbre dell'oro scoppiata in quegli anni. Tra mille peripezie raggiunse il Klondike, e proseguì al di là delle montagne, fino a Dawson City in Canada e lungo il fiume Yukon. Non trovò l'oro che cercava ma riportò a casa qualcosa di più prezioso: un immenso tesoro di osservazioni e di ricordi che trasformò poi nelle sue opere più famose. È così che nascono alcuni dei suoi capolavori "Il richiamo della foresta", "Zanna Bianca", "Farsi un fuoco", "Baitard" dove in uno scenario di sterminate distese di neve, fiumi gelati, foreste brulle e tetre, si muovono uomini e animali legati indissolubilmente dalle leggi di natura che li costringono a lottare per la vita, uccidere per non essere uccisi, giocare d'astuzia, combattere gli istinti più selvaggi.
Pubblicati tra il 1936 e il 1949, i saggi che compongono questa raccolta testimoniano la grandezza e la genialità di Orwell scrittore politico. Quale che sia l'argomento affrontato, l'atteggiamento adottato è sempre quello della testimonianza diretta e del disinteresse personale: è una formula elementare, ma al tempo stesso eversiva, la stessa all'origine di quel non-allineamento che a lungo ha fatto di Orwell, individualista refrattario, pauperista anarcoide, così poco enfatico, uno scrittore sospetto sia alla destra sia alla sinistra.
Sperduto nelle Aride, Nunez viene accolto da una comunità i cui membri sono tutti ciechi. Confuso dalla vita laboriosa e dai sensi fìnissimi dei suoi ospiti, dovrà destreggiarsi fra il proprio senso di superiorità e la loro remota saggezza: anche perché i ciechi si sono prefìssi di guarirlo a tutti i costi dalla sua inspiegabile, perversa ossessione per la vista. Con una nota di Sandro Modeo.
Novembre 1960: inaspettatamente un cattolico quarantatreenne ha battuto Richard Nixon nella corsa alla presidenza. Ma non sono tempi facili: la febbre anticomunista è al suo culmine, e la paura provocata dalla rivoluzione cubana si diffonde nel paese... Per la mafia, ansiosa di tornare ad avere mano libera sull'isola, Castro rappresenta un problema diverso, ma altrettanto grave; così d'accordo con la CIA, contatta Tom Jefferson, il più efficiente killer americano, per ucciderlo. Ma Jefferson ha segretamente un programma diverso che potrebbe cambiare il corso della storia. Adesso solo la mafia può fermarlo. Anche in questo libro di Philip Kerr fatti e personaggi reali si mescolano a personaggi e situazioni di invenzione.
La gravidanza di Trudy è quasi a termine, ma l'evento si prospetta tutt'altro che lieto per il suo piccolo ospite. Ad attenderlo nella grande casa di famiglia (e nel letto coniugale) non c'è il legittimo marito di Trudy e suo futuro padre, John Cairncross, poeta povero e sconosciuto, innamorato della moglie e della civiltà delle parole, ma il fratello di lui, il ricco e becero agente immobiliare Claude. Dalla sua posizione ribaltata e cieca, il nascituro gode nondimeno di una prospettiva privilegiata sugli eventi in corso, ed è lui a metterci a parte di una vicenda di lutto e di sospetto dagli echi assai familiari. Certo, la scena non è quella corrotta e claustrofobica del castello di Elsinore. Certo, i due cognati fedifraghi, Trudy e lo zio Claude, non hanno regni nordici cui aspirare. Piuttosto a far gola ai due vogliosi amanti è l'edificio georgiano su Hamilton Terrace, decrepito ma d'inestimabile valore, incautamente ereditato da John, i cui pavimenti luridi e la cui onnipresente immondizia prendono il posto del marcio in Danimarca. Ma amletico è il crimine orrendo che il narratore vede (o meglio sente) arrivare, e amletico è pure il suo inesauribile flusso di pensieri dubitanti, gli stessi che hanno inaugurato al mondo la danza della modernità. Se nel testo shakespeariano l'origliamento, l'atto di spiare e raccogliere informazioni rovistando i recessi e gli anditi del regno, è spesso motore dell'azione, nel guscio l'udito è il senso privilegiato per ragioni fisiologiche, e a essere rovistati a pochissima distanza dal capo dell'inorridito narratore sono spesso e volentieri i recessi e gli anditi del corpo materno. Mentre all'orecchio non sempre affidabile del nostro eroe non-nato si dipana la tragica detective story, nella manciata di giorni che separano il suo «esserci» dal suo protetto «non-esserci» ancora, con il conforto di qualche buon vino giunto fino a lui dalle superbe degustazioni materne, e costantemente edotto sul mondo dai programmi radiofonici di approfondimento culturale che fortunatamente Trudy preferisce a quelli musicali, il nascituro ha tempo di riflettere su di sé, sulla complicata faccenda dell'amore, sul mondo, coi suoi orrori contemporanei e con le sue desiderate meraviglie. Ha tempo e curiosità sufficienti per farsi domande, interpretare i segni della sua realtà mediata, contemplare azioni e concludere che la sua sola salvezza, la salvezza dell'uomo, sta forse nell'esitazione.
