
Vista in una lunga prospettiva storica, la costruzione dell'Europa comunitaria si arricchisce di significati culturali e politici e riesce più facile comprendere i termini entro i quali si pone oggi, nel passaggio dall'Europa economica a quella politica, il problema dell'identità europea. La narrazione copre il cosiddetto "tempo storico" e termina nel momento in cui, con la firma dei trattati di Roma, giunge a compimento l'opera dei "padri fondatori". È alle basi poste allora, con grande consapevolezza della necessità di superare i nazionalismi e creare un nuovo stile di convivenza fra i popoli della Piccola Europa, che occorre rifarsi oggi per recuperare il senso della meta, la finalità politica dell'integrazione europea. Senza una vera unione politica, fatta d'identità di politica estera e di difesa e di leadership coesa, non si cementa la solidarietà e non si sviluppano i valori comuni.
È illusorio pensare che l’Unione europea possa fondarsi soltanto su motivazioni di tipo economico; infatti gli interessi economici possono unire, ma più spesso dividono. Al di là delle dimensioni del mercato o della moneta unica, occorre riscoprire altre ragioni dell’unione tra i popoli europei.
Queste ragioni si possono sinteticamente ricondurre a tre:
1. La salvaguardia e il rafforzamento dell’identità degli europei, al di là delle loro diversità. Un’identità indiscutibilmente formatasi e rafforzatasi, nel tempo, nel crogiolo di fusione del cristianesimo.
2. La salvaguardia del principio di laicità, elemento caratterizzante dell’identità europea. Per tale scopo è fondamentale il ruolo delle Chiese poiché vi sono degli ambiti sottratti al potere politico.
3. Obiettivo della Convenzione europea è, tra gli altri, di rendere più democratica, partecipata, solidale l’Unione. Per fare ciò occorrono valori etici forti, condivisi, continuamente proposti, evitando comunque che l’Unione cada nell’antica tentazione totalitaria dello Stato-etico.
Giuseppe Dalla Torre è professore ordinario di Diritto ecclesiastico dal 1980. Dopo aver insegnato nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna, attualmente è rettore della Libera Università Maria SS. Assunta, dove insegna Istituzioni di Diritto Pubblico, Diritto Ecclesiastico e Storia di Diritto Canonico. Insegna anche Rapporti tra Chiesa e Comunità politica nella Pontificia Università Lateranense. È componente, dalla sua costituzione, del Comitato Nazionale di Bioetica. Tra le sue opere si segnalano: L’attività assistenziale della Chiesa nell’ordinamento italiano (Milano 1977); Chiesa particolare e comunità politica (Modena 1983); La riforma della legislazione ecclesiastica (Bologna 1985); La questione scolastica nei rapporti fra Stato e Chiesa (Bologna 19892); Il primato della coscienza (Roma 1992); Il fattore religioso nella Costituzione. Analisi e interpretazioni (Torino 19552); La città sul monte (Roma 1996); Le frontiere della vita. Etica, bioetica e diritto (Roma 1997); Individuo e istituzioni: il futuro della cittadinanza (in collaborazione; Cinisello Balsamo 2000).
Il modello sociale europeo - il suo sistema di welfare e di protezione sociale -, considerato da molti il fiore all'occhiello del Vecchio Continente, è entrato in grave sofferenza in molti Stati dell'Unione. La sua riforma è una questione urgente insieme alla necessità di riawiare la crescita economica. I paesi europei che hanno registrato i risultati peggiori hanno molto da imparare da quegli Stati che hanno saputo gestire in modo più efficace le nuove sfide. Di fronte all'impatto della globalizzazione, bisogna affrontare cambiamenti radicali: la trasformazione dello stile di vita deve entrare a pieno titolo nella definizione di welfare e le problematiche ambientali devono essere messe in rapporto diretto con gli altri doveri del cittadino.
Mentre la sfera dei media ci racconta, con toni non alieni da un certo euroscetticismo, effetti e conseguenze dell'europeizzazione economica e monetaria, un'altra Europa, più silenziosa e discreta, muove i propri passi alla ricerca di una più profonda unità. È l'Europa della società civile e dei suoi attori. Dopo aver indagato, mediante lo studio di alcune esperienze italiane, l'europeizzazione come effetto delle alleanze, delle reti e delle partnership istituzionali stabilite dalle organizzazioni (cfr. Europa e società civile. Esperienze italiane a confronto, a cura di G. Moro e D. Pacelli), la ricerca qui restituita prosegue facendo proprio il presupposto, assunto dalle stesse istituzioni comunitarie, secondo il quale le organizzazioni e le associazioni della società civile sensibilmente orientate all'Europa contribuirebbero alla sua edificazione diffondendo presso i propri aderenti una più spiccata "coscienza europea". Una consapevolezza che l'indagine osserva, esaminandone gli orientamenti valoriali, la percezione della propria identità sociale, il riconoscimento del ruolo strategico giocato dall'Europa istituzionale in alcuni settori chiave della vita pubblica e privata. Il volume fornisce, in questo modo, un prezioso riscontro empirico dell'efficacia e della validità di un fondamentale assioma del "fare Europa".
