
Dagli infimi night club di Fox trot al sordido ambiente delle foto per i rotocalchi, all'ineguagliabile glamour del cinema berlinese, tutto il mondo della capitale tedesca del breve periodo d'oro tra le due guerre scorre in queste pagine. E accompagna la vita luminosa di Lilly Afrodite fino a quando diventerà una stella del cinema e si innamorerà perdutamente di un regista russo, fino a mettere in discussione la sua stessa esistenza dorata. "La vita luminosa di Lilly Afrodite" è la storia di una donna che ha vissuto fino in fondo la sua vita, una storia fatta di sfarzo e miseria, di luce e ombra, di dissolutezza e amore, di salvezza e perdizione, una storia che illumina un periodo straordinario del secolo scorso.
Nel 1960 Frank Sinatra regalò alla sua amica Marilyn Monroe un cane che l'attrice decise di chiamare Mafia Honey. Il cucciolo era nato in Scozia e i due furono inseparabili durante gli ultimi anni di vita della diva. Lei se lo portò ovunque e lui ne vide di tutti i colori. Era ghiotto di fegato, appassionato di scarpe e dei misteri dell'arte. Ma soprattutto adorava la sua padroncina. Ambientato nel mondo crepuscolare dei primi anni Sessanta, questa brillante commedia letteraria ripercorre l'ultima parte dell'esistenza di una donna che sarebbe diventata un'icona del XX secolo. Ed ecco Marylin insieme a Sinatra, Marylin con J.F. Kennedy, Marylin che si risolleva dal divorzio con Arthur Miller; la osserviamo sul set del suo ultimo film, sola e vulnerabile, con il suo cane fedele come unica compagnia. Maf è testimone e narratore, voce fuori campo in un romanzo che porta sulla scena le vette dell'arte, la cultura pop, la commedia piccante, gatti che fanno il verso alla poesia di William Carlos Williams e coccinelle parlanti, oltre alla politica dello Spettacolo in un periodo di grandi cambiamenti. Eroe di un'avventura picaresca come non se ne vedevano dai grandi romanzi dell'Ottocento, Maf occupa un posto di primo piano (a quattro zampe) accanto ai più significativi protagonisti della narrativa contemporanea.
Libri ricevuti, libri recensiti, libri comprati e mai letti, libri che prima o poi bisognerà leggere, libri letti davvero, finalmente: un labirinto di letture di tutti i generi, dai classici alle biografie degli sportivi, dalle raccolte di versi ai graphic novel, dai romanzi appena usciti a quelli imperdibili dell'800... Schiacciato dal mucchio delle letture a cui non si può rinunciare, Nick Hornby prova, con leggerezza e ironia, a trovare qualche criterio per orientarsi nel dedalo delle letture, racconta le sue preferenze e le sue antipatie e soprattutto restituisce una gioiosa voglia di leggere. Perché è vero che ogni tanto è meglio una partita di calcio... ma è anche vero che se il libro è bello, non c'è partita né concerto rock che tenga.
"Ci sono stati altri casi di malattia mentale nella vostra famiglia?". Comincia così, con la domanda di un assistente sociale dello Yorkshire, questo commovente viaggio interiore di Alan Bennett. Siamo nell'istituto psichiatrico dove l'anziana madre è stata ricoverata per una grave forma depressiva - così almeno viene definita. Comunque sì, ci sono stati altri casi in famiglia, ma lui non lo aveva mai saputo. È il padre a svelare per la prima volta, in un atto burocratico e liberatorio, la fine drammatica e segreta del nonno di Bennett, e a indurlo a esplorare le storie nascoste e dimenticate degli altri parenti. Ma come si distingue la malattia mentale dalle manie, dalle fobie, dal silenzio, dall'infelicità? Da parte di uno scrittore che in passato non poteva "neanche togliersi la cravatta senza prima far circondare la casa da un cordone di polizia", un libro come questo è un dono inaspettato. Solo di recente, infatti, Alan Bennett ha sentito il bisogno di dedicarsi a quell'attività vagamente disdicevole che è lo scrivere di sé. Cambiando tonalità, forse, rispetto agli scritti esilaranti e feroci che gli hanno dato la celebrità, ma sempre con lo stesso sguardo acuminato e instancabile. Uno sguardo di un'onestà dolente, poco caritatevole soprattutto verso le sue manchevolezze. E l'umorismo? Sotteso - o forse sospeso - in ogni pagina come uno strumento di interpretazione insostituibile, col quale ci si può destreggiare anche fra le tragedie della vita.