Abbarbicato su colline colme di neve e sempre più isolato dal resto del mondo, il villaggio di Shipcott è scosso dalla morte di una donna paralizzata che qualcuno ha soffocato nel suo letto. Per Jonas Holly, il bobby della zona alle prese con il suo primo caso di omicidio, non ci sono tracce da seguire. Com'è possibile che un assassino si aggiri inosservato per quelle strade dove tutti si conoscono e uccida indisturbato? L'arrivo dell'ispettore capo John Marvel con la sua squadra omicidi e la sua arroganza di poliziotto di città rischia oltretutto di sottrargli ogni incarico, relegandolo a mansioni ridicole. E per di più, nel villaggio c'è qualcuno che si prende gioco di lui, qualcuno che sembra conoscere ogni sua mossa e lo minaccia, accusandolo di non essere capace di fare il suo lavoro. In quelle vallate che racchiudono storie nascoste e segreti dimenticati, l'assassino colpisce ancora. Di nuovo persone inermi. E Jonas, sempre più preoccupato per la moglie malata, potenziale prossima vittima, continua la sua caccia disperata a un'ombra inafferrabile. Fino a quando capisce che forse il lavoro che ci si aspetta da lui non è quello di trovare l'assassino.
Un giorno qualsiasi lo scrittore e naturalista inglese Richard Mabey si ferma, e tutto si ferma intorno a lui. Niente ha più senso, niente ha più colore. Smette di lavorare, si chiude in casa, non vuol più vedere nessuno. Ripete come una litania spezzata: «Sono stanco». Ma soprattutto si accorge di aver perso il legame per lui più importante, fonte di gioia e ispirazione: quello con il mondo naturale. Iniziano i momenti in cui proprio «non va». Momenti immobili e bui. Mabey è caduto in una depressione profonda.
«Come un giovane pennuto che si invola dal nido, o come un uomo che fugge dalla fame o dalle tribolazioni devo migrare», dice. Lascia l'amata casa della sua infanzia tra le dolci colline delle Chilterns e si trasferisce in una fattoria isolata nelle pianure del Norfolk. Parte con poche cose, senza pentole o suppellettili, ma con un bagaglio messo insieme sulla base di criteri strettamente emotivi. Eppure, grazie all'aiuto del nuovo paesaggio che lo circonda, nel giro di qualche mese Mabey risale lentamente la china. E con allegra meraviglia ci regala la sua ricetta.
Questo libro è il racconto di una rinascita, ovvero la storia di un misterioso rito di passaggio. Mabey è infatti un uomo che deve imparare ex novo a vedere la natura per tornare infine ad abbracciare il mondo, capire se stesso e accettare gli altri.
Attorno a lui le stagioni si alternano, le rondini partono e ritornano, le gru intrecciano nuove danze gioiose, e piano piano un paesaggio sconosciuto e ostile si fa sempre più accogliente. Quando ritrova la forza di scrivere si accorge che, descrivendo la natura mutevole dei boschi che circondano la sua nuova casa, si sta invero riappropriando del proprio sé. Con genuino stupore si scopre nuovamente pronto ad aprirsi all'amicizia, agli affetti, all'amore.
La cura naturale di Mabey non è un passivo abbandonarsi al mondo, ma una riflessione profonda sul senso del nostro esserci, sul valore relativo, e pertanto assoluto, di ogni creatura, sulla saggezza della terra, sul ruolo della fantasia e dell'empatia con la natura, gli animali, i fiori, il vento. Scritto nella scintillante prosa che ha reso celebre l'autore, strutturato come un racconto e preciso come un saggio, Natura come cura è un libro che ci lascia con un messaggio di grande speranza, individuale e collettiva.