Il volume presenta i risultati di una ricerca che si è proposta di indagare il ruolo della società civile italiana nel complesso processo di europeizzazione. Partendo dall'ipotesi che la costruzione sociale dell'Europa avviene a vari livelli e che per ciascuno è individuabile un contributo potenziale ed effettivo proveniente dal basso, la ricerca ha voluto dar voce ad esperienze generate dall'attivismo sociale italiano in aree di intervento strategiche. Gli attori selezionati per gli studi di caso si muovono nell'ambito culturale-ambientale, in quello socio-assistenziale-umanitario, nell'impegno civile e nella rappresentanza degli interessi, tutte aree che esprimono il protagonismo della società civile e le sinergie che ha saputo creare nel panorama nazionale ed internazionale. Le preziose informazioni raccolte attraverso le interviste ai testimoni privilegiati restituiscono gli orientamenti sugli scenari attuali del processo di europeizzazione, sulle ricadute di questo nella cultura organizzativa e nelle strategie comunicative e di rete. Ne esce un quadro variegato che, fra realtà e proiezioni, offre un ricco materiale per riflettere con realismo sul ruolo che l'associazionismo italiano può svolgere a favore di una società europea, che non sia mero punto di equilibrio fra gli interessi politici ed economici dei Paesi membri dell'Unione.
Le recenti crisi, dalla guerra nei Balcani a quella in Irak, hanno reso evidente che, se sul piano economico l'unione europea e la sua moneta hanno posto le basi per competere con gli Stati Uniti, sul piano della politica estera, della sicurezza e della difesa, molto resta ancora da fare. Il volume ripercorre questo aspetto ancora incompiuto dell'integrazione europea dal dopoguerra alle minacce del terrorismo internazionale. Nonostante tutto la sindrome dell'insicurezza che caratterizza l'attuale situazione spinge per una maggior cooperazione tra i paesi europei.
Una guida alla stampa estera che è anche un'attenta analisi dei grandi quotidiani del Vecchio Continente: da Le Monde a El Paìs, passando per Bild Zeitung, Times e Sun. Senza dimenticare Le Figaro, El Mundo, Frankfurter Allgemeine e Libération. Il lettore potrà così confrontare la storia dei quotidiani italiani con quelli stranieri e di questi conoscere le vicissitudini, l'evoluzione grafica, il pubblico di riferimento, lo stile, il linguaggio e l'approdo all'era online.
L'idea di un predominio europeo nella storia mondiale ha ispirato molte teorie della società e della cultura. Si riteneva che dall'antichità al capitalismo, attraverso feudalesimo e Rinascimento, vi fosse una progressione lineare che in Europa aveva trovato compimento. Ancora oggi molti credono in un "miracolo" europeo cui sarebbe dovuta la supremazia globale dell'Occidente. Goody smantella sistematicamente questa visione eurocentrica. Se un miracolo si è davvero dato, ha avuto per protagonista non l'Europa, ma l'Eurasia, a partire dalla rivoluzione urbana e dall'invenzione della scrittura, che interessarono Medio Oriente, Cina e India ben prima del nostro continente. Iniziò così uno scambio di esperienze e conoscenze tra Oriente e Occidente che li ha visti alternarsi nel ruolo di leadership. Se con il Rinascimento l'Europa avviò, grazie soprattutto alla secolarizzazione della cultura, un lungo ciclo di crescita, questa supremazia sembra oggi giunta ad esaurimento, con il ritorno del testimone nelle mani dell'Oriente.
Gli Elementi di Euclide hanno costituito per più di due millenni il testo base dell'insegnamento scientifico. Già il titolo mostra come l'autore intendesse esporre conoscenze basilari, fornendo gli strumenti utili per raggiungere risultati più avanzati. La geometria - il principale argomento dell'opera - era infatti la base di tutta la scienza esatta dell'epoca e i problemi di astronomia, ottica, meccanica, idrostatica, geografia matematica, topografia e così via venivano risolti disegnandone la soluzione. Il i libro degli Elementi è qui ricostruito eliminandone alcuni brani, individuati come spuri per la loro incongruenza logica/con il contesto. Ne è risultato un teéto più coerente e didatticamente efficace di quello trasmesso dalla tradizione manoscritta, il cui studio può fornire ancora oggi una preziosa guida metodologica.
Il principale contributo della etnomatematica è quello di offrire una visione globale della matematica, riconducendone i concetti astratti al contesto umano delle differenti culture che li hanno generati. In questo libro, partendo da riflessioni su come particolari società strutturano il concetto di tempo, prendono importanti decisioni riguardo al futuro, costruiscono modelli e mappe e stabiliscono relazioni, Marcia Ascher dimostra che le culture tradizionali possiedono concerti matematici molto più sofisticati di quanto in genere non si creda. Alcuni rituali religiosi del Madagascar si basano su complessi algoritmi algebrici e che alcune popolazioni indonesiane, i kodi e i balinesi, usano calendari molto più astratti ed eleganti dei nostri. Ascher ci mostra da un lato che alcuni concetti da noi ritenuti universali - ad esempio: il tempo come una successione di singoli istanti o che nell'idea di eguaglianza si esprima una relazione statica - non lo sono affatto; dall'altro che ulteriori concetti ritenuti di dominio esclusivo della matematica occidentale risultano invece ampiamente condivisi in differenti contesti culturali. Questa esplorazione in terreni matematici "lontani" spazia attraverso diverse aree geografiche: tra i borana e i malgasci dell'Africa, tra gli abitanti delle isole Tonga e Marshall in Oceania, fino ai tamil nel sud dell'India, ai baschi in Europa occidentale, ai balinesi e ai kodi in Indonesia.
Le cosiddette “etiche applicate” riflettono sulle condizioni in cui ci troviamo a vivere in un’epoca dominata dalle tecnologie. Pensiamo alla bioetica, all’etica economica, all’etica ambientale, all’etica della comunicazione, ma anche all’etica dello sport e a quella della cura medica, all’etica del cibo e alla questione dei rifiuti, al tema dei migranti e alla responsabilità per le future generazioni. Il libro affronta questi temi offrendo per ciascuno di essi una trattazione chiara e approfondita.