Dopo avere lasciato l’esercito, Hector Cletwide- Tolbot – Eck per gli amici – accetta un’offerta di lavoro dal suo vecchio commilitone Bilbo, il quale gli affida il settore investimenti della sua compagnia hedge fund. In realtà Eck ne capisce poco o nulla di finanza e tutto quello che deve fare è fornire a Bilbo contatti interessanti tra i suoi numerosi amici e conoscenti della buona società inglese. Al resto – ovvero convincerli a investire ingenti somme di denaro – penserà Biblo. In breve tempo Eck si ritrova ricco e soddisfatto, anche se all’orizzonte cominciano a profilarsi le nubi di un’imminente crisi economica. Durante un viaggio nella Francia del Sud dedicato al golf e agli affari in compagnia del suo raffinato e benestante amico Henry, Eck fa la conoscenza di Charlie Summers, un uomo affascinante e allo stesso tempo improbabile, che si sta nascondendo in Francia in seguito a un “equivoco” con l’ufficio britannico delle tasse. Charlie vive di espedienti e progetti campati in aria e questa sua eccentricità diverte i due amici che lo invitano ad andarli a trovare qualora si trovasse a passare nel Gloucestershire. Poco tempo dopo, Charlie si presenta a casa di Henry chiedendo un posto dove stare e un po’ di soldi per lanciare in quella zona il suo ultimo progetto: una linea giapponese di cibo per cani. I destini di Eck e di Charlie Summers a questo punto si incrociano di nuovo in un modo assolutamente inaspettato. Per Eck è anche l’occasione per domandarsi se lui e Charlie, impegnati in lavori così volatili, siano poi davvero così diversi…
La prima parte del volume è dedicata alle vicende di un ramo della famiglla di Alice Munro, i Laidlaw, a partire dai primi anni del Settecento. I suoi antenati vivevano nella Ettrick Valley, nelle Lowlands scozzesi, immersi in un'atmosfera che scolora nella leggenda folklorica, tra prove d'ardimento e incontri con fantasmi e folletti. Fino a quando la famiglia si imbarca verso il sospirato Nuovo Mondo. Il microcosmo della nave diventa per ognuno il segno di un irreversibile mutamento. Quando una delle protagoniste, rimasta vedova, affronta insieme ai suoi cinque bambini il viaggio su un carro trainato dai buoi per trasferirsi dall'Illinois in Ontario, il figlio maggiore inscena il rapimento del più piccolo per far fare dietro front alla famiglia, ma il piano viene sventato. Nel racconto seguente compare il padre dell'autrice: agricoltore, cacciatore, allevatore di volpi e guardiano notturno in una fonderia. In seguito compare Alice scolara; è la volta poi di una precoce esperienza sentimentale sotto i rami di un melo in fiore e di quella come donna di servizio presso una lussuosa villa. Nel racconto "A casa", la scrittrice ormai affermata torna a trovare il padre da poco risposatosi; altrove un'Alice sessantenne vaga nei cimiteri di campagna insieme al secondo marito, è in attesa di una biopsia per un sospetto tumore al seno, per fortuna un falso allarme. L'epilogo chiude il cerchio con una visita in IIIinois alla ricerca della tomba del bis-bisnonno William Lainlaw.
La ventenne Anastasia, orfana di entrambi i genitori, torna nella Dublino della sua infanzia. La aspetta la nonna, consacrata all'ossessiva memoria del passato, chiusa in un dolore freddo, ancora incapace di perdonare Anastasia che aveva scelto, alla separazione dei genitori, di seguire la mamma a Parigi. In equilibrio tra amore distorto e amore respinto, crudeltà delle situazioni e tersa limpidezza dei dialoghi, si dispiega tra le due donne un duello di sentimenti tanto intensi quanto controllati, che si snoda fino a un epilogo malinconicamente inatteso, una svolta orchestrata con spietata eleganza.
