
Queste Lettere sull’umanismo, prevalentemente tratte dal blog dell’autore Sul filo di Sofia, sono un contributo alla riflessione che può “esercitare” utilmente un pensiero oggi diventato asfittico.
Significativo, in questo senso, è il brano che l’autore sceglier per dare inizio al libro, tratto da Daniel di Martin Buber:
“Tutto ciò che questo tempo ci ha dato dovrebbe essere riconquistato autenticamente nel corso di una nuova e inaudita lotta in nome della realtà. Ciò che adesso ha il suo esserci spettrale nella fretta sciagurata, nella dispersione e nella finalità, nell’apparenza dell’essere informati e nella falsa sicurezza – tutto questo deve diventare vita reale, vita vissuta. E questa è la vita dell’immediatezza e del legame fra gli uomini”.
L’invenzione della Libertà di coscienza è il segno del nostro ingresso nella modernità e indica un cambiamento della nostra cultura, prodotto dalla riscoperta della’Antichità greco-romana e dallo shock della Riforma protestante, continuato dal Cartesianesimo e dal secolo dei Lumi e quindi vissuto in modo militante dalla Massoneria adogmatica e dal Libero pensiero. Purtroppo, però, la Libertà di coscienza è da sempre trascurata e abbandonata alla strumentalizzazione della Chiesa cattolica, che l’assimila alla libertà di religione e ne altera il senso, mentre, sotto la pressione dell’islam fondamentalista o dell’ebraismo ortodosso, un certo numero di politici eletti la sacrificano.
Da questa constatazione è nata l’idea di un’opera collettiva, dedicata a questa tematica, la prima redatta in una prospettiva umanista. Ciascuno dei suoi autori è impegnato in una delle famiglie di pensiero costitutive di questa storia. E il progetto comune che li unisce è di aprire un dibattito pubblico sulla Libertà di coscienza, concepita come il banco di prova della laicità e come la grande sfida della democrazia.
E' il lavoro più recente di Derrida, dedicato a uno dei grandi temi della filosofia morale: l'amicizia. Tutto gira attorno all'interpretazione e allo smontaggio di una frase che Montaigne riprende da Aristotele: "Oh miei amici, non c'è nessun amico". Questa che appare una manifesta contraddizione si rivela invece come il motore paradossale delle nostre idee principali riguardo al conflitto, alla politica, al dialogo. Derrida ricava così da una frase un'intera tradizione di pensiero, da Aristotele, attraverso Nietzsche, fino a Blanchot e ne indica lo sfondo implicito e l'alone di interdetto che la accompagna e la lascia aperta per noi.
Malgrado un rapporto spesso burrascoso, filosofia e religione si sono profondamente plasmate a vicenda su temi “di confine”.
Tim Bayne, in questo vivace testo introduttivo, esplora tutto il ventaglio delle classiche questioni che stanno alla base della filosofia della religione: che cosa implica il concetto di Dio? È possibile dimostrare che Dio esiste? Come dovremmo intendere la relazione tra fede e ragione? È possibile conciliare la presenza del male con la credenza in un Dio benevolo e onnipotente? La scienza potrebbe minare la razionalità di una fede nel divino? È possibile, o piuttosto desiderabile, una vita dopo la morte? In maniera competente e stimolante Bayne si confronta con tutte queste domande, e con molte altre ancora.
Almeno trentasei settimane per diventare madre, non meno di trentasei mesi per diventare padre. L'esperienza della paternità ha una gestazione, una sorta di "prefisso" che insegna ad abitare in modo nuovo le relazioni decisive della vita.
I primi tre anni di vita del piccolo Filippo sono per Luce la fioritura di quel "seme di paternità" già presente nella vita di coppia. Attraverso la parola assume su si sé una nuova postura da padre, imparando ad accettare i propri limiti, a convivere con i propri errori, fino ad assaporare una felicità inedita che lo porterà riscoprire, da adulto, la propria natura di figlio e a rigenerare quella di sposo.
Un viaggio affascinante che conduce a una scoperta: padre non lo si è da subito, ma lo si diventa per sempre.
ZeroTre è un racconto che vuole parlare a tutti i padri: chi lo è già, chi desidera diventarlo, chi vorrebbe rinunciarvi.
Luca Alici è sposato con Valentina ed è padre di Filippo. E' professore associato di filosofia politica presso l'Università di Perugia, project leader della Fondazione Lavoroperlapersona e responsabile dell'ufficio studi di Rondine Cittadella della pace.
