
L'autore, che si definisce un "ateo non dogmatico e fedele", si interroga su che cosa resta quando si perde la fede e in che cosa consiste una spiritualità senza Dio. In sintesi, la risposta è la seguente: "Una spiritualità senza Dio è una spiritualità dell'immanenza, una spiritualità della fedeltà più che della fede, dell'amore più che della speranza, dell'eternità presente più che di quella a venire, infine dell'azione e della meditazione più che dei riti o della preghiera".
Oggi si sta comprendendo una cosa di cui il XIX secolo non poteva avere nemmeno un presentimento, ovvero che il simbolo, il mito, l'immagine appartengono alla sostanza della vita spirituale, che è possibile mascherarli, mutilarli, degradarli, ma che non li si estirperà mai... Le immagini, i simboli, i miti, non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono a una necessità e adempiono una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell'essere. Ne consegue che il loro studio ci permette di conoscere meglio l'uomo, l'"uomo tout court", quello che non è ancora sceso a patti con le condizioni della storia. Ogni essere storico porta con sé una grande parte dell'umanità prima della Storia. [...] Oggi si comincia a vedere che la parte anti-storica di ogni essere umano non affonda, contrariamente a quanto si pensava nel XIX secolo, nel regno animale e, in fin dei conti, nella "Vita"; anzi, al contrario deriva e si innalza ben al di sopra di essa: questa parte astorica dell'essere umano porta, come una medaglia, l'impronta del ricordo di un'esistenza più ricca, più completa, quasi beatifica.
Il pensiero di Feuerbach presentato da uno dei massimi specialisti: il quadro biografico, l'analisi delle opere, un glossario con i termini chiave e la storia della ricezione.
Biancaneve, Il gatto con gli stivali, I tre porcellini, Pollicino, Il brutto anatroccolo, Hansel e Gretel, Riccioli d'Oro, Barbablù, Pic Badaluc, Giovannin senza paura, Kirikù e la strega Karabà: è possibile partire da questi racconti fantastici per indagare le riflessioni, le domande e i desideri dei bambini? Questo libro di Luigi Campagner, psicoanalista e scrittore, ha i piedi ben piantati nella quotidianità dei rapporti che si generano tra le mura domestiche, non meno che nei servizi per l'infanzia. Riscoprendo il contenuto simbolico di alcune delle fiabe più note e amate, nella consapevolezza che "ciascun testo fiabesco costituisce una possibile variazione del testo fondamentale dell'esperienza umana" (come scrive Pietro R. Cavalieri nella prefazione), il libro si pone al servizio della relazione come uno strumento utile ed efficace che, oltre a stimolare modalità interpersonali improntate alla cura e alla valorizzazione della competenza del pensiero del bambino, sa ascoltare, comprendere e guidare le ansie, gli interrogativi e le esperienze di genitori e operatori.
Questa pubblicazione riproduce nei primi tre capitoli il rapporto richiesto dalla Congregazione della Dottrina della Fede circa l'ortodossia cristiana degli scritti di E. Severino allora docente della Cattolica di Milano. Gli ultimi due capitoli prendono in esame la docenza veneziana di Severino. Il 23.01.1970 Severino scrive a Fabro una densa lettera ove, tra l'altro, afferma: "Ho letto il più ampio dei tre "Voti" (non firmati) con estremo interesse e mi sono trovato di fronte alla comprensione più penetrante e più "concreta" del mio lavoro. Troppo stimolante, perché io non senta il bisogno di discuterla sul piano filosofico. Può quindi comprendere quanto Le sarei grato se Lei potesse dirmi che da quelle Sue pagine ha intenzione di trarre un articolo da pubblicare. Resto in attesa di una Sua gentile risposta". La risposta di Fabro, oltre allo scambio epistolare, consisterà soprattutto nella pubblicazione di questo volume.
Prevedendo l'imminente fine del mondo, sette saggi provenienti dai quattro angoli del mondo si incontrano a Tulanka, un monastero sperduto tra le montagne tibetane, per trasmettere a Tenzin e Natina, due giovani adolescenti, le chiavi della saggezza universale. Al di là delle differenze culturali e storiche delle loro rispettive tradizioni, i sette saggi si lasciano ispirare da quella che i filosofi dell'antichità chiamano "l'anima del mondo": la forza misteriosa e buona che mantiene l'armonia dell'universo. Il loro messaggio filosofico e spirituale risponde agli interrogativi cruciali che si pone ogni essere umano: qual è il senso della mia esistenza? Come conciliare le esigenze del mio corpo con i bisogni della mia anima? Come imparare a conoscere me stesso e a realizzare il mio potenziale creativo? Come passare dalla paura all'amore e contribuire alla trasformazione del mondo?