Il cinema ha un suo modo di affrontare i tempi più difficili, che da sempre consiste nel proporre agli spettatori i più facili fra i soggetti possibili. Così nella Londra degli anni dell’ascesa di Hitler, mentre tutti si preparano all’inevitabile, un volitivo produttore, Chatsworth, ritiene sia il momento giusto per mettere in cantiere un’operetta vagamente mitteleuropea, di quelle che vanno parecchio anche a Hollywood nello stesso periodo. Chatsworth è altresì sicuro che La violetta del Prater sbancherà il botteghino, ma a due condizioni: che a dirigerlo sia il più talentuoso e paranoide fra i registi di lingua tedesca, Friedrich Bergmann, e che a occuparsi della sceneggiatura sia un giovane, promettente scrittore – Christopher Isherwood. Quanto segue è semplicemente la storia veridica (come il suo doppio narrativo, Isherwood prima della guerra aveva effettivamente lavorato alla Gaumont) e non resistibile (a volte, si sa, i making of sono cinema allo stato puro) di come un film nasce e si trasforma, e soprattutto di come giorno per giorno rischia, nei modi spesso più folli e sgangherati, la catastrofe. Per John Boorman, questo piccolo gioiello semidocumentario era il più bel libro in circolazione sul rapporto fra il cinema immaginario e quello reale; per qualsiasi lettore, sarà quantomeno una necessaria e appassionante parafrasi della lapidaria definizione che Bergmann, in un momento di franchezza, largisce a Christopher: «Sa che cos’è un film? ... Un film è una macchina infernale».
Villa Ventosa è una casa di campagna circondata da un incantevole parco che viene sistematicamente devastato dalla furia della padrona di casa, l'eccentrica Lilith Collett, che nella sua vita ha detestato ogni istante in cui ha dovuto essere madre. Ma per i suoi quattro figli viene il momento della rivolta, complici l'omosessualità di William e il promesso sposo di Barbara, un seducente cameriere spagnolo dall'improbabile nome di Miguel Angel Arqueso Algaron Perz de Vega. Tanto basta perché si scateni una trascinante sequenza di eventi comici che coinvolgono tutti i membri della famiglia.
«Nel 188* il Console americano a Venezia abitava al secondo piano di un antico palazzo sul Canal Grande. Era il piano che gli italiani chiamano nobile. Al di sotto di questo piano nobile c’era un ampio piano terreno, o, piuttosto, acquatico, il cui pavimento, solo leggermente al di sopra del livello del canale, era sempre umido e, spesso, bagnato. Al tempo in cui risiedeva là il Console, questo piano acquatico era occupato da un altro inquilino, un commerciante di oggetti antichi, che aveva delimitato una piccola zona interna alla grande facciata principale come spazio espositivo. Siccome occupava il piano terreno, questo commerciante disponeva, ovviamente, anche dell’entrata principale del palazzo, con la sua ampia scalinata che scendeva verso le piccole onde increspate della splendida strada azzurra là fuori e gli alti, sottili pali de casada, piantati irregolarmente nell’acqua come testimonianza della nobiltà dei venerabili pilastri sui quali vegliavano. Qualcuno avrebbe potuto dire che questi bastoni turchini, ornati di disegni araldici, erano simili alle lance dei cavalieri; questo era quello che sosteneva Miss Senter. Qualcun altro avrebbe potuto notare la loro forte rassomiglianza con quei pali a spirali bianche e rosse usati in America come insegna dai barbieri; e questo era quello che insinuava sempre Peter Senter».
Constance Fenimore Woolson (1840-1894) nata in New Hampshire fu scrittrice di racconti, apprezzati dall’amico Henry James, ispirati da situazioni di luoghi vissuti, da cui traeva soggetti non ordinari, anticonvenzionali. Una scrittura limpida, quieta, suadente, assunta spesso a modello di prosa, ma sotto la cui superficie circolavano passioni nascoste e inquietanti misteri. Non sorprende che alcuni di questi sfiorassero il poliziesco appena nato, o il genere gotico più tradizionale. Tale è Vigilia di Natale ambientato a Venezia (dove Constance morì quasi certamente suicida): in un vasto palazzo sul Canal Grande, il console americano Peter Senter e la sorella Barbara, «la consolessa», tengono la tradizionale festa di Natale, nel corso della quale avviene un omicidio e una serie di strane aggressioni.
Di lei questa casa editrice ha pubblicato Via del Giacinto (2002), Per il Maggiore (2005) e Il giardino davanti casa (2007).