Per tutta la vita Jean Baudrillard si è misurato con la tradizione del pensiero razionale occidentale, cercando di prenderne le distanze. L'ossessione millenaria della filosofia per la realtà e il tentativo di eliminare dal mondo l'apparenza e l'illusione si sono rivelati un vero fallimento: oggi tutto si presenta ai nostri occhi come il regno del simulacro e della simulazione. Con lo sviluppo delle tecnologie digitali, la realtà sociale che conta è quella inquadrata da un qualche obiettivo. Sullo schermo del cellulare la nostra rappresentazione mediatica diventa sempre più importante, mentre la confusione tra il reale e l'immaginario aumenta. La razionalità non sopporta questo paradosso, perché non tollera l'incoerenza. Il pensiero, scrive Baudrillard, "se non aspira più al discorso della verità, deve prendere la forma di un mondo da cui la verità si è ritirata". Vanni Codeluppi getta luce sul pensiero radicale del grande maestro, guidandoci nella rete dei suoi continui rimandi interni come in un ologramma, dove ciascuna parte rinvia sempre al tutto e ogni singolo elemento contiene l'informazione totale. In un dizionario che attraversa i meandri più attuali dell'opera di Baudrillard, la sua eredità si libera di ogni semplificazione e ci offre una chiave di lettura della nostra incapacità di uscire dagli inganni della ragione moderna.
Una celebrazione di oltre 80 fra i più importanti pensatori di tutti i tempi. "Filosofi" esplora le vite, gli amori, le idee rivoluzionarie che, dall'antichità a oggi, hanno dato forma al nostro modo di vedere e interpretare le cose e il mondo.
«Raggiungeremo l'ordine democratico solo con la partecipazione di tutti in quanto persone, il che corrisponde alla realtà umana. E l'uguaglianza di tutti gli uomini, "dogma" fondamentale della fede democratica, dovrà essere uguaglianza tra persone umane, non tra qualità o caratteri, perché uguaglianza non significa uniformità. È, al contrario, il presupposto che permette di accettare le differenze, la ricca complessità umana e non solo quella del presente, ma anche quella dell'avvenire. È la fede nell'imprevedibile. Sarà un'utopia pensare che quest'ordine, invece di escludere delle realtà, le possa includere piano piano tutte quante?»
È possibile leggere i sogni con le categorie dell'estetica? Questa la novità contenuta in "La filosofia del sogno", uno degli ultimi lavori inediti di Ágnes Heller, recentemente scomparsa, pubblicato in lingua italian n anteprima mondiale. Con la nascita della psicanalisi, l'interpretazione dei sogni si è affrancata dal dominio delle pratiche esoteriche per convertirsi in esercizio analitico. Quale sintomo del malessere o benessere di una coscienza privata, tuttavia, le realtà del mondo sognato sono rimaste escluse dalla comprensione scientifica moderna, che da Cartesio in poi ha separato in modo definitivo razionalità e immaginazione, spaccando il pensiero in due. Alla maniera dell'arte, dell'intuizione mistica, della poesia o della scoperta, i sogni - suggerisce l'autrice - dicono verità che si sottraggono al principio di verificazione. Attraverso la lettura di episodi biblici, dei drammi di Shakespeare, dei protocolli dei sogni di artisti e filosofi contemporanei, Ágnes Heller inaugura un nuovo discorso sul sogno e ricongiunge la tradizione religiosa e letteraria con l'odierna fenomenologia, con l'ermeneutica e la filosofia dell'esistenza.
Tilliette scrive queste pagine - inedite e per la prima volta tradotte - per un corso in Gregoriana del 1981-1982. Un libro che introduce il pensiero di Levinas ricostruendone per temi i principali snodi concettuali, supportando le argomentazioni con numerose citazioni bibliografiche e l'indicazione di debiti o nessi con altri pensatori. Oggetto e suo interprete si stringono in una particolare affinità, che restituisce il vigore e la finezza della parola di Tilliette. Il testo si chiude sul tema della Morte, a sigillo di un dialogo inesauribile.
Questo saggio è il manifesto di un gigantesco progetto transdisciplinare di filosofia e antropologia della complessità. Edgar Morin sostiene che bisogna porre fine alla riduzione dell'uomo a homo faber e homo sapiens. Homo, che apporta al mondo magia, mito, delirio, è dotato nello stesso tempo di ragione e sragione: è sapiens-demens. Rifiutando una concezione ristretta e chiusa della vita (biologismo), una concezione insulare e sopra-naturale dell'uomo (antropologismo), una concezione che ignora la vita e l'individuo (sociologismo), Edgar Morin delinea una concezione complessa dell'uomo come a un tempo specie, società e individuo. È una visione radicalmente ecologica della nostra condizione terrestre, che raccoglie la sfida di inventare una nuova immagine dell'umano, nell'avventura spaesante dell'era planetaria.
I veicoli a guida autonoma possono contribuire a ridurre il numero di vittime della strada, ma sono già stati coinvolti in gravi incidenti stradali. Le armi autonome possono attaccare obiettivi militari legittimi senza richiedere l'approvazione di un operatore umano, ma potrebbero colpire dei civili estranei al conflitto. Quali decisioni e azioni che incidono sul benessere fisico e sui diritti delle persone possono essere affidate all'autonomia operativa di una macchina? Quali responsabilità devono rimanere in capo agli esseri umani? Che peso dare alle limitazioni che affliggono la nostra capacità di spiegare e prevedere il comportamento di robot che apprendono dall'esperienza e interagiscono con altri sistemi informatici e robotici? Questi gli interrogativi etici affrontati nel libro, insieme ai dilemmi morali e ai problemi di scelta collettiva che da essi scaturiscono.