I ricordi scolastici, a volte poco piacevoli, ci hanno abituato a pensare che la filosofia sia di casa tra volumi polverosi e nei pensieri astratti di studiosi lontani dalla realtà. Maria Bettetini, con piglio divertito e rigore scientifico, riporta finalmente il pensiero filosofico alla dimensione che fin dall'antichità le è propria: un benefico esercizio della mente, utile per affrontare anche i problemi di tutti i giorni. Intrecciando le nostre vite con quelle, spesso molto ordinarie, dei filosofi, ci stupiremo forse nel ritrovare molti dei vizi e delle debolezze che ci contraddistinguono. Ma in questo divertente dialogo a distanza scopriremo anche l'importanza di porre le domande giuste, prima di cercare frettolose risposte. Un invito a scoprire la bellezza con cui la filosofia può colorare le nostre vite, in cui può accadere di sorprendere Aristotele nella cucina di casa, dialogare con Agostino sotto l'ombrellone, e persino incontrare Hegel in coda al supermercato.
L'Eutidemo è uno degli ultimi dialoghi della giovinezza di Platone. Il filosofo vi mette in scena, con le tinte parodistiche della farsa, una critica impietosa del ramo meno nobile della dialettica antica: l'eristica, ossia l'arte sofistica di combattere pretestuosamente con i discorsi al solo fine di confutare in maniera ingannevole le argomentazioni degli avversari, senza riguardo per la verità.
"L'Alcibiade I è uno dei dialoghi in cui Platone sostiene compiutamente la tesi di Socrate della coincidenza dell'uomo con la sua anima. Inoltre, è l'unica opera platonica, oltre al Fedro, in cui l'interlocutore di Socrate il giovane Alcibiade, alla vigilia del suo ingresso nella vita politica passa da un atteggiamento spirituale a un altro: infatti, all'iniziale presunzione e superbia, fanno seguito l'umiltà richiesta dalla ricerca della verità e il bisogno dell'aiuto del maestro. Giovanni Reale ritiene così, in sintonia con Friedländer, che l'Alcibiade I sia il momento di transizione tra i dialoghi aporetici giovanili e la prima fase del pensiero maturo di Platone inaugurata dal Gorgia".
"Proprio perché si tratta di uno dei dialoghi socratici più difficili da intendere e da valutare, l'autenticità dell'Alcibiade II è messa in dubbio anche da Reale, che lo considera composto al tempo dei primi dialoghi di Platone. A ogni modo, i pensieri espressi in relazione al tema centrale del dialogo - la preghiera, che va rivolta agli dèi col cuore, non con lo sfarzo di riti appariscenti - sono congruenti con le testimonianze di Senofonte sulla concezione socratica del pregare. Nel saggio introduttivo, Reale appronta un perspicuo e fecondo parallelo tra questa concezione e l'epilogo del Fedro..."
La vasta rete di scambi e di diffusione di novità, esperienze, conoscenze che coinvolge nel Seicento eruditi e 'savants' dei diversi paesi europei passa attraverso i corrieri. Ne dà conferma il carteggio Descartes, Beeckman, Mersenne. Il filosofo, il 'savant' calvinista, il Minimo erudito, personalità del tutto e in tutto differenti, sono legate dal 'commercium artium et scientiarum'. Il promotore dello scambio epistolare è l'infaticabile Marin Mersenne, il "curioso" che vuole penetrare tutti i segreti della natura e "portare a perfezione tutte le scienze". Le questioni di cui discutono il gentiluomo del Poitou, il magister calvinista nederlandese e il monaco parigino coprono grande parte delle scienze del tempo e sono altrettante stimolanti provocazioni nelle prospettive che propongono e nelle nuove teorie che tratteggiano. Il loro carteggio costituisce un ampio corpus scientifico-filosofico che si snoda attorno a nuclei unitari di ricerca quali, ad esempio, lo studio del Fenomeno dei pareli o Falsi soli, i dibattiti sulle coniche e sulle maree, la discussione sulle "verità eterne". Amici sinceri, ma prudenti, nelle loro lettere svelano e nascondono, dissimulano persino. Mostrano insomma le variate forme della strategia della comunicazione nel Seicento.
Con "Schiume", terzo volume della trilogia Sfere, Peter Sloterdijk completa il tentativo di elaborare un nuovo racconto filosofico delle culture umane. Il concetto di sfera rimanda alla tesi chiave dell'autore, per la quale la vita è una questione di forma. Dopo "Bolle", che sviluppa la teoria dell'intimità, e "Globi", che indaga l'età della metafisica alla luce della filosofia europea classica, "Schiume" elabora una teoria filosofica dell'epoca contemporanea che osserva la vita nel suo sviluppo multifocale. L'immagine della schiuma consente di riconquistare il pluralismo delle invenzioni e delle costruzioni di mondi, e offre una metafora con cui descrivere e interpretare l'individualismo moderno e i suoi paradossi. Nel far questo, Sloterdijk attinge a fonti molto diverse, dalla biologia all'architettura, dalla filosofia ai modelli politici e sociali prevalenti, con l'obiettivo di scandagliare le radici di quella che la tradizione sociologica chiama "